L'Eni di Gela a processo per inquinamento ambientale
minaccia: "se condannati andiamo via"!!!
Mentre gli
operai dell'indotto continuano a lottare e si stanno organizzando per andare a
Roma (il 24 febbraio ci dovrebbe essere una riunione importante al ministero)
l'Eni, fa sapere che se verrà condannata per inquinamento e al risarcimento dei
danni agli abitanti, bambini soprattutto, e all'ambiente, andrà via! Oltre ai
terribili danni, l'odioso ricatto!
***
Eni sotto
processo per danni ambientali, i legali: "Se condannati a rischio presenza
a Gela"
Oggi
l'udienza del tribunale civile sulla richiesta di 500 cittadini che vogliono 15
milioni di risarcimento. Il Comune chiede altri 80 milioni di euro per gli
operai ammalati
10 febbraio
2016
"Se il
ricorso cautelativo d'urgenza per il presunto danno da inquinamento ambientale
venisse accolto, salterebbe il protocollo d'intesa e i 2 miliardi e 200 milioni
di euro di investimenti previsti per il sito di Gela. Nonché la presenza di Eni
in città". E' il rischio maggiore che sottolinea il principe del foro
Lotario Dittrich, uno dei legali del team di avvocati a difesa dell'Eni a
fronte della richiesta di risarcimenti presentata dagli avvocati gelesi Luigi e
Giuseppe Fontanella, coadiuvati da Laura Vassallo. "Non è un ricatto ma
una constatazione. Il provvedimento va perciò contro gli interessi della
cittadinanza ed è improponibile per i costi che avrebbe". "La
richiesta di sequestro degli impianti per un asserito inquinamento ambientale
al fine di affidarne la gestione a custodi nominati dal giudice - aggiunge
l'Eni in una successiva precisazione - di cui si discuteva proprio nell'udienza
odierna, non solo è infondata in fatto e diritto ma se concessa sarebbe in
danno della comunità locale prima ancora che di Eni. Questo in quanto la
indisponibilità dei beni industriali non permetterebbe alle società locali di
Eni neppure di far fronte al Protocollo d'Intesa siglato di recente. In tal
senso il legale Eni, pur sottolineando che le società Eni sono serene sul fatto
che la situazione di inquinamento ambientale a base della richiesta non
sussiste o comunque non sia a loro riconducibil - conclude la nota - fa
presente che il rischio di misure cautelari ove concesse determinerebbero sì un
danno alla comunità oltre che ad Eni".
Questa
mattina al tribunale di Gela si è svolta la seconda udienza del ricorso
d'urgenza sottoscritto da oltre 500 cittadini gelesi. Tra le richieste: un
indennizzo per danni morali ed esistenziali che i legali ipotizzano in una
decina di migliaia di euro per ciascun aderente, il fermo degli impianti ancora
attivi, la sospensione delle nuove trivellazioni previste e l'immediata
attivazione delle bonifiche. Un vero e proprio salasso per il cane a sei zampe,
se il procedimento dovesse andare in porto. Specie perché il Comune di Gela non
solo ha aderito alle richieste dei ricorrenti, ma ha avanzato un'ulteriore
istanza di risarcimento di 80 milioni di euro per creare un reddito di
sussistenza ai lavoratori rimasti fuori dal ciclo produttivo.
Un fondo che
per la giunta Messinese dovrebbe essere a carico del cane a sei zampe, in
attesa che ripartano i cantieri della green refinery e delle prime bonifiche. I
legali della multinazionale energetica, però, non ci stanno. "Il
protocollo non sta procedendo per l'inerzia della Regione. Inoltre lo
stabilimento è pressoché chiuso, a parte tre impianti che non fanno parte del
ciclo produttivo" ha aggiunto l'avvocato Dittrich. "Dove sarebbe
allora il pericolo ambientale? Come si può stabilire in questo modo il danno
esistenziale?". A ciò va aggiunto un altro fronte per così dire gemello,
anzi padre del suddetto ricorso d'urgenza. Cioè la richiesta di 15 milioni di
euro di risarcimento avanzata, sempre nei confronti delle società del gruppo
Eni (Enimed, Raffineria di Gela e Syndial), da un gruppo di familiari di 12
bambini con malformazioni neonatali ai quali è stata riconosciuta la
correlazione con l'inquinamento industriale.
Entrambe le
cause si basano sulla maxiperizia depositata al tribunale di Gela lo scorso
luglio ed effettuata da un pool di periti di chiara fama nazionale ed
internazionale. Oltre 10 mila pagine che accerterebbero il nesso causale tra la
presenza industriale e le patologie riscontrate. Per l'avvocato Fontanella
"quella perizia è realizzata con dati incontestati ed incontestabili, che
accertano il perdurante pericolo e il rischio sanitario al quale i miei clienti
sono sottoposti". Aggiungendo poi la richiesta di una "tutela
ripristinatoria delle condizioni". Il legale del Comune di Gela,
l'avvocato Mario Cosenza, ha dichiarato come "a fronte di reati gravissimi
finora Eni se n'è uscita con ammende ridicole". Per poi accusare il cane a
sei zampe di non aver effettuato bonifiche, a fronte della promessa di oltre un
anno fa di ripristinare l'ex area Isaf, una discarica di fosfogessi per la
quale sono previsti 200 milioni di euro. "La prova con la quale si può
stabilire che qui non è mai stata realizzata una bonifica è che finora non
esiste nessun certificato che lo attesti" ha dichiarato il legale gelese.
"Al di là della messa in sicurezza d'emergenza Eni non ha mai fatto nulla.
Le caratterizzazioni sono iniziate nel 2004 e mai terminate".
Il
procedimento civile si innesta in un clima di grande tensione per Gela, con gli
operai e i cittadini in piazza per chiedere al colosso industriale la
riconversione verde della raffineria e il mantenimento dei livelli
occupazionali. La vertenza va avanti da tre settimane e ha portato a blocchi e
picchetti in città. Un braccio di ferro che ha visto scendere in campo anche i
sindaci e la Curia, schierati al fianco degli operai, ma che non sembra ancora
al capolinea.
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