INDICE
Daniele
Barbieri pkdick@fastmail.it
RAPPORTO
NAZIONALE PESTICIDI NELLE ACQUE
Daniele
Barbieri pkdick@fastmail.it
COME IL GLIFOSATO STA UCCIDENDO L’ARGENTINA
Rete Nazionale sicurezza luoghi di lavoro e territorio
bastamortesullavoro@gmail.com
ILVA: L’ONDA LUNGA DELLA “TEMPESTA PERFETTA”
Gino Carpentiero ginocarpentiero@teletu.it
ADDIO A LUIGI MARA, CHE PORTO’
IL LAVORO FUORI DALLA FABBRICA
Gino Carpentiero ginocarpentiero@teletu.it
THYSSEN-KRUPP, TUTTI
CONDANNATI
Daniele
Barbieri pkdick@fastmail.it
IL NEMICO IN CASA
Silvia
Cortesi sylvyacort@gmail.com
LA SCOMPARSA DI LUIGI MARA
TECNOLOGIE E ORARIO DI
LAVORO: L’ALLEANZA POSSIBILE
Scintilla Onlus scintillaonlus@yandex.com
SCINTILLA ONLUS: AGGIORNATA LA SEZIONE SALUTE E
SICUREZZA!
Maria Nanni mariananni1@gmail.com
I FERROVIERI SCIOPERANO IL 24 E 25 MAGGIO 2016
Federazione Toscana PCARC federazionetoscana@gmail.com
COMUNICATO DI SOLIDARIETA’ ALL’OPERAIA PIAGGIO
LICENZIATA
Muglia La
Furia fmuglia@tin.it
A PROPOSITO DI VISIONI...
Proletari Comunisti pcro.red@gmail.com
To:
Sent: Sunday,
May 22, 2016 6:15 AM
Subject: VERSO LA NUOVA UDIENZA DEL
PROCESSO ILVA A TARANTO IL 14 GIUGNO
Proletari Comunisti pcro.red@gmail.com
RESOCONTO
DELLA PRESENTAZIONE DEL LIBRO “ILVA LA TEMPESTA PERFETTA”
Cobas Pisa confcobaspisa@alice.it
ANCORA INFORTUNI SUL LAVORO IN PROVINCIA DI PISA
Clash
City Workers cityworkers@gmail.com
PADOVA:
OLTRE L’80% DI ADESIONI ALLO SCIOPERO DI BUSITALIA!
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From: Daniele Barbieri pkdick@fastmail.it
To:
Sent: Monday, May 16, 2016
7:55 AM
Subject: RAPPORTO
NAZIONALE PESTICIDI NELLE ACQUE
NULLA
SI CREA, NULLA SI DISTRUGGE, TUTTO SI DEPOSITA
COME SI
MUORE AI NOSTRI TEMPI
15 maggio
2016
di Francesco Masala
Quando il 5
febbraio 2003 Colin Powell faceva la sceneggiata all’Onu con quelle poche gocce
di sostanza bianca in una provetta è scoppiata una guerra.
Da
noi l’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale)
ha pubblicato l’edizione 2016 del Rapporto
Nazionale Pesticidi nelle Acque su dati del 2013 e 2014, nel quale si
legge che “le sostanze più vendute, oltre ai pesticidi inorganici, come lo
zolfo e i composti del rame, sono 1,3-dicloropropene, glifosate, mancozeb,
metam-sodium, fosetil-aluminium, clorpirifos, con volumi annui superiori alle
1.000 tonnellate”
Il documento
completo può essere scaricato al link:
1.000
tonnellate, non una provetta, vere armi di distruzione di massa, praticamente
un lento omicidio di tutti noi.
E
solo per i profitti dei soliti, per produrre sempre di più, incassare
soldi con le eccedenze di produzione, produrre OGM e crescere animali bionici.
Già oggi
succede tutto questo, il TTIP prossimo venturo sarà una marcia verso qualche
tipo d’inferno, come ricorda Susan George al link:
Abbiamo
fatto le guerre peggiori, attaccando paesi e popoli che non ci hanno invaso,
fregandocene della Costituzione italiana.
Sappiamo chi
e come ci sta uccidendo, per mezzo del cibo e dell’acqua, chi e come sta invadendo,
giorno dopo giorno, i nostri corpi, questa sì che sarebbe una guerra giusta
contro gli invasori, ma nessuno la dichiara.
Riporto a
seguire alcune delle informazioni contenute nel Rapporto Nazionale Pesticidi nelle Acque.
I pesticidi non sono un’invenzione recente, l’uso più antico
documentato risale all’incirca al 2500 a.c. quando i Sumeri si cospargevano con
composti di zolfo nella convinzione che l’odore avrebbe allontanato gli
insetti. Il papiro di Ebers, il più antico documento medico noto (1550 a.c.), descrive oltre
800 ricette degli Egizi, molte contenenti sostanze riconoscibili come veleni e
pesticidi. Omero descrive come Ulisse abbia fumigato l’ingresso, la casa e il
cortile bruciando zolfo, attestando che l’uso dei pesticidi era noto anche
nell’antica Grecia. Per secoli l’uomo ha utilizzato sostanze chimiche per
difendersi da agenti patogeni, e successivamente, soprattutto dal 1800, nelle
pratiche agricole. Il ricorso massiccio alla chimica di sintesi, dopo la
seconda guerra mondiale, ha sostituito quasi del tutto altre pratiche di
controllo delle avversità agronomiche. La presa di coscienza delle conseguenze
negative dell’uso delle sostanze chimiche: persistenza ambientale, trasporto
nel lungo raggio, tossicità anche per gli organismi non bersaglio e per l’uomo,
ha portato in tempi recenti allo sviluppo della difesa fitosanitaria integrata,
con il ricorso a pratiche più ecosostenibili e l’obiettivo di minimizzare l’uso
di sostanze chimiche.
Essendo concepiti per combattere organismi ritenuti dannosi, i
pesticidi possono comportare effetti negativi per tutte le forme di vita. In
seguito all’uso, in funzione delle caratteristiche molecolari, delle condizioni
di utilizzo e di quelle del territorio, possono migrare e lasciare residui nell’ambiente
e nei prodotti agricoli, con un rischio immediato e nel lungo termine per l’uomo
e per gli ecosistemi.
In Italia in agricoltura si utilizzano ogni anno circa 130.000
tonnellate di prodotti fitosanitari. Ci sono, inoltre, i biocidi impiegati in
tanti settori di attività, di cui non si hanno informazioni sulle quantità,
manca un’adeguata conoscenza degli scenari d’uso e della distribuzione
geografica delle sorgenti di rilascio. Il monitoraggio dei pesticidi nelle
acque richiede la predisposizione di una rete che copra gran parte del
territorio nazionale, il controllo di un grande numero di sostanze e un
continuo aggiornamento reso necessario dall’uso di sostanze nuove.
Il monitoraggio dimostra una diffusione ampia della contaminazione.
Pesticidi sono presenti nel 63,9% dei punti di monitoraggio delle acque
superficiali e nel 31,7% di quelle sotterranee, più che nel passato. Le
frequenze sono più basse nelle acque sotterranee, ma i pesticidi sono presenti
anche nelle falde profonde naturalmente protette da strati geologici poco
permeabili. Sono state trovate 224 sostanze diverse, un numero sensibilmente
più elevato degli anni precedenti. Indice, questo soprattutto, di una maggiore
efficacia complessiva delle indagini. La contaminazione è più diffusa nella
pianura padanoveneta. Questo dipende largamente dal fatto che lì le indagini
sono generalmente più rappresentative. Nelle cinque regioni dell’area, infatti,
si concentra poco meno del 60% dei punti di monitoraggio dell’intera rete
nazionale.
La presenza di pesticidi nelle acque pone la questione delle possibili
ripercussioni negative sull’uomo e sull’ambiente. Il confronto delle
concentrazioni misurate con i limiti stabiliti dalle norme ci dà indicazioni
sulla possibilità di effetti avversi. Il 21,3% dei punti delle acque
superficiali ha concentrazioni superiori al limite. Nelle acque sotterranee la
percentuale di superamenti è 6,9%. La rete di monitoraggio da cui provengono i
dati è finalizzata alla salvaguardia dell’ambiente e non al controllo delle
acque potabili, ma, queste ultime, spesso sono prelevate dagli stessi corpi
idrici. In caso di contaminazione, pertanto, si rende necessario operare
interventi di depurazione.
