L'accordo
Ilva costituisce la summa degli accordi; pezzi di questo tipo di
soluzioni sono passati in altri accordi ma l'Ilva è una specie di
sommatoria di tutte le questioni, su lavoro, ambiente, morti sul
lavoro, ecc. e anche l'accordo per la sua importanza rispecchia
questo e viene ad essere la fotografia dell'effettivo rapporto di
forza che c'è tra padroni e operai, da cui bisogna
imprescindibilmente partire per capire cosa si può fare e cosa non
si può fare.
Cosa
si poteva fare e non fare all'Ilva sul fronte sindacale è una parte
del ragionamento necessario.
Ma su questo bisogna prima di tutto eliminare dei luoghi comuni.
Ma su questo bisogna prima di tutto eliminare dei luoghi comuni.
Non
è vero che “gli operai dell'Ilva sono tutti sudditi, pecoroni,
ricattabili...”,
questa è una favola, è una generalizzazione assurda (come dire che
tutti i migranti sono delinquenti, tutti i napoletani sono
camorristi, ecc.). La classe operaia dell'Ilva è esattamente come la
classe operaia di tutto il nostro paese, Nell'Ilva vi erano e vi sono
le energie necessarie per contrastare questo accordo, esiste un gran
numero di operai che ha una notevole esperienza del ciclo produttivo
e ha una notevole esperienza della storia sindacale e le cose le
capiscono, esattamente come altrove.
noiabbiamo più volte raccontato di come l'Ilva sia stata più volte negli anni teatro di un'acuta conflittualità operaia sulla questione sicurezza e ambiente e di come vi sono state importanti lotte che se avessero vinto – perchè questo è il punto – l'Ilva non sarebbe stata assolutamente la fabbrica della morte, né in termini di morti in fabbrica, né di disastro ambientale e non è vero che l'Ilva inevitabilmente si sarebbe trasformata nella realtà in cui è arrivata.
Altra
favola che ha pesato moltissimo: “la Mittal se ne va”.
Cosa impossibile. E' in atto una guerra sul mercato mondiale per cui
lo stabilimento di Taranto è il più importante del mondo, perchè
nelle guerre commerciali si gioca sulla possibilità di eludere la
crisi anche attraverso la collocazione degli impianti produttivi nei
luoghi in cui si riesce a lucrare quel 10 in più degli altri. Per i
grandi colossi dell'acciaio gli impianti di Taranto erano appetibili,
se non li avesse presi la Mittal si sarebbero buttati altri.
Chiaramente quando i padroni vogliono uno stabilimento sono disposti
ad usare tutta la loro forza e le condizioni offerte dal sistema
capitalista per ottenerlo a condizioni per loro migliori. Ma se si
mutavano i rapporti di forza, la Mittal avrebbe fatto ciò che fanno
molto padroni, intanto si prendono tutto poi il giorno dopo
cominciano a fare la “macelleria sociale”.
E'
una favola anche il fatto che “i sindacati sono tutti venduti”.
Non è così. I sindacati sono una forma di transizione esistente nel
mondo del lavoro, di difesa necessaria nel sistema capitalista.
Vi sono stati passaggi storici del sindacato per cui i sindacati esistenti hanno cambiato natura e sono diventati compatibili con i piani aziendali. Ma questo non vuol dire che tutti i sindacalisti, tutti i delegati sono venduti, che tutte le elezioni delle Rsu sono state un teatrino, ecc. Non è così.
Noi tra l'altro riteniamo che gli operai dell'Ilva pure con i sindacati attuali potevano ottenere un accordo migliore. Nel movimento sindacale a Taranto poi si sono mosse delle dinamiche significative, la più importante è stata l'ascesa dell'Usb che ha preso in una fabbrica così grande il numero più alto di voti e delegati, cosa che in nessuna altra fabbrica di dimensioni significative è mai successa negli ultimi anni. C'era stato prima il fenomeno di ribellione dei Liberi e pensanti e del 2 agosto 2012 con una contestazione dei sindacati che è stata la più spettacolare contestazione che ci sia stata negli ultimi decenni, e che ricorda la stagione dei bulloni, delle autoconvocazioni, ecc.
