lunedì 21 gennaio 2019

19 gennaio - Aggiornamenti dalla Toncar: Dopo la lotta con occupazione della fabbrica… prima vittoria!

La determinazione di operai e operaie Toncar vince sulla protervia padronale
La vicenda Toncar è finalmente, a un punto di svolta – forse.
L’obiettivo padronale era liberarsi dei lavoratori a tempo indeterminato organizzati in sindacato con il SI Cobas e ripartire con lavoratori a termine, ricattabili. Dopo due settimane di lotta, martedì in Prefettura di Monza hanno dovuto firmare il principio del rientro di tutti i lavoratori. L’attacco è stato respinto da una lotta decisa e condotta in modo intelligente, nonostante la massiccia presenza di carabinieri a fianco dei padroni. Lunedì verranno messe nero su bianco le modalità del rientro. Se ci saranno esodi, dovranno essere volontari. L’assemblea dei lavoratori oggi ha preso atto con soddisfazione del risultato che solo qualche giorno prima sembrava fuori portata, ma non disarmano.
Questi padroni di impegni e accordi se ne sono rimangiati parecchi, per cui più che in una firma in Prefettura, la garanzia sta sempre nella determinazione dei lavoratori a riprendere la lotta se necessario. Intanto tra i lavoratori, che il padrone voleva umiliare e lasciare sul lastrico con le loro famiglie, lanciando un avvertimento ai nuovi assunti, il morale è alto, meritatamente. Si è evitata la guerra tra i poveri, la contrapposizione tra i “vecchi” lavoratori a tempo indeterminato e i nuovi assunti a termine. Questi, pur avendo bisogno di guadagnare dopo periodi di disoccupazione quei maledetti soldi strasudati in turni di 12 e 13 ore, non si sono prestati a fare da massa d’urto contro i lavoratori estromessi. Quando i “vecchi” lavoratori sono entrati in fabbrica la scorsa settimana, i “nuovi” hanno rispettato lo sciopero, e per questo sono stati rispettati dai “vecchi”. E quando questa settimana si sono trovati all’ingresso il picchetto di sciopero non hanno ceduto alle pressioni dei capi e dei carabinieri che li volevano far entrare sotto la protezione dei loro manganelli. Se l’avessero fatto, la lotta sarebbe stata molto più difficile da vincere, e per loro questi 6 mesi di contratto a termine sarebbero stati 6 mesi di schiavitù come questi primi giorni, con turni di 12-13 ore senza pagamento dello straordinario, con pause ridotte a 5 minuti e possibilità di andare un bagno una sola volta. Anche per questo i lavoratori Toncar hanno vinto, perché i padroni non sono riusciti a scatenare la guerra tra i poveri. E per questo i lavoratori a tempo indeterminato che hanno lottato non chiedono di metter fuori i nuovi per far posto a loro. La lotta è stato uno scontro aperto tra lavoro e capitale. L’obiettivo del padrone era disfarsi dei lavoratori sindacalizzati, distruggere la presenza del SI Cobas in fabbrica, per poter continuare a sfruttare i lavoratori senza rispettare leggi e contratti. Ma c’era l’inghippo che in caso di cambio d’appalto di norma si devono assumere gli stessi lavoratori dell’appalto precedente, e che l’attività antisindacale in Italia è ancora un reato. Per violare i diritti dei lavoratori in maniera “legale” i legulei dei padroni hanno inventato un escamotage: Toncar disdiceva da inizio gennaio l’appalto alla cooperativa One Job, e affidava le lavorazioni a una nuova società (SDO srl) che i padroni delle precedenti cooperative (Kometa, Etika e ultima One Job) avevano appositamente costituito all’inizio di dicembre (sede legale sempre la stessa: via Oldofredi 45, Milano…). L’innovazione è che al posto di fornitura di “servizi”, il contratto con SDO le commissionava il “prodotto finito”, con affitto di locali e macchinari. Questo secondo la loro interpretazione eviterebbe l’obbligo di assumere gli stessi lavoratori della One Job, e permetterebbe di assumerne di nuovi, con contratto a sei mesi. Un “sindacalista” della UIL che si prestasse a firmare l’operazione, non è stato difficile da trovare… Così come non è stato difficile da trovare l’Ispettore del Lavoro che verificasse la correttezza delle procedure (a parte il ritardo nell’assunzione di qualche lavoratore, fatto lavorare prima di essere assunto, e piccole multe conseguenti).