Per alcune sostanze, più di altre, la contaminazione per frequenza,
diffusione territoriale e superamento dei limiti di legge, costituisce un vero
e proprio problema, in alcuni casi di dimensione nazionale. Tali evidenze
indicano la necessità di un’analisi critica delle attuali procedure di
autorizzazione delle sostanze, e richiedono che una corretta valutazione del
rischio dovrebbe considerare in modo retrospettivo anche i dati di monitoraggio
ambientale.
I dati evidenziano, ancora più che in passato, la presenza di miscele
di sostanze nelle acque. E’ aumentato, infatti, il numero medio di sostanze nei
campioni, e sono state trovate fino a un massimo di 48 sostanze diverse
contemporaneamente. Dagli studi prodotti finora emerge che la tossicità di una
miscela è sempre più alta di quella del componente più tossico. La valutazione
del rischio deve, pertanto, tenere conto che l’uomo e gli altri organismi
possono essere soggetti all’esposizione simultanea a diverse sostanze chimiche,
e che lo schema di valutazione usato nell’autorizzazione dei pesticidi non è
sufficientemente cautelativo riguardo ai rischi della poliesposizione.
Il monitoraggio continua a segnalare una presenza diffusa di pesticidi
nelle acque, con un notevole aumento delle sostanze rinvenute e delle aree
interessate. Le ragioni sono diverse. In primo luogo c’è il fatto che in vaste
zone del paese, solo con ritardo, emerge una contaminazione prima non rilevata
da un monitoraggio non adeguato. La causa più preoccupante, però, è la
persistenza di certe sostanze, che insieme alle dinamiche idrologiche molto
lente (specialmente nelle acque sotterranee) rende i fenomeni di contaminazione
ambientale difficilmente reversibili.
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From: Daniele Barbieri pkdick@fastmail.it
To:
Sent: Monday, May 16, 2016
7:55 AM
Subject: COME IL GLIFOSATO STA UCCIDENDO L’ARGENTINA
di Tommaso Perrone
Un fotografo
argentino emergente ha deciso di realizzare un reportage di quelli davvero
tosti. Come Davide contro Golia, i suoi nemici sono il glifosato e la Monsanto.
Il glifosato,
uno degli erbicidi più usati al mondo in campo agricolo, ha effetti devastanti
e drammatici sulla salute delle persone che sono costrette a vivere in suo
contatto. Questa volta a sostenerlo non è un’organizzazione
ambientalista o, meglio ancora, qualche agenzia che fa capo all’Organizzazione
mondiale della sanità. Lo dimostra, con immagini e testimonianze, un reportage
realizzato da Pablo Ernesto Piovano, un fotografo argentino che nel 2014 ha deciso di
documentare la condizione della popolazione del suo paese che lavora o vive nei
pressi dei campi coltivati a soia ogm dove si usano dosi massicce di
diserbanti.
Il costo umano dei pesticidi
Il reportage
si chiama El costo humano de los agrotóxicos, il costo umano dei
pesticidi, ed è stato esposto all’edizione 2015 del Festival della
fotografia etica di Lodi.
http://www.festivaldellafotografiaetica.it/pablo-ernesto-piovano-el-costo-humano-de-los-agrotoxicos/
Le foto di
Piovano sono una denuncia senza appello alla Monsanto, la multinazionale che si
è inventata l’accoppiata OGM-Roundup, ovvero la coltivazione di soia
geneticamente modificata abbinata all’utilizzo del
diserbante Roundup (al quale la soia è resistente) che contiene
glifosato.
“Questo
lavoro è stato dettato dal mio amore per la natura. Ho lavorato per
trovare prove su questa situazione, trascorrendo giorni interminabili da solo
con la mia macchina fotografica, viaggiando per oltre seimila chilometri sulla
mia auto di vent’anni, per dare il mio contributo affinché tutto questo finisca”,
ha dichiarato Piovano a Burn, il magazine dedicato ai fotografi emergenti.
La storia
del glifosato inizia negli anni Cinquanta, ma la sua commercializzazione con il
nome di Roundup da parte della Monsanto è partita nel
1974 negli Stati Uniti come strumento per liberare i campi agricoli dalle
erbacce. Poi la cosa è “sfuggita di mano” quando il glifosato ha iniziato a
fare coppia fissa con i cereali modificati geneticamente per resistere al
pesticida. Oggi è commercializzato in tutto il mondo e il brevetto è
scaduto quasi ovunque, Italia compresa dove è uno dei prodotti fitosanitari più
venduti. In Europa sono quattordici le aziende che lo producono.
Il dramma
argentino ha avuto inizio nel 1996 quando il governo ha deciso di approvare la
coltivazione e la commercializzazione di soia transgenica e l’uso del glifosato
senza condurre alcuna indagine interna, ma basando la sua decisione solo sulle
ricerche pubblicate dalla Monsanto. Da allora, la terra coltivata a OGM è
arrivata a coprire il 60 per cento del totale e solo nel 2012 sono stati
spruzzati 370 milioni di litri di pesticidi tossici su 21 milioni di ettari di
terreno. In quelle stesse terre, i casi di cancro nei bambini sono triplicati
in dieci anni, mentre i casi di malformazioni riscontrate nei neonati sono
aumentate del 400 per cento. A dir poco incalcolabili i casi di malattie della
pelle e i problemi respiratori riscontrati senza motivo apparente nei giovani
come negli adulti.
Un’indagine
recente, secondo quanto riportato da Burn, ha calcolato che 13,4 milioni di
argentini (un terzo della popolazione totale) ha subìto gli effetti negativi
del glifosato. A fronte di tutto ciò, l’Argentina non ha preso alcuna decisione
per bloccare questo dramma, né ha commissionato nuovi studi per capire cosa
stia accadendo alla popolazione. Anzi, oggi in Argentina si trovano 22 dei 90
milioni di ettari coltivati a soia OGM nel mondo, secondo quanto riportato dal
settimanale tedesco Die Zeit.
Il
reportage, però, non è passato inosservato vincendo diversi premi come
il Festival Internacional de la
Imagen, in Messico, e si è piazzato al terzo posto del
concorso POY Latam, nella categoria “Carolina Hidalgo Vivar el medio
ambiente”.
Ma l’omertà
e la forza di una multinazionale del calibro della Monsanto sono nemici duri da
sconfiggere, molto più potenti dell’evidenza e del dolore.
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From: Rete Nazionale
sicurezza luoghi di lavoro e territorio bastamortesullavoro@gmail.com
To:
Sent:
Tuesday, May 17, 2016 7:53 AM
Subject: ILVA: L’ONDA
LUNGA DELLA “TEMPESTA PERFETTA”
APPELLO
Fare del maxi processo ILVA (la madre di tutti i processi contro i padroni
assassini, lo stato e i governi loro complici) per giustizia e risarcimenti
agli operai e le popolazioni.
Fare della questione ILVA una grande questione nazionale del movimento
operaio, popolare e antagonista.
Nuova campagna di presentazioni nazionali del libero “ILVA: la tempesta
perfetta” e dibattito aperto, dal 25 maggio al 10 giugno.
Invitiamo tutte le realtà sociali e politiche del sindacalismo di base, dei
centri sociali, delle organizzazioni proletarie e rivoluzionarie a prendere
contatto con Taranto per organizzare le iniziative con la presenza diretta dei
compagni di Taranto.
Rete Nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro e la salute sul
territorio
347 53 01 704
Redazione Taranto Contro Blog
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From: Gino
Carpentiero ginocarpentiero@teletu.it
To:
Sent: Tuesday,
May 17, 2016 9:23 AM
Subject: ADDIO A LUIGI MARA, CHE PORTO’ IL LAVORO FUORI
DALLA FABBRICA
Da Il Manifesto
di Luciana Castellina
14/05/16
Lutto a sinistra.
Una vita in difesa della sicurezza degli operai. Dai Consigli di Zona a
Medicina democratica.
