Processo Michelin, “ammine usate in stabilimento non cancerogene”
Ultime repliche al processo Michelin per omicidio colposo e lesioni
personali. Ribadita la tesi della difesa: “il pubblico ministero non ha portato
prove a sostegno dell'accusa”. Gli 8 casi di malattia per i quali è stata
chiesta la condanna sarebbero stati determinati dal fumo di sigaretta. Per
l'accusa: “non si può escludere una concausa dell'ambiente di lavoro”
ALESSANDRIA – Dal quel punto non ci si schioda e, alla fine, sarà il
giudice a dover determinare se c'è stata una responsabilità dei cinque
indagati, ex dirigenti e direttori dello stabilimento Michelin di Spinetta
Marengo, nell'insorgere delle malattie tumorali di otto dipendenti, parti
lese al processo che si sta svolgendo davanti al tribunale di Alessandria.
Ieri è stata la volta delle requisitorie finali degli avvocati della difesa Fulvio Simoni e Gianandrea Anfora.
Due i punti su cui si basa la difesa: nello stabilimento non erano usate sostanze cancerogene, come le ammine aromatiche e, secondo punto, i dipendenti ai quali è stato diagnosticato un tumore (ai polmoni o alla vescica) erano fumatori. Dal '72 all'84, in verità, nel ciclo produttivo degli pneumatici erano utilizzate tre tipi di ammine, “ma non classificate come cangerogene”, specifica l'avvocato Simoni. Ci potevano essere delle “contaminazioni da residui” di altre sostanze? “Non furono mai rilevate”, afferma la difesa. L'avvocato Anfora è critico su tutta la linea: “si fa fatica a trovare un elemento di solidità accusatoria” in tutto il procedimento che, a suo avviso, avrebbe dovuto terminare in fase preliminare. Le consulenze prodotte per l'accusa – dice ancora - “non hanno spiegato il rischio concreto” al quale sarebbero stati stati sottoposti i lavoratori. E rileva come molti di essi “erano forti fumatori”, fino a 50 sigarette al giorno. Se non è provata la concasualità tra sostanze respirate all'interno dello stabilimento durante la lavorazione, non è provato neppure il contrario, ossia che le malattie furono causate esclusivamente dalle sigarette, ribadisce il pubblico ministero Marcella Bosco, nella replica finale. Il nodo da dirimere, secondo il pubblico ministero, è quello di stabilire se il datore di lavoro ha o non ha messo in atto tutte le misure cautelative per rendere sicuro l'ambiente di lavoro e i dipendenti edotti dei rischio. Spetterà al giudice Catalano stabilirlo. La sentenza dovrebbe essere pronunciata alla prossima udienza, fissata per il 15 dicembre, subito dopo le ultime controrepliche degli avvocati per il responsabile civile Michelin.
Ieri è stata la volta delle requisitorie finali degli avvocati della difesa Fulvio Simoni e Gianandrea Anfora.
Due i punti su cui si basa la difesa: nello stabilimento non erano usate sostanze cancerogene, come le ammine aromatiche e, secondo punto, i dipendenti ai quali è stato diagnosticato un tumore (ai polmoni o alla vescica) erano fumatori. Dal '72 all'84, in verità, nel ciclo produttivo degli pneumatici erano utilizzate tre tipi di ammine, “ma non classificate come cangerogene”, specifica l'avvocato Simoni. Ci potevano essere delle “contaminazioni da residui” di altre sostanze? “Non furono mai rilevate”, afferma la difesa. L'avvocato Anfora è critico su tutta la linea: “si fa fatica a trovare un elemento di solidità accusatoria” in tutto il procedimento che, a suo avviso, avrebbe dovuto terminare in fase preliminare. Le consulenze prodotte per l'accusa – dice ancora - “non hanno spiegato il rischio concreto” al quale sarebbero stati stati sottoposti i lavoratori. E rileva come molti di essi “erano forti fumatori”, fino a 50 sigarette al giorno. Se non è provata la concasualità tra sostanze respirate all'interno dello stabilimento durante la lavorazione, non è provato neppure il contrario, ossia che le malattie furono causate esclusivamente dalle sigarette, ribadisce il pubblico ministero Marcella Bosco, nella replica finale. Il nodo da dirimere, secondo il pubblico ministero, è quello di stabilire se il datore di lavoro ha o non ha messo in atto tutte le misure cautelative per rendere sicuro l'ambiente di lavoro e i dipendenti edotti dei rischio. Spetterà al giudice Catalano stabilirlo. La sentenza dovrebbe essere pronunciata alla prossima udienza, fissata per il 15 dicembre, subito dopo le ultime controrepliche degli avvocati per il responsabile civile Michelin.
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