Vi sono stati passaggi storici del sindacato per cui i sindacati esistenti hanno cambiato natura e sono diventati compatibili con i piani aziendali. Ma questo non vuol dire che tutti i sindacalisti, tutti i delegati sono venduti, che tutte le elezioni delle Rsu sono state un teatrino, ecc. Non è così.
Noi tra l'altro riteniamo che gli operai dell'Ilva pure con i sindacati attuali potevano ottenere un accordo migliore. Nel movimento sindacale a Taranto poi si sono mosse delle dinamiche significative, la più importante è stata l'ascesa dell'Usb che ha preso in una fabbrica così grande il numero più alto di voti e delegati, cosa che in nessuna altra fabbrica di dimensioni significative è mai successa negli ultimi anni. C'era stato prima il fenomeno di ribellione dei Liberi e pensanti e del 2 agosto 2012 con una contestazione dei sindacati che è stata la più spettacolare contestazione che ci sia stata negli ultimi decenni, e che ricorda la stagione dei bulloni, delle autoconvocazioni, ecc.
Quindi,
non è vero che in Ilva non c'erano gli operai, la forza sindacale
per contestare questo accordo.
Ci sono stati momenti in cui la storia poteva cambiare il suo indirizzo. Noi lo abbiamo spiegato in un libro che si chiama “La tempesta perfetta”. Non c'è stata nessuna fabbrica in Italia negli ultimi quindici anni, che abbia avuto tanti giorni di sciopero e di lotta come l'Ilva nel 2012/2013 – certo in parte “pilotati”, ma questo non è la fine del mondo, c'è stato un solo sciopero realmente pilotato, quello famoso del 30 marzo 2012, poi c'è stata la confusione dell'intreccio tra ragioni giuste e ragioni sbagliate su cui tutti si sono buttati. Ma non è affatto vero che non ci sono state le lotte e le condizioni per invertire la lotta.
Ci sono stati momenti in cui la storia poteva cambiare il suo indirizzo. Noi lo abbiamo spiegato in un libro che si chiama “La tempesta perfetta”. Non c'è stata nessuna fabbrica in Italia negli ultimi quindici anni, che abbia avuto tanti giorni di sciopero e di lotta come l'Ilva nel 2012/2013 – certo in parte “pilotati”, ma questo non è la fine del mondo, c'è stato un solo sciopero realmente pilotato, quello famoso del 30 marzo 2012, poi c'è stata la confusione dell'intreccio tra ragioni giuste e ragioni sbagliate su cui tutti si sono buttati. Ma non è affatto vero che non ci sono state le lotte e le condizioni per invertire la lotta.
Non
è affatto vero che non c'erano all'interno della fabbrica centinaia
di operai disposti anche ora a fare la lotta.
In
una vertenza come questa è stato fatto uno sciopero solo, il 9
ottobre, ed è stato uno degli scioperi più riusciti nella storia
dell'Ilva. La tenuta di quello sciopero per diversi giorni, il peso
sistematico della lotta avrebbe portato sicuramente a
condizioni migliori.
Si
sono creati dei cortocircuiti nella coscienza operaia che hanno
impedito che si ottenesse quello che si poteva ottenere. E questi
cortocircuiti hanno a che fare con la forma organizzata del
sindacato, non tanto col “pensiero diffuso”; perchè in ogni
fabbrica se ci si basasse sul “pensiero diffuso” nessuno avrebbe
mai ottenuto niente, anche negli scioperi più clamorosi se si fosse
fatto il giorno prima un referendum su chi voleva realmente
scioperare, l'esito sarebbe stato negativo. Perchè non è questo un
dato reale del conflitto di classe. Il “pensiero diffuso” non
conta nulla, conta
il pensiero organizzato che trasforma le forze interne in un vettore
positivo e non in un vettore negativo.
Che questo vettore positivo c'era all'Ilva è dimostrato dalla vittoria alle Rsu dell'Usb e dal fenomeno dei Liberi e pensanti. Quando la situazione interna si è trasformata in coalizione o in opportunità, queste opportunità gli operai dell'Ilva le hanno colte tutte. Gli operai dell'Ilva sono gli operai più avanzati che ci sono nelle fabbriche attualmente. Invece, si è creduto ad una favola che ha finito per convincere, una fake news che diventa verità.