E gli 80 lavoratori di One Job?
Una volta cessato l’appalto, non hanno più nessun rapporto con Toncar: dopo 5, 10, 15 e anche 20 anni di lavoro, un bel calcio nel sedere, e sei sulla strada… Due giorni dopo il panettone di Natale, con un sms: “domani non venire al lavoro” è arrivato il benservito della One Job. E il padrone Paolo Toniolo pensava di cavarsela così: non erano mai stati suoi dipendenti, non ne conosceva neanche i nomi, non erano affari suoi… Ma gli 80 lavoratori che questa fabbrica l’hanno vista crescere anno dopo anno, da una palazzina a tanti capannoni e decine di nuove macchine – tutto il frutto del loro sudore – non erano facili da convincere che era tutto a posto così, secondo la legge. E al primo lunedì dopo le feste sono entrati anche loro nella loro fabbrica, assieme ai nuovi assunti.
Violazione della proprietà privata?
Privata la proprietà costruita sul loro sudore?
Nessuna violazione, ma l’affermazione di un diritto, e lotta contro la violazione del loro rapporto di lavoro a tempo indeterminato con un giochetto delle tre carte tra padroni. L’occupazione della fabbrica, così come lo sciopero, è una forma di lotta da sempre praticata contro i licenziamenti. Non li hanno convinti carabinieri e digos: “se pensate di avere ragione, procedete per le vie legali e non mettetevi ‘dalla parte del torto’ ”. Aspettare mesi e mesi, quando alla Toncar si saranno stabilizzati nuovi lavoratori, e sperare che un giudice buono ordini di reintegrarci sbattendoli fuori? No grazie! Non li hanno convinti neppure le minacce di denunce alla magistratura e agli uffici immigrazione (tutti i lavoratori sono immigrati, da Marocco, Romania, Egitto, Filippine) – la non velata minaccia di applicare il Decreto Salvini e ritirare il permesso di soggiorno (ecco a cosa serve il Decreto Sicurezza: a dare sicurezza a lorsignori di poter sfruttare a piacimento gli immigrati!). La lotta è continuata, nonostante uno schieramento di “forze dell’ordine” senza precedenti: domenica (!) 13 gennaio i carabinieri schierati a proteggere ingresso e permanenza dei nuovi assunti in un turno di 13 ore… lunedì 14 cinquanta carabinieri a guardia di 4 cancelli, per far entrare i nuovi schiavi e tener fuori i lavoratori in lotta!
È a questo che servono le “forze dell’ordine”?
A proteggere i padroni quando licenziano i lavoratori?
Chi ancora si illudeva che fossero lì per garantire la “giustizia” ha imparato qualcosa. Armati di scudo casco e manganello erano pronti a sgomberare il folto picchetto rafforzato da molti solidali, se solo i nuovi si fossero fatti convincere a entrare. Si sono invece limitati a manganellare i lavoratori da tener fuori al loro primo tentativo di scavalcare il cancello, mandandone uno all’ospedale. Ma proprio questo “incidente” ha rafforzato la determinazione a continuare la lotta, costi quel che costi. E martedì il picchetto ha tenuto dalle 6 di mattina fino alla fine dell’incontro in Prefettura, dopo mezzanotte. L’impossibilità di terminare la commessa nonostante le 13 ore lavorate la domenica, la constatazione che i lavoratori non si facevano turlupinare dal giochetto delle tre carte ed erano più decisi che mai, mentre perfino la stampa locale dava risalto alla lotta portando simpatie in terra leghista a questi immigrati coraggiosi, ha indotto i padroni ad accettare il rientro dei lavoratori che avevano voluto cacciare. Con questa lotta esemplare i lavoratori Toncar, grazie anche al sostegno di molti lavoratori SI Cobas di altre aziende, hanno respinto l’attacco padronale e ottenuto un primo importante riconoscimento delle loro ragioni, che dovrà concretizzarsi nella trattativa della prossima settimana. A questa si presentano a testa alta e più compatti che mai. La loro lotta, come, tra le ultime, quella delle operaie di Italpizza, deve essere conosciuta e ispirare tanti lavoratori, italiani e stranieri, che in situazioni analoghe disperano di poter vincere.
Solo la lotta paga!
S.I. COBAS


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