Venerdì scorso, solo una settimana fa, al circolo Arci di Varese dove come
al solito parlavamo dei guai della sinistra l’abbiamo ricordato, come del resto
sempre quando si doveva richiamare non solo una bella esperienza del passato,
ma un esempio da poter seguire anche oggi, solo che si abbia l’ottimismo della
volontà. Perché Luigi Mara non era mai diventato un “vecchio compagno d’armi”,
è sempre rimasto e da quando lo conobbi sono passati più di 40 anni un
riferimento essenziale per capire cosa vuol dire fare sinistra senza chiudersi
in un imbelle identitarismo.
Mi era dispiaciuto che non fosse lì con noi, tanti ancora qui provenienti
dal vecchio PDUP di questa provincia dove mi capitò (quasi per caso) di essere
eletta per la prima volta in Parlamento, nel lontano 1976. Mi ripromettevo di
vederlo qualche giorno dopo a Busto Arsizio, dove, vicino alla “sua” Montedison,
uno dei luoghi sacri delle battaglie degli anni ‘70, a Castellanza, Luigi Mara
ancora viveva e operava. Invece mi è arrivata, tristissima e inattesa, una mail
dei compagni Colombo, Medici, Rebellato, Cova, Maran, a nome del Gruppo di
Prevenzione e Igiene Ambientale della Montedison di Castellanza, che da tre
decenni ha dato vita al Centro per la salute Giulio Maccacaro.
“Cara Luciana, ieri sera, a causa di una improvvisa emorragia celebrale, è
mancato Luigi Mara. Non abbiamo parole”. Non ne ho neppure io, per il dolore.
Luigi è uno dei tanti compagni che mi ha insegnato di più sul lavoro. Scusate
il richiamo personale. Ma dovete capire che in quel decennio che seguì il ‘68
noi, che pure eravamo stati già così a lungo nel PCI, scoprimmo una quantità di
cose nuove. Perché non era mai capitato che la milizia politica ci portasse così
vicino alla fabbrica, dentro i suoi problemi. A chi non era operaio, prima, non
capitava se non era sindacalista.
Luigi è stato, ed è rimasto, importantissimo. Perchè non fu solo l’ispiratore
principale del Consiglio di fabbrica di questa grande (ormai quasi vuota)
fabbrica lombarda, ma perché fu il vero inventore di una dimensione politica
più vasta e decisiva dei nuovi organismi che la lotta aveva creato nelle aziende:
i Consigli di Zona. Aveva capito che le sorti della condizione operaia non si
giocavano più solo nei reparti, ma fuori, nella città dove vivevano, e che
dunque bisognava usare della forza operaia e del nuovo ruolo politico dei
Consigli per investire anche le politiche della sanità, urbanistiche,
scolastiche, tutto. Il suo incontro con un altro straordinario compagno, Giulio
Maccacaro, creatore di Medicina Democratica, uno degli organismi più preziosi
nella lotta per rendere vivibili le condizioni ambientali mortali allora per lo
più ancora ignorate, fuori e dentro la fabbrica, fu per Mara (e reciprocamente
per Maccacaro) importantissimo. Fu, si può ben dire, da Castellanza, che
partirono le lotte per Scarlino e per tutti gli altri luoghi dove la produzione
uccideva.
E da Castellanza partì l’azione che aprì le aziende fino ad allora affidate
alle “cure” della proprietà, all’intervento delle USL, l’unità sanitaria locale
pubblica. E proprio sull’esperienza pioniera di Castellanza si è modellata in
seguito la legge varata in Brasile. Luigi, sul tema della salute, e specificamente
della sicurezza sul lavoro, aveva una dolorosa esperienza diretta: aveva perso
alle macchine ambedue le braccia. Anziché solo vittima, quella terribile
mutilazione lo rese una intelligentissima bandiera.
Quando vi dico che il suo operare politico era tutt’ora così importante è
perchè a me capita davvero di citarlo in ogni occasione quando dico che non
bastano a salvare la democrazia nel nostro paese e dunque la sinistra che della
democrazia ha più bisogno né il diritto a pronunciarsi ogni 5 anni per dire se
ci è piaciuto o meno quanto ha fatto il presidente del consiglio di turno; ma
neppure limitarsi a costruire un partito decente. Che occorre anche,
contemporaneamente, costruire forme di organizzazione della società in cui si
possa esprimere direttamente la capacità e volontà dei cittadini di gestire la
società, riappropriandosi di funzioni che la burocrazia statale ha espropriato.
Che, insomma, una democrazia organizzata, è essenziale e che la sinistra non
può essere tanto statalista da demandare il suo fare solo a quando conquisterà
palazzo Chigi. Perché anche conquistarlo non basterà a cambiare la società.
Luigi Mara questo lo aveva capito bene e anche se oggi la stessa parola
Consigli di Zona la ricordano in pochi, quello che lui insieme agli altri
compagni di Medicina Democratica hanno continuato a fare, è a quel momento alto
della nostra storia politica che ci rimanda. Mi piacerebbe che il nuovo
soggetto politico che, fra molti travagli, e però suscitando grandi
aspettative, stiamo costruendo, dedicasse all’esperienza di Luigi Mara molta e
seria riflessione.
Alla moglie Antonia e alla figlia Laura che, come avvocato del lavoro, l’ha
molto coadiuvato nelle sue battaglie, le affettuose condoglianze de Il Manifesto.
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From: Gino
Carpentiero ginocarpentiero@teletu.it
To:
Sent:
Tuesday, May 17, 2016 9:23 AM
Subject: THYSSEN-KRUPP, TUTTI
CONDANNATI
Da Il
Manifesto
di Riccardo
Chiari
14/05/16
Strage
operaia.
A nove anni
dal rogo, la Cassazione
conferma la seconda sentenza d’appello. Nove anni e otto mesi per l’ex
Amministratore Delegato della multinazionale Harald Espenhahn, per altri cinque
dirigenti Thyssen-Krupp pene appena più lievi. Familiari sulle barricate dopo
la richiesta del Procuratore Generale di un nuovo, ennesimo processo: “Sarebbe
stato scandaloso”. L’ex Pubblico Ministero Guariniello: “Processi troppo lunghi”.
Ora la
sentenza è definitiva, ma otto lunghi anni di attesa e ben cinque processi
hanno rischiato di non bastare, nel caso quanto mai doloroso del rogo che nel
dicembre del 2007 provocò la morte di sette operai dello stabilimento torinese
della Thyssen-Krupp. Una fine straziante: Giuseppe Demasi, Angelo Laurino,
Roberto Scola, Rosario Rodinò, Rocco Marzo, Bruno Santino e Antonio Schiamone
furono investiti da un getto di olio lubrificante incandescente uscito da un
grande tubo che si era sfondato durante un inizio di incendio. Ustionati in
tutto il corpo, morirono fra enormi sofferenze chi dopo poche ore, chi dopo
qualche giorno, chi dopo un’agonia durata quasi un mese. Ora la Cassazione ha
confermato la Sentenza
emessa lo scorso anno dalla Corte d’Appello di Torino.
L’ex
Amministratore Delegato della multinazionale Harald Espenhahn è stato
condannato a nove anni e otto mesi di reclusione; i dirigenti Marco Pucci e
Gerald Priegnitz a sei anni e dieci mesi; il membro del comitato esecutivo dell’azienda
Daniele Moroni a sette anni e sei mesi; l’ex direttore dello stabilimento
Raffaele Salerno a otto anni e sei mesi; infine il responsabile della sicurezza
Cosimo Cafuer a sei anni e otto mesi.
Tutti sono
stati condannati per omicidio colposo plurimo aggravato dalla colpa cosciente.
Perché in quello stabilimento, che doveva essere chiuso a breve, non solo le
misure di sicurezza erano già state ridotte e le manutenzioni erano pressoché
inesistenti, ma la fabbrica veniva pulita solo quando arrivava l’ASL, e l’impianto
si fermava solo in caso di guasti gravi, altrimenti si interveniva con la linea
in movimento. Così come accadde quella notte infernale. Non per caso la Procura di Torino (e
almeno i giudici di primo grado avevano accolto la richiesta) aveva delineato l’omicidio
volontario dietro al rogo.