Che questo vettore positivo c'era all'Ilva è dimostrato dalla vittoria alle Rsu dell'Usb e dal fenomeno dei Liberi e pensanti. Quando la situazione interna si è trasformata in coalizione o in opportunità, queste opportunità gli operai dell'Ilva le hanno colte tutte. Gli operai dell'Ilva sono gli operai più avanzati che ci sono nelle fabbriche attualmente. Invece, si è creduto ad una favola che ha finito per convincere, una fake news che diventa verità.
In
sostanza, è la dinamica che si è prodotta nell'avanguardia operaia,
nell'organizzazione sindacale il vero nodo che non siamo riusciti a
risolvere. Non
siamo riusciti ad intervenire nei passaggi chiave che avrebbero
permesso di rovesciare la situazione operaia. Se si parte da questi
dati si può capire che si poteva fare molto di più e che,
evidentemente, noi siamo stati “profeti disarmati” in questa
battaglia di verità. Noi abbiamo posto dei temi all'inizio della
vicenda che potevano indirizzarla diversamente. Prima di tutto quello
che abbiamo chiamato “decreto operaio”, un decreto che mettesse
in sicurezza i lavoratori. Noi col decreto volevamo che si affermasse
che nessun operaio è un esubero. L'accordo apparentemente lo
sancisce, ma la questione vera è: che cos'è “esubero”? Negli
ultimi mesi della trattativa tutti dicevano “Niente esuberi” e
questa sembrava in particolare essere la bandiera di Palombella
(segr. naz. Uilm). Ma che significa “nessun esubero”? Ma,
vocabolario italiano, “nessun esubero” significa che tu lavoravi
in quella fabbrica e lì resti. Quindi, “nessun esubero” aveva
solo il senso di “tutti assunti dalla Mittal”. Quindi questo
accordo è nettamente peggiorativo perchè gli esuberi ci sono, i
lavoratori vengono buttati fuori dal ciclo produttivo.
Siamo stati, dicevamo, “profeti disarmati”. Ma attenzione, “disarmati” perchè privati delle armi necessarie, che sono il numero degli operai, ma assolutamente “armati” della linea e proposte. Con assoluta certezza vi diciamo che lo Slai Cobas sc era in grado di ottenere un risultato migliore se fosse stato “armato”, innescato dagli operai.
Siamo stati, dicevamo, “profeti disarmati”. Ma attenzione, “disarmati” perchè privati delle armi necessarie, che sono il numero degli operai, ma assolutamente “armati” della linea e proposte. Con assoluta certezza vi diciamo che lo Slai Cobas sc era in grado di ottenere un risultato migliore se fosse stato “armato”, innescato dagli operai.
Il
passaggio dell'Usb al nemico, perchè tale è stato, e il
disfacimento dei Liberi e pensanti nella confusione più assoluta,
questi sono i problemi!
Il
resto sono problemi che si potevano affrontare. Ciò che non siamo
riusciti a risolvere è il problema dell'Usb e dei Liberi e pensanti.
Senza riuscire a rovesciare l'assunto su questo, è venuto a mancare
l'anello chiave che avrebbe modificato lo stato di cose esistente e
che ha creato una situazione che oggi si chiama “accordo”.
Che
questo sia vero è dimostrato dal modo con cui l'accordo è gestito
in fabbrica. L'Usb
da essere il punto critico è diventata la punta d'avanguardia della
difesa dell'accordo,
la parola finale che serviva a far passare l'accordo stesso. Basta
leggere le dichiarazioni dell'Usb post accordo per rendersi conto che
il cambio di natura del sindacalismo di base è davvero un problema
tremendo, perchè quello che dovrebbe essere il tuo referente cambia
natura e nella fase particolare questo finisce per affondare il
tutto. Non potevano certo cambiare Palombella, e soci, loro avevano
il problema di tenere compatti i loro operai dentro una fabbrica che
bisognava comunque portare all'accordo. La falsa battaglia fatta da
Usb in particolare contro la messa in discussione dell'articolo 18,
con la novazione delle assunzioni da parte della Mittal, ha portato
alla fine alla non applicazione del 2112, che è molto più grave. Se
la cancellazione dell'art. 18 è giocato nel ricatto quotidiano verso
l'operaio, e quindi agevola l'azione del padrone, la cancellazione
del 2112 toglie l'acqua in cui puoi muoverti. Con il 2112, si possono
tenere fuori dalla Mittal 2626 lavoratori, stai confezionando il
vestito su misura agli operai di cui il padrone si vuole liberare.
