Boom dei voucher in provincia di Alessandria. Sono la
nuova frontiera del precariato
Nel 2014 ne
erano stati venduti 402.037, l’anno scorso sono saliti a 633.689. Nati per
l’agricoltura (dove sono diminuiti), sono “esplosi” in tutti gli altri settori
del lavoro
valentina
frezzato
alessandria
Oltre duecentomila in più in dodici mesi: il boom
dell’utilizzo di voucher è un dato che spaventa lavoratori e sindacati. Nel
2014 in provincia di Alessandria ne erano stati venduti 402.037, nel 2015 sono
saliti a 633.689. Ogni voucher vale dieci euro e il conto è preso fatto, basta
aggiungere uno zero: oltre sei milioni pagati con i buoni lavoro. In tutti i
settori. Erano stati creati per riuscire a pagare i lavoratori saltuari,
quelli occasionali (in particolare in agricoltura, ad esempio durante la
vendemmia o i raccolti), ma con gli anni è esploso come metodo di pagamento
«universale» - che, va ricordato: non dà nessun tipo di tutela, solo
l’assicurazione sugli infortuni - in altri ambiti, soprattutto nel commercio.
Le differenze si notano di più se si osservano i numeri: per l’attività
agricola nel 2015 sono stati venduti 17.849 voucher, nel 2014 erano 21.427.
Diminuiti, quindi. Nel commercio, invece, ecco l’aumento: si è passati da
85.158 a 88.984 (dati Inps). Ma non è l’unico settore: «voucherizzazione» anche
per giardinaggio e pulizia (32.987, erano 25.014 nel 2014), nei servizi
(passati da 45.141 a 55.812), nel turismo (da 66.191 a 74.099 in un anno). E
poi ci sono quei 312 mila in «attività non classificata» che fanno pensare.
Più che triplicati i voucher per le colf: i lavori domestici si pagano
con i buoni e ne sono stati venduti 19.814 nel 2015, contro gli appena 6.398
del 2014. «Uno dei problemi - spiegano i sindacati - è che a volte ne vengono
consegnati meno di quanti ne spetterebbero. O sono acquistati e non
consegnati». Un nero più nero. Buio totale.
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