I quattro
condannati italiani, con i loro avvocati, hanno subito comunicato all’autorità
giudiziaria che nelle prossime ore si presenteranno ai cancelli del carcere più
vicino. Più complesso il caso dei due dirigenti Thyssen-Krupp tedeschi:
entrambi risiedono in Germania e, in base a una convenzione in materia di
cooperazione giudiziaria che ha recepito una Direttiva quadro UE, potranno
scontare la pena in patria. “In questo caso” - hanno spiegato le difese dei due
imputati - “l’esecuzione avviene secondo le norme del paese nel quale deve
essere espiata la pena”. E nell’ordinamento tedesco il reato di omicidio
colposo aggravato, così come ha puntualizzato in aula l’avvocato Ezio Audisio
in difesa di Espenhahn e Priegnitz, è al massimo di cinque anni. In altre
parole i due condannati avranno comunque uno sconto di pena.
Al di là
della decisione della quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione, la
notizia più discussa della giornata è stata la richiesta del Sostituta
Procuratore Generale Paola Filippi di disporre un sesto processo (sarebbe stato
il terzo d’appello) per la strage nell’acciaieria. Tecnicamente, la richiesta
avanzata alla Corte era stata quella di annullare la Sentenza per
rideterminare le pene per i reati di omicidio colposo plurimo, e per rivalutare
il no alle attenuanti generiche per i quattro imputati italiani. Di fatto una
richiesta, all’ennesima Sezione di Corte d’Appello, di alleggerire le condanne.
Con l’effetto collaterale di altri due processi da fare.
Quanto mai
comprensibile la reazione dei familiari delle vittime. Epiteti come “venduti” e
“bastardi” sono stati urlati in aula. “La Procura Generale
vuole un altro processo per consentire agli imputati ulteriori sconti di pena”
- questo lo sfogo della moglie di una delle vittime - “Non si può più andare
avanti così. Nemmeno una parola è stata riservata ai morti. Scandaloso”.
Lucido, e
amaro, l’ex Procuratore Aggiunto Raffaele Guariniello, che chiuse le indagini
in 80 giorni: “Renzi dice che aspetta le sentenze, ma anche noi le aspettiamo.
Sono i processi a essere lunghi, in questo lui coglie un aspetto di verità.
Questo è un problema di ordine generale che deve far riflettere tutti. I
processi sono molto lenti anche quando le indagini preliminari, come nel nostro
caso, si sono esaurite in tempi da record. Gli avvocati difensori non centrano:
è giusto che presentino i loro ricorsi, fa parte del gioco. Solo che il gioco
dura troppo”.
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From:
Daniele Barbieri pkdick@fastmail.it
To:
Sent: Tuesday, May 17, 2016
10:21 AM
Subject: IL NEMICO IN CASA
di Michele Monteleone (ex operaio
Olivetti)
Ad avermi
buttato in mezzo a una strada, a 50 anni, non è stato uno zingaro e nemmeno un
africano. E’ stato De Benedetti.
A far di me
un peso morto è stata la
Fornero.
A fingere di
proteggermi intanto che si facevano i cazzi loro, non sono stati gli
extracomunitari, ma i sindacati.
A prendermi
per il culo dicendo una cosa e facendo l’opposto, è Renzi, non i rumeni.
A
stravolgere la nostra Costituzione anziché imporne il rispetto, è il parlamento
italiano, non quello tunisino.
A
distruggere sanità e istruzione, sono stati i governi italiani eletti da
italiani, non i rom.
A vessare
con metodi medioevali chiunque provi a campare con il poco che racimola, sono
funzionari italiani, non libici.
A vendere o
spostare verso altre nazioni tutte le principali aziende italiane, non sono
stati i marocchini, ma Marchionne, Tronchetti Provera e quelli come loro.
A spingere
al suicidio qualche centinaio di poveri cristi, sono stati i governanti
italiani, non i profughi.
A sfruttare
ogni disgrazia per guadagnarci milionate e distribuendo briciole, sono le
grandi cooperative italiane, non quelle serbe.
Quando mi
avanzerà abbastanza odio per persone provenienti da altre parti del mondo,
forse sposterò il tiro.
Per ora mi
accontento di riversarlo interamente ai personaggi di cui
sopra, miei connazionali e, piuttosto che altri, preferirei
fossero loro a trovarsi finalmente nella condizione di dover salire su dei
barconi per scappare.
Scappare da
qui.
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From: Silvia
Cortesi sylvyacort@gmail.com
To:
Sent: Tuesday, May 17, 2016 02:37
AM
Subject: LA SCOMPARSA DI LUIGI MARA
Giovedì scorso, 12 maggio, ci ha lasciato Luigi Mara stroncato da un improvviso malore.
E’ stato fondatore di Medicina
Democratica con Giulio Maccacaro nel 1976 (nonché tra i fondatori del PDUP e
sostenitore da sempre de “Il Manifesto”).
Ho avuto la fortuna di conoscere e
collaborare con Luigi per trent’anni apprezzando sul campo le sue doti di
ambientalista scientifico come pure il suo schieramento di classe: la nocività
della fabbrica determina la nocività ambientale e le lotte per la salute in
fabbrica sono le stesse di quelle per affermare l’ambiente salubre.
Rigore, chiarezza di posizioni e
integrale schieramento con le vittime per cambiare lo stato di cose presente
(rischio zero) con le lotte fino a portare nei Tribunali una richiesta di
giustizia in precedenza mai soddisfatta.
Avrebbe considerato idonea la sentenza
della Cassazione sulla Thyssen-Krupp (Medicina Democratica è tra le pochissime
parti civili rimaste in tutti i gradi di giudizio) anche se non pienamente
corrispondente alla richiesta iniziale del Pubblico Ministero Guariniello.
Idonea non per l’entità delle condanne
ma per l’affermazione che la mancanza di prevenzione è un crimine.
Si è battuto contro la scienza (e gli
scienziati) al servizio del capitale, per l’autorganizzazione degli sfruttati,
per l’affermazione del diritto alla salute e all’ambiente salubre quale
obiettivo di classe, per la modifica delle modalità di produzione e del
contenuto delle merci, per la non delega (la partecipazione) e la costruzione
di una scienza operaia.
Obiettivi che sono all’origine e la
ragion d’essere di Medicina Democratica che si trova a raccogliere il testimone
di Luigi.
Impossibile sintetizzare la ricchezza
intellettuale e la dirittura della sua azione dal Gruppo di Prevenzione e
Igiene Ambientale della Montedison di Castellanza alle iniziative processuali
(da Porto Marghera all’Eternit) che hanno portato all’attenzione di tutta la
società la sporca guerra contro i lavoratori tuttora in atto, per dare
giustizia e dignità alle vittime.
Ciao, compagno
Luigi.
Marco Caldiroli
Vicepresidente di Medicina Democratica
Onlus
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To:
Sent:
Thursday, May 19, 2016 11:24 AM
Subject: TECNOLOGIE E ORARIO DI LAVORO: L’ALLEANZA
POSSIBILE
di Elisa Gambardella e Tommaso Nencioni
Il progresso tecnologico costituisce una via
tradizionale usata dal capitale per superare le proprie crisi, attraverso la creazione
di nuovi bisogni e nuovi mercati, e l’aumento della produttività del lavoro, a
prezzo dell’espulsione di manodopera dal processo produttivo. Il declino del
compromesso fordista, che aveva permesso a sindacati e management di “spartirsi
il bottino” dello sviluppo tecnologico, ha aperto una transizione nella quale
crisi capitalistica e innovazione tecnologica stringono il lavoro in una
spirale dalla quale non si intravede via d’uscita.
La
sinistra annaspa, e i suoi movimenti scomposti contribuiscono a stringere il
nodo della spirale attorno alla gola dei subalterni. Invece bisognerebbe
liberarsi con un taglio netto, trasformando la spirale crisi-innovazione
tecnologica-aumento della disoccupazione-aumento del tempo del lavoro in un
circuito virtuoso innovazione tecnologica-diminuzione dell’orario di
lavoro-uscita dalla crisi.
Anche
perché la storia delle lotte del movimento operaio e socialista è lotta per il
controllo del tempo del lavoro e della vita da parte dei subalterni, costretti
a vendere il proprio lavoro assieme al proprio tempo, non solo quello della
fabbrica.
Col
passaggio dal luddismo al marxismo, l’obiettivo della gestione del tempo come
fine della lotta del proletariato rimane inalterato (la riduzione dell’orario
di lavoro è il passo in avanti fondamentale per l’uscita dal regno
capitalistico della “necessità”), ma lo sviluppo tecnologico dei mezzi di produzione
da elemento di assoggettamento dei subalterni si trasforma in oggetto di
battaglia politica.
