Quanto accaduto Giovedì 22 al consiglio comunale è di una gravità che non
può e non deve essere tollerata in un Paese che possa definirsi democratico.
Due compagni di lotta, disoccupati, sono stati aggrediti ed arrrestati da una
manica di vigili che non esitiamo a bollare come ignoranti. Come definire,
infatti, gente -se gente la si può definire, e scusate se qualcuno di voi che
sta leggendo possa sentirsi offeso- che non conosce cos'è la fame, la miseria,
di chi è costretto ad ogni tipo di umiliazione pur di lavorare, e infierisce,
oltretutto, barbaramente su di essi con percosse e manette. E poi... E poi c'è
da chiedere se sapete chi ha chiamato quella sorta di barbarie umana ad
arrestare i disoccupati che, se non l'aveste ancora capito o letto dai giornali
o visto in TV, cosa tra l'altro difficile da credere, erano lì per chiedere un
incontro con un sindaco assente, cieco e sordo verso i suoi concittadini. Un
incontro oramai lungamente rimandato a data da destinarsi. Sappiamo già che lo
sapete, ed è per questo che vi risparmieremo l'ansia della risposta, inutile
tenervi sulle spine. È proprio lui, il sindaco stesso! Stefàno, paladino
dell'ingiustizia sociale, colui che è tra gli imputati del maxi-processo Ilva,
colui che, nel 2012, durante le manifestazioni in città, scendeva come un
angelo ad ali spiegate tra la folla dicendo che era stato in Procura e che
aveva risolto tutto. Colui che ora chiama un gruppetto di vigili squadristi e
fascisti (vigili che ci chiediamo come possano aver ottenuto quel posto di
lavoro, vigili che, risentiti, forse agiscono così perché ora non c'è più un
sindaco Di Bello che regalava pappine a destra e a manca) a levargli di torno
dei disoccupati i quali, essendo lui anche il loro sindaco, dovrebbe, anzi
deve, farsi carico del loro dramma.
È ora nostro dovere informarvi del rilascio dei suddetti, il giudice ha
ritenuto che non ci fossero motivi per la detenzione, e questo ad ulteriore
dimostrazione della loro innocenza. Ma non crediate che sia finita, ora
tocca a noi depositare le denunce nei loro confronti colpevoli di abuso
d'ufficio ed uso spropositato della forza.
Speriamo vivamente che queste parole possano far breccia dentro di voi.
Dobbiamo tutti renderci conto che ciò che è successo a Massimo e Francesco
(questi i nomi dei compagni arrestati) potrebbe riguardarci molto da vicino,
più di quanto non siamo disposti ad immaginare. Pretendiamo di sapere
quali sono le reali intenzioni nei confronti di questo stabilimento. Basta con
le cazzate, basta con le bugie, basta con i ricatti e basta con gli
sfruttatori. Per anni ci hanno preso in giro, ci hanno fatto credere che
avremmo dovuto ringraziare per questo posto di lavoro quando si arricchivano
alle nostre spalle ed a scapito della nostra salute sino alla morte, non solo
nostra. Basti ricordare i nomi di Nicola Darcante, morto lo scorso 16 Maggio, e
di Stefano Delliponti, morto lo scorso 30 Dicembre. Ora, potrebbe sembrare che
queste ultime righe siano in contrasto con quanto scritto all'inizio di questo
comunicato, ci si potrebbe domandare: “Ma come, prima questi dello Slai Cobas
chiedono posti di lavoro e poi se ne lamentano?”. Tutto questo, badate bene,
non va assolutamente in conflitto, qui si pretende il lavoro nelle migliori
condizioni, non siamo merce di scambio, lo abbiamo sempre sostenuto. Ciò che ci
spinge ogni volta ad informare la gente, i lavoratori, il popolo tutto, non è
dettato dal cinismo di chi non ci vuole tra i piedi, non facciamo demagogia
come pseudopoliticanti e pseudosindacalisti, e lo attestano le numerose denunce
sporte e i due compagni arrestati per aver preteso i propri diritti. Quante
altre sigle sindacali possono vantarsi di aver fatto questo?
Operai Ilva
Slai Cobas per il sindacato di
classe
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