Braccianti schiavi dall’Africa per 5 euro l’ora: nasce
la prima rete per combattere lo sfruttamento
L’iniziativa
dopo i fatti del 2012, quando un’azienda licenziò 40 braccianti marocchini che
avevano scioperato contro le condizioni a cui erano sottoposti. Il 18 si
conclude la causa.
Immigrati
appartenenti alle comunità ghanesi e nigeriane manifestano contro il caporalato
12/02/2016
maria teresa
marchese
castelnuovo
scrivia
Sarà la
prima rete anti-sfruttamento tra lavoratori delle aziende agricole della bassa
Valle Scrivia, nell’Alessandrino, quella annunciata l’altra sera all’assemblea
organizzata dal presidio permanente di Castelnuovo Scrivia, nel salone della
Croce rossa, con gli avvocati Simonetta Crisci di Roma e Luca Corbellini dello
studio Caranzano di Asti: presenti numerosi ex braccianti della Lazzaro e
lavoratori di diverse altre aziende. «Il 18 febbraio, davanti al tribunale
di Alessandria, si concluderanno le prime 5 cause tra quelle intentate dai
braccianti contro i Lazzaro per i fatti del 2012 - dice Daniela Cauli del
presidio -, quando l’azienda licenziò 40 braccianti marocchini che avevano
scioperato contro le condizioni di schiavismo a cui erano sottoposti.
E noi
saremo lì, davanti al tribunale, alle 9, per un presidio di sostegno ai
lavoratori». E aggiunge: «La lotta è ancora lunga, il fascicolo con le
pesantissime accuse giace in procura, denunce a carico di lavoratori e
attivisti del presidio non si contano, ma non ci fermiamo». Gli avvocati
hanno fatto il punto della situazione e è stato diffuso un dossier che riassume
la vicenda Lazzaro. «Nel giugno 2013, in coincidenza con l’avvio delle vertenze
in tribunale per i recuperi economici - spiega l’avvocato Crisci -, i
proprietari della Lazzaro hanno acceso un mutuo di 420 mila euro e ipotecato i
terreni e i fabbricati per 15 anni e 6 mesi per un valore di 840 mila euro.
Addirittura attualmente figurano come dipendenti della società agricola
Castelfresco che è subentrata a loro nella gestione dell’azienda. I lavoratori
clandestini hanno ottenuto il permesso umanitario in seguito alla denuncia per
riduzione in schiavitù, poi derubricata in grave sfruttamento, mentre sui
proprietari pendono gravi accuse non ancora definite dalla Procura, dove giace
il fascicolo sul caso Lazzaro, a quasi 4 anni dall’inizio della lotta».
Ma non solo: ci sono nuove denunce di altri lavoratori. La vicenda
Lazzaro, a quanto pare ha evidenziato un nervo scoperto dello sfruttamento
nelle campagne della Bassa Valle Scrivia. «In quasi tutte le aziende agricole
della zona - aggiunge Daniela Cauli - esistono condizioni di lavoro simili a
quelle praticate dai Lazzaro, le retribuzioni orarie, quando vengono pagate non
superano i 5 euro l’ora».
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