Oggi
prevale nel dibattito pubblico la disseminazione del senso di smarrimento: l’idea
che la quasi-rivoluzione industriale a cui assistiamo porterà, in estrema
sintesi, alla distruzione dei posti di lavoro e quindi all’instabilità sociale.
Al disastro. Il processo di innovazione tecnologica corre in effetti a velocità
drammaticamente superiore rispetto a quello del mutamento sociale (e
ambientale): la domanda a cui si deve rispondere è come tenere insieme i due
processi, e impedire che la società venga fatta a brandelli dall’incapacità di
affrontare la sfida. Fermare i cambiamenti in atto tuttavia non è neppure auspicabile.
La tecnologia è di per sé neutrale, e qui sta la grande scelta: lasciare la
padronanza del sapere tecnologico a pochi grandi centri di potere con il loro “neoliberismo
in salsa tech” (Chomsky), oppure distribuirlo alle persone.
Se
scegliamo la seconda strada, allora diamo vita a una svolta democratica
generatrice di eguaglianza contro il “digital divide”, alla luce anche della
grande frattura generazionale creata con l’avvento contestuale di cambiamenti
repentini nel mercato del lavoro da un lato e della crisi economico-finanziaria
dall’altro: se fino a poche generazioni fa istruzione e occupazione facevano
rima davvero, sappiamo bene come crisi e rivoluzione tecnologica abbiano
distrutto lavori e redditi esistenti e desertificato ambizioni potenziali,
disorientando una massa intera di giovani, costretti alla resilienza.
La
maggior parte delle realtà investite dal processo di digitalizzazione verrà
ridefinita, ma non eliminata. Il ragionamento non va limitato però entro il confine
del che fare per quei lavoratori le cui mansioni non sono più richieste dal mercato.
Proprio perché inesplorato è un campo che incute timore: quanto tempo libero in
più avremo?
Se
ribaltiamo la prospettiva, ci troviamo di fronte ad un’eclatante possibilità di
liberazione. Il tasso di disoccupazione è ancora tristemente alto e il tasso di
inattività non decresce. Questo significa che c’è un gran numero di persone
che, se crediamo che il lavoro conferisca dignità all’uomo, è di fatto escluso
dall’accesso a una vita dignitosa.
Allo
stesso tempo molti di noi conoscono, o sono, persone che lavorano più di otto
ore al giorno, perché in molti settori il ritmo di produzione richiesto è alto e
incessante.
Ma
se mettiamo insieme i pezzi ci accorgiamo che la tecnologia permette di migliorare
la produttività, riducendo i tempi di lavoro; automatizza alcune attività, ma
allo stesso tempo crea nuove professioni; il numero di persone che non lavora è
troppo alto.
Torna
un’idea semplice, lavoriamo meno e lavoriamo tutti, godendo così di un welfare
a questo punto capace di camminare con le proprie gambe, in parallelo con l’aumento
del numero di contribuenti.
Se
avremo più tempo libero saremo più capaci di realizzarci ed essere felici. Se
la fine della divisione sociale del lavoro appare ancora un’utopia di là da venire,
forse l’obiettivo di superarla entro il confine del tempo biologico della vita
di una stessa persona è a portata di mano.
Lo
Stato e le organizzazioni sopranazionali dovrebbero svolgere il ruolo
fondamentale di legislazione che tale svolta, che non è pensabile possa essere
adottata in un solo Paese, comporterebbe. Innanzitutto istituendo uno strumento
di supporto al reddito che permetta di superare senza traumi sociali la fase di
transizione in cui stiamo entrando: il “quantitative easing for the people”
lanciato da Jeremy Corbyn.
Cosa
ne sarebbe stato della vicenda del movimento operaio senza la battaglia per le
otto ore? Una parola d’ordine capace di costruire mobilitazioni, blocchi storici,
ritualità, una vera e propria civiltà del lavoro. Una domanda concreta, ma allo
stesso tempo aperta a scenari di cambiamento globale. All’epoca in cui fu
lanciata, pareva spesso un miraggio la conquista delle dieci ore.
Ma
la lotta premiò, e l’utopia delle otto ore divenne realtà. Rilanciare oggi una
battaglia per l’ulteriore abbassamento della giornata lavorativa contribuirebbe
a rivitalizzare le ragioni di una sinistra in cerca di significato sociale e
ridarebbe al contempo fiato all’agonizzante “modello sociale europeo”, sbandierato
ormai come un feticcio, ma espropriato dalla crisi di ogni significato e
contenuto riconoscibile per i popoli del Continente.
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From: Scintilla
Onlus scintillaonlus@yandex.com
To:
Sent:
Thursday, May 19, 2016 6:32 PM
Subject: SCINTILLA
ONLUS: AGGIORNATA LA
SEZIONE SALUTE E SICUREZZA!
Aggiornata la nuova sezione “Salute e sicurezza dei lavoratori”.
Come vi avevamo segnalato, Scintilla Onlus ha pubblicato sul proprio sito
web (http://scintillaonlus.weebly.com/) una
sezione sulla salute e sicurezza dei lavoratori.
Tale iniziativa ha suscitato notevole interesse e molti compagni e
lettori ci hanno manifestato il loro apprezzamento, inviandoci consigli e altro
materiale utile.
Abbiamo quindi aggiornato il sito, in particolare per ciò che riguarda la
prevenzione dei rischi lavorativi, sia per tipologia che per settore.
Ci auguriamo che ciò possa essere utile per l’attività di contrasto
quotidiano ai padroni, che perseguono il loro unico interesse, il profitto,
sulla pelle degli operai e degli altri lavoratori sfruttati.
Continuate a farci conoscere le vostre opinioni e inviateci altro
materiale per migliorare ed arricchire questo spazio che è a disposizione di
tutte le lavoratrici e i lavoratori, gratuitamente.
Soprattutto vi invitiamo a darci una mano donando il 5 per mille a
Scintilla Onlus.
Non costa nulla, ma per noi è essenziale per portare avanti il nostro
lavoro, per sostenere la cultura e la solidarietà proletaria, contro ogni forma
di sfruttamento!
Visita il sito http://scintillaonlus.weebly.com.
Dai il 5 per
mille a Scintilla Onlus!
Nella
dichiarazione dei redditi firma nel riquadro “Sostegno del volontariato e delle
altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale” e scrivi il codice 976
637 805 89.
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From: Maria
Nanni mariananni1@gmail.com
To:
Sent:
Friday, May 20, 2016 11:04 AM
Subject: I
FERROVIERI SCIOPERANO IL 24 E 25 MAGGIO 2016
I ferrovieri scioperano il 24 e 25 maggio 2016:
-
per rinnovi contrattuali dignitosi;
-
per la qualità e la sicurezza del lavoro;
-
per la riduzione dei carichi lavorativi;
-
per un equo sistema pensionistico;
-
contro i processi di privatizzazione e speculazione.
Le
dichiarazioni di sciopero dei Sindacati di Base dei ferrovieri, per il giorno
24 e 25 Maggio 2016, interessano nelle diverse articolazioni i lavoratori del Gruppo
FSI, Trenord, NTV, (fatti salvi servizi minimi previsti dalla Legge 146):
Gruppo FSI, Trenord e NTV:
dalle 21 del 24/05/16 alle 18 del 25/05/16 (SGB e
USB dalle 9 alle 17 del 25/05/16)
Cargo Trenitalia:
dalle 21 del 24/05/16 alle 21 del 25/05/16 (SGB, USB,
CUB, dalle 9 alle 17 del 25/05/16)
SCIOPERA E FAI SCIOPERARE
IL 24 E 25 MAGGIO 2016
CAT, CUB, SGB, USB
---------------------
To:
Sent:
Friday, May 20, 2016 2:33 PM
Subject: COMUNICATO
DI SOLIDARIETA’ ALL’OPERAIA PIAGGIO LICENZIATA
COMUNICATO
DI SOLIDARIETA’ ALL’OPERAIA PIAGGIO LICENZIATA
RILANCIAMO L’OFFENSIVA
CONTRO COLANINNO E RENZI!
