Luigi
Panessa si difende: “Non sono un ladro, ho sempre fatto il
rigattiere per arrotondare”
19/01/2019
gianni
giacomino
Torino
Era
la sera del 18 febbraio 2017 quando Luigi Panessa, 55 anni,
«piantone» del centro di raccolta Amiat di via Arbe venne fermato
dai carabinieri del Lingotto e trovato in possesso di un po’ di
rifiuti che aveva raccattato dai cassoni: dei lampadari e altrettanti
quadretti raffiguranti un borgo e tre stelle alpine, sei bicchieri in
vetro, un vecchio orologio a muro, un trapano guasto e della
rubinetteria. «Ho sempre fatto il rigattiere per arrotondare un po’,
cercavo di aggiustare degli oggetti che venivano buttati e poi li
proponevo ai mercatini» - racconta oggi Panessa che, dopo dieci anni
in Amiat, è stato licenziato in tronco per quel fatto. Con il
giudice del lavoro che ha confermato il provvedimento e Panessa che è
stato «liquidato» con cinque mensilità. Mentre il percorso penale
per «appropriazione indebita» si è chiuso con una sentenza di non
luogo a procedere, preceduta da una richiesta del pm Francesca
Traverso di archiviazione per «tenuità del fatto». Al quale per
altro l’avvocato Marco Marchio, che difende Panessa, si era
opposto: «Perché volevamo andare a processo e dimostrare
l’innocenza del mio assistito che non pensava certo di perdere il
lavoro per racimolare della cose che nessuno avrebbe più usato, di
valore praticamente nullo» - riflette il legale.
Che, per il 55enne,
forse ipotizzava una sospensione o un’ammenda, non certo il
licenziamento. A casa e in un garage in uso a Panessa gli
investigatori sequestrarono poi altri oggetti: orologi a muro, una
sedia pieghevole in tela, due radioline, un mulinello da pesca, delle
serrature, un ombrello, una lampada, uno sparagraffette, tre pompe
per gonfiare le ruote delle biciclette, degli appendiabiti, un calice
per pesto e altro ancora. «Si ma non ho preso tutto al centro,
quelli erano cose che recuperavo in giro, quando ripulivo delle
cantine o, addirittura, me la portavano delle persone sapendo che
raccolgo un po’ tutto, è una passione che ho sempre avuto» – ci
tiene a precisare il rigattiere. Che, dopo il licenziamento e l’addio
allo stipendio indispensabile per pagare un piccolo mutuo, è
piombato in una depressione profonda. «Sono in cura alle Molinette,
è vero, perché da quel 18 febbraio di due anni fa la mia vita si è
stravolta – dice -. Ripeto, io non ho mai pensato di “rubare”
ma solo di riutilizzare materiale che altrimenti sarebbe andato al
macero. Poi è vero, ho sbagliato ed ero pronto a subire delle
sanzioni pesanti, anche restare mesi senza stipendio. Ma il
licenziamento no, ora non so più come fare per tirare avanti».
L’Amiat - l’azienda che gestisce la raccolta e lo smaltimento dei
rifuti in città – tutelata dall’avvocato Giovanni Lageard, è
stata irremovibile. Anche perché i rifiuti raccolti nei centri di
raccolta, come quello di via Arbe (dove è presente un laboratorio
artigianale in cui sono recuperati i piccoli oggetti ormai
inutilizzati e poi venduti nel mercatino interno), «sono portati ai
centri di recupero aderenti ai consorzi nazionali di filiera e ai
recuperatori autorizzati, al fine di essere reintrodotti in un nuovo
ciclo produttivo o smaltiti nel pieno rispetto dell’ambiente». Nel
2016, nei sette punti di conferimento cittadini, sono state raccolte
oltre 7mila tonnellate di rifiuti. «Ma niente di quello che ho preso
io – giura Panessa – sarebbe finito nel laboratorio Amiat perché
era davvero immondizia».
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