Quando il
datore di lavoro è inadempiente agli obblighi di sicurezza sul lavoro, è
legittimo il rifiuto della prestazione lavorativa e si conserva il diritto alla
retribuzione
Dott. Sestilio Staffieri - Il datore di lavoro è obbligato, a
mente dell'art. 2087 del codice civile, ad assicurare condizioni di lavoro
idonee a garantire la sicurezza delle lavorazioni ed è tenuto ad
adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che secondo la particolarità del
lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità
fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro. Per la giurisprudenza
della Suprema Corte (cfr. la recentissima sentenza n. 836/2016, qui sotto
allegata), la violazione di tale obbligo legittima i lavoratori a non
eseguire la prestazione, eccependo l'inadempimento altrui.
La protezione, anche di rilievo costituzionale, dei
beni presidiati dall'art. 2087 c.c. postula meccanismi di tutela delle
situazioni soggettive potenzialmente lese in tutte le forme che l'ordinamento
conosce. Dunque, per garantire l'effettività della tutela in ambito civile, si
può ricorrere non solo alle azioni volte all'adempimento dell'obbligo di
sicurezza o alla cessazione del comportamento lesivo ovvero a riparare il danno
subito, ma anche al potere di autotutela contrattuale rappresentato
dall'eccezione di inadempimento, rifiutando l'esecuzione della prestazione
in ambiente nocivo soggetto al dominio dell'imprenditore. È stato altresì
statuito che in caso di violazione da parte del datore di lavoro dell'obbligo
di sicurezza di cui all'art. 2087 c.c., non solo è legittimo, a fronte
dell'inadempimento altrui, il rifiuto del lavoratore di eseguire la propria
prestazione, ma costui conserva, al contempo, il diritto alla retribuzione in
quanto non possono derivargli conseguenze sfavorevoli in ragione della condotta
inadempiente del datore.
Fonte: Cassazione: se la sicurezza non è garantita, il dipendente può rifiutarsi di lavorare ed essere pagato
(www.StudioCataldi.it)
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