La
Federazione Toscana del Partito dei CARC esprime la massima solidarietà
alla operaia Piaggio prontamente licenziata per aver espresso la propria
avversione alla parata di Renzi e della sua combriccola in fabbrica. I toni “forti”
che ha usato sono diretta conseguenza e frutto della guerra non dichiarata che
la classe operaia e le masse popolari subiscono: dal Jobs Act ai tagli ai
servizi essenziali (scuola, Sanità e via dicendo), dal ritmo massacrante della
catena di montaggio alla catena interminabile di tasse, balzelli e oboli di
ogni tipo che ci soffocano. Ma sempre parole rimangono, mentre gli atti con cui
i vertici della Repubblica Pontificia spremono peggio dei limoni i lavoratori
sono ben concreti e reali.
E’ evidente
come la sentenza nei confronti dei licenziati di Pomigliano abbia fatto scuola.
Mimmo Mignano e gli altri compagni del Comitato Cassintegrati e Licenziati
Politici esibirono un fantoccio del padrone impiccato, come forte protesta
rispetto all’ennesimo suicidio di un’operaia del reparto confino di Nola.
A Pontedera
si applica il solito concetto di “fiducia tradita”, che ovviamente non è
equivalente per chi da anni non paga il premio di produzione, aumenta
progressivamente i carichi di lavoro, scarica sulle tasche della collettività
con gli ammortizzatori sociali le cosiddette riduzioni di esigenze produttive,
sta conducendo una delle maggiori aziende italiane verso la chiusura attraverso
una (neanche tanto) strisciante delocalizzazione nei paesi asiatici.
Ribadiamo il
nostro fermo sostegno alle due operaie e invitiamo a raccogliere e rilanciare l’esempio
del comitato per il reintegro di Sandro Giacomelli, lavoratore DNA (indotto
Piaggio) licenziato a fine 2015; la lotta ha portato alla vittoria mettendo al
centro l’importanza della solidarietà di classe e l’unità di azione a
prescindere dalla tessera sindacale in tasca, come fatto anche dagli operai
degli stabilimenti FCA del Sud contro Marchionne.
Oggi, nella
fase di crisi terminale del sistema capitalista, è necessario rilanciare la
costruzione di organizzazioni operaie che si occupano dell’azienda, impedendone
lo smantellamento e per cominciare a ragionare su come dirigerne il processo
produttivo; organismi che sviluppano il coordinamento e l’organizzazione
interna e esterna per prevenire le mosse dei padroni e respingere gli attacchi
contro i colleghi, come nel caso descritto. E’ il contributo migliore e
realistico alla costruzione dell’alternativa politica ai Renzi di turno, sono
le basi su cui le masse popolari con alla testa la classe operaia possono e
devono costruire il proprio governo di emergenza, un Governo di Blocco Popolare
che imponga i primi, urgenti rimedi agli effetti devastanti della crisi.
MANDIAMO A
CASA RENZI E COLANINNO!
REINTEGRARE
SUBITO L’ OPERAIA LICENZIATA!
COSTRUIRE IN
OGNI AZIENDA ORGANIZZAZIONI OPERAIE E POPOLARI, CHE IMPEDISCONO LE
DELOCALIZZAZIONI, DIFENDONO I LAVORATORI, PREVENGONO LE MOSSE DEL PADRONE!
Federazione
Toscana del Partito dei CARC
mailing list: Federazionetoscana@autistici.org
---------------------
To:
Sent:
Saturday, May 21, 2016 4:15 PM
Subject: A PROPOSITO DI VISIONI...
“Prima vennero i tecnici della
sicurezza, poi gli igienisti industriali, i medici competenti, i
formatori della sicurezza e, infine, gli psicologi del lavoro.
Ma le qualifiche professionali da sole non
bastavano e allora ecco le nuove categorie: gli illuminati, gli evangelisti,
gli ispirati...
Visto però, che il fenomeno degli infortuni sul
lavoro è ben lungi dal trovare soluzione e che, finché c’è un problema, c’è
un reddito da problema, chissà quali altre sorprese ci riserverà il futuro.”
Ho ripreso una parte del
dialogo su Linkedin a commento di un mio post precedente, quello sugli
AMBASCIATORI ED EVANGELISTI DELLA SICUREZZA:
eliminando tutti i riferimenti che
avrebbero potuto portare al riconoscimento delle persone coinvolte (Mister X e
Mister Y).
Mister X: “...hai ragione. Questa deve essere la VISIONE
di tutti coloro che fanno questo mestiere, In un mondo ideale non esistono safety officers!! Il nostro lavoro non avrebbe più ragione di esistere.
Credo altresì che i colleghi... nel video abbiano condiviso il loro amore per questo
mestiere e spero che questo possa essere di ispirazione per sempre più persone a farlo, o iniziare a farlo,
bene con passione e coerenza per andare, come ben dice ... oltre la “norma”.
Poi ognuno lo farà come meglio gli viene, chi in prima linea e chi nelle
retrovie, tutti ugualmente importanti”
Mister Y: “Grande
ammirazione e complimenti a ... per l’iniziativa e il coraggio di averla
proposta”.
Mister X: “Caro ...
grazie!! Qui si sta facendo una rivoluzione
e questo è solo l’inizio. L’obiettivo è arrivare a tutti, lavoratori compresi,
ingaggiandoli e appassionandoli ai valori dell’HSE. Questo può avvenire sia a
livello organizzativo che a livello sociale. Come tutti i cambiamenti e le
innovazioni una novità come questa attira a sé professionisti illuminati (come te) e individui ispirati che vogliono essere
protagonisti del cambiamento e che stanno facendo parlare i fatti delle
iniziative di questi giorni. Mentre naturalmente c’è anche chi è più o meno
resistente a un qualcosa che forse ancora non capisce o che non gli conviene.
Ci sarà tempo per salire tutti a bordo oppure per qualcuno di ritrovarsi da
solo in un mondo che non esiste più. E la cosa più bella e straordinaria è che
tutto questo sta avvenendo con una spinta totalmente no-profit grazie a decine
e decine di persone che sono guidate dal genuino amore per la vita, la salute e
la sicurezza e la voglia di contribuire a rendere il lavoro (e il mondo) più
sicuro. Quindi ... welcome on board!”.
MISTER Y: “E’ interessante
osservare da lontano come si sviluppa la discussione fra early adopters e late... e come l’equazione sia ancora
sbilanciata dalla parte della conformità
contro le persone specialmente fra professionisti... stay in touch... Ho un paio di idee su
questo...”.
E allora se
l’intento è quello dichiarato arrivare a tutti i lavoratori, qualcuno dovrebbe
spiegarmi se pensano di farlo usando un linguaggio per pochi intimi o, per
rimanere in tema, per alcuni “ELETTI”
che proveranno a calare il “verbo”
al volgo.
Cosa ne
pensate? A me viene in mente solo un breve commento: “Parla come magni!”.
Poi però ci sono anche le persone che ogni giorno rischiano la pelle
senza visioni, illuminazioni, intenti missionari, ma con il solo scopo di
portare a casa uno stipendio sapendo di aver fatto una cosa utile.
Uomini e non fenomeni.
Grazie Giuseppe
Franco
Mugliari alias Muglia La Furia
mail: fmuglia@tin.it
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To:
Sent: Sunday,
May 22, 2016 6:15 AM
Subject: VERSO LA NUOVA UDIENZA DEL
PROCESSO ILVA A TARANTO IL 14 GIUGNO
Noi vogliamo
un processo popolare, vogliamo giustizia e risarcimenti, consapevoli che l’unica
giustizia è quella proletaria e che non sarà un processo che ci salverà, ma
serve una mobilitazione operaia e popolare locale e nazionale.
Occorre
capire l’importanza politica e nazionale di questo processo. Un processo che
per il tipo di imputati, per il loro numero, per l’attacco concentrico a salute
e lavoro, mostra esemplarmente il
sistema del capitale ed è oggettivamente la “madre” di tutti i processi di
questo tipo. Gli imputati sono tutte le espressioni del sistema
economico, politico, istituzionale, dai grandi capitalisti ai loro agenti, dai
rappresentanti delle Istituzioni, parlamentali, regionali e locali, ad
esponenti della Digos e delle Forze dell’Ordine, dai dirigenti degli Enti che
dovevano controllare, fino ad alti prelati della Chiesa.