Ugualmente
ha inciso negativamente nella situazione, la linea
sciagurata dei Liberi e pensanti
che non ha permesso che centinaia di operai giovani diventassero un
anello chiave della messa in discussione dei ritmi di lotta e anche
delle piattaforme.
Da
questo bisogna ripartire con sguardo lineare. La Mittal ha portato a
casa un risultato importante – e questo poteva avvenire più
facilmente con un governo Di Maio che con un governo screditato, di
uomini, come Calenda, Renzi, al servizio spudorato della
Confindustria; si è aspettato il ricambio di personale per fare un
accordo peggiore possibile, visto che perfino nel merito le soluzioni
offerte dal precedente governo erano meno brutte. Per esempio, la
sistemazione degli esuberi in una nuova azienda, Invitalia, faceva sì
che questa azienda non poteva essere di pura cassintegrazione, mentre
ora col discorso dell'amministrazione controllata, della gestione
pilotata delle bonifiche da fare solo nel perimetro dello
stabilimento per cui al massimo servono 300 lavoratori, circa 2200
operai restano definitivamente in cigs.
Ma,
ripetiamo, questo era modificabile da un rapporto di forza diverso
che doveva creare l'avanguardia, non la massa o le opinioni di
singoli operai, sia pure sbandierata su facebook.
La resistenza non c'è stata.
La resistenza non c'è stata.
Questi
sono i fatti. Non “l'operaio che la pensa così...”, questo è un
elemento antiscientifico, stupido, diffuso, che si è prodotto per
perdita dei legami sindacali.
Infine
dobbiamo combattere la nuova “favola nera”: che questo accordo
non sia impugnabile, che i criteri di discriminazione possano essere
praticati liberamente, come se tutto è lecito.
Noi
dobbiamo fare una battaglia legale, perchè non c'è nessuna ragione
materiale per cui non si debba fare battaglia.
Andare
in deroga del 2112 vuol dire aprire l'autostrada ad altre deroghe. E'
vero che si sono già fatte, però non è vero che possano reggere ad
un'impugnativa. I criteri sanciti dall'accordo per scegliere un
operaio e non un altro sono illegittimi, non ci sono le condizioni
materiali, se non quelle ufficiose.
Va
smascherata e combattuta anche l'assurdità degli operai “in
vendita”: “ti offro centomila, prenditeli ora, altrimenti sono
50mila, ecc.". Questa fuoriuscita di operai era largamente
raggiungibile con l'estensione dei benefici amianto (già attuata
anni fa, poco dopo la venuta di Riva, dopo che lo Slai Cobas sc aveva
“aperto” la questione amianto e ottenuto un'estensione della
legge) e con l'ammortizzatore sociale necessario in una situazione di
crisi complessa come è Taranto e dentro una dinamica emergenziale
come è l'inquinamento. Una legge speciale, come si fa per un
terremoto, ecc, con cui si decidono estensioni in deroga dei benefici
pensionistici che avrebbe reso il diritto organico, certo e non un
diritto clientelare, individuale come invece è adesso; un diritto
che avrebbe permesso un numero molto più rilevante di uscite da
quella fabbrica per vie normali.
Tutte
cose che non stavano nei sogni, ma dentro la realtà dei fatti.
Poi
stiamo parlando di una fabbrica grandissima, in cui i fattori interni
ed esterni si vanno a fondere.
Si sottovaluta la presa del cambio di padrone, Mittal è il modello selvaggio del capitalismo in “guanti bianchi”, per cui nessun diritto è garantito, e l'accordo permette una serie di valvole di sfogo per il “zero diritti”, e questo lo si vedrà nella gestione diretta della fabbrica.
