Nell'incontro di ieri mattina i tre ministri presenti (Patuanelli,
Gualtieri e Catalfo) non hanno fatto che ribadire che per loro si
deve tornare e ripartire dall'accordo/impegno di AM del 4 marzo -
accordo che prevedeva ugualmente esuberi e i fondi pubblici ma che
tuttora rimane non conosciuto nei dettagli dagli stessi sindacati.
Tutta la "voce grossa", le dichiarazioni fatte dal Ministro Patuanelli in particolare nei giorni scorsi su Mittal e sull'inaccettabilità del piano industriale, si sono ridotte ad aggettivi molto più blandi soprattutto da parte del Min. Gualtieri, e comunque nessuno dei tre ministri è entrare nel merito della contestazione del piano industriale, nè ha spiegato la strategia che il governo intenderà adottare verso Mittal, se non la volontà di proseguire il dialogo ripartendo dal 4 marzo e dagli investimenti del governo.
Tutta la "voce grossa", le dichiarazioni fatte dal Ministro Patuanelli in particolare nei giorni scorsi su Mittal e sull'inaccettabilità del piano industriale, si sono ridotte ad aggettivi molto più blandi soprattutto da parte del Min. Gualtieri, e comunque nessuno dei tre ministri è entrare nel merito della contestazione del piano industriale, nè ha spiegato la strategia che il governo intenderà adottare verso Mittal, se non la volontà di proseguire il dialogo ripartendo dal 4 marzo e dagli investimenti del governo.
Gualtieri
nel dire che "non esistono soluzioni semplici", nel
sottolineare l'impatto del Covid-19 per la crisi dell'acciaio - anche
se lui stesso ha detto che il peso dato da AM alle conseguenze del
covid è sproporzionato; noi aggiungiamo che durante tutto il
lockdown si è permesso che Mittal continuasse a produrre come prima,
mantenendo al lavoro 5 mila operai, e anche a commercializzare con
l'ok del prefetto di Taranto - , ha ribadito l'intenzione del governo
di voler dare soldi a ArcelorMittal, ha menzionato i fondi europei;
la Catalfo, che sembrava lì per caso, ha concluso che lei si impegna
a stare in tutti i futuri Tavoli (grande impegno...!).
Patuanelli dopo frasi e
impegni generici e risaputi, pur ribadendo l'opposizione al piano
industriale del 5 giugno, non ha risposto a chi gli chiedeva che
succede se Mittal lo conferma; mentre ha detto chiaro un unica cosa:
per i lavoratori cassintegrati in Ilva AS il futuro dovrà essere
legato alle altre "filiere" di attività lavorative di cui
si sta discutendo nel Tavolo Taranto e alla, fumosa, prospettiva
della green economy...
Patuanelli ha concluso l'incontro dicendo unicamente che nelle prossime ore ci sarà un nuovo incontro solo tra Governo, azienda e poi la prossima settimana con azienda e sindacati, dove si dovrebbe capire qualcosa di più.
Patuanelli ha concluso l'incontro dicendo unicamente che nelle prossime ore ci sarà un nuovo incontro solo tra Governo, azienda e poi la prossima settimana con azienda e sindacati, dove si dovrebbe capire qualcosa di più.
I Commissari Ilva sono
stati imbarazzanti. Da un lato hanno rivendicato che loro stanno
facendo molto per le bonifiche, verifica stato impianti, dall'altra
si sono tricerati dietro la normative, le procedure ("stiamo
facendo quello che possiamo fare..."), quando si sono sollevate
tutte le loro inadempienze, ritardi.
Da parte sindacale, tutti i tre sindacati confederali hanno detto che occorre far rispettare l'accordo del 6 settembre 2018, e che del piano del 4 marzo e quello presentato il 5 giugno non vogliono parlarne. La Fim/Cisl con l'atteggiamento di voler riprendere il dialogo con AM, ha di fatto giustificato la posizione di Mittal, con Bentivogli che è tornato a tirare fuori lo "scudo penale" come responsabile dell'atteggiamento di Mittal, dicendo che con l’introduzione dell’emendamento, con cui si è cancellato lo scudo penale, è iniziato il disimpegno di Mittal; Bentivogli inoltre ha scaricato i lavori di mancata ambientalizzazione soprattutto sui commissari Ilva.
Da parte sindacale, tutti i tre sindacati confederali hanno detto che occorre far rispettare l'accordo del 6 settembre 2018, e che del piano del 4 marzo e quello presentato il 5 giugno non vogliono parlarne. La Fim/Cisl con l'atteggiamento di voler riprendere il dialogo con AM, ha di fatto giustificato la posizione di Mittal, con Bentivogli che è tornato a tirare fuori lo "scudo penale" come responsabile dell'atteggiamento di Mittal, dicendo che con l’introduzione dell’emendamento, con cui si è cancellato lo scudo penale, è iniziato il disimpegno di Mittal; Bentivogli inoltre ha scaricato i lavori di mancata ambientalizzazione soprattutto sui commissari Ilva.
La Uilm e Fiom sono
state più combattive nelle parole e nei toni, ma la sostanza è che
di fatto si è rimandato al governo la soluzione.
