INDICE
MARCO PIAGENTINI: L'UOMO CHE DEVE FUGGIRE DAL SOLE
Cobas Pisa confcobaspisa@alice.it
LO
STRAPOTERE DEI PADRONI COLPISCE ANCHE IN CASENTINO: LICENZIATO IL
RAPPRESENTANTE DEI COBAS ALLA BORRI DI BIBBIENA.
RAPPRESENTANTE DEI COBAS ALLA BORRI DI BIBBIENA.
Carlo Soricelli carlo.soricelli@gmail.com
E' INIZIATA ANCHE QUEST'ANNO LA STRAGE DI AGRICOLTORI
SCHIACCIATI DAL TRATTORE, VI PREGO DI OCCUPARVENE
Controsservatorio Valsusa info@controsservatoriovalsusa.org
QUARTO
QUADERNO DEL CONTROSSERVATORIO VALSUSA
Posta
Resistenze posta@resistenze.org
IL PIANO MARCHIONNE E’ IL VERO DISASTRO PER I LAVORATORI E PER LA FIAT IN ITALIA
Enzo Ferrara e.ferrara@inrim.it
PICCO
ANOMALO DI MORTALITA’ NEL 2015
Enzo Ferrara
e.ferrara@inrim.it
IL CASO
ETERNIT: IL GRANDE PROCESSO
Senza Patria News anarres56@tiscali.it
18 MARZO SCIOPERO GENERALE!
Fulvio Aurora fulvio.aurora@gmail.com
INIZIATIVE IN SARDEGNA CONTRO L’AMIANTO
Muglia la
Furia fmuglia@tin.it
Paola Armellini via Change.org mail@change.org
IL PROCESSO PER LA MORTE DI MIO FIGLIO
Alessandra Cecchi alexik65@gmail.com
CONFESSIONE EX OPERAIO ILVA: "SOTTO DISCARICHE E
COKERIE C'È DI TUTTO"
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To:
Sent: Monday, February 01, 2016 2:59 PM
Subject: MARCO PIAGENTINI: L'UOMO CHE DEVE FUGGIRE DAL SOLE
Da "Il Corriere della sera" del 1 febbraio 2016
Marco
Piagentini: l'uomo che deve fuggire dal sole. “Sulla pelle porto i segni della
strage di Viareggio, mi resta un figlio, da sei anni aspetto giustizia”.
“Ogni 29 del mese
il treno delle 23.48 passa fischiando. I macchinisti se ne ricordano sempre, è
il loro saluto, il loro gesto di rispetto per le vittime di questa strage
dimenticata da tutti”.
“Il treno fischia” -
racconta Marco Piagentini. E ogni volta lui è lì, come un soldato sull’attenti
davanti ai ricordi.
Classe 1968,
quest’uomo ha addosso più ferite che anni. Dalla vita ha preso più pugni di
quanti potrà mai restituirne eppure alla domanda più banale: come va? risponde
che “io vado avanti e non mi arrendo, lo devo a mio figlio che è qui con me e
al resto della famiglia che non ho più”.
Era il 29 giugno
del 2009, ore 23.48. Un treno carico di GPL deragliò arrivando alla stazione di
Viareggio. Nell’urto, una delle 14 cisterne si squarciò e il gas GPL, a
contatto con l’ossigeno e con chissà quale scintilla d’innesco, incendiò un
quartiere intero, incenerì cose e persone, si arrampicò lungo i muri delle
case. La sua era lungo una delle due strade più esposte alle fiamme.
“Io lo so bene che
cos’è il fuoco che ti brucia la pelle” - racconta adesso Marco. “Mio figlio
Luca aveva quattro anni ed è arso vivo dentro una macchina. Lorenzo aveva due
anni e quando le fiamme gli sono arrivate addosso era in braccio a mia moglie
Stefania... Mi resta Leonardo che oggi ha 14 anni e che quella notte rimase
sotto le macerie per ore a chiedere aiuto. Io vivo per lui”.
“So bene cos’è il
fuoco” - dice Marco. E se anche non parlasse lo direbbero le sue ferite per
lui: sessanta interventi chirurgici per rimediare a ustioni gravi sul 90% del
corpo, cicatrici ovunque e una vita vissuta all’ombra perché “il sole è il mio
nemico peggiore”.
“D’estate è sempre
un tormento, devo girare coperto da capo a piedi, devo assolutamente
proteggermi perché la mia pelle è ipersensibile, sento il calore anche se passo
vicino a un muretto intiepidito dal sole. Se esco in scooter mi devo bardare
come un terrorista e spesso uso l’ombrello sotto il cielo blu. A volte qualcuno
mi chiede che cosa faccio nella vita. L’ustionato, rispondo. Io faccio
l’ustionato, ho perduto il mio vecchio lavoro, la mia casa, gran parte della
mia famiglia e adesso la mia vita è quel che mi è successo, è mio figlio
Leonardo ed è la ricerca della verità e della giustizia. Per la mia famiglia e
per quelle di tutte le altre vittime”.
Trentadue morti,
anni di indagini e il processo di primo grado in corso per 33 imputati e nove
società. Dopo sei anni e mezzo ancora nessuna sentenza e un rischio che, a
questo punto, assomiglia a una certezza: la prescrizione (a fine 2016) per i
reati di incendio e lesioni colpose. “Non c’è da ragionare o da capire. La sola
ipotesi è semplicemente inaccettabile, indecente. Non posso tollerare che un
giorno qualcuno mi venga a dire: ci spiace tanto ma l’incendio colposo e le
lesioni colpose sono prescritti. Proprio l’incendio, poi... Le parole hanno un
significato anche simbolico. A un ustionato come me dicono che dell’incendio
basta: non si parla più... E allora i miei bambini e mia moglie di cosa sono
morti? E come vogliamo chiamarle tutte queste ferite sulla mia pelle?”.