Mancano, ed è una grave lacuna del processo, i vertici e i rappresentanti
in fabbrica dei sindacati confederali e mancano i giornalisti nazionali e
locali prezzolati da Riva. E il quadro del sistema borghese sarebbe completo.
L’ILVA è al centro oggi della contraddizione
epocale tra gli interessi del capitale e gli interessi degli operai e delle
masse popolari, tra la logica del profitto e la salute, la vita degli operai e
delle masse popolari.
Non solo. Il processo ILVA è oggi soprattutto espressione dell’azione dei
governi, e oggi in particolare del governo Renzi, che in nome di salvare gli
interessi dei padroni e gli interessi dell’economia nazionale dei padroni
legati alla produzione dell’ILVA, non hanno esitato e non esitano ad agire
contro il processo con Decreti e azioni ad hoc che ne vogliono impedire lo
svolgimento, mettere al riparo gli imputati e negare giustizia e risarcimento a
operai e masse popolari.
L’ILVA mostra in maniera esemplare come lo Stato
sia sempre e solo al servizio del capitale. La gestione attuale di Stato e di governo
dell’ILVA mostra che l’intervento dello Stato borghese serve solo per
socializzare le perdite e in futuro, nuovamente, privatizzare i profitti.
Proletari Comunisti - PCm italia
Taranto 24 maggio 2016
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To:
Sent: Sunday,
May 22, 2016 6:15 AM
Subject: RESOCONTO DELLA
PRESENTAZIONE DEL LIBRO “ILVA LA TEMPESTA PERFETTA”
Partecipata, rappresentativa e interessante è stata
l’assemblea organizzata nel quadro della presentazione del libro “ILVA la
tempesta perfetta” alla libreria Mondadori di Taranto il 16 maggio.
Essa
è stata aperta, per la libreria, dalla giovane giornalista Carucci che ha
sottolineato l’importanza di questa presentazione alla vigilia della ripresa
del maxi processo ILVA.
Subito
dopo, Gianmario Leone, giornalista
free-lance prima di TarantoOggi, ora del Manifesto e dei giornali web Corriere
di Taranto e Siderweb, ha introdotto la presentazione del libro.
E’
partito dicendo che questo è un libro fatto dal basso, accessibile a tutti, di
cui ho apprezzato molto il taglio perché è fatto per gli operai. Spesso e
volentieri gli operai sono stati messi come in un tritacarne e fatti passare
come complici e assassini. Si tratta di una visione superficiale della classe operaia dell’ILVA che ha vissuto varie stagioni. Pensiamo anche
che questa è una fabbrica che è passata attraverso varie vicende emblematiche,
per esempio la vicenda del mobbing della “Palazzina LAF”.
L’ILVA
è una problematica di livello nazionale e internazionale, e interessante il
taglio che dà il libro all’inchiesta giudiziaria.
Subito
dopo ha denunciato, per spiegare il clima, in cui tutta la vicenda ILVA si è
svolta, in quei due anni e negli altri a seguire, che lui e la sua testata
TarantoOggi sono stati esclusi dalle conferenze stampa dell’ILVA, quando,
invece, numerosi giornalisti, citati anche nella stessa inchiesta giudiziaria,
per intercettazioni, ecc., sono ancora lì, a fare la morale e a pontificare.
Così come restano al loro posto i sindacalisti che hanno avuto un ruolo davvero
grave. Così come nell’inchiesta non sono entrati tutta una serie di politici,
dalla Di Bello a Fitto, ecc., da sempre legati alla gestione Riva. Indecente,
poi, è che questo processo sia diventato ora essenzialmente un processo
politico, in cui si parla di Vendola, ecc., mentre non si parla più dei Riva e
di chi ha gestito questa fabbrica per 20 anni. Siamo di fronte ad una città che
di fatto non ha voglia di cambiare.
Il
libro segnala come tutti dovremmo fare un esame di coscienza e indica la strada
giusta del “processo popolare”.
Subito
dopo uno degli autori del libro “ILVA
la tempesta perfetta” ha innanzitutto apprezzato le cose dette nella
introduzione perché evidenziano il problema di fondo che il libro pone:
equilibrare il punto di vista e rappresentare la classe operaia, i fatti e le
opinioni che si sono sviluppati nelle sue fila, nei due anni più caldi della
vicenda. Nello stesso tempo il libro mette in luce come lo shock provocato dall’inchiesta
abbia avuto una reazione estesa e diffusa in fabbrica e in città, ma che le
posizioni prevalenti in fabbrica e in città hanno impedito che questa reazione
operaia e popolare approdasse a qualcosa, tanto che giustamente si può
affermare che non è cambiato nulla di sostanziale.
Gli
operai sono stati presenti e attivi, ma non hanno fatto pesare la loro
dialettica e la loro posizione. Il 27 novembre 2012 la fabbrica è stata
occupata e quella giornata, che resta importante, poteva aprire il cambio di
passo e della situazione, ma questo non è avvenuto anche per le posizioni che
hanno agito.
Il
libro afferma e cerca di dimostrare che nocivo è il capitale e non la fabbrica
e che le posizioni del “ritorno all’indietro” hanno pesato negativamente nella
mobilitazione operaia e popolare, senza mettere in discussione il sistema del
capitale. Il libro, in questo senso, fa discutere di nodi che vanno al di là
della vicenda locale.
Rispetto
all’inchiesta giudiziaria, l’assenza dei sindacalisti tra gli imputati è stata
una scelta della Procura che, lo abbiamo anche direttamente detto al
Procuratore, non ci convince. Il processo, quindi, non può essere lasciato ai
giudici.
Giancarlo Girardi, ex operaio ILVA, è intervenuto,
prima di tutto raccontando come per tanti anni, prima dell’esplosione del
dominio Riva, la classe operaia dell’ILVA si è battuta per cambiare l’organizzazione
del lavoro in fabbrica che ha tanta influenza sulla sicurezza, sulla salute e
sul rapporto fabbrica/ambiente.
La
classe operaia ha cercato di svolgere il ruolo che nel libro è indicato,
cercando di attuare quella concezione “che liberando sé stessa libera l’umanità”.
Gli operai negli anni ‘70 hanno lottato per mettere insieme ambiente e
sicurezza, hanno imposto un cambio dell’organizzazione del lavoro, a cui però i
gestori, pubblici, dell’azienda non hanno fatto seguire fatti. In questa
fabbrica la lotta non è mai dipesa tanto dai numeri, ma dalla coscienza
operaia.
Quindi,
anche per rispondere alla sollecitazione venuta dall’introduzione sul perché
ancora oggi il movimento ambientalista non è unito, anzi, è andato sempre più
dividendosi e frammentandosi, ha tracciato la sua traiettoria una volta uscito
dalla fabbrica con il suo impegno nel movimento ambientalista, prima col
Comitato per Taranto e poi in Alta marea. Questo movimento non è riuscito a
rivolgersi agli operai (e dobbiamo tener conto che gli operai assunti nella
fase di Riva sono figli di una selezione preventiva che risponde a logiche clientelari
e padronali) ed è il mancato rapporto con la classe operaia e i giovani la
causa dell’indebolimento del movimento ambientalista.
Il
2 agosto è stato una sconfitta dei sindacati e ha posto l’esigenza del
sindacato di classe e del partito della classe operaia, necessari ora più che
mai di fronte all’avvicinarsi di una nuova multinazionale che potrebbe
acquisire l’ILVA. Questa si deve trovare di fronte ad una classe operaia che
vuole salute e sicurezza.
L’avvocato Bonetto, alla vigilia del processo ILVA che
lo vede attivo nel pool di avvocati delle parti civili presentate dallo Slai
cobas sc, ha parlato subito del recente processo Thyssen-Krupp e del fatto,
simbolico forse ma importante, che vede i condannati in Cassazione italiani
materialmente in carcere, cosa che non era mai successa. Mentre la Ministra Guidi,
oggi dimessasi, aveva ritenuto normale nominare uno dei condannati che oggi
sono in prigione alla dirigenza dell’ILVA commissariata.
Ma
i processi si fanno quando non si riescono a rimuovere problemi in altro modo.
