giovedì 7 gennaio 2016

7 gennaio - SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! “LETTERE DAL FRONTE” DEL 07/01/16 di M. Spezia



INDICE

Enzo Ferrara e.ferrara@inrim.it
TROPPE MORTI IN ITALIA NEL 2015. ALLARME SANITARIO O ANOMALIA STATISTICA?

Muglia la Furia fmuglia@tin.it

NELLA PASTA PER MODELLARE DAS C’ERA L’AMIANTO

Orizzonte degli Eventi orizzontedeglieventi79@gmail.com
CONVEGNO SICUREZZA E SALUTE NELLE AZIENDE A GESTIONE DEL RISCHIO PSICOSOCIALE TRA OSTACOLI E OPPORTUNITA’

Slai Cobas per il Sindacato di classe slaicobasta@gmail.com
OPERAI LOGISTICA IN LOTTA BRIGNANO BERGAMO

NotizieInMARCIA! redazione@ancorainmarcia.it
PRESIDENTE ‘HO UCCISO UN UOMO’: LETTERA APERTA AL CAPO DELLO STATO

La Città Futura noreply@lacittafutura.it
FCA, PIU’ LAVORO E MENO PAUSE FIOM SI MOBILITA

Medicina Democratica ONLUS medicina.democratica.onlus@gmail.com
CONVEGNO “DIRITTO ALLA SALUTE E SANITA’ INTEGRATIVA”

Vittorio Agnoletto vagnoletto@primapersone.org
LE MORTI “MISTERIOSE” CHE PARLANO AL NOSTRO FUTURO

SMOG E RISCHI PER LA SALUTE: NEMMENO RISPETTANDO I LIMITI SAREMMO AL SICURO

STORIA DEL LICENZIAMENTO DI SANDRO GIULIANI, CAPOTRENO NELL’EUROPA DEL XXI SECOLO

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From: Enzo Ferrara e.ferrara@inrim.it
To:
Sent: Monday, December 28, 2015 1:44 PM
Subject: TROPPE MORTI IN ITALIA NEL 2015. ALLARME SANITARIO O ANOMALIA STATISTICA?

Per mantenere l’attenzione sul tema dell’eccesso di mortalità in Italia nel 2015 rispetto al 2014, riporto quanto scritto sul “Il foglietto” relativamente alla ricerca.
Saluti
Enzo

Da Il Foglietto
TROPPE MORTI IN ITALIA NEL 2015. ALLARME SANITARIO O ANOMALIA STATISTICA?
di Franco Mostacci
Nel 2015, si stanno verificando in Italia troppi decessi. A lanciare l’allarme dalle colonne di Neodemos (vedi a seguire) è stato il professor Gian Carlo Blangiardo dell’università Bicocca di Milano.
Il bilancio demografico mensile dell’ISTAT rivela, infatti, che dall’inizio dell’anno i morti stanno aumentando in misura abnorme. Tra gennaio e agosto, si sono avuti 445.000 decessi, ben 45.000 in più dello scorso anno (+11,3%).
L’inquietante fenomeno si sta verificando maggiormente al Nord (Valle d’Aosta +20,1%, Lombardia +13,1%, Piemonte +13%), con l’unica eccezione della Campania (+13,3%).
Tra le grandi città, il triste primato spetta a Napoli (+18,1%), ma la situazione è critica anche a Torino (+15,6%) e Milano (+14,7%).
Oltre a non avere riscontri nel recente passato, la moria che starebbe interessando la popolazione italiana è anche caratterizzata dal fatto che colpisce maggiormente le donne (+13,5%) rispetto agli uomini (+9%).
La demografia è una scienza che, in genere, fa pochi scherzi. Soprattutto quando si guarda alla componente naturale della dinamica di una popolazione (le nascite e le morti) che non possono improvvisamente mutare il loro corso senza che ci sia una specifica causa scatenante, che al momento nessuno sembra aver individuato.
Sarebbe assai grave se, a fronte di un numero talmente impressionante di maggiori decessi, l’Istituto Superiore di Sanità si stesse disinteressando della vicenda o fosse a conoscenza delle cause ma non le divulgasse. Lo stesso dicasi per il Governo, che si appresta, invece, a tracciare un quadro positivo del 2015, reclamando i meriti di una fragile ripresa economica.
Al mondo dell’informazione non sarebbe certo sfuggito in questi mesi il tutto esaurito negli ospedali, un’impennata delle spese sanitarie con relativo allarme da parte delle Regioni, un proliferare di agenzie funebri con fatturati alle stelle. E’ impensabile, poi, che l’aumento della mortalità possa aver dispiegato i suoi effetti solo al di qua delle Alpi.
Per una volta, sembrerebbero sussistere diverse ragioni per sperare che la statistica ci tragga in inganno.
Anche se potrebbe trattarsi solo di una coincidenza che nulla a che vedere con l’aumento dei decessi, si deve considerare che il 10 novembre 2014 è stato varato il regolamento che contiene le modalità di attuazione e funzionamento dell’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR).
Secondo quanto si apprende dall’Agenzia per l’Italia digitale, l’ANPR sostituirà entro il 2016 le oltre 8.000 anagrafi dei Comuni italiani, con un’unica banca dati contenente le informazioni anagrafiche della popolazione residente, a cui faranno riferimento non solo i Comuni, ma l’intera Pubblica amministrazione, inclusi i gestori di pubblici servizi.
Il D.P.C.M.194/14 prevede anche che l’ANPR renda disponibili all’Istituto nazionale di statistica i dati concernenti la popolazione, il movimento naturale e i trasferimenti di residenza, necessari alla produzione delle statistiche ufficiali sulla popolazione e sulla dinamica demografica, nel rispetto della normativa nazionale e della legislazione dell’Unione Europea.
Si tratta del cosiddetto censimento permanente della popolazione e delle abitazioni, che dovrebbe mandare definitivamente in soffitta la conta che ora viene effettuata ogni dieci anni, con enorme dispiego di energie.
E’ in corso, insomma, una vera e propria rivoluzione informatica, con a capo la Sogei SpA, la società che gestisce i servizi informativi, anche di natura tributaria, per conto del Ministero dell’economia e delle finanze.
In vista della transizione all’anagrafe unica nazionale, i Comuni potrebbero aver dato luogo nel 2015 a una pulizia straordinaria degli archivi, cancellando definitivamente persone defunte da tempo.
Si tratta di un’ipotesi tutta da verificare ma, se confermata, spiegherebbe non solo l’impennata dei decessi, ma anche la maggiore concentrazione al Nord (dove le operazioni procederebbero in maniera più spedita) e nella componente femminile, che è di gran lunga più presente nelle classi di età più anziane.
Ma, se fosse tutto così semplice, perché dopo l’allarme lanciato dal professor Blangiardo, che sta alimentando giustificati timori e preoccupazioni, nessuno si sente in dovere di fornire chiarimenti e rassicurazioni?
L’assenza di risposte potrebbe essere legata anche alle conseguenze in materia previdenziale di una non corretta valutazione dei tassi pregressi di sopravvivenza, che potrebbero aver sfavorito pensionandi e pensionati nei requisiti anagrafici richiesti per l’accesso alla pensione di vecchiaia e nel calcolo del coefficiente di trasformazione del montante contributivo.
Una cosa è certa. Che si tratti di un allarme sanitario o di una semplice anomalia statistica, l’aumento della mortalità in Italia nel 2015 è un argomento fin troppo serio per poter rimanere senza una valida spiegazione.

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Da Neodemos
68 MILA MORTI IN PIÙ NEL 2015?
di Gian Carlo Blangiardo
CRESCE IL NUMERO DI MORTI IN ITALIA
Dai bilanci demografici mensili forniti dall’ISTAT si rileva come il totale dei morti in Italia nei primi otto mesi del 2015 (ultimo aggiornamento a tutt’oggi disponibile) sia aumentato di 45.000 unità rispetto agli stessi primi otto mesi del 2014.
La cosa non è affatto marginale se si pensa che ciò corrisponde ad un aumento dell’11,3% e che, se confermato su base annua, porterebbe a 666.000 morti nel 2015 contro i 598.000 dello scorso anno. Si tratta di un incremento di ben 68.000 unità che appare in gran parte concentrato nella componente femminile (+41.000) e che verosimilmente coinvolge soprattutto la fascia più anziana della popolazione residente nel nostro Paese.
Il dato è impressionante. Ma ciò che lo rende del tutto anomalo è il fatto che per trovare un’analoga impennata della mortalità, con ordini di grandezza comparabili, si deve tornare indietro sino al 1943 e, prima ancora, occorre risalire agli anni tra il 1915 e il 1918: due periodi della nostra storia segnati dalle guerre che largamente spiegano dinamiche di questo tipo.
Viceversa, in un’epoca come quella attuale, in condizioni di pace e con uno stato di benessere che, nonostante tutto, è da ritenersi ancora ampio e generalizzato, come si giustifica un rialzo della mortalità di queste dimensioni?
E’ solo la naturale conseguenza del progressivo marcato invecchiamento della popolazione italiana o è (anche) un segnale di allarme? Il sistema socio-sanitario, che finora ha permesso un continuo allungamento della vita anche alle età anziane, inizia forse a subire gli effetti di una congiuntura economica meno favorevole? In altre parole ci chiediamo se i tagli alla sanità pubblica, dovuti alla crisi, abbiano accresciuto nel corrente anno il rischio di mortalità nei gruppi tipicamente più fragili: i vecchi e i “grandi vecchi”.
NON BASTA EVOCARE L’INVECCHIAMENTO DEMOGRAFICO
Non potendo ancora disporre dei dati puntuali sull’incidenza dei decessi per singola età e per genere nel corso del 2015 (dati che ci consentirebbero di valutare gli eventuali cambiamenti del rischio di morte) possiamo sin da ora cercare almeno di capire se, e soprattutto in quale misura, l’impennata di mortalità del 2015 sia ascrivibile al semplice processo di invecchiamento della popolazione italiana o se invece abbia altre cause.
Osservando come è cambiata la composizione per età dei residenti tra il 1° gennaio del 2014 e alla stessa data del 2015 scopriamo subito che, a fronte di 159.000 unità in meno nella fascia d’età fino a 60 anni, se ne contano in più 70.000 in età tra 61 e 70 anni, 40.000 tra 71 e 85 anni e 62.000 con oltre 85 anni.
Lo spostamento verso le età più “mature” è ben evidente, ma è sufficiente a spiegare un aumento della mortalità nell’ordine dei 68.000 casi annui di cui si è detto? La risposta è no. Le modifiche nella struttura della popolazione spiegano solo in minima parte la maggior frequenza di decessi. Infatti, se i rischi di morte fossero restati invariati rispetto a quelli osservati di recente (ISTAT 2014), l’aumento del numero di persone anziane avrebbe dato luogo solo a 16.000 decessi in più rispetto al 2014. E le altre 52.000 unità aggiuntive a cosa sono dovute?
ASPETTANDO NUOVI ELEMENTI
La questione resta dunque aperta.
Tra qualche mese avremo certamente dati più completi che, ci si augura, consentiranno spiegazioni esaurienti. Oggi resta comunque il dubbio, e forse anche la paura, nel constatare l’improvviso e inspiegabile cambiamento di rotta di una delle due componenti che determinano il corso della dinamica naturale della popolazione italiana in un’epoca in cui l’altra componente, le nascite, segna pesantemente il passo.
La presenza di 68.000 morti in più, se confermata dal resoconto di fine anno, rappresenta un segnale importante che la demografia consegna alla riflessione sia del mondo scientifico sia di quello della politica, della pubblica amministrazione e del welfare.
E’ un evento “straordinario” che richiama alla memoria l’aumento della mortalità nei Paesi dell’Est Europa nel passaggio dal comunismo all’economia di mercato: un “déjà vu” che non vorremmo certo rivivere.
Il controllo della spesa sanitaria sempre e a qualunque costo (in un momento di recessione economica) può avere effetti molto pesanti sul già fragile sistema demografico. Dobbiamo esserne consapevoli.

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From: Muglia la Furia fmuglia@tin.it
To:
Sent: Monday, December 28, 2015 4:37 PM

RICONOSCIUTO L’INFORTUNIO IN ITINERE PER CHI VA AL LAVORO IN BICICLETTA
LO PREVEDE IL COLLEGATO AMBIENTALE ALLA LEGGE DI STABILITA’ 2016

Molte sono le misure a favore di chi si muove in bicicletta contenute nella la Legge appena approvata (non ancora pubblicata in Gazzetta ufficiale) e che apre finalmente la strada anche nel nostro paese al buono mobilità, un incentivo fiscale per i cittadini che decidono di rinunciare all’uso dell’automobile privilegiando mezzi di trasporto sostenibili.
Ma, al di là del finanziamento, l’altra grande novità introdotta da questo provvedimento è quella del riconoscimento dell’infortunio in itinere per chi si reca al lavoro in bicicletta.
Fino ad oggi, infatti, chi si recava al lavoro in bici non godeva automaticamente della copertura INAIL e quindi, in caso di incidente, doveva dimostrare che il ricorso alla bicicletta fosse necessitato dalla mancanza di mezzi pubblici utili allo spostamento.
Si conclude con una vittoria, quindi, la storica battaglia della FIAB (Federazione Italiana Amici della Bicicletta) supportata anche da altre associazioni e da molte amministrazioni comunali, alla luce del dato che vede come, nell’ultimo anno, sia stata proprio la categoria dei ciclisti quella con un incremento maggiore di morti con il +8,8 per cento (variazione 2014/2013), seguita dai pedoni (+4,9 per cento) e dagli occupanti di autovetture (+0,3 per cento).
A tale proposito si veda il precedente post:
Con l’entrata in vigore del provvedimento, la bicicletta in caso di incidente sarà considerata sempre “mezzo necessitato” e il rimborso dell’infortunio da parte dell’INAIL potrà scattare in automatico, contrariamente a quanto accade oggi.
“Ci auguriamo che questo sia solo l’inizio di una vera politica strategica per lo sviluppo della mobilità ciclistica e l’infortunio in itinere è un tassello importante per dare dignità e sicurezza a chi compie un gesto straordinario come andare in bici al lavoro” - ha commentato il presidente della FIAB - “Gesto ancor più straordinario in questi giorni di massima allerta per l’inquinamento atmosferico: usare la bicicletta quotidianamente è la vera risposta per i problemi di inquinamento dell’aria”.

Franco Mugliari alias Muglia La Furia

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From: Fulvio Aurora fulvio.aurora@gmail.com
To:
Sent: Tuesday, December 29, 2015 6:23 PM
Subject: NELLA PASTA PER MODELLARE DAS C’ERA L’AMIANTO

Era uno dei giochi più diffusi negli anni ‘70.
Lo rivela uno studio dall’Azienda Sanitaria e dell’Università di Firenze e pubblicato sulla rivista scientifica “Scandinavian Journal of Work Environment and Health”.
Fibre di amianto utilizzate in passato in una pasta per modellare, il celebre DAS possono aver causato esposizione alle fibre pericolose a un’ampia varietà di utenti di 40 anni fa, compresi i bambini, insegnanti, artigiani e per coloro che erano addetti alla produzione. 
Lo studio, rende noto la ASL 10 di Firenze, è stato condotto da ricercatori italiani dell’Istituto per lo studio e la prevenzione oncologica (ISPO), dell’Azienda Sanitaria e dell’Università di Firenze, che hanno rilevato tra il 1963 e il 1975, la presenza di amianto nel DAS, la pasta per modellare a suo tempo prodotta dalla ditta Adica Pongo di Lastra a Signa (Firenze), chiusa ormai dal 1993. 
La ricostruzione storica del prodotto ha permesso di stabilire che circa 55 milioni di confezioni di DAS contenenti amianto sono stati prodotti e venduti sul mercato interno sia internazionale in 13 anni, con un numero di utenti nell’ordine dei milioni.
Il DAS veniva esportato in Olanda, Inghilterra, Norvegia e Germania.
Per i primi tre anni DAS è stato commercializzato in polvere da miscelare con acqua e successivamente in pasta pronta all’uso. Dal 1976 in poi l’amianto fu sostituito con la cellulosa.
La ricerca è stata resa possibile grazie al contributo fornito da alcuni ex dipendenti di Adica Pongo. Inoltre, i ricercatori sono riusciti a reperire le fatture dell’acquisto dell’amianto, oggi depositate nell’Archivio di Stato di Torino insieme alla documentazione del produttore, l’Amiantifera di Balangero. 

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From: Orizzonte degli Eventi orizzontedeglieventi79@gmail.com
To:
Sent: Thursday, December 31, 2015 3:15 AM
Subject: CONVEGNO SICUREZZA E SALUTE NELLE AZIENDE A GESTIONE DEL RISCHIO PSICOSOCIALE TRA OSTACOLI E OPPORTUNITA’

Orizzonte degli Eventi insieme al Servizio Prevenzione e Protezione dell’Università degli Studi di Firenze vi invita a partecipare al convegno multidisciplinare “Sicurezza e Salute nelle aziende: la gestione del rischio psicosociale tra ostacoli e opportunità”.
Il convegno avrà luogo il 22 gennaio prossimo presso l’aula Magna dell’Università, la partecipazione è gratuita, ma è necessaria l’iscrizione.
Orizzonte degli Eventi

Università degli Studi di Firenze Servizio Prevenzione e Protezione
Orizzonte degli Eventi
Ricerca intervento sul Benessere e la Salubrità nelle Organizzazioni
Convegno multidisciplinare
Firenze 22 Gennaio 2016
Aula Magna, Piazza San Marco 4

Il Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione dell’Università degli Studi di Firenze in collaborazione con l’Associazione Orizzonte degli Eventi vi invita a partecipare al convegno sul tema della Campagna Europea, appena conclusa “Ambienti di lavoro sani e sicuri 2014-2015: insieme per la prevenzione e la gestione del rischio psicosociale e dello stress lavoro correlato”.
EU-OSHA ha realizzato questa Campagna per sensibilizzare le imprese e le istituzioni sull’importanza della costruzione di sistemi di gestione della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, in particolare sul rischio psicosociale riconosciuto come fondamentale espressione dei rischi residui assieme al muscoloscheletrico.
Lo stesso Commissario Europeo per l’Occupazione László Andor afferma:
La gestione dello stress correlato al lavoro è uno dei cardini per garantire la salute, la sicurezza e il benessere dei lavoratori europei. I posti di lavoro non possono permettersi di ignorare lo stress correlato al lavoro, che aumenta l’assenteismo e riduce la produttività. Il futuro Quadro strategico dell’UE in materia di salute e sicurezza sul lavoro 2014-20 sottolineerà che una migliore tutela della salute mentale dei lavoratori è un fattore chiave nella prevenzione delle malattie legate al lavoro. Il quadro proporrà una serie di azioni, come la condivisione di buone pratiche, per la promozione della salute mentale sul lavoro”.
Negli anni 50’, del secolo scorso, i modelli organizzativi emergenti dall’interpretazione meccanicistica della realtà credevano di esprimere una razionalità superiore che si articolava nella parcellizzazione dei ruoli, specializzazione dei compiti, coordinamento attraverso regole impersonali, nell’autorità legittima della responsabilità gerarchica.
Oggi la nuova visione delle culture organizzative ammette che le capacità simboliche dell’uomo si possono esprimere oltre l’organizzazione formale, costruendo spazi di informalità dove si manifestano espressioni di diversità soggettiva, aspetti ideativi, creazione di significati. Per questi ricercatori la ricchezza della vita organizzativa si “scopre” utilizzando modelli olistici, interpretativi e interattivi.
Il linguaggio metaforico e le “storie” rivelano la loro importanza nell’interpretazione, definizione e classificazione delle manifestazioni culturali di ogni organizzazione produttiva. Il benessere organizzativo dipende dalle interazioni tra individui, dalla produzione di culture in grado di indentificare gruppi che condividono interessi comuni. Queste collettività esprimono, per necessità, contenuti simbolici costituiti da metafore e miti che funzionano da collante per ogni elemento appartenente al proprio “contorno utile” (per esempio posti di lavoro vicini che rendono possibile l’interazione tra lavoratori).
I contenuti simbolici ricombinandosi non producono il fare dell’impresa, ma l’essere impresa.
Già dal 1985 Schein sostiene che per decifrare la cultura di una organizzazione dobbiamo usare un approccio complesso comprendente interviste, osservazione ed analisi congiunta, nel corso della quale membri selezionati del gruppo lavorino insieme all’osservatore esterno per scoprire gli assunti inconsci che si ipotizza costituiscano l’essenza della cultura.
In questo modo soltanto potranno essere messe in relazione le variabili culturali con quelle strategiche, strutturali, l’efficacia e l’efficienza organizzativa, definendo di conseguenza la capacità dell’organizzazione di prevenire e proteggere la salute e la sicurezza dei lavoratori.
“In definitiva, la comprensione della cultura organizzativa deve divenire parte integrante del processo di gestione”.
SCHEMA DEGLI INTERVENTI
MATTINA
Moderatore: Franco Simonini
Ore 9.00 Saluti e presentazione convegno
Interverranno:
Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Firenze
Franco Simonini, Ricercatore Indipendente Scienze Umane, Lavoro e Organizzazione e fondatore di Orizzonte degli Eventi
Mario Papani, Dirigente Ufficio Pianificazione Organizzazione Attività Istituzionali e vicario del Direttore Regionale INAIL Toscana
Ore 10.00 Silvano Tagliagambe, Professore emerito di Filosofia della Scienza, Università degli Studi di Sassari “Origami del mondo: le innumerevoli pieghe della realtà”
Ore 10.30 Giuseppe Vitiello, Professore ordinario di Fisica Teorica, Università degli Studi di Salerno Connessioni tra l’organizzazione della materia vivente e l’organizzazione dei sistemi produttivi”
Ore 11.00 Rodolfo Buselli, Responsabile Centro per lo Studio dei Disturbi da Disadattamento Lavorativo, Medicina del lavoro, Università di Pisa “Le malattie professionali da stress lavoro correlato: alla ricerca delle basi biologiche”
Ore 11.30 Break
Ore 12.00 Vincenza Bruno, Psicologa del lavoro e delle organizzazioni. Fondatrice di Orizzonte degli Eventi “La salute mentale nelle organizzazioni del lavoro”
Ore 12.30 Francesca Tosi, Presidente del corso di laurea in Disegno Industriale, Università degli Studi di Firenze. Presidente della Società Italiana di Ergonomia e Fattori Umani “L’approccio Human centred design nella progettazione degli ambienti di lavoro”
Ore 13.00 Discussione e pausa pranzo
POMERIGGIO
Moderatore: Giovanni Francalanza, Ingegnere, Analista di rischio
Ore 14.30 Introduzione alla sessione pomeridiana
Ore 14.45 Gabriele Corbizzi Fattori, U.F. PISLL Firenze, Ergonomo Europeo “Il rispetto dei principi ergonomici nelle organizzazioni del lavoro”
Ore 15.15 Laura Belloni, Responsabile del Centro di Riferimento Regionale sulle Criticità Relazionali e Direttore della SODC Clinica delle Organizzazioni La mente nell’organizzazione e l’organizzazione come mente”
Ore 15.45 Roberto Codebò, Avvocato in Torino “Lo stress lavoro correlato nell’esperienza legislativa e applicativa Europea”
Ore 16.15 Esperienze culturali
-         ACLI Associazione Cattolica Lavoratori Italiani, Mario Ringressi, Presidenza Provinciale Firenze
-         RESAS Rete Scuole e Agenzie per la sicurezza della provincia di Firenze, Vincenzo Passarello, Coordinatore della rete
-         RLS UNIFI
-         GE OIL & GAS, Marco Marilli, Denise Avanzati, Florence EHS Plant Managers
-         GEST, Elisabetta Marini, RSPP
Ore 17.30 Discussione e conclusione dei lavori

Per informazioni e iscrizioni

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From: Slai Cobas per il Sindacato di classe slaicobasta@gmail.com
To:
Sent: Thursday, December 31, 2015 9:20 AM
Subject: OPERAI LOGISTICA IN LOTTA BRIGNANO BERGAMO

GARANZIA DEL POSTO DI LAVORO E DIRITTI PER TUTTI
I lavoratori della logistica del magazzino di Brignano della cooperativa Lotharservice, lottano per la garanzia del posto di lavoro, perchè le società che attraverso appalti e subappalti gestiscono il magazzino logistico (Kamilaitaltrans/Consorzio/Cooperativa) anche davanti ad aumenti di lavoro e di affari, vogliono tenersi le mani libere, per poter sostituire arbitrariamente i lavoratori, come spesso accade in questo settore, approfittando dei cambi appalto e della totale assenza di garanzie nel Contratto Nazionale firmato da CGIL-CISL-UIL.
I lavoratori lottano anche facendo intervenire la Direzione Provinciale del Lavoro e la ASL.
E hanno ragione. Nell’ispezione del 18 dicembre, la ASL ha accertato porte d’emergenza bloccate, carichi sospesi, scaffalature pericolosi, carrelli elevatori inefficienti, viabilità interna inefficace, bagni, mensa e spogliatoi indecenti.
Ma nonostante questo continuano a lavorare con grave rischio per la vita perché nessuno ha il coraggio di ordinare la messa in sicurezza immediata del magazzino andando contro i guadagni dei padroni delle merci del magazzino.
Anche la Prefettura, che è intervenuta rapidissimamente per far cessare uno sciopero totale a Brignano il 28 ottobre, non ha ancora fatto, nonostante le richieste, niente di concreto.
Per tutti vale più la libertà dell’impresa di fare profitti, in linea con la politica sul lavoro del governo Renzi-Poletti (Jobs Act = libertà di licenziamento) che punta a rendere legge, in ogni posto di lavoro, il sistema neo-schiavista delle cooperative logistiche.
Ma i lavoratori, in maggioranza immigrati, non sono disposti ad essere trattati come schiavi “usa e getta” e lottano per non perdere il lavoro, dopo 15 anni che si sono spaccati la schiena nel magazzino movimentando pesi ogni giorno.
Né tanto meno sono disposti a perdere diritti sindacali e un lavoro dignitoso che hanno conquistato con il sindacato attraverso gli scioperi del 2011, nemmeno di fronte alle minacce e soprusi quotidiani.
STOP AL RAZZISMO!
LOTTIAMO UNITI PER UN LAVORO DIGNITOSO PER TUTTI!

Slai Cobas per il Sindacato di Classe
via Marconi, 1
Dalmine (BG)
cellulare: 335 52 44 902

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From: NotizieInMARCIA! redazione@ancorainmarcia.it
To:
Sent: Thursday, December 31, 2015 10:09 AM
Subject: PRESIDENTE ‘HO UCCISO UN UOMO’: LETTERA APERTA AL CAPO DELLO STATO

SIGNOR PRESIDENTE, HO UCCISO UN UOMO, LAVORANDO
LETTERA APERTA AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA SERGIO MATTARELLA
Signor Presidente,
chi Le scrive, lo scorso 20 dicembre ha ucciso un uomo lavorando: aveva poggiato il collo sulla rotaia in attesa che io passassi guidando un treno nella stazione di Roma Nomentana.
Per me è stata la seconda volta e credo che l’80% dei macchinisti abbia avuto almeno un episodio di questo tipo. Si passano alcune ore di intenso stress che tolgono anni di vita, condizionano il tuo modo di lavorare, per anni, rendendolo sicuramente più “faticoso”.
A questo si aggiunga lo stress di venire indagati con quel che ne consegue: atti giudiziari che arrivano a casa, contatti con avvocati, tutte cose che coinvolgono anche la famiglia condizionandone l’armonia.
Signor Presidente,
chi Le scrive, lo ha già fatto lo scorso 9 febbraio 2015, per chiedere un Suo intervento atto a correggere una palese ingiustizia: l’errore contenuto nell’articolo 24, comma 18, della Legge Fornero (erroneo utilizzo della parola “articolo” anziché “comma”) a causa del quale l’età pensionabile del personale mobile delle Ferrovie è stato aumentato di ben nove anni, unico caso al mondo.
Prima di allora, questa categoria di ferrovieri andava in pensione all’età di 58 anni e, si badi bene, non per un privilegio di casta, ma per il riconoscimento al disagio e all’usura che la salute e la vita sociale di questi lavoratori ha sempre subito e ancora subisce durante l’intera loro vita.
Probabilmente anche per una tutela nei confronti dell’utenza, tenuto conto di quale possa essere la garanzia che, in materia di sicurezza pubblica, dei lavoratori anziani possano offrire all’utenza ferroviaria soprattutto in caso di emergenza.
Forse Lei non è a conoscenza che l’aspettativa di vita dei macchinisti sia di 64,5 anni e siamo certi che Lei sia d’accordo col fatto che pretendere che chi è stato spremuto notte e giorno, ha mangiato quando e dove ha potuto, ha sacrificato amici, famiglia e salute, vada in pensione a 67 anni, sia indegno di un Paese europeo, di un Paese civile, di un Paese la cui Costituzione definisca il diritto alla salute come l’unico “fondamentale”, essendo il presupposto del godimento di tutti gli altri.
Signor Presidente,
in occasione del recente scambio di auguri con i rappresentanti delle istituzioni, Lei ha giustamente voluto ricordare che “sono di importanza primaria la trasparenza, la correttezza e l’etica”.
Tali requisiti sono infatti le basi irrinunciabili e insostituibili di un Governo e un Parlamento che intendano garantire una credibilità all’interno di un Paese.
Oggi, a causa di un banale errore contenuto nella legge Fornero, che lo stesso Parlamento ha formalmente riconosciuto nei propri atti, ma anche volontariamente ignorato coi governi Letta e Renzi, noi lavoratori e le nostre famiglie subiamo questa grave ingiustizia.
Siamo dunque a rivolgerci a Lei come garante di tutti i cittadini e della correttezza delle nostre Istituzioni affinché intervenga sul nostro caso per restituirci ciò che dovrebbe semplicemente essere già nostro, non elemosinato, avendolo sudato col garantire la mobilità altrui senza mai obiettare nulla davanti alla pioggia, al freddo, al sonno, alla fame, all’impossibilità di essere presenti alle feste coi propri cari.
Solo Lei può restituirci quanto ci è stato finora ingiustamente negato senza una spiegazione.
Con l’occasione Le auguriamo un felice anno nuovo.

30 dicembre 2015
Da Marco Crociati
ancora IN MARCIA !
GIORNALE DI CULTURA, TECNICA E INFORMAZIONE POLITICO SINDACALE, DAL 1908

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From: La Città Futura noreply@lacittafutura.it
To:
Sent: Thursday, December 31, 2015 6:42 PM
Subject: FCA, PIU’ LAVORO E MENO PAUSE FIOM SI MOBILITA

di Carmine Tomeo

Scioperi come quelli dei giorni scorsi alla Sevel di Atessa non si vedevano da anni. Nello stabilimento del gruppo FCA che fa record di produzione di veicoli commerciali e impiega oltre 6.000 lavoratori in provincia di Chieti, è stato deciso di tagliare la pausa di 10 minuti. La decisione si inserisce nell’ambito dell’applicazione dell’Ergo-UAS, la metrica del lavoro prevista nel contratto collettivo specifico Fiat. Il sistema, perciò, è applicato già in altri stabilimenti FCA, mentre in Sevel è in fase di sperimentazione dal 2011; ma solo lo scorso settembre l’accordo è stato ratificato “senza il coinvolgimento dei lavoratori nella decisione ed escludendo la FIOM dal percorso”, afferma Michele De Palma, responsabile FIOM del settore auto, ma per decisione di “direzione aziendale e sindacati firmatari il contratto Fiat”; “senza neanche un’attenta discussione con i rappresentanti della sicurezza”, aggiunge il segretario provinciale FIOM, Davide Labbrozzi.

L’aumento dei ritmi di lavoro, gli straordinari comandati, il taglio della pausa, la turnistica passata a 18 turni settimanali e oltre, sono tratti comuni degli stabilimenti del gruppo FCA. Saturazione degli impianti e riempimento di ogni porosità del ciclo produttivo è la filosofia applicata in FCA anche attraverso l’Ergo-UAS. La tesi è che eliminando ogni movimento inutile alla produzione si elimina la fatica di tali movimenti, ma l’aggravio è proprio sul maggiore carico di lavoro, visto che ogni gesto è dedicato esclusivamente alla produzione. “Si tratta di fare in modo che nessuna risorsa possa venire consumata e pagata senza produrre valore”, scriveva Gallino in un articolo del 2010. L’ideale, in questo scenario, è il robot e pertanto “con la metrica del lavoro si addestrano le persone affinché operino il più possibile come robot”. Intanto l’applicazione di questi metodi l’azienda ci guadagna molto.
Uno studio del 2011 della Snop (Società italiana degli operatori della prevenzione) afferma che “Con la metodologia Ergo-UAS” si ottiene un “aumento del 6% della velocità dei ritmi di lavoro”. A conti fatti, mediamente “con Ergo-UAS la Fiat ottiene, in un turno di lavoro e per ogni lavoratore, un aumento del 6% della velocità dei ritmi di lavoro e circa 27 minuti di lavoro in più con lo stesso salario”, concludono gli esperti della Snop.
In sostanza, ogni giorno FCA si appropria di quasi mezz’ora di lavoro non retribuito per ognuno dei lavoratori sottoposti alla nuova metrica, più il taglio della pausa. Si tratta, quindi, di un totale di decine di migliaia di ore di lavoro che complessivamente gli operai degli stabilimenti FCA prestano in più con lo stesso salario. E per quanto Marchionne affermi che i nuovi contratti potranno superare il conflitto tra capitale e lavoro, quello descritto altro non è che il prolungamento della giornata lavorativa attraverso l’aumento della produttività. Come già spiegava Marx: “Questo si ottiene attraverso la cosiddetta condensazione del tempo di lavoro, un fenomeno grazie al quale ogni frazione di tempo viene riempita di lavoro più che in passato e cresce l’intensificazione del lavoro”.
Ma “l’aumento (del 4-7%) della velocità dei ritmi di lavoro previsto dal sistema Ergo-UAS, associato alla riduzione di 10 minuti delle pause e allo spostamento della mensa a fine turno, produrranno un aumento delle malattie”, si legge infine nel citato studio della Snop. Probabilmente è presto per una valutazione esaustiva degli effetti della metrica applicata negli stabilimenti FCA, ma è certo, come afferma l’OSHA (Agenzia europea per la sicurezza e la salute del lavoro), che i “carichi di lavoro eccessivi” sono tra le “condizioni di lavoro che comportano rischi psicosociali”. Lo stress correlato al lavoro non va sottovalutato, continua l’OSHA, “Oltre ai problemi di salute mentale, i lavoratori sottoposti a stress prolungato possono sviluppare gravi problemi di salute fisica come le malattie cardiovascolari o i disturbi muscoloscheletrici”, con costi sociali che “vengono valutati in miliardi di euro a livello nazionale”.
Intanto, la FIOM “conferma che in assenza di uno stop sul taglio delle pause manterrà le iniziative in corso e che tutte le decisioni saranno prese con il consenso dei lavoratori”. I metalmeccanici CGIL proseguiranno la protesta e sottolineano che “oggi si apre una nuova stagione di lotta sindacale, le lavoratrici ed i lavoratori stanno con noi, non li deluderemo. Le percentuali di adesioni di oggi non si vedevano da secoli, saranno lo strumento di riconquista e di contrasto”.
Ma il tema dovrebbe trovare un più ampio coinvolgimento politico, perché la questione mostra a che punto è arrivata la mobilitazione delle classi dominanti nell’erosione di salari e diritti, e dimostra la necessità di rilanciare il tema complesso della riduzione dell’orario di lavoro migliorando le condizioni di lavoro. Ragionando, quindi, sulla riduzione di orario di lavoro a parità di utilizzo della forza lavoro, prima ancora che a parità di salario.
Sul tema Ergo-UAS la federazione abruzzese di Rifondazione Comunista è intervenuta con un opuscolo dal titolo emblematico: “Ergo-UAS, la metrica del lavoro che fa male”. Così si legge nella sua presentazione: “L’intento dell’opuscolo è e rimane quello di far capire la logica dell’Ergo-UAS e gli obiettivi che chi lo applica vuole raggiungere. Purtroppo non senza possibili ricadute sulla salute delle lavoratrici e dei lavoratori. Questo opuscolo vuole spiegare in maniera semplice ma esaustiva il sistema Ergo-UAS, pur senza pretesa di divulgazione scientifica e valutazione definitiva sugli aspetti tecnici. L’intento di questo opuscolo non è quello di inserirsi nel dibattito tecnico-scientifico; semmai di porre all’attenzione delle lavoratrici e dei lavoratori il sistema Ergo-UAS, come sono considerati i rischi per la salute delle lavoratrici e dei lavoratori e cosa ci guadagna FIAT nell’applicarlo”.

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From: Medicina Democratica ONLUS medicina.democratica.onlus@gmail.com
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Sent: Friday, January 01, 2016 10:58 PM
Subject: CONVEGNO “DIRITTO ALLA SALUTE E SANITA’ INTEGRATIVA”

INVITO ALL’INCONTRO ORGANIZZATO DA MEDICINA DEMOCRATICA ONLUS A MILANO IL 16 GENNAIO 2016 - PARTECIPAZIONE GRATUITA.
MILANO SABATO 16 GENNAIO 2016: CONVEGNO PUBBLICO - TAVOLA ROTONDA “DIRITTO ALLA SALUTE E SANITA’ INTEGRATIVA”
Siamo convinti che in questi ultimi anni si stia mettendo progressivamente in crisi il diritto alla salute. Negli ultimi mesi abbiamo visto prendere misure di tagli (con o senza spending review) al finanziamento del servizio sanitario nazionale e altre misure volte al controllo delle prescrizioni mediche. Non solo ma vengono stabilite limitazioni al diritto di ricevere prestazioni e servizi per le categorie più deboli (anziani cronici, disabili gravi, malati mentali, tossicodipendenti).
Mentre il Servizio Sanitario Nazionale si ritira, vengono proposte polizze assicurative, servizi privati sanitari low cost, più in generale si sta spingendo i cittadini verso la sanità integrativa, anche tramite accordi sindacali. Tutto ciò tradisce lo spirito e la lettera della Costituzione e ribalta i principi della legge istitutiva del Servizi Sanitario Nazionale del 1978.
Vogliamo discutere per capire, ma anche per opporci, quindi per affermare la necessità di mantenere e sostenere un servizio sanitario pubblico efficace, basato sulla prevenzione, con le fondamentali caratteristiche, dell’universalità, la gratuità e la partecipazione.
L’appuntamento è per il 16 gennaio alle ore 9,30 (fino alle 14) presso la Casa delle Associazioni del Comune di Milano via Marsala 8 (MM linea 2 Moscova).
Interverranno:
-         professor Giorgio Cosmacini, docente di storia della medicina e della Sanità dell’Università Vita e Pensiero “La nascita della sanità pubblica e la sua evoluzione ai giorni nostri”
-         professor Piergiorgio Duca, docente di biometria e statistica medica Università di Milano “L’Università serve per la formazione di operatori sanitari e sociali preparati per affermare il diritto alla salute?”
-         dottor Alberto Donzelli, esperto di sanità pubblica “Dal mito della prestazione sanitaria alla sanità integrativa”
-         Aldo Gazzetti, esperto di sanità pubblica “La sanità integrativa minaccia la copertura sanitaria di tipo universale (esempio spagna da universale ad assicurativa obbligatoria, modello francese e tedesco)? Forme di copertura sostitutiva”.
Verranno invitati i sindacati per conoscere le ragioni delle richieste di sanità integrativa nei contratti di lavoro.

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From: Vittorio Agnoletto vagnoletto@primapersone.org
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Sent: Saturday, January 02, 2016 6:37 PM
Subject: LE MORTI “MISTERIOSE” CHE PARLANO AL NOSTRO FUTURO

di Vittorio Agnoletto
La notizia è una di quelle che non può scivolare via in silenzio: secondo l’ISTAT nei primi otto mesi del 2015 in Italia vi sono stati 45.000 decessi in più di quelli verificatisi durante lo stesso periodo nel 2014; se questo trend continuerà il 2015 si concluderà con ben 67.000 morti in più dello scorso anno. Gli esperti di statistica sostengono che un aumento comparabile si era verificato, fino ad ora, solo nel 1943 in pieno periodo bellico.
I dati forniti dall’ISTAT risulterebbero, a una prima osservazione, del tutto incomprensibili anche perché nei due anni precedenti, tra il 2012 e il 2014 il numero dei decessi/anno era diminuito: meno 4.000 tra il 2014 e il 2013. Non solo. Secondo i dati forniti sempre dalla medesima fonte, l’attesa di vita nel nostro Paese lo scorso anno era ancora aumentata, seppur leggermente, giungendo per gli uomini a 80,2 anni e per le donne a 84,9; dato confermato da un recente documento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che colloca l’Italia al secondo posto al mondo con un’ aspettativa di vita media di 83 anni , dietro al Giappone che raggiunge quota 84.
Di fronte a questi dati, da più parti si è ipotizzato un errore dell’ISTAT; ma alla vigilia di Natale la Toscana ha comunicato che fino al 31 agosto i decessi negli ospedali della regione sono aumentati del 7,5% rispetto a quelli verificatisi nel medesimo periodo lo scorso anno, senza che contemporaneamente vi sia stata una diminuzione di quelli extraospedalieri. I decessi ospedalieri sono utilizzati dall’ISTAT come un indicatore valido per comprendere l’andamento della mortalità generale e sembrano confermare quanto rilevato dai ricercatori a livello nazionale.
Per cercare una spiegazione da più parti si sono indicate due ragioni: un aumento del numero di coloro che, spaventati dalle polemiche su un’ipotetica pericolosità, lo scorso inverno hanno scelto di non sottoporsi alla vaccinazione contro l’influenza stagionale; e una crescita della mortalità connessa all’ aumento del numero delle persone anziane viventi. Ma le medesime fonti attribuiscono, al massimo, alle due ipotetiche cause citate rispettivamente la responsabilità di 8.000 e 15.000 morti/anno in più; la loro somma arriverebbe a giustificare circa un terzo dell’aumento totale di decessi previsto al 31 dicembre 2015. Rimarrebbe quindi il mistero.
Ma forse è possibile trovare qualche spiegazione per comprendere quanto si sta verificando e se queste fossero vere non ne discenderebbero buone nuove per il nostro futuro.
Infatti, secondo il rapporto dell’OCSE ”Health at Glance 2015” (“Uno sguardo sulla salute nel 2015”) in Italia “l’aspettativa di vita in buona salute per la popolazione sopra i 65 anni” è tra le più basse tra i Paesi analizzati. Questo indicatore, utilizzato da tutte le principali agenzie internazionali attive nel settore della salute, indica gli anni che una persona ultrasessantacinquenne può vivere senza avere limitazioni significative nelle attività quotidiane; in sostanza ci dice per quanto tempo una persona, superati i 65 anni, è ancora autonoma. In Italia per l’OCSE non solo questo indicatore è estremamente basso, ma il suo trend nell’ultimo anno risulta in caduta libera; dato confermato da altre recenti ricerche svolte a livello nazionale.
Un peggioramento della qualità di vita degli anziani implica un aumento del fabbisogno di assistenza, dalla fisioterapia alle cure dentarie alle terapie farmacologiche in campo neurologico, solo per fare degli esempi; ma secondo diverse inchieste, non ultima quella realizzata da Altroconsumo, sono proprio questi gli interventi medico-sanitari ai quali, sotto i colpi della crisi economica, ha rinunciato il 46% delle famiglie italiane.
Ma non è solo questo; ci troviamo di fronte a un circolo vizioso: infatti non è difficile immaginare che parte degli ultrasessantacinquenni, che hanno perso nell’ultimo anno la loro autonomia nella vita quotidiana, non abbiano avuto la possibilità economica di accedere a terapie che avrebbero permesso loro di permanere più a lungo in una situazione di autosufficienza. Una situazione quindi che si autoalimenta e destinata, in assenza di interveni correttivi, ad aggravarsi.
Se consideriamo che i dati OCSE, sul peggioramento delle condizioni di salute degli ultrasessantacinquenni, fotografano la situazione del 2014, mentre quelli ISTAT, sull’aumento della mortalità, si riferiscono ai primi otto mesi del 2015 non è azzardato, partendo da una successione temporale dei due rilevamenti, immaginare anche una consequenzialità causale.
L’analisi che l’ISTAT condurrà nei prossimi mesi sulle cause dei decessi e sulla loro stratificazione per fasce di popolazione ci forniranno delle spiegazioni più esaurienti , ma, se l’ipotesi qui illustrata fosse confermata, staremmo assistendo ai primi documentati effetti dell’impatto della crisi economica sullo stato di salute della popolazione italiana, effetti destinati a peggiorare ulteriormente e ad aggravarsi sotto l’incedere dei tagli alla sanità decisi dal governo.

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From: Patrizia Gentilini patrizia.gentilini@villapacinotti.it
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Sent: Saturday, January 02, 2016 10:36 PM

Subject: SMOG E RISCHI PER LA SALUTE: NEMMENO RISPETTANDO I LIMITI SAREMMO AL SICURO


C’è voluto oltre un mese di continui sforamenti dei limiti per le polveri sottili perché il problema dell’inquinamento atmosferico meritasse le prime pagine dei giornali italiani: ancora una volta però il problema viene affrontato in modo non esaustivo e soprattutto con soluzioni che altro non appaiono altro che “pannicelli caldi” quali quello delle targhe alterne o dello stesso blocco del traffico. Ben pochi (se non il Fatto Quotidiano) ha posto l’attenzione sulla follia dei nuovi inceneritori che si vanno a realizzare o sull’ampliamento di quelli già esistenti, vanificando così tutti gli obiettivi di una corretta gestione dei rifiuti, così pure pochi puntano l’attenzione su una altrettanto folle politica energetica che invece di incentivare l’utilizzo dell’energia solare pensa bene di dare il via libera alle estrazioni petrolifere per terra e per mare.
Ma da un punto di vista strettamente medico vorrei ricordare che anche il rispetto dei limiti di legge non tutela in modo adeguato la salute perché purtroppo per le polveri sottili, come per altri inquinanti, non esistono livelli al di sotto dei quali non si verifichino rischi per la salute, specie per bambini, organismi in accrescimento ed ovviamente per persone anziane o debilitate.
Gli studi scientifici ci dimostrano infatti che (al di là degli eventi immediati) l’esposizione a lungo termine alle polveri sottili comporta per ogni incremento di 10 µg/m3 di PM2.5 un incremento del 6% del rischio di morte per tutte le cause e del 12% per le malattie cardiovascolari; addirittura nelle donne in età post-menopausale (escludendo quelle con precedenti patologie cardio/cerebrovascolari e le fumatrici) l’incremento di rischio si dimostra ben più elevato: per ogni incremento di 10 µg/m3 di PM2.5 si ha un aumento della mortalità per eventi cardiovascolari del 76%.
Nessuno poi ricorda che nell’ottobre del 2013 la IARC (International Agency for Research on Cancer), organo di riferimento dell’OMS, ha dichiarato il “particulate matter” come cancerogeno certo per l’uomo (I), al pari della polluzione aerea (“out air pollution”) per rischio di cancro al polmone ed alla vescica e che per ogni incremento di 10 µg/m3 di PM2.5 si ha un incremento del 40% di un particolare istotipo: l’adenocarcinoma, correlato quindi più all’inquinamento che all’abitudine al fumo.
Certo, in Cina stanno peggio di noi e di recente proprio in Cina è stato segnalato il caso di più precoce insorgenza di cancro al polmone in una bambina di 8 anni, ma tutto questo non dovrebbe farci riflettere visto che in Italia già si registra una incidenza di cancro in bambini ed adolescenti purtroppo ben più elevata che in altri paesi occidentali? E che dire dell’azione neurotossica degli inquinanti presenti nell’aria, del rischio di diabete di tipo 1 o dell’incremento del 30% di abortività spontanea per l’esposizione ai livelli più elevati di PM10 nelle madri residenti entro 4 km dagli inceneritori dell’Emilia Romagna, come documentato dallo studio Moniter?
Ancora una volta è l’infanzia a pagare il prezzo più alto dei nostri dissennati comportamenti e certamente (più che di regali natalizi) sarebbe molto meglio se lasciassimo ai nostri bambini almeno la possibilità di respirare, ma purtroppo, come a suo tempo affermato da un grande pediatra Bruce P. Lanphear: “A dispetto del grande affetto che noi abbiamo per i nostri bambini e della grande retorica della nostra società sul valore dell’infanzia, la società è riluttante a sviluppare quanto necessario per proteggere i bambini dai rischi ambientali”.

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From: Maria Nanni mariananni1@gmail.com
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Sent: Sunday, January 03, 2016 11:07 AM
Subject: STORIA DEL LICENZIAMENTO DI SANDRO GIULIANI, CAPOTRENO NELL’EUROPA DEL XXI SECOLO