Marco Piagentini ce
l’ha con “la giustizia ingiusta” che vede avvicinarsi sempre più. “Vorrei che
fosse chiaro, però. Se tutto questo succederà davvero le famiglie delle vittime
di Viareggio potrebbero non rispondere più delle loro azioni. E lo dico come
presidente della nostra associazione (Il mondo che vorrei). Sarebbe un’offesa
profonda, una nuova ferita gravissima. Dobbiamo già fare i conti col fatto che
ci hanno dimenticati... Quando qualcuno ci chiede: Cosa possiamo fare per voi?
la nostra risposta è sempre quella: fateci sentire la vostra presenza, non
giratevi dall’altra parte, segnatevi la data del 29 giugno sulla vostra agenda
e venite a commemorare i nostri morti a Viareggio”.
Lui c’è sempre.
Alle commemorazioni, alle udienze ogni mercoledì (a Lucca), all’appuntamento
delle famiglie delle vittime il 29 di ogni mese. Si ritrovano tutti dove un
tempo c’erano le loro case e le loro vite. Adesso ci sono 32 alberi, un
monumento con i nomi dei morti, il fischio del treno e la “casina dei ricordi”.
“E’ di legno, piccola” - spiega Marco. “Dentro ci sono oggetti strappati al
fuoco. Pupazzi, disegni, cose appartenute ai bambini”. Ogni volta che dice “bambini”
la sua voce esita, si abbassa di tono. I suoi bambini... “Luca l’avevo portato
in macchina credendolo al sicuro. Ricordo che si è svegliato, mi ha guardato e
si è riaddormentato subito. Si sentiva tranquillo fra le braccia del suo papà.
Se ci penso...”.
La voce adesso si
arrende. Le parole non servono.
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From: Cobas Pisa
confcobaspisa@alice.it
To:
Sent:
Tuesday, February 02, 2016 5:41 PM
Subject: LO
STRAPOTERE DEI PADRONI COLPISCE ANCHE IN CASENTINO: LICENZIATO IL
RAPPRESENTANTE DEI COBAS ALLA BORRI DI BIBBIENA.
RAPPRESENTANTE DEI COBAS ALLA BORRI DI BIBBIENA.
Un
licenziamento, infondato, ingiusto e radicalmente nullo: questo è il nostro
giudizio sul provvedimento che ha colpito David Puri, rappresentante dei Cobas,
che da oltre 15 anni lavorava prima alla Astrid Energy Enterprises di Castel
San Niccolò e poi alla Borri di Bibbiena quando questa ha incorporato Astrid a
seguito della fusione avvenuta a settembre 2014.
David, padre
di famiglia con 2 figli piccoli e un mutuo per la casa da pagare, delegato
sindacale Cobas impegnato nella tutela dei diritti dei lavoratori, nel corso
degli ultimi anni ha assistito a un progressivo deterioramento dell'ambiente
lavorativo da imputare alle illegittime e pretestuose condotte aziendali.
Senza andare
troppo indietro nel tempo, l'azienda nel febbraio 2013, a distanza di pochi
giorni dalla comunicazione di David di voler fruire dei congedi parentali in
occasione della nascita della sua prima figlia, tentò di adibirlo a mansioni
inferiori, senza riuscirci, grazie ad una pronta reazione del lavoratore.
A quel punto
l'azienda isolò David dal resto dei colleghi: questi ultimi infatti
vennero distaccati presso la
Borri in vista della imminente fusione aziendale con Astrid
mentre David venne lasciato da solo in un ufficio.
David rimase
così del tutto isolato per un intero anno durante il quale l'azienda cercò di ostacolare
la fruizione dei congedi previsti dalla legge per la malattia dei figli,
congedi che David riuscì ad ottenere solo dopo essersi rivolto alla Direzione
Territoriale del Lavoro di Arezzo.
David fece
anche domanda di poter lavorare part-time, come previsto dalla legge e dal
contratto, per poter prendersi cura di sua figlia, ma l'azienda respinse
immotivatamente la sua domanda. David non si diede per vinto e riuscì dopo 8
mesi ad ottenere il part-time anche grazie all'intervento del Centro Pari
Opportunità della provincia di Arezzo al quale era stato costretto a
rivolgersi.
La
concessione del part-time nel marzo 2014 non fu però indolore in quanto
l'azienda pose come condizione l'accettazione di nuove mansioni inferiori (le
stesse del precedente tentativo del febbraio 2013) e David, vista l'urgenza di
soddisfare le proprie necessità familiari, non potè che assecondare le
condizioni aziendali.
In occasione
della fusione Astrid-Borri, i Cobas e David in prima persona furono gli unici a
rivendicare l'estensione della contrattazione aziendale vigente in Borri ai
lavoratori provenienti dalla Astrid, e si parla di circa 4.000 euro/anno.
Decorse
appena 2 settimane dalla richiesta David ricevette, per la prima volta in 15
anni di lavoro, la prima contestazione disciplinare, contestazione che risultò
poi essere solo la prima di una lunga serie che in pochi mesi lo hanno portato
al licenziamento.
David,
nell'ambito della sua attività sindacale, ha portato all'attenzione dei
lavoratori e dell'opinione pubblica anche l'anomala apertura della cassa
integrazione a soli 3 mesi dalla fusione Astrid-Borri, una fusione tra 2
aziende sane che avevano sempre avuto bilanci in attivo e che mai prima di
allora avevano richiesto gli ammortizzatori sociali.
In merito
alla fusione e alla cassa integrazione, i Cobas presero posizione
con un comunicato stampa e David rilasciò un'intervista a una nota rivista
locale. Questa intervista non è rimasta inosservata ai padroni e a distanza di
pochi giorni David subisce l'ennesima contestazione disciplinare.
A fine
luglio 2015 diffondiamo un nuovo comunicato stampa e dopo pochi giorni David
subisce ancora un'ulteriore contestazione disciplinare.