Ora la Re David della
Fiom dice che l'azienda è tornata a ciò che voleva fin
dall'inizio... Ma questo, se si è onesti, dimostra solo che
l'accordo del 6 settembre 2018 conteneva già i piani effettivi di
Mittal su esuberi e sul lasciar fuori i cassintegrati Ilva AS, e che,
quindi, quell'accordo, dai sindacati esaltato, è stato la madre di
tutti i ricatti e azioni siccessive di AM di attacco all'occupazione
e ai diritti dei lavoratori, al salario. Ma invece no, i sindacati
confederali, compresa la Fiom continuano a rivendicare
quell'accordo!
Nessuna richiesta operaia è stata portata nella riunione odierna. Si gioca di rimessa al governo, a cui si chiedono risposte su piani, tempi, eventuale alternativa se Mittal mantiene fermo il suo piano industriale.
La Uilm, pur con qualche tono più alto nella denuncia "storica" e attuale della pesante situazione tra i lavoratori e dello stato degli impianti, della produzione e qualche richiesta, ma un pò buttate lì, e in maniera tra l'inutile e l'ipocrita, tipo "ridare l'Ilva in mano ai commissari", "invece di darli a Mittal investite sui lavoratori il miliardo e mezzo... per una legge speciale per la siderurgia italiana, per i pre pensionamenti dei lavoratori esposti all’amianto" (ma questa rivendicazione che è giusta non compare nella piattaforma del Consiglio di fabbrica di lunedì, dove i delegati Uilm sono la maggioranza); alla fine anche Palombella non ha presentato una piattaforma di rivendicazioni per gli operai, e ha rimandato al governo la risposta su come intende collocare eventualmente 20 mila lavoratori se va via Mittal.
L'Usb ha ribadito che Mittal se ne deve andare, i "1,8 miliardi di euro devono invece essere utilizzati per la riconversione economica e per la città..", nazionalizzazione e messa in sicurezza della fabbrica”. Ma, diciamo noi, c'è un problema non da poco: l'Ilva è stata per 41 anni pubblica e solo per 19 anni privata - quindi si è visto come se ne è "occupato" lo Stato; come è già successo, lo Stato si prende aziende in crisi, le rimette su e dopo un pò le restituisce sottocosto ai capitalisti privati, internazionali o nazionali che siano; per quanto riguarda poi la "riconversione", lo Stato si comporterebbe come un qualsiasi padrone, deve realizzare profitti. E anche la "riconversione" deve garantire profitti - il problema non è mai cosa si produce ma come si produce, e in una società capitalista anche lo Stato si comporta come un imprenditore. L'Usb quindi scegliendo la via della chiusura fabbrica/riconversione economica, o una via confusa su "nazionalizzazione", elude lo scontro diretto qui ed ora contro ArcelorMittal e i piani in corso del governo e anch'essa non presenta una piattaforma operaia.
Nessuna richiesta operaia è stata portata nella riunione odierna. Si gioca di rimessa al governo, a cui si chiedono risposte su piani, tempi, eventuale alternativa se Mittal mantiene fermo il suo piano industriale.
La Uilm, pur con qualche tono più alto nella denuncia "storica" e attuale della pesante situazione tra i lavoratori e dello stato degli impianti, della produzione e qualche richiesta, ma un pò buttate lì, e in maniera tra l'inutile e l'ipocrita, tipo "ridare l'Ilva in mano ai commissari", "invece di darli a Mittal investite sui lavoratori il miliardo e mezzo... per una legge speciale per la siderurgia italiana, per i pre pensionamenti dei lavoratori esposti all’amianto" (ma questa rivendicazione che è giusta non compare nella piattaforma del Consiglio di fabbrica di lunedì, dove i delegati Uilm sono la maggioranza); alla fine anche Palombella non ha presentato una piattaforma di rivendicazioni per gli operai, e ha rimandato al governo la risposta su come intende collocare eventualmente 20 mila lavoratori se va via Mittal.
L'Usb ha ribadito che Mittal se ne deve andare, i "1,8 miliardi di euro devono invece essere utilizzati per la riconversione economica e per la città..", nazionalizzazione e messa in sicurezza della fabbrica”. Ma, diciamo noi, c'è un problema non da poco: l'Ilva è stata per 41 anni pubblica e solo per 19 anni privata - quindi si è visto come se ne è "occupato" lo Stato; come è già successo, lo Stato si prende aziende in crisi, le rimette su e dopo un pò le restituisce sottocosto ai capitalisti privati, internazionali o nazionali che siano; per quanto riguarda poi la "riconversione", lo Stato si comporterebbe come un qualsiasi padrone, deve realizzare profitti. E anche la "riconversione" deve garantire profitti - il problema non è mai cosa si produce ma come si produce, e in una società capitalista anche lo Stato si comporta come un imprenditore. L'Usb quindi scegliendo la via della chiusura fabbrica/riconversione economica, o una via confusa su "nazionalizzazione", elude lo scontro diretto qui ed ora contro ArcelorMittal e i piani in corso del governo e anch'essa non presenta una piattaforma operaia.
Alla fine, quello che
vuole ArcelorMittal lo abbiamo capito; quello che vuole fare il
governo per mantenere Mittal pure... Ciò che non si è capito,
perchè non c'è, è la piattaforma dei sindacati, quali sono gli
obiettivi per difendere lavoro, salari, sicurezza, ambiente...
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