FIAT:
Daspo a Roma per i 5 licenziati.
Intervistiamo
Antonio Barbati, militante del Collettivo
48 Ohm
e storico solidale della lotta operaia alla FCA di Pomigliano
condotta da Mimmo Mignano e dagli altri 4 licenziati politici del
2014. Antonio ha subito la misura del DASPO (foglio di via) da Roma
per due anni in seguito alla partecipazione ad una azione di denuncia
politica pacifica, destinata al ministro Luigi Di Maio.
Antonio,
sei stato colpito da un foglio di via da Roma, o DASPO urbano, della
durata di due anni, insieme ai 5 licenziati politici di FCA
Pomigliano. Puoi spiegarci a seguito di quali fatti, in quale
contesto, la questura vi ha inflitto una misura così dura?
Devo
fare una premessa un po’ larga rispetto alle azioni dei 5
licenziati di modo da non schiacciare il discorso, come è spesso
successo anche nei discorsi tra compagni, sull’immagine di questi
operai scalatori di gru e di tetti, e di piromani di manichini. Noi
parliamo di operai tra i più combattivi negli ultimi 30 anni di
storia della FIAT, che diedero vita a un’esperienza radicale di
lotta e organizzazione sindacale come lo SLAI Cobas. Mimmo Mignano in
particolare è stato per anni il delegato di fabbrica più votato.
Nel 2004, appena 14 anni fa, questi compagni avevano una tale
credibilità tra gli operai da poter iniziare a diffondere tra di
loro forme di direzione operaia tali per cui i ritmi di produzione
non seguivano più automaticamente le indicazioni dell’azienda. Non
parliamo di operai che, pur nell’importantissima lotta di difesa
dei loro interessi immediati, si sono limitati a quella; hanno sempre
tentato di portare altri operai su pozioni rivoluzionarie,
convincendoli che lo sfruttamento in fabbrica non si risolve con una
trattativa di tipo sindacale, non si risolve con migliori condizioni
tecniche di lavoro, non si risolve superando i dieci minuti di pausa,
si risolve rovesciando i rapporti di comando all’interno della
fabbrica. Una lotta che ha cercato di estendersi partendo da quella
fabbrica nel settore automobilistico. Per la FIAT non è stata più
questione di come risolvere di una vertenza sindacale; è stata
questione di vita o di morte espellere questi cinque operai per
evitare un effetto contagio determinante, che avrebbe potuto
innescare percorsi di lotta radicale, intransigente, incontrollabile.
Partì dunque la rappresaglia contro Mimmo e i suoi compagni nel
2007, con una serie di 4 licenziamenti fino al 2014, anno
dell’episodio del manichino di Marchionne; solo l’ultimo dei
quali ha coinvolto tutti, mentre prima 3 su 5 erano stati solo
“deportati” al reparto confino di Nola.
Ti può interessare anche In nome del popolo italiano … sei licenziato! Dal 2014 è continuata la lotta politica dei 5 licenziati in primis davanti ai cancelli di Pomigliano, ma non solo, continuando uno percorso interessante di lotta e coordinamento con altri operai combattivi del gruppo FCA. Ora è chiaro che si pone il problema immediato della disoccupazione di questi compagni che, chiaramente, non vendendo più la loro forza-lavoro, non hanno di che vivere. Ultimamente sono stati chiamati anche a raccolta esponenti del mondo intellettuale e artistico contro l’abuso del dovere di fedeltà in azienda, purtroppo in mancanza di una forte risposta dei più diretti coinvolti, gli operai stessi del gruppo FCA. Bisogna peraltro ricordare che i 5 licenziati non erano riusciti a rientrare in fabbrica nemmeno dopo la sentenza d’Appello che aveva dato loro ragione: credo che, nemmeno confermando quella sentenza in quella della Cassazione del giugno scorso FCA li avrebbe fatti rientrare, ma si sarebbe limitata a erogare loro il salario tenendoli a casa come aveva fatto già prima, grazie ai rapporti di forza molto favorevoli che può vantare ora. Ora i cinque ricorreranno probabilmente anche alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per ottenere almeno di far infliggere una multa allo Stato italiano.