Coincidenze?
Noi pensiamo di no!
A settembre
2015 David diventa padre per la seconda volta ma purtroppo, come per la prima
volta, non riesce a vivere una serena paternità, i congedi parentali sovente
valgono sulla carta ma nei fatti trovano un ostacolo insormontabile:
l’organizzazione del lavoro e la pretesa dei padroni di controllare tutto e
tutti
A seguito di
altri procedimenti disciplinari Davide è stato licenziato non prima di averlo
isolato in fabbrica. Infatti Davide è l’operaio che ha subito più di ogni altro
il ricorso alla cassa integrazione e in 5 mesi è rimasto a malapena 30 giorni
al lavoro subendo in questo lasso di tempo 4 contestazioni.
Le
statistiche non ingannano: una contestazione a settimana fino al suo
licenziamento senza la corresponsione della indennità di preavviso.
A David l'azienda
non ha pagato né l'ultimo stipendio, né il Trattamento di Fine Rapporto arrivando
addirittura ad adombrare una richiesta di risarcimento contro il lavoratore per
inesistenti danni.
Licenziamento,
contestazioni e sanzioni disciplinari infondate e pretestuose, ostacoli a una
serena paternità, richieste di risarcimento di inesistenti danni, questi
sono gli strumenti utilizzati dall'azienda per allontanare David, un
lavoratore che ha avuto una colpa per i padroni: aver rivendicato i propri
diritti e legittimamente esercitato la propria attività sindacale.
A confermare
la fondatezza degli allarmi da tempo lanciati dai Cobas e da David sulla
situazione alla Borri, c’è il fatto che circa un mese dopo il licenziamento di
David è stata attivata una procedura di riduzione del personale ed è stata
aperta la mobilità.
I nostri
appelli sono caduti nel vuoto e oggi il Casentino perde ulteriori posti di
lavoro.
David ed i
Cobas non si faranno intimidire e si tuteleranno in tutte le sedi opportune,
abbiamo fatto ricorso contro il licenziamento e a partire da febbraio inizierà
la campagna per la riassunzione.
Faremo
un'ampia opera di informazione in Casentino ma anche a livello regionale e
nazionale, per denunciare quanto accaduto a David e per evitare che altri
lavoratori subiscano lo stesso trattamento.
Cercheremo
di rompere il muro del silenzio politico-sindacale eretto nel territorio a
fronte di centinaia di posti di lavoro scomparsi negli ultimi anni.
Negli ultimi
giorni sono arrivate ai Cobas segnalazioni da parte di lavoratori del Casentino
che si trovano a operare in aziende del territorio con scarse condizioni di
sicurezza, approfondiremo e se necessario denunceremo le aziende alle autorità
competenti.
Il giorno 11
febbraio si terrà una conferenza stampa nel Casentino per denunciare il
licenziamento di David
Se toccano
uno toccano tutti.
Cobas Lavoro Privato
Contatti nel
Casentino
telefono e
fax: 0575 58 14 23
cellulare:
347 50 18 835
e-mail: cobaslp.arezzo@gmail.com
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To:
Sent:
Wednesday, February 03, 2016 9:40 AM
Subject: E'
INIZIATA ANCHE QUEST'ANNO LA
STRAGE DI AGRICOLTORI SCHIACCIATI DAL TRATTORE, VI PREGO DI
OCCUPARVENE
Al Presidente del Consiglio dei Ministri
Al Ministro delle Politiche Agricole
Al Ministro del Lavoro
Anche un bambino di 2 anni è morto ieri in provincia di Teramo a causa
del trattore e della mancata consapevolezza da parte di tutti della
pericolosità del mezzo. Ieri è morto un agricoltore in provincia di Agrigento,
schiacciato da questo mezzo, è il settimo in poco più di un mese. La strage di
agricoltori quest’anno è per il bel tempo iniziata prima del previsto.
Lanciamo per il terzo anno consecutivo un appello al Primo Ministro
Renzi, al Ministro delle Politiche Agricole Martina e al Ministro del lavoro
Poletti affinchè si occupino, con una campagna informativa mirata, di questo
flagello che sono le morti provocate dal trattore. Oltre ovviamente di mettere
a disposizione dei fondi per mettere in sicurezza i trattori vecchi.
Sono morti così atrocemente 142 lavoratori nel 2015 e 152 nel 2014. Un
quinto di tutte le morti sui luoghi di lavoro sono provocate da questo mezzo
pericolosissimo che uccide al più piccolo errore, ma anche senza nessuna
distrazione o imperizia, per condizioni particolari del terreno e per essere il
nostro paese per la maggior parte collinare.
A queste morti occorre poi aggiungere anche bambini che incautamente sono
trasportati sul mezzo o lasciati nelle mani di adolescenti che li usano per
divertimento facendoci delle gare.
Per non parlare degli innumerevoli incidenti stradali, con molti morti
provocate dai trattori.
Preghiamo i media che si occupino finalmente di questa strage che è
puntuale ogni anno. Tutti abbiamo un parente, un amico, un conoscente che usa
questo mezzo mortale. Avvertiamolo del pericolo che corre.
Con l’arrivo del bel tempo è imminente la prossima strage.
Carlo Soricelli
Curatore dell’Osservatorio Indipendente di bologna morti sul lavoro
* * * * *
MORTI SUL LAVORO NEL 2016
Ad oggi, 3 febbraio, sono 43 i morti per infortuni sui luoghi di lavoro
dall’inizio dell’anno.
Con le morti sulle strade e in itinere si superano gli 85 morti
complessivi (stima minima).
Al 31 gennaio 2015 l’Osservatorio aveva monitora 39 morti sui luoghi di
lavoro.
MORTI PER INFORTUNI SUI LUOGHI
DI LAVORO NEL 2016 PER REGIONE E PROVINCIA
Consigliamo a tutti quelli che si occupano di queste tragedie di separare
chi muore per infortuni sui luoghi di lavoro, da chi muore sulle strade e in
itinere con un mezzo di trasporto.
