(20 Ottobre
2015)
DOPO LA RICHIESTA DI CONDANNA DEL P.M. PER 7 DEI 10
MANAGER IMPUTATI
CON PENE CHE VANNO DAI 9 ANNI AI 4 ANNI E SEI MESI DI RECLUSIONE PER LA MORTE DI DECINE DI LAVORATORI, LA PAROLA PASSA AI PADRONI.
CON PENE CHE VANNO DAI 9 ANNI AI 4 ANNI E SEI MESI DI RECLUSIONE PER LA MORTE DI DECINE DI LAVORATORI, LA PAROLA PASSA AI PADRONI.
L’udienza di oggi è stata caratterizzata dall’arringa
difensiva dell’avvocatessa del padroni (i responsabili civili di PIRELLI TYRE
SPA e Pirelli & C. .S.p.A.) contro le ultime 2 parti offese e le
associazioni costituitesi parti civili (Comitato per la Difesa della Salute nei
Luoghi di Lavoro e nel Territorio, Medicina Democratica, Associazione Italiana
Esposti Amianto e Camera del Lavoro di Milano). Le altre parti civili
istituzionali INAIL, ASL Milano, Regione Lombardia, erano già uscite dal
processo nelle scorse udienze dopo aver raggiunto transazioni e accordi
economici con la Pirelli attratti dai soldi del padrone. L’avvocatessa dei
padroni ha cercato di guadagnarsi la sua lauta e lucrosa parcella con una lunga
disquisizione sui numerosi passaggi di proprietà della società Pirelli avvenuti
negli anni cercando di innescare dubbi e confusione nel giudice.
Facendo la storia societaria dal suo punto di vista favorevole ai padroni e ai dirigenti Pirelli sotto accusa ha contestato il capo d’accusa del Pubblico Ministero Maurizio Ascione sostenendo che le società subentrate (sempre Pirelli) chiamate nel processo a risarcire i danni morali e patrimoniali dalle parti offese (i lavoratori) e parti civili non centravano nulla con quelle per cui sono responsabili i dirigenti del Consiglio d’Amministrazione della Pirelli di Viale Sarca, Ripamonti e Caviglia, chiedendo al giudice della V Sezione Penale del Tribunale di Milano dr.ssa Anna Maria Gatto di respingere tutte le richieste delle parti civili. Entrando poi nei particolari delle singole associazioni parti civili in questo processo, Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio, Medicina Democratica, Associazione Italiana Esposti Amianto e Camera del Lavoro di Milano, l’avvocatessa dei padroni ha chiesto di respingere le richieste di danni morali e materiali per mancanza di prove (emerse invece abbondantemente nel dibattimento dalle testimonianze degli operai e dai documenti prodotti), per carenza di legittimità (dimostrata e documentata con grossi faldoni aggiunti agli atti), e in via subordinata per mancanza di motivazioni (come se le parti offese rimaste nel processo: in particolare gli operai si fossero ammalati o morti per un raffreddore e non per causa dell’amianto). E’ bene ricordare che le stesse argomentazioni contro le associazioni fatte dall’avvocato dei padroni furono fatte da tutti i numerosi avvocati degli attuali imputati e respinti dal giudice. Nella prossima udienza del 2 novembre la parola passerà agli avvocati dei 10 manager imputati della morte di tanti operai e il nostro Comitato come sempre presente porterà in aula la nostra voglia di giustizia.
Facendo la storia societaria dal suo punto di vista favorevole ai padroni e ai dirigenti Pirelli sotto accusa ha contestato il capo d’accusa del Pubblico Ministero Maurizio Ascione sostenendo che le società subentrate (sempre Pirelli) chiamate nel processo a risarcire i danni morali e patrimoniali dalle parti offese (i lavoratori) e parti civili non centravano nulla con quelle per cui sono responsabili i dirigenti del Consiglio d’Amministrazione della Pirelli di Viale Sarca, Ripamonti e Caviglia, chiedendo al giudice della V Sezione Penale del Tribunale di Milano dr.ssa Anna Maria Gatto di respingere tutte le richieste delle parti civili. Entrando poi nei particolari delle singole associazioni parti civili in questo processo, Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio, Medicina Democratica, Associazione Italiana Esposti Amianto e Camera del Lavoro di Milano, l’avvocatessa dei padroni ha chiesto di respingere le richieste di danni morali e materiali per mancanza di prove (emerse invece abbondantemente nel dibattimento dalle testimonianze degli operai e dai documenti prodotti), per carenza di legittimità (dimostrata e documentata con grossi faldoni aggiunti agli atti), e in via subordinata per mancanza di motivazioni (come se le parti offese rimaste nel processo: in particolare gli operai si fossero ammalati o morti per un raffreddore e non per causa dell’amianto). E’ bene ricordare che le stesse argomentazioni contro le associazioni fatte dall’avvocato dei padroni furono fatte da tutti i numerosi avvocati degli attuali imputati e respinti dal giudice. Nella prossima udienza del 2 novembre la parola passerà agli avvocati dei 10 manager imputati della morte di tanti operai e il nostro Comitato come sempre presente porterà in aula la nostra voglia di giustizia.
Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di
Lavoro e nel Territorio
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