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I
5 licenziati erano a Roma per sfidare Di Maio a prendere
concretamente posizione contro la sentenza, avendo diversi mesi fa
detto che si sarebbe attivato in favore degli operai. Che cosa è
successo?
Di Maio non ha fatto nulla. Come Collettivo 48 Ohm avevamo sostenuto la campagna di Mimmo e degli altri contro il M5S in vista delle elezioni del 4 marzo. Dopo la salita al governo di Di Maio, l’avevamo sfidato a far vedere con quali misure si poneva contro i “poteri forti”, cioè contro i capitalisti, contro FCA; ma, appunto, Di Maio non ha fatto nulla. Per questo si è deciso di fare un’altra azione di denuncia, di ulteriore risposta difensiva all’attacco che FCA ha fatto a questi operai, facendo un presidio di fronte al primo municipio di Roma in piazza Barberini, vicino al Ministero del Lavoro, con la salita sul tetto di due dei cinque operai, Mimmo e Massimo, e la calata dello striscione “Di Maio dove sei?”. Sono arrivate presto pattuglie della polizia e due camionette dei carabinieri che hanno blindato tutta l’area attorno all’edificio, isolando così anche il gazebo che avevamo preparato.
I deputati M5S accorsi (Pieluigi Paragone, Sergio Vaccaro, Carla Ruocco) a parlare con i licenziati – a loro detta, mandati da Di Maio in persona – hanno difeso la legittimità della sentenza. Quando gli abbiamo chiesto cosa concretamente pensano di fare a difesa di licenziati a 50 anni e più come quelli di Pomigliano, ci hanno risposto che ci sarà il reddito di cittadinanza. Misura che, per come è formulata oggi, non coinvolgerebbe in primis nessun operaio che per sua sfortuna risultasse proprietario di casa e non in affitto. Ad ogni modo, i deputati si sono vantati della manovra finanziaria che stavano varando e che “avrebbe portato ossigeno” ai disoccupati e alle masse povere. Ci hanno anche offerto di fare una dichiarazione stampa congiunta che chiaramente abbiamo rifiutato. Hanno però accettato di impegnarsi anche con dichiarazione (come M5S e non come governo) per la stampa per una norma che riveda la formulazione dell’obbligo di fedeltà in azienda – situazione che non pensiamo possa avvenire senza una lotta dei lavoratori stessi per ottenerla. Scesi dal tetto, abbiamo tenuto una breve conferenza stampa, dopodiché siamo stati prelevati e tenuti in commissariato per quattro ore, identificati, incriminati per manifestazione non organizzata e ci è stato consegnato il foglio di via.
Di Maio non ha fatto nulla. Come Collettivo 48 Ohm avevamo sostenuto la campagna di Mimmo e degli altri contro il M5S in vista delle elezioni del 4 marzo. Dopo la salita al governo di Di Maio, l’avevamo sfidato a far vedere con quali misure si poneva contro i “poteri forti”, cioè contro i capitalisti, contro FCA; ma, appunto, Di Maio non ha fatto nulla. Per questo si è deciso di fare un’altra azione di denuncia, di ulteriore risposta difensiva all’attacco che FCA ha fatto a questi operai, facendo un presidio di fronte al primo municipio di Roma in piazza Barberini, vicino al Ministero del Lavoro, con la salita sul tetto di due dei cinque operai, Mimmo e Massimo, e la calata dello striscione “Di Maio dove sei?”. Sono arrivate presto pattuglie della polizia e due camionette dei carabinieri che hanno blindato tutta l’area attorno all’edificio, isolando così anche il gazebo che avevamo preparato.