I lavoratori che muoiono sulle strade e in itinere sono a tutti gli
effetti morti per infortunio sul lavoro, ma richiedono interventi completamente
diversi dai lavoratori morti sui luoghi di lavoro.
Gli infortuni mortali al 31 gennaio 2016 sono i seguenti, in ordine
decrescente delle morti.
Sicilia 5: Agrigento 2, Caltanisetta 1, Catania 1, Ragusa 1.
Piemonte 4: Torino 2, Asti 2.
Toscana 4: Lucca 1, Massa Carrara 1, Pistoia 1, Siena 1.
Lazio 3: Roma 2, Viterbo 1.
Marche 3: Macerata 2, Ascoli Piceno 1.
Sardegna 3: Cagliari 2, Sassari 1.
Trentino Alto Adige 3: Trento 3.
Veneto 3: Treviso 1, Vicenza 2.
Calabria 2: Cosenza 1, Reggio Calabria 1.
Campania 2: Napoli 2.
Liguria 2: Genova 1, Imperia 1.
Lombardia 2: Bergamo 1, Como 1.
Puglia 2: Foggia 1, Taranto 1.
Abruzzo 1: L'Aquila 1.
Emilia Romagna 1: Reggio Emilia 1.
Umbria 1: Terni 1.
I lavoratori morti sulle autostrade, all’estero e in mare non sono
segnalati a carico delle province.
MORTI SUL LAVORO NEL 2015
Sono stati 678 i morti per infortuni sui luoghi di lavoro nel 2015,
contro i 661 del 2014 (+2,6%), erano 637 nel 2008 (+6,1%).
i morti sul lavoro non sono aumentati solo questo anno come stimato dalle
denunce INAIL, ma noi registriamo un aumento significativo anche rispetto al
2008, anno di apertura dell'Osservatorio.
Con le morti sulle strade e in itinere si superano i 1.400 morti complessivi (stima minima).
Con le morti sulle strade e in itinere si superano i 1.400 morti complessivi (stima minima).
Morti per infortuni sui luoghi
di lavoro nel 2015 per regione e provincia in ordine decrescente delle
morti.
Consigliamo a tutti quelli che si occupano di queste tragedie di separare
chi muore per infortuni sui luoghi di lavoro, da chi muore sulle strade e in
itinere con un mezzo di trasporto.
I lavoratori che muoiono sulle strade e in itinere sono a tutti gli
effetti morti per infortunio sul lavoro, ma richiedono interventi completamente
diversi dai lavoratori morti sui luoghi di lavoro.
Lombardia 77: Milano 10, Bergamo 12, Brescia 24, Como 3, Cremona 3, Lecco 2, Lodi 2,
Mantova 3, Monza 2 , Pavia 6, Sondrio 6, Varese 5.
Toscana 68: Firenze 9, Arezzo 8 , Grosseto 11, Livorno
5, Lucca 4, Massa Carrara 9, Pisa 7,
Pistoia 6, Siena 2, Prato 6.
Veneto 55: Venezia 7, Belluno 2, Padova 6, Rovigo
5, Treviso 7, Verona 9, Vicenza 19.
Campania 52: Napoli 13, Avellino 3, Benevento 9, Caserta 7, Salerno 19.
Sicilia 46: Palermo 15, Agrigento 5, Caltanissetta 4, Catania 4, Messina 6, Ragusa 3,
Siracusa 5, Trapani 5.
Piemonte 45: Torino 16, Alessandria 5, Asti 3, Biella 4, Cuneo 10, Novara 1, Verbano Cusio
Ossola 1, Vercelli 2.
Lazio 39: Roma 19, Frosinone 6, Latina 2, Rieti 2, Viterbo 10.
Puglia 38: Bari 19, Barletta
AndriaTrani 4, Brindisi 4, Foggia 4, Lecce 3, Taranto 4.
Emilia Romagna 32: Bologna 6, Forlì Cesena 3, Ferrara 3, Modena 6, Parma 2, Piacenza 3,
Ravenna 4, Reggio Emilia 3, Rimini 2.
Abruzzo 31: L'Aquila 9, Chieti 10, Pescara 3, Teramo 8.
Trentino Alto Adige 24: Trento 10, Bolzano 14.
Marche 19: Ancona 6, Macerata 2, Fermo 3, Pesaro Urbino
3, Ascoli Piceno 5.
Calabria 21: Catanzaro 6, Cosenza 6, Crotone 3, Reggio Calabria 3, Vibo Valentia 3.
Liguria 14: Genova 3, Imperia 2, La Spezia 6, Savona 3.
Friuli Venezia Giulia 15: Gorizia 1, Pordenone 7, Udine 5.
Umbria 14: Perugia 11, Terni 3.
Molise 12: Campobasso 11, Isernia 1.
Sardegna 12: Cagliari 5, Carbonia Iglesias 1, Medio Campisano 2, Ogliastra 1, Olbia Tempio
1, Oristano 3.
Basilicata 8: Potenza 4, Matera 4.
Valle D’Aosta 2: Aosta 2.
I lavoratori morti sulle autostrade, all’estero e in mare non sono
segnalati a carico delle province.
L’INAIL nel 2014 ha
riconosciuto complessivamente 662 morti sul lavoro, di questi il 52% sono
decessi in itinere e sulle strade, ma le denunce per infortuni mortali sono
state 1.107.
Crediamo che anche per il 2015 ci siano più o meno le stesse percentuali.
Nel 2015 tra gli assicurati INAIL sembra ci sia stata un'inversione di
tendenza, per la prima volta dopo tantissimi anni questo Istituto vede
aumentare le denunce per infortuni mortali, questo nei primi dieci mesi del
2015.