Si sottovaluta la presa del cambio di padrone, Mittal è il modello selvaggio del capitalismo in “guanti bianchi”, per cui nessun diritto è garantito, e l'accordo permette una serie di valvole di sfogo per il “zero diritti”, e questo lo si vedrà nella gestione diretta della fabbrica.
Quindi
questa fabbrica rimarrà un potenziale esplosivo, e questa variabile
interna si legherà alla variabile esterna.
La
massa di operai messi fuori dal ciclo produttivo sono una variabile
impazzita per la città, è l'occupazione di tutti i gangli del
lavoro nero in una città che campa sull'Ilva. La favola che se
chiude l'Ilva a Taranto può nascere un fiorire di attività è
appunto una favola, tutto ciò che nasce in questa città o è legato
all'Ilva o non esiste, e questo è stato già dimostrato negli anni
di esistenza dell'Ilva. Taranto ha bisogno di molta più industria
per riempire i vuoti della disoccupazione.
Ci sono le condizioni per fare dell'accordo Ilva non la pietra miliare del nuovo dominio indiano su Taranto, ma la pietra miliare di una seconda fase della lotta di classe.
Ci sono le condizioni per fare dell'accordo Ilva non la pietra miliare del nuovo dominio indiano su Taranto, ma la pietra miliare di una seconda fase della lotta di classe.
Ma
su questo occorre fare battaglia.
Battaglia
legale, "casa per casa", per far saltare l'accordo
dall'interno delle sue stesse contraddizioni. Bisogna riaprire il
fronte della battaglia sindacale - l'Usb ha finito di essere un
sindacato alternativo, questo vale all'Ilva come a livello nazionale;
il salto della quaglia dell'Usb prefigura un sindacato collaterale al
governo, peggiore dei sindacati confederali che comunque hanno una
base di massa, mentre l'Usb ha solo vertice e niente base di massa.
Più difficile recuperare il disastro dei Liberi e pensanti, che
hanno sottratto alla fabbrica una forza determinante, l'hanno immessa
nel pantano dell'ambientalismo cittadino, una sorta di corruzione
mentale che si sposa con il livello basso di coscienza, col
risultato: zero ambiente e zero risultati in fabbrica. Questi sono
problemi che un sindacato di classe deve affrontare subito,
rimboccandosi le maniche e andandosi a prendere i suoi uno per uno,
sfruttando tutte le contraddizioni, quelle legali, delle
discriminazioni tra operai e operai, quelle di un ingresso di un
padrone che è costretto a modificare lo stato di cose esistente col
risultato di scontentare i vecchi e i nuovi.
Noi
in questi tre mesi dobbiamo sviluppare intensamente una
chiarificazione tra i lavoratori; dobbiamo studiare tutte le forme di
attacco legale a questo accordo; dobbiamo sfruttare, trasformare
tutte le forme di contraddizioni in "un caso".
Dobbiamo
studiare da vicino il modello Mittal per mettere in luce i suoi lati
forti e i suoi lati deboli.
Con la nuova proprietà, lo Slai cobas sc come gli altri partono da zero, e quindi dobbiamo fare ex novo la battaglia sul tesseramento sindacale e sulle Rsu. Noi come Slai Cobas sc assumiamo questo impegno e lo portiamo avanti.
Con la nuova proprietà, lo Slai cobas sc come gli altri partono da zero, e quindi dobbiamo fare ex novo la battaglia sul tesseramento sindacale e sulle Rsu. Noi come Slai Cobas sc assumiamo questo impegno e lo portiamo avanti.
Ma
è importante che anche in altri posti di lavoro si capisca la
questione Ilva. Tutto il sistema industriale di Taranto si regge
o sul crollo definitivo del sistema Ilva o sulla sua possibile
ripresa. E quindi tutte le vertenze aziendali che vi sono non possono
essere risolte al di fuori della questione Ilva; per non parlare
della grande area del lavoro precario e degli appalti comunali. Qui
ci possiamo trovare che la vicenda Ilva con i suoi 2200 operai prima
o poi giunge sui nodi principali della città, bonifiche e raccolta
differenziata. Se l'insieme di questi lavori finisce nelle mani degli
operai Ilva e dell'appalto espulsi non c'è lavoro per altri. Allora,
in questa guerra tra poveri i lavoratori devono scegliere, se essere
parte di questa guerra tra poveri o essere parte della guerra dei
poveri contro i ricchi. Ma bisogna che ci si “armi”, di una
strutturazione che serva per questa battaglia.