I deputati M5S accorsi (Pieluigi Paragone, Sergio Vaccaro, Carla Ruocco) a parlare con i licenziati – a loro detta, mandati da Di Maio in persona – hanno difeso la legittimità della sentenza. Quando gli abbiamo chiesto cosa concretamente pensano di fare a difesa di licenziati a 50 anni e più come quelli di Pomigliano, ci hanno risposto che ci sarà il reddito di cittadinanza. Misura che, per come è formulata oggi, non coinvolgerebbe in primis nessun operaio che per sua sfortuna risultasse proprietario di casa e non in affitto. Ad ogni modo, i deputati si sono vantati della manovra finanziaria che stavano varando e che “avrebbe portato ossigeno” ai disoccupati e alle masse povere. Ci hanno anche offerto di fare una dichiarazione stampa congiunta che chiaramente abbiamo rifiutato. Hanno però accettato di impegnarsi anche con dichiarazione (come M5S e non come governo) per la stampa per una norma che riveda la formulazione dell’obbligo di fedeltà in azienda – situazione che non pensiamo possa avvenire senza una lotta dei lavoratori stessi per ottenerla. Scesi dal tetto, abbiamo tenuto una breve conferenza stampa, dopodiché siamo stati prelevati e tenuti in commissariato per quattro ore, identificati, incriminati per manifestazione non organizzata e ci è stato consegnato il foglio di via.
Quali
reazioni di solidarietà avete ricevuto dopo la notifica del foglio
di via?
Sul
Manifesto è uscito un comunicato con firme di vari esponenti “di
sinistra”, tra cui quelli che hanno partecipato alla recente serata
pubblica di solidarietà e raccolta fondi, compreso il sindaco di
Napoli De Magistris. Sappiamo che non c’è stata una reazione
immediata in fabbrica se non dai compagni che hanno seguito il
Coordinamento Autorganizzati FCA, i quali hanno lanciato un appello a
scioperare in solidarietà, o che sono organizzati in altri percorsi
sindacali e politici militanti.
Immagino che, nonostante questo duro colpo, i 5 licenziati parteciperanno al percorso di lotte che caratterizza questo mese di ottobre, con lo sciopero generale del 26 e il corteo antirazzista a Roma del 27…
Immagino che, nonostante questo duro colpo, i 5 licenziati parteciperanno al percorso di lotte che caratterizza questo mese di ottobre, con lo sciopero generale del 26 e il corteo antirazzista a Roma del 27…
Assolutamente
sì, ci impegneremo perché lo sciopero del 26 e la manifestazione
del 27 abbiano successo. Bisogna organizzarsi in termini di risposta
legale e controffensiva politica a questo sopruso, che è collegato
agli strumenti repressivi usati contro gli studenti scesi in piazza a
Torino: un insieme di provvedimenti che tentano di calmierare le
lotte e che non devono passare in questo modo. Noi invece dobbiamo
dare dare coscienza e organizzazione al dissenso, a partire
dall’indicazione della continuità nell’ondata repressiva tra
Minniti e Salvini. Ti
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Marchionne
è morto, FCA è viva e lotta contro di noi!
Ultima
cosa, non per importanza, continueremo a denunciare il regime dentro
FCA e il dilagare dell’uso della cassintegrazione in tutti gli
stabilimenti, con l’avvicinarsi progressivo in particolare della
chiusura di Mirafiori, che sempre più spesso vede giornate di
chiusura collettiva. In questo senso, il 26 al ministero si
incontreranno esponenti del Governo con i sindacati firmatari del
CCSL in FCA, con la FIOM in aggiunta: sindacati che negli ultimi anni
hanno subito senza lottare (FIOM compresa) questo regime, trovandosi
ora con 3.000 cassintegrati a Melfi, 4.000 (tutti per tre mesi con
possibile proroga di un anno) a Pomigliano. Tutto questo senza la
presentazione concreta di un nuovo piano industriale complessivo. Se
dovesse anche arrivare un nuovo modello, il trasferimento della linea
della Panda nel 2021-22 farà sì che in ogni caso Pomigliano non
andrà a pieno regime come prima, il che vuol dire probabili migliaia
di licenziamenti, così come a Melfi dove si smetterà di produrre la
Punto, e come a Pratola Serra e Cento dovesi producono motori diesel
che sono già oggi fuori mercato a livello mondiale. A meno che non
si garantiscano ulteriori piogge di fondi statali per una
riconversione “ecologica e ad alto contenuto tecnologico” basata
sul motore elettrico: una prospettiva che nella situazione
industriale di FCA Italia è a dir poco fumosa. Ora sicuramente sarà
difficile dire che le previsioni “pessimiste” che facevano i 5
licenziati erano irrealistiche!
Comunicato
del coordinamento operai autorganizzati FCA
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