Ma le denunce non comportano necessariamente un riconoscimento
dell'infortunio. Sta a noi che svolgiamo un lavoro volontario, senza interesse
di nessun tipo, far conoscere anche questo aspetto ai cittadini italiani.
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To:
Sent: Wednesday, February 03, 2016 12:03 PM
Subject: QUARTO QUADERNO DEL CONTROSSERVATORIO
VALSUSA
E' uscito il quarto Quaderno del Controsservatorio:
“Il Tribunale Permanente dei Popoli,
le Grandi Opere e la Valsusa”.
Il
volume è curato da Livio Pepino, per le edizioni
Intra Moenia.
Chiedetelo
in libreria o scaricatelo in pdf al link:
Nelle
scorse settimane sono state pubblicate le motivazioni della sentenza che ha
concluso lo scorso novembre la sessione del Tribunale Permanente dei Popoli (TPP)
dedicata alle Grandi Opere. Il quarto quaderno del Controsservatorio ripercorre
le diverse fasi che hanno portato al risultato conclusivo, analizza il contesto
e approfondisce le prospettive.
Nel
raccomandare vivamente la lettura anticipiamo qui alcuni contenuti delle motivazioni della sentenza che potete trovare anche sul
nostro sito, al link:
Il
TPP afferma che ha ritenuto importante approfondire e verificare l’interazione
e il rapporto gerarchico tra variabili e determinanti economico-finanziarie di
una “Grande Opera” proposta come strategica a livello nazionale e sostenuta a
livello europeo, e gli obblighi relativi al rispetto dei diritti fondamentali
degli individui e delle Comunità nelle normative nazionali e internazionali.
A
questo riguardo ha valutato opportuno valutare se e quanto il caso Val Susa
poteva essere considerato come espressione di una situazione conflittuale
locale, o dovesse essere inquadrato e confrontato con la situazione
internazionale (europea e non solo) relativa alle Grandi Opere, per verificarne
il possibile carattere di espressione esemplare di un problema sistemico a
livello europeo e globale.
E
ricorda in proposito di aver acquisito documentazione e informazioni su altre Grandi
Opere italiane ed europee ritenute rappresentative di situazioni comparabili
e/o complementari alla Nuova linea ferroviaria Torino-Lione e ricorda che la
segreteria del Tribunale ha anche effettuato accessi diretti a Notre Dame des
Landes e a Venezia.
Ha
affermato che il rispetto sostanziale del diritto alla partecipazione coincide
con lo strumento principale di garanzia e di legittimazione nei processi
decisionali ricordando che qualsiasi limitazione grave dell’esercizio del
diritto alla partecipazione ostacola anche la garanzia di altri diritti, e si
traduce in una violazione della governabilità democratica.
Il TPP
ha rilevato responsabilità anche nelle istituzioni europee e ha concluso che la
gestione della vicenda del TAV in Valle di Susa si è delineata non già come
episodio isolato e a sé stante ma come metodo diffuso di intervento rispetto
alle grandi questioni di modifiche territoriali e dell’ambiente in atto.
Ha
poi approfondito la relazione tra interesse locale e interesse generale
considerando che l'affermazione secondo cui nessun interesse locale può
contrapporsi fino in fondo a quello che viene considerato l’interesse generale
è assolutamente condivisibile solo a condizione di mettere a confronto
interessi “qualitativamente” simili. E a tale riguardo ha fatto notare che
mentre le collettività locali si identificano con un territorio delimitato, ma
specifico, la collettività più ampia rimanda a una idea di mercato; che cioè da
un lato si pongono i valori e le ragioni della società, sia pure in una
accezione delimitata geograficamente e dall’altro i valori e le ragioni
dell’economia. Ha concluso che in Val di Susa l’equilibrio tra le ragioni
dell’economia e quelle della società viene sacrificato a favore delle prime.
Il
TPP ha parlato esplicitamente di una politica che sta plasmando le sue scelte
sulle indicazioni provenienti dalle istituzioni internazionali, e che costringe
sistematicamente la società ad adattarsi alle leggi dell’economia, non riesce
più a tutelare i diritti e allo stesso tempo genera una perdita della “qualità”
della democrazia.
E ha
concluso che sulle popolazioni già colpite dalle grandi opere si chiude una
specie di circolo vizioso antidemocratico e oligarchico, che vede come
protagonisti potentissimi interessi di grandi attori economici, che
strumentalizzano a proprio ed esclusivo interesse le risorse istituzionali del
sistema democratico.
Ecco,
queste sono solo alcune delle considerazioni contenute nelle motivazioni della
sentenza che hanno portato a riconoscere nel dispositivo finale le violazioni
di diritti e le diverse responsabilità.
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From: Posta
Resistenze posta@resistenze.org
To:
Sent:
Thursday, February 04, 2016 1:16 AM
Subject: IL PIANO MARCHIONNE E’ IL VERO DISASTRO PER I
LAVORATORI E PER LA FIAT IN
ITALIA
Già nel 2005 avevamo denunciato che il piano Marchionne, confermato nel 2007, puntava ad abbassare i volumi di produzione in Italia per trasferirli all'estero, ridurre gli investimenti sull'auto e impostare un piano di riduzione dei costi. Tutto ciò ha portato a dimezzare la produzione di auto in Italia.
Il piano
2005-2008 di agosto 2005 prevedeva 10 miliardi di euro di investimenti, 20
nuovi modelli e 23 aggiornamenti in quattro anni, la riduzione della capacità
produttiva in Italia di 65.000 vetture (da 1,43 milioni a 1,36 milioni).
Il piano
2007-2010 del novembre 2007 prevedeva 16 miliardi di euro di investimenti, 23
nuovi modelli e 23 restyling. Per il 2010 la produzione di 2,8 milioni di auto
(3,5 assieme alle joint-venture) di cui 300.000 ciascuno per i marchi Lancia e
Alfa che sarebbe tornata sul mercato americano nel 2009.