L'Ilva deve essere ampiamente bonificata. Con l'idea che occorreva chiudere l'Ilva per non avere più inquinamento, non si sono fatte le reali battaglie; ci si è crogiolati nella Tv del dolore, a cui partecipano i padri e madri dei morti, che sono diventati dei recitanti a soggetto. Noi direttamente questo lo abbiamo visto in opera. Noi, insieme alla tenacissima persona di Cosimo Semeraro, avevamo organizzato a Taranto l'associazione familiari , e noi abbiamo visto i genitori trasformarsi in star televisive, abbiamo visto i genitori cambiare. La coltivazione del dolore invece che l'elaborazione del lutto è una deformazione paranoica di persone che uccidono per la seconda volta i loro cari. Queste persone producono danni nell'affrontare realmente sia l'emergenza bonifiche, sia l'emergenza sanitaria. Le bonifiche sono un'emergenza. E' come i parchi minerali, non si fanno in 10 anni, ma in un anno con un sistema emergenziale, non con le slide presentateci tante volte dall'attuale Commissaria alle bonifiche. Così per l'emergenza sanitaria, per cui non c'è una struttura in grado di affrontarla. Su questo non si è fatta una battaglia, perchè la fissa che se ti liberi dell'Ilva staremo tutti bene ha impedito di affrontare seriamente il problema emergenza bonifica, anche come opportunità di lavoro, e l'emergenza sanitaria, come “emergenza”, noi ad un certo punto proponevamo che fosse affidata ad Emergency di Gino Strada. Ma su questo non è chiuso niente, I problemi stanno tutti là.
L'Ilva deve essere ampiamente bonificata. Con l'idea che occorreva chiudere l'Ilva per non avere più inquinamento, non si sono fatte le reali battaglie; ci si è crogiolati nella Tv del dolore, a cui partecipano i padri e madri dei morti, che sono diventati dei recitanti a soggetto. Noi direttamente questo lo abbiamo visto in opera. Noi, insieme alla tenacissima persona di Cosimo Semeraro, avevamo organizzato a Taranto l'associazione familiari , e noi abbiamo visto i genitori trasformarsi in star televisive, abbiamo visto i genitori cambiare. La coltivazione del dolore invece che l'elaborazione del lutto è una deformazione paranoica di persone che uccidono per la seconda volta i loro cari. Queste persone producono danni nell'affrontare realmente sia l'emergenza bonifiche, sia l'emergenza sanitaria. Le bonifiche sono un'emergenza. E' come i parchi minerali, non si fanno in 10 anni, ma in un anno con un sistema emergenziale, non con le slide presentateci tante volte dall'attuale Commissaria alle bonifiche. Così per l'emergenza sanitaria, per cui non c'è una struttura in grado di affrontarla. Su questo non si è fatta una battaglia, perchè la fissa che se ti liberi dell'Ilva staremo tutti bene ha impedito di affrontare seriamente il problema emergenza bonifica, anche come opportunità di lavoro, e l'emergenza sanitaria, come “emergenza”, noi ad un certo punto proponevamo che fosse affidata ad Emergency di Gino Strada. Ma su questo non è chiuso niente, I problemi stanno tutti là.
Noi
non siamo nell'ultimo paesino abbandonato, Taranto è una delle città
più importanti del nostro paese per il coacervo di contraddizioni
che ha accumulato ed è uno degli anelli del sistema mondo su cui su
fa la storia. Dobbiamo avere fiducia!
Tre
mesi per imporre un messaggio, tre mesi per verificare dentro il
sistema Mittal come può funzionare, tre mesi per riorganizzarci.
In
questa realtà il futuro è nostro, ci sono tutte le condizioni
materiali per affrontare i problemi.
Non è affatto vero che la partita Ilva si è chiusa. Si è chiusa una battaglia ma non la guerra, la guerra di classe.
Non è affatto vero che la partita Ilva si è chiusa. Si è chiusa una battaglia ma non la guerra, la guerra di classe.
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