Da circa due mesi dilaga la lotta in Francia, contro
il Jobs-Act alla francese – Loi-Travail, legge Komri (dal nome del Ministro del
Lavoro).
Il movimento degli studenti e della gioventù ne è
stato, come già in altre occasioni e in altri paesi, l’innesco e il detonatore.
Poi la scena è stata occupata in misura crescente dai lavoratori, con scioperi,
manifestazioni, blocchi delle strade, e, infine, con una catena di scioperi nei
trasporti che hanno paralizzato ampie parti del paese, hanno reso alto lo
scontro e lo hanno trasformato in un braccio di ferro tra la decisione del
governo di mantenere la legge, forzando le procedure parlamentari con il famigerato
49.3, e i lavoratori, precari, movimento di lotta, che difendono i diritti
acquisiti e contrastano gli effetti della legge che attacca il contratto
nazionale e liberalizza i licenziamenti.
Il braccio di ferro, che intanto ha contagiato il
Belgio, giunge ad una prova di forza con lo sciopero generale del 14 giugno.
Intanto, dentro e fuori questo scontro sociale, si
sviluppa uno scenario vero da guerra di classe. La Medef – Confindustria
francese – per bocca del suo presidente dichiara: “Non ne possiamo più. Siamo
stufi, ne abbiamo piene le tasche. Bisogna che si intervenga
per far rispettare lo stato di diritto, per non cedere al ricatto,
all’intimidazione (che sarebbe quella dei lavoratori – ndr)... Bisogna fare in
modo che minoranze le quali si comportano un po’ come dei mascalzoni, come dei
terroristi, non paralizzino il paese, minoranze rivoluzionarie, dalle
motivazioni palesemente politiche, che cercano di bloccare l’economia”. E,
infine, per darsi un obiettivo di fase, aggiunge: “Basta con l’omertà nei
confronti della Cgt che da anni usa nelle imprese i metodi dell’intimidazione,
del terrore, della violenza. Basta con la logica tutta francese della ‘lotta di
classe’, con gli imprenditori additati come dei farabutti che sfruttano i
lavoratori”
Il padronato con la sua autorevole voce chiama per
nome le cose e fa appello al proprio Stato, al suo governo, alla sua stampa a
fare della Loi-Travail una tappa del fascismo padronale, che si unisca e si
combini con lo stato d’emergenza e lo “stato di guerra” già dichiarato e
praticato dall’imperialismo francese, all’esterno con il suo interventismo
nelle guerre di aggressione verso i popoli - Valls dichiara, Corriere della
Sera del 2 giugno 2016: “noi siamo l’unico paese impegnato in tutti gli
scacchieri di guerra in questo momento, dal Mali alla Libia, alla Siria...”; e
con la guerra interna che cavalca la tigre degli attentati e dell’allarme
terrorismo, per militarizzare le banlieues contro la gioventù proletaria e
masse e restringere le libertà di lotta, di manifestazione, di organizzazione a
Parigi e in tutto il paese.
Il movimento di massa per il ritiro della legge lotta
per raggiungere il suo obiettivo, e questa contesa sociale va vista come parte
della guerra globale.
La forza di massa del movimento, e il suo livello, è
espressa da due dati qualitativi certi:
Primo, la dimensione della partecipazione dei
lavoratori. Siamo di fronte a veri scioperi generali. Ben diversi dagli
“scioperi generali” all’italiana non solo dei sindacati confederali, ma della
parte maggioritaria del sindacalismo di base, che non vedono mai lo sciopero
come effettivo blocco, paralisi prolungata, massimo disagio alla vita
corrente.
Secondo, l’unità che si è realizzata alla base e nella
lotta, nelle grandi come nelle piccole città, tra lavoratori, studenti,
precari..., con un appoggio sostanziale, un consenso delle masse popolari.
Questi fattori possono portare al ritiro della legge sul lavoro, se si
persevera, se la base di lotta che sta partecipando riesce a contare fino in
fondo sull’orientamento della forza principale che dirige la lotta dei
lavoratori, la Cgt.
Le dichiarazioni delle ultime ore di Martinez,
segretario generale della Cgt, non lasciano, però, ben sperare. La parola
d’ordine del “ritiro” sembra annacquarsi, la richiesta di un Tavolo di
trattativa appare come una disponibilità alla conciliazione, si parla di
aspetti positivi della legge su cui si può concordare, pur ribadendo il proprio
No agli aspetti negativi più gravi.
L’approssimarsi degli Europei che ampi settori dei
giovani, dei lavoratori in lotta vogliono utilizzare a proprio favore – come in
Brasile ai tempi dei mondiali – viene utilizzato dal governo per fermare la
dimensione di massa e la radicalità della lotta, per riprendere il controllo e
dettare i termini della trattativa. Più “insidioso” degli europei è però il
rilancio - che potrebbe essere pilotato - dell’”allarme terrorismo”, quanto mai
utile, per essere usato contro gli scioperi e le manifestazioni, per
l’occupazione militare delle piazze, delle strade, dei luoghi del conflitto
sociale dispiegato.
E’, quindi, inevitabile che il movimento di lotta
contro la Loi-Travail si intrecci con tutti i termini della guerra globale ed è
qui che deve mostrare la sua tenuta e resistenza, espressione della crescita della
coscienza delle masse in lotta.
Lo ‘spettro’ agitato dal presidente della
Confindustria domanda un governo e uno Stato che vada oltre Hollande. La
borghesia francese sta cercando il ‘moderno fascista adatto’. Il silenzio di
Marine Le Pen è parte della partita in gioco.
Dal punto di vista proletario, noi siamo per il
rafforzarsi delle “minoranze rivoluzionarie dalle motivazioni palesemente
politiche”, siamo per l’uso della violenza giusta a difesa delle lotte e delle
ragioni delle masse, attaccate in diverse occasioni dalla polizia, con cariche,
arresti, e con l’uso delle armi che già hanno rischiato di far rimanere operai
e giovani sul selciato. Siamo “per la logica tutta francese della lotta di
classe”, e qui il senso sta nella lunga storia che va dalla Comune al Maggio
francese, che serpeggia, si incarna ogni volta che in Francia la lotta si fa
seria. Siamo perchè il movimento assuma nel suo insieme, e in particolare la
classe operaia, la posizione e le forme di lotta che, dalla Goodyear alla Air
France, avevano già dato l’avvisaglia della potenza, della forza della
ribellione dei lavoratori, che nessun processo esorcistico che si sta
celebrando nei Tribunali francesi contro questi lavoratori proprio in questi
giorni, può cancellare. Siamo perchè la lotta contro la Loi-Travail diventi
sempre più il “brodo di coltura” di tutte le altre lotte, contro la guerra
imperialista, contro la xenofobia e il razzismo, contro il fascismo di governo,
lepenista e di strada, contro la polizia – forti le manifestazioni “noi odiamo
la polizia”; siamo per strappare i compagni arrestati dal carcere - Antoine è
libero e ora lotta insieme a noi -, per la solidarietà ai prigionieri politici,
per la libertà del principale prigioniero politico nelle carceri francesi,
George Ibraim Abdallah.
Siamo perchè scenda in campo e si esprima il movimento
di rivolta delle banlieues parigine e che si uniscano le “doppie ragioni” e le
“due forze motrici” della lotta rivoluzionaria in Francia.
Siamo con i maoisti francesi e i rivoluzionari in prima
fila, che operano perchè la scintilla incendi la prateria!
Nessun commento:
Posta un commento