Il piano per
Chrysler prevedeva ancora 21 nuovi modelli entro il 2014 e il raddoppio della
produzione di auto da 1,3 a
2,8 milioni.
La realtà è
stata molto diversa dagli annunci. Attuata con rigore la riduzione dei costi,
sono stati bloccati gli investimenti, ogni volta con una scusa diversa, modelli
annunciati non si sono fatti e molti altri rimandati. Ad esempio la nuova 147
(ora chiamata Giulietta) prevista per il 2007 uscirà nel 2010, l'ammiraglia Alfa nel
2008, poi nel 2009 non è mai uscita, la stessa sorte per SUV Alfa e SUV Fiat che
non sono mai stati prodotti.
Dal 2005 la
produzione è stata massicciamente spostata all'estero e in Italia è rimasta la
produzione di sole 650.000 auto.
Sempre con
gran clamore che nel 2014 ad Auburn Hills, in Michigan, Marchionne presenta il
piano: 7 milioni di auto entro 2018 "Cominciamo a scrivere un nuovo libro:
un piano che porterà il nuovo colosso globale a produrre sette milioni di auto,
arrivando al 2018 con l'utilizzo del 100% della capacità produttiva negli
impianti in Italia e in Europa" cosi tuonavano i media assecondando il
burattinaio (vedi http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/05/06/fiat-il-nuovo-sogno-di-marchionne-55-miliardi-di-investimenti-e-7-milioni-di-auto-vendute/975081).
Ora il "camaleontico" Amministratore nella "conference
call" con gli azionisti a Londra, annuncia incremento degli obiettivi
finanziari, e le decisioni di posticipare il lancio di nuovi modelli di auto (a
partire dal quelli a marchio Alfa) e cancellare l'obiettivo di produrre 7
milioni di veicoli, per l’anno
2018, senza nel contempo proporne uno nuovo (vedi http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/05/06/fiat-il-nuovo-sogno-di-marchionne-55-miliardi-di-investimenti-e-7-milioni-di-auto-vendute/975081).
La Fiat e il suo Amministratore Delegato
hanno dimostrato di non essere credibili: hanno annunciato piani ottimistici
non supportati dagli investimenti necessari per attuarli.
Marchionne
non solo sta distruggendo l'industria automobilistica Italiana, ma insieme al
governo Renzi, e alla Confindustria stanno distruggendo tutti i diritti e le
tutele guadagnati dai lavoratori con le dure lotte degli anni Sessanta e
Settanta.
Il
"burattinaio" dopo aver ottenuto la libertà di licenziamento, il
potere di scegliere quali sono le Organizzazioni Sindacali con qui dialogare,
sferra un nuovo attacco attraverso l'introduzione delle gabbie salariali nella
stessa azienda.
Anche stavolta parte da Pomigliano, L'azienda ha comunicato alle Organizzazioni
Sindacali l'intenzione di avviare la procedura per la realizzazione di 12 turni
settimanali da destinare a soli lavoratori dello stabilimento di Pomigliano
della fascia C in regime di contratto di solidarietà, mentre per la fascia A e
B restano i 10 turni.
Ciò determinerà uno dei primi esempi di separazione del trattamento
salariale, a parità di condizione lavorativa, nell'ambito degli organici di una
stessa azienda.
In pratica
durante il sabato di straordinario i 2.300 lavoratori fascia A e B, per la
produzione della Panda saranno pagati con la maggiorazione; gli altri
lavoratori in regime di solidarietà, che cioè lavorano da anni al massimo un
paio di settimane al mese, saranno pagati in via ordinaria, vale a dire più o
meno la metà dei loro "selezionati" colleghi.
Questa
discriminazione salariale è resa possibile dallo stesso contratto specifico
dell'auto, e dall'aperta complicità di FIM e UILM e dalle ambiguità politiche
della FIOM sia nazionale che regionale.
Governo e FIM,
FIOM, UILM avevano osannato Marchionne riconoscendogli virtù e qualità fuori
dal comune.
La CUB ha sempre
denunciato l'incongruenza tra piani industriali e risorse disponibili. Adesso
tutti fanno finta di accorgersi dell'inganno della Fiat.
Per
organizzare una lotta di contrasto al continuo peggioramento delle condizioni
di vita e di lavoro, è indispensabile sconfiggere l'indifferenza e la
rassegnazione dei lavoratori, indotti ad accettare passivamente, come se si
trattasse di un fato ineluttabile la loro condizione di subalternità.
Aspettare
supinamente che chi è complice dello sfascio industriale, chiami i lavoratori
alla lotta sarebbe una scelta negativa e suicida per gli interessi immediati e
futuri degli operai.
Basta promesse! Difendere l'occupazione in tutti gli stabilimenti, un
piano di investimenti massiccio e credibile, rilancio del marchio Alfa.
Ridurre l'orario a parità di salario e distribuire il lavoro tra i vari
stabilimenti.
Per il medio periodo il governo deve operare per la difesa
dell'occupazione, del reddito, del lavoro, dell'ambiente per favorire la
riconversione del settore dentro un nuovo modello di sviluppo.
Queste sono le rivendicazioni della FLMUNITI-CUB
FLMUNITI-CUB |
01/02/16
---------------------
From: Enzo Ferrara e.ferrara@inrim.it
To:
Sent: Thursday, February 04,
2016 10:06 PM
Subject: PICCO
ANOMALO DI MORTALITA’ NEL 2015
Un aggiornamento sul dato di mortalità anomala nella prima parte del 2015.
Giustamente, si nota, occorre vigilare.
Saluti.
Enzo
ECCO
PERCHE’ CI
SONO STATI PIU’ MORTI
NEL 2015
2015: mai visti tanti decessi dalla Seconda Guerra Mondiale.