Il processo ILVA è importante. Si tratta di un processo per reati di
particolare gravità: per disastro doloso, per aver messo in pericolo la vita di
un numero indefinito di persone. In occasione del processo Thyssen-Krupp madri
e familiari degli operai morti sono andati dovunque e hanno indirizzato con la
loro presenza il dibattito processuale. Basti pensare a quest’ultima fase. In
Cassazione, dopo la requisitoria del procuratore generale che aveva chiesto l’azzeramento
del processo e il suo ritorno all’inizio, è esplosa in aula la rabbia e la
protesta dei familiari presenti che hanno gridato: “venduti, bastardi”. E, sarà
come sarà, la Corte
ha preso poi una decisione diversa, mantenendo condanne e prigione.
Se
non riusciremo a produrre una pressione simile in questo processo ILVA non
avremo nulla da esso e solo la non salute e il non lavoro.
Vi
sono stati in seguito altri interventi a testimoniare l’interesse della
discussione, fatta in un’assemblea in cui erano presenti operai dell’ILVA,
lavoratori precari, disoccupati, donne, giovani, ambientalisti conosciuti, a
testimonianza della funzione che questo libro sta assumendo e già verificata
nelle diverse presentazioni succedutesi a Taranto e su scala nazionale.
In
particolare un operaio dell’ILVA
attualmente in fabbrica e parte civile al processo ha informato come in
fabbrica si vanno discutendo queste cose e diversi operai vogliono far sentire
la loro voce e prendere la loro iniziativa. Come non è stato vero che durante i
due anni caldi siamo stati fermi – ha ricordato come il giorno della marcia del
30 marzo organizzata da azienda e capi, vari operai sono rimasti in fabbrica,
pur rischiando - non lo è neanche oggi né lo sarà in futuro.
E
con forza ha fatto un appello agli ambientalisti di venire a parlare con gli
operai, di dare un contributo di conoscenza, informazione che serva alla
chiarezza e all’azione. Un intervento importante che ha colpito tutta l’assemblea
e che segna un’indicazione che va tradotta in fatti e organizzazione.
Questa
discussione è interesse di tutti che non rimanga tale ma che si traduca in
fatti e proposte per l’avanzamento della lotta e della partecipazione popolare
al processo, per imporre una soluzione reale alla tutela della salute, del
lavoro e al cambiamento radicale della fabbrica e della città.
Esiste su You Tube una video registrazione dell’assemblea
per tutti coloro che vogliono approfondire:
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To:
Sent: Sunday,
May 22, 2016 8:16 AM
Subject: ANCORA
INFORTUNI SUL LAVORO IN PROVINCIA DI PISA
COMUNICATO STAMPA
La Corte di Cassazione Penale, con sentenza n. 34289 del 6 agosto 2015,
ha
ritenuto responsabili le figure preposte all’osservanza delle norme
antinfortunistiche di un’impresa, che si stava occupando di erigere n
muro in un capannone per un’altezza pari a 3,5 metri e dal quale era
derivato l’infortunio di un lavoratore.
La responsabilità è stata ravvisata nella
mancata previsione di protezioni tali da prevenire il rischio di caduta dall’alto
dei lavoratori.
Probabilmente
un caso analogo è accaduto nella zona industriale di Piana di Noce sabato
scorso con un operaio caduto e ora ricoverato in gravi condizione all’ospedale
di Pisa
Eppure la
normativa per la sicurezza non ammette errori, basta solo applicarla e
predisporre un cantiere con le protezioni adeguate che ovviamente ha un
costo economico che numerose aziende vanno aggirando trovando operai disposti
per pochi euro a mettere a rischio la loro vita.
Una
condizione sempre più diffusa con i lavoratori di edilizia sottoposti ad un
ribasso senza precedenti, una guerra tra poveri che ha abbassato non solo il
costo della manodopera ma ridotta la soglia di attenzione verso la sicurezza e
reso più debole il potere di acquisto e di contrattazione degli operai edili.
il D.Lgs.
81/08, prevede all’articolo 122 che per i lavori in quota bisogna avvalersi di adeguate impalcature, ponteggi, opere
previsionali o precauzioni che eliminino i pericoli di caduta delle
persone o cose.
Inoltre, con
la riforma del Testo Unico di Sicurezza ad opera del D.Lgs. 106/09, il
legislatore ha previsto una maggiore cautela per i lavori da eseguire a un’altezza
superiore ai 2 metri,
con la finalità di prevenire il rischio di cadute.
Per quanto
ne possano dire, la caduta dell’operaio, a cui auguriamo una pronta guarigione,
di accidentale non ha nulla.
Cobas Pisa
Sportello salute e sicurezza nei luoghi di lavoro
Per lo Sportello Davide Banti
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From: Clash City
Workers cityworkers@gmail.com
To:
Sent: Sunday,
May 22, 2016 10:16 PM
Subject: PADOVA: OLTRE L’80%
DI ADESIONI ALLO SCIOPERO DI BUSITALIA!
75 autobus su 90, 6 tram su 11: questi i numeri dei
mezzi bloccati la mattina di martedì 17 per 4 ore dai lavoratori di BusItalia.
La riuscita di questo primo sciopero è un segnale forte e chiaro alla dirigenza
di BusItalia e all’amministrazione comunale: così non si può più andare avanti!
Da mesi, infatti, la
situazione dei lavoratori si è fatta insostenibile.
Dopo che APS, l’azienda
del trasporto pubblico padovano, è stata privatizzata tramite una fusione con
BusItalia (azienda che proviene da Firenze, dove ha già avuto modo di farsi
conoscere dopo aver rilevato la comunale ATAF) le cose non hanno fatto che
peggiorare: il vecchio sistema di turnazione è stato
sostituito da un nuovo metodo, che ha spezzato la continuità del lavoro
inserendo ore “buche” all’interno della giornata. Per fare un esempio: ci sono
nastri che durano 10 ore e al cui interno le ore effettivamente lavorate sono
7! E le altre 3 ore? Un’indennità di 5 € all’ora e via.
L’effetto sulla vita
dei lavoratori è devastante: devono sacrificare tutta la loro
giornata, in cui non possono fare niente, non possono vedere la famiglia, i
figli, e tutto in nome di una presunta maggiore efficienza del servizio!
In più, dal 7
gennaio, giorno in cui sono stati introdotti i nuovi turni (senza che la
dirigenza si preoccupasse di spiegare qualcosa agli autisti, e gli effetti si
sono visti), la turnazione è cambiata 45 volte! Anche qui, ciò che è colpito è
la possibilità per i lavoratori di poter disporre della loro vita, di poter
organizzare la loro giornata per fare altro a parte lavorare.
Ma i turni sono
spezzati anche perché a ogni autista vengono assegnati più linee e mezzi
diversi all’interno dello stesso turno: e questo ha effetti disastrosi anche
per l’utenza, perché si crea un incastro tale tra le linee e i mezzi che un
semplice ritardo, un qualsiasi incidente hanno ripercussioni a catena (e che ci
siano incidenti è molto probabile: gli autisti sono spesso obbligati a uscire
con mezzi che non funzionano bene o che addirittura non sono a norma).
E oltre al danno, c’è
pure la beffa: a detta degli stessi lavoratori, cioè di quelli che conoscono
meglio l’azienda in cui lavorano, prima della fusione il servizio era molto più
efficiente. Questo nuovo tipo di turnazione pare quindi essere finalizzato solo
a un maggior profitto, anche se le modalità con cui questo obiettivo viene
perseguito sono completamente irrazionali: i turni complessivi, infatti, sono
addirittura aumentati, con una spesa maggiore per l’azienda!
Questo sciopero di 4
ore, proclamato da ADL, SLS e SGB (i sindacati più rappresentativi tra i
lavoratori BusItalia, anche se al tavolo di trattative si siedono solo i
confederali, che si rifiutano di indire le elezioni interne consapevoli che le
perderebbero), va quindi in una duplice direzione: gli autisti lottano per le
loro condizioni di lavoro e per garantire alla città un servizio adeguato.
Di contro, la
dirigenza di BusItalia (che sta evidentemente lavorando per smantellare le
conquiste sindacali delle lotte intraprese in passato dai lavoratori e per
distruggere la qualità del servizio) si è rifiutata di interloquire con i
lavoratori in sciopero e non sembra intenzionata a cedere su nessun punto.
Si parla già di un
prossimo sciopero di 8 ore.
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