Il padrone per la legge non va
mai contestato?
L’insulto al superiore gerarchico giustifica il
licenziamento in tronco anche se non si concretizza in gesti violenti o se il
contratto collettivo non prevede questo tipo di sanzione, per la legge insomma
l’autorità dei capi e dei padroni non va messa in discussione apertamente
perchè pregiudicherebbe la stessa organizzazione aziendale.
Stentiamo a crederlo ma lo scrive una recentissima
sentenza della Cassazione (sentenza 9635/2016) che sancisce la validità del
licenziamento del dipendente che insulta un suo superiore.
La sentenza prende le mosse da un fatto, dal
licenziamento di un lavoratore per aver rivolto offese a un superiore
gerarchico e alla stessa dirigenza aziendale. In primo grado e in appello il
licenziamento era stato dichiarato illegittimo (con tanto di reintegra e
risarcimento del danno), i giudici avevano stabilito che le ingiurie non
avevano prodotto il rifiuto di eseguire le prestazioni richieste e da qui il
giudizio sulla natura non offensiva e aggressiva delle parole.
Ma a distanza di
mesi , la giurisprudenza cambia e segue il vento del jobs act vito che la
Cassazione ribalta i due pareri precedenti e giudica insubordinata la condotta
di un dipendente che voglia pregiudicare lo svolgimento del lavoro e contestare
la stessa organizzazione aziendale. La Cassazione ribalta queste decisioni,
negando che l’insubordinazione del dipendente si possa configurare solo in caso
di rifiuto di adempiere alle disposizioni impartite da un superiore gerarchico.
L’insubordinazione, osserva la sentenza, si concretizza ogni volta che il
dipendente adotta una condotta capace di pregiudicare lo svolgimento del lavoro
nel quadro dell’organizzazione aziendale, quindi anche toni elevati o un domani
una decisa iniziativa sindacale potranno essere giudicati motivi sufficienti ad
un licenziamento. La giurisprudenza talvolta produce mostruosità e sempre piu’
numerose sono ormai le sentenze che favoriscono un punto di vista prettamente
padronale. Temiamo che il prossimo passaggio possa essere inserire specifici
punti nei prossimi contratti nazionali anche se il fatto che il ccnl non
includa la condotta ingiuriosa tra i motivi validi per un licenziamento non ha
impedito alla Cassazione di emettere questa sentenza. E attenzione che numerosi
contratti prevedevano il recesso del rapporto di lavoro solo in caso di
aggressione fisica stabilendo una gradualità tra le varie offese, la Consulta
invece non ha dubbi e prevede il recesso del rapporto di lavoro anche in sola
presenza di parola. La giusta causa di licenziamento? La discrezionalità del
giudice resta, solo se a guidare il giudizio è un punto di vista padronale che
ha fatto breccia e influenzato la giurisprudenza, per i lavoratori non c’è piu’
scampo e ogni fatto potrà essere giudicato un grave inadempimento e da qui il
venir meno del rapporto fiduciario che porta dritti al licenziamento
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