Questa la bomba partita l’11 dicembre scorso dalle
pagine del quotidiano L’Avvenire, dove il demografo Gian Carlo
Blangiardo commentava i dati di mortalità appena rilasciati dall’ISTAT. Una
bomba che ha acceso il dibattito destinato a occupare i media nell’ultimo
scorcio dell’anno passato. Perché nel 2015 tanti morti? Quali le ragioni? Colpa
della crisi economica? Dei tagli alla sanità? Dell’influenza? Dell’inquinamento
atmosferico? Del clima?
Le ipotesi, talvolta fantasiose e poco poggiate su
dati solidi, si sono rincorse per settimane sulla carta, alla radio, sul web. L’invito
alla cautela da parte dell’ISTAT è arrivato un po’ tardi, con un comunicato
stampa datato 28
dicembre.
Ora, a quasi due mesi di distanza, si può cercare di capire qualcosa di
più, grazie anche ad alcuni studi e riflessioni condotti nelle ultime settimane
(due dei quali sono pubblicati in
avdance da Epidemiologia & Prevenzione, la rivista dell’Associazione
italiana di epidemiologia).
L’IPOTESI BLANGIARDO
Ma partiamo dall’origine: l’analisi di Gian Carlo
Blangiardo. Dai dati ISTAT relativi ai primi sette mesi del 2015 il demografo
desume un surplus di 39.000 morti in confronto al medesimo periodo del 2014: “un
aumento dell’11% che, se confermato su base annua, porterebbe a 664.000 i morti
nel 2015, contro i 598.000 dello scorso anno”. Un’impennata di 66.000 decessi
che Blangiardo assimila a quelli registrati solo durante le due guerre mondiali
(in un intervento successivo, pubblicato su Neodemos, le stime vengono
riallineate al bilancio demografico ISTAT che a fine dicembre offre le
statistiche relative ai primi otto mesi del 2015, ma cambia poco: il surplus
arriva a 68.000 decessi in più).
Nella ricerca delle possibili cause (resa peraltro
ardua dalla tipologia dei dati ISTAT, che nella prima fase di elaborazione sono
aggregati, ossia mancano dei dettagli relativi al genere e alle singole età dei
deceduti) Blangiardo esclude un ruolo preminente dell’invecchiamento della
popolazione, che darebbe conto solo di una piccola quota, circa 16.000 morti. E
gli altri 52.000? Secondo il docente di demografia della Bicocca di Milano
queste morti in più sarebbero “un evento straordinario che richiama alla
memoria l’aumento della mortalità nei Paesi dell’Est Europa nel passaggio dal
comunismo all’economia di mercato”. E ammonisce: “Il controllo della spesa
sanitaria sempre e a qualunque costo
può avere effetti molto pesanti”.
Due notazioni a questo punto:
-
i 68.000 morti sono stimati basandosi sull’assunto
che il tasso di aumento registrato nei primi otto mesi resti costante fino a
fine anno (se ne avrà certezza solo quando ISTAT fornirà il bilancio
demografico per tutto il 2015);
-
sia per la determinazione dell’eccesso di morti,
sia per quanto concerne il peso dell’invecchiamento della popolazione, i
confronti sono fatti rispetto al solo anno 2014.
LE PRIME RISPOSTE
Ora, in attesa che il gruppo di lavoro incaricato
dal Ministero della salute (di cui fanno parte, oltre allo stesso Ministero
della salute, Agenas, Istituto Superiore di Sanità e alcuni servizi
epidemiologici regionali) produca le proprie analisi, qualche risposta in più
alla “epidemia di morti” del 2015 c’è.
Il primo approfondimento viene da uno studio
condotto da un gruppo di ricercatori del Dipartimento di epidemiologia del
Servizio sanitario regionale Lazio e del Ministero della salute che si è
occupato di studiare la mortalità nelle 32 città facenti parte del Sistema di Sorveglianza
della Mortalità Giornaliera (SiSMG), pubblicato su Epidemiologia & Prevenzione.
In questo lavoro si è scavato un po’ più a fondo
rispetto a quanto reso possibile dai dati grezzi dell’ISTAT, arrivando ad
analizzare l’andamento dei decessi, riferiti alla popolazione degli
ultra65enni, su base stagionale.
I risultati, ottenuti da un confronto con un periodo di riferimento
rappresentato dalle medie degli anni 2009-2013 (il 2014 è stato escluso in
quanto anomalo), confermano l’elevata mortalità del 2015 (+11% rispetto al
riferimento) mettendo in luce un picco nei primi tre mesi dell’anno (+13%)
correlabile al clou
dell’epidemia influenzale, e uno nel periodo estivo (+10%) associabile alla
forte ondata di calore dell’estate 2015.
I ricercatori non si sono fermati qui. I dati del
Sistema informativo della mortalità del Comune di Roma hanno permesso loro di
approfondire ulteriormente l’analisi, abbinando ai dati di mortalità stagionali
quelli riguardanti il sesso, le classi di età e le cause di morte. Si è così
accertato che l’eccesso di mortalità invernale a Roma ha riguardato soprattutto
i grandi anziani (ultra 85enni), deceduti in gran parte per cause respiratorie
e cardiovascolari, compatibili con le complicanze dell’influenza.
Che spiegazioni si possono avanzare a questo punto?
“Innanzitutto, va notato che un aumento dei decessi nei mesi invernali era
stato già segnalato a livello europeo (Progetto EuroMOMO: Excess
mortality among the elderly in European countries, December 2014 to February
2015. Euro Surveill) e
attribuito alla particolare virulenza dell’epidemia influenzale della stagione
2014-2015 e, in parte, alla minore efficacia del vaccino” sottolinea Paola
Michelozzi, prima firmataria del lavoro. “In Italia la situazione potrebbe
essersi ulteriormente complicata in seguito all’allarme suscitato dal caso
Fluad, che ha comportato un minor accesso alle vaccinazioni da parte dei
soggetti più suscettibili, gli anziani. Per quanto concerne la mortalità
estiva, è molto probabilmente associata alle ondate di calore di luglio,
particolarmente intense e di lunga durata”.
In questa analisi non si può tralasciare un dato
importante, e cioè che il 2014 è stato un anno anomalo, caratterizzato da una
mortalità inferiore all’atteso (-5,9%). “Soprattutto nell’estate 2014 la
mortalità è stata molto bassa: ciò potrebbe avere determinato all’inizio del
2015 la presenza di un bacino più ampio di soggetti suscettibili (per una
ridotta capacità di difesa dell’organismo dovuta all’età avanzata e alla
presenza di malattie croniche) e, quindi, un maggiore impatto dell’epidemia
influenzale 2014-2015. Questo potrebbe spiegare, almeno in parte, l’aumento dei
decessi dell’inverno 2015.
Un ulteriore tassello del puzzle di cause che hanno
prodotto l’eccesso di morti del 2015 è fornito da un altro gruppo di studiosi.
Cesare Cislaghi, Giuseppe Costa e Alberto Rosano (rispettivamente un economista
sanitario, un epidemiologo e un demografo) nell’editoriale di accompagnamento
all’articolo di Michelozzi focalizzano l’attenzione su un altro fattore
determinante: la composizione della popolazione. Ecco la loro interpretazione
del fenomeno.
L’EFFETTO PRIMA GUERRA MONDIALE
I tre studiosi introducono un’ipotesi a
prima vista spiazzante: l’eccesso di mortalità del 2015 sarebbe dovuto in gran
parte all’aumento di popolazione anziana per effetto, non solo di una maggiore
longevità, ma anche di qualcosa di molto remoto: gli effetti della Prima Guerra
Mondiale (e non nel senso in cui se ne parlava nelle prime analisi apparse sui
giornali!).
Ossia: tra il 1917 e i 1920 si è verificato, per motivi facilmente intuibili, un forte calo di natalità che si traduce nella “mancanza” di oltre 250.000 nati in quegli anni.
Ossia: tra il 1917 e i 1920 si è verificato, per motivi facilmente intuibili, un forte calo di natalità che si traduce nella “mancanza” di oltre 250.000 nati in quegli anni.
“Il transito di questi soggetti nel periodo da noi considerato ha
portato i sopravvissuti che nel 2009 avevano tra gli 89 e i 92 anni ad avere
nel 2015 tra i 95 e i 98 anni di età, e ciò fa sì che numericamente gli
ultranovantenni del 2015, per lo più facenti parti delle coorti successive al
1920, siano il 40% in più degli ultranovantenni del 2009. E’ allora evidente” -
spiegano gli epidemiologi - “che se c’è un 40% in più di soggetti a rischio di
manifestare un evento, cioè il decesso, ci si deve anche aspettare che ci sia
un 40% in più di eventi, cioè di decessi”.
Se si introduce questa correzione, se cioè insieme
alle variazioni dei decessi si considera anche la variazione del numero dei
soggetti a maggior rischio di morire (se cioè oltre al numeratore si tiene
d’occhio anche il denominatore) il fenomeno viene molto ridimensionato. Cosa peraltro confermata da alcune analisi effettuate partendo da dati
di mortalità regionale e decessi ospedalieri, che suggeriscono come la
mortalità dell’inverno 2014/2015 sia in linea con la media degli anni
precedenti ma superiore al 2014 (anno anomalo, come si è già visto); l’eccesso
estivo, per il quale la correzione demografica è meno rilevante, sarebbe invece
confermato e attribuibile alle ondate di calore.
Secondo Cislaghi, Costa e Rosano “l’eccesso di mortalità nel 2015 è un
incremento in gran parte dovuto all’aumento di popolazione anziana, fenomeno
non evitabile, e in parte più modesta a fenomeni in parte prevenibili come
l’epidemia influenzale di inizio 2015 e l’ondata di calore del luglio 2015
(anche se nel merito occorrono ulteriori approfondimenti)”.
CHE CONCLUSIONI SI POSSONO TRARRE DA QUESTA
VICENDA?
Per prima cosa, indipendentemente dalla diversa
quantificazione dell’effetto “incremento di mortalità”, sia i ricercatori
romani sia i firmatari dell’editoriale concordano su un punto: i sistemi di
vigilanza e monitoraggio del Paese vanno resi più efficienti, se non
riprogettati.
Tanto per cominciare, bisogna disporre dei dati di mortalità in maniera
più celere. Oggi l’ISTAT fornisce le statistiche nazionali della mortalità per
causa con due anni di ritardo, mentre i dati più tempestivi, che sono comunque
aggregati e senza informazioni sulle cause, vengono rilasciati con una latenza
di molti mesi. Un ritardo che, siccome i dati sui decessi sono il più
importante macroindicatore dello stato di salute di una popolazione, si traduce
nell’impossibilità di usare queste statistiche per programmare interventi di
prevenzione tempestivi. Per esempio per promuovere la vaccinazione antinfluenzale,
qualora si confermi un eccesso di morti a causa del virus, o per gestire al
meglio le conseguenze delle ondate di freddo o di caldo.
Inoltre, sarebbe una buona cosa mettere in
relazione e rendere reciprocamente leggibili e interpretabili i sistemi di rilevazione
locali (regionali, comunali) che in genere dispongono di dati più aggiornati,
ma che sono inutilizzabili per un confronto tra diverse realtà locali a causa
dei diversi metodi rilevazione e codifica utilizzati.
Occorre anche vigilare sulla qualità dei dati e
utilizzare i metodi di analisi corretti. “Pensiamo che nei sistemi di vigilanza
e di monitoraggio il calcolo degli eventi attesi dovrebbe essere sempre stimato
a priori nella misura più accurata possibile in modo che quando poi si conta
quanto è successo si possa subito dire se si è in presenza o meno di una
situazione di allarme” - auspicano Cislaghi, Costa e Rosano.
Infine, anche il richiamo ai possibili effetti