Il 21 gennaio 2011, Sandro Giuliani, capotreno del trasporto regionale Lazio, veniva licenziato con l’accusa di aver perso il rapporto di fiducia. Mancavano riferimenti precisi, invece previsti dal CCNL.
Sandro fu anche denunciato per interruzione di pubblico servizio dalla PolFer di Roma Ostiense, da lui chiamata in entrambe le circostanze in cui fu sostituito, ma il procedimento penale venne archiviato dal Pubblico Ministero che ritenne non vi fossero gli estremi di un reato e il disservizio non determinato solamente dal nostro collega.
In primo grado, il giudice ritenne che Sandro fosse stato insubordinato per il solo fatto di non aver condiviso formalmente le disposizioni aziendali, considerando ciò un’aggravante. Aggiunse che si era dimostrato insubordinato intrattenendosi nell’ufficio PolFer per leggere il giornale, sebbene il fatto fosse stato negato e mai dimostrato. Inoltre, a sostegno della legittimità del modulo ad agente solo, il giudice citò l’accordo del 15 maggio 2009, fatto tanto incredibile quanto grave poiché in nessuna delle memorie di entrambe le parti vi era questa informazione.
L’agente solo era o è legittimo? Cosa hanno dichiarato all’ispettore del lavoro i sindacalisti firmatari dell’accordo del 15/05/09 interrogati su di esso? Solo ora si sa che nessuno di loro ha mai inteso che il capotreno fosse obbligato ad andare nella parte rimorchiata, lasciando a lui la facoltà di decidere.
E cosa ha risposto il direttore dell’ANSF, alla domanda “chi ferma il treno in caso di malore del macchinista?” Che Trenitalia è stata due volte sollecitata inutilmente a produrre interventi per garantire la sicurezza in mancanza del dispositivo atto a garantire lo stato di vigilanza del macchinista.
Dopo vari rinvii della Corte d’Appello, nella penultima udienza i giudici accoglievano la produzione di alcuni documenti prodotti dal legale di Sandro, tra cui la nota dell’ANSF del 04/03/15 (in cui l’Agenzia affermava che, in mancanza di intervento umano, il SCMT (Sistema di Controllo Marcia Treni) non interviene in caso di emergenza) e la notizia del rischio di rinvio a giudizio per l’Amministratore Delegato di Trenitalia in merito ai rischi connessi col modulo ad agente solo.
Nello stesso procedimento penale Sandro risulta “persona offesa” e 5 dirigenti Trenitalia hanno ammesso il torto pagando ciascuno 8.083 euro, tra cui Natali, “padre” della DEIF 23.0.
Ma la lungimiranza della Corte d’Appello si limita ad indicare il dovere di attaccare l’asino dove vuole il padrone e scrive: “l’insubordinazione consiste nel rifiuto di adempiere a un ordine legittimo del datore di lavoro; è evidente che tale ordine può assumere la veste di una specifica e contingente disposizione ma anche di una direttiva espressa in termini generali e per l’avvenire, contenuta in un regolamento interno o in una direttiva aziendale”.
Secondo questi principi diviene assai facile per chiunque licenziare un dipendente: basterà che non si interpreti una norma nel modo voluto o si sbagli ed ecco possibile l’accusa di insubordinazione. Per realizzarla occorrerà solo attendere un po’, per poter scrivere nella lettera di contestazione che il lavoratore lo faceva in maniera “ripetuta e ravvicinata”.
Un autista di autobus potrà quindi essere licenziato se preferisce obbedire al codice della strada piuttosto che a disposizioni interne all’azienda con esso in contrasto.
Eppure la stessa Corte d’Appello ha riconosciuto che le norme ANSF sono preminenti rispetto alle norme aziendali ! Guai a rispettarle però!
Tali norme rappresentano, secondo quanto indica il punto 2 della circolare 1/2009 “La normativa di esercizio”, circolare che Sandro non avrebbe rispettato restando in cabina di guida, ma che contraddittoriamente prevede al punto 2.1 che “il personale di accompagnamento deve rispettare scrupolosamente la normativa di esercizio nonché le vigenti disposizioni e prescrizioni di Trenitalia”.
Ma tra le disposizioni di Trenitalia vi è anche la DPC TAF che Sandro ha rispettato pienamente col prendere posizione in cabina di guida.
La conoscenza della normativa di esercizio da parte di Sandro è stata poi l’unico argomento oggetto di domanda nel test di verifica apprendimento somministratogli il 14/12/10.
Secondo l’ANSF, tali norme non possono essere integrate né modificate da Trenitalia e come anche ricorda quest’ultima nella sua risposta del 24/01/12, bensì debbono solamente essere applicate!
Il 22/07/10 Sandro inviava due comunicazioni via fax informando l’azienda dettagliatamente del proprio modo di operare e richiedendone un intervento, senza mai ricevere riscontro.
Anzi, il 16/10/10 il tutor Mauro Ricci, allora capo deposito e superiore gerarchico, ordinava al macchinista Di Clemente di ottemperare all’ordine di chiudere le porte dalla cabina in cui operava Sandro, senza alcuna contestazione.
Nella prima memoria difensiva sono state citate e prodotte le dichiarazioni dei responsabili nazionali dei sindacati Fast Ferrovie e OrSA, i quali hanno affermato senza mezzi termini che Sandro è stato licenziato per aver applicato il regolamento e al fine di educarne molti.
Solo a partire dal secondo grado di giudizio Trenitalia ha sostenuto che il modulo con agente solo è consentito laddove esiste la garanzia del SCMT, cosa che il collegio giudicante riporta nella sentenza.
Senza obiettare alcunché circa la mancanza delle stesse affermazioni in primo grado, fatto invece ritenuto inaccettabile (e peraltro sbagliandosi) per la difesa di Sandro in merito alla richiesta di mancanza di proporzionalità della sanzione.
Oltre alla mancanza di proporzionalità vi è una palese discriminazione, dato che per fatti analoghi, le sanzioni sono sempre state lievi e conservative.
La memoria difensiva di Sandro in primo grado ricorda che secondo gli articoli 8 e 10 del D.P.R.753/80, “al personale dell’esercizio è fatto obbligo non solo di osservare le prescrizioni delle leggi, dei regolamenti ed istruzioni in vigore ma altresì, adoperandosi con diligenza anche nei casi non previsti dalle norme ai fini della sicurezza”.
E anche che l’articolo 21 del CCNL di allora riconosceva al capotreno “margini di autonomia e discrezionalità nell’ambito di procedure e istruzioni ricevute”.
La suddetta nota ANSF del 04/03/15 afferma, come anche la difesa di Sandro, che il solo SCMT non serve a nulla per affrontare le emergenze e dovrebbe essere evidente a tutti che le emergenze sono proprio i pochi, se non gli unici, momenti in cui è importante avere la garanzia della doppia presenza umana in cabina di guida.
Si è citata inutilmente la segnalazione del sindacato Fast all’azienda, che riferisce che diversi macchinisti, da soli in cabina di guida, si sono addormentati durante la guida.
A sostegno delle proprie decisioni, i giudici di entrambi i gradi hanno poi voluto credere che il comportamento di Sandro fosse legato solo a tre episodi, quelli descritti nella contestazione disciplinare, potendolo così definire “reiterato e ravvicinato nel tempo” e credendo evidentemente a una sorta di impazzimento del nostro collega. Eppure il giudice di primo grado, senza uno straccio di prova o testimonianza, aveva già scritto nella sentenza che Sandro avrebbe invece in precedenza subito graduali richiami da parte datoriale “da questi adottati nella vana speranza di ristabilire un corretto rapporto lavorativo”.
Richiami del tutto immaginari, ma che, se fossero veri, dimostrerebbero il contrario, cioè quel suo comportamento abituale, che noi conoscevamo bene. D’altronde ne è prova incontestata la sua comunicazione all’azienda via fax del 22/07/10.
Dulcis in fundo: in entrambe le sentenze si parla di insubordinazione, sebbene Sandro non si sia mai opposto ad alcun ordine scritto o persino verbale e sebbene...l’accusa di insubordinazione non fosse mai presente nella lettera di contestazione!
Per tali ragioni continueremo a batterci

Comitato per il reintegro di Sandro Giuliani
Le spese legali di Sandro sono sostenute dalla Cassa di Solidarietà che ringraziamo.
Tutti i ferrovieri possono contribuire.

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