I primi giorni
di sciopero degli scrutini hanno dato i primi frutti (anche se Renzi usa l'arma
disperata del ricatto sulle assunzioni)
Proprio per dare un
segnale ancora più forte e per rispondere al ricatto di Renzi continuiamo a far
saltare scrutini . La lotta deve continuare fino al ritiro completo del
DDL Buona Scuola. Organizziamo ovunque azioni forti per la prossima settimana;
il 22 giugno il DDL dovrebbe approdare al Senato ma se continuiamo la
mobilitazione c'è speranza e che non ci arrivi mai.
Da ' la Stampa' di Torino
La riforma della scuola e le assunzioni
rischiano di slittare di un anno
Allo stato «è solo un’opzione», conferma
una fonte del «cerchio magico» renziano, ma già il fatto che se ne parli fa
capire quanto alta sia l’incertezza: la riforma della scuola potrebbe
addirittura essere rinviata di un anno se non si riuscissero a rispettare i
tempi - fine giugno - che obbligano a correre per poter assumere i 100
mila precari che entreranno in servizio a settembre. Il fatto che quest’ipotesi
venga fatta circolare dai renziani assume il valore di una minaccia nei
confronti di chi vuole frenare, tradotto i pasdaran della minoranza Pd, come
Corradino Mineo che chiedono di fare subito le assunzioni e di rinviare il
resto a settembrePosizioni che mettono a rischio il varo in Commissione
Istruzione dove i numeri sono in bilico e la maggioranza corre sul filo di
uno-due voti; e dove la trattativa su centinaia di emendamenti è in corso:
dallo school bonus ai numeri dei precari da assumere, dai fondi alle paritarie
alle valutazioni dei professori; ma soprattutto sui paletti per limitare il
potere dei presidi manager: per questo si pensa di introdurre l’incarico a
tempo per cui il dirigente scolastico dovrà cambiare scuola ogni sei
anni. Le votazioni in commissione cominceranno solo lunedì 15 giugno, data
entro la quale inizialmente doveva essere già varata la riforma in entrambi i
rami del Parlamento, per poter avviare tutte le pratiche di assunzione degli
insegnanti. Renzi nella Direzione Pd ha dato 15 giorni di tempo in più per
discutere, «ma non è che devono essere usati tutti, altrimenti non ce la
facciamo», spiegano i suoi uomini. Dunque, dal 15 giugno la commissione
dovrebbe correre per poter trasferire all’aula del Senato la riforma a tamburo
battente, in modo che sia varata la settimana dopo. A quel punto, visto che le
modifiche al testo ci saranno, la riforma dovrà tornare di nuovo alla Camera.
Prima in commissione e poi in aula, col rischio di Vietnam e ostruzionismo a
oltranza delle opposizioni: si capisce quanto sia difficile riuscire a far
tutto entro il 30 giugno. Data entro la quale la Giannini aveva avvertito che
non si poteva rischiare di andare. In una riunione riservata di membri del
governo ed esponenti del Pd nelle commissioni il ministro dell’Istruzione aveva
infatti avvertito che «già il 15 giugno stiamo stretti, se superiamo il 30 gli
uffici poi non ce la fanno». Ma su chi ricadrebbe la conseguenza di un rinvio,
che a quel punto sarebbe non di qualche mese, bensì di un anno, visto che il
premier lega indissolubilmente l’assunzione dei precari alla riforma della
scuola? «Noi la riforma la facciamo per i ragazzi, assumiamo i docenti perché
servono alle scuole», ha chiarito in Direzione l’altra sera. E quindi va da sé
che la responsabilità di un rinvio di tutto il pacchetto ricadrebbe sulle
spalle della sinistra che frena e di chi volesse alzare barricate nelle
votazioni in aula. In sostanza questa «opzione» viene fatta trapelare
anche per convincere tutti gli attori in campo a chiudere un accordo blindato.
«Se c’è da discutere, facciamolo io sono disponibile dedicandoci qualche giorno
in più, ma in tempi utili per poter determinare gli effetti della riforma a
partire dal prossimo anno scolastico», è il senso dei ragionamenti del premier
fatti in queste ore. Tradotto, attenzione che a tirar troppo la corda si
rischia di far saltare tutto, chi lo facesse se ne assumerebbe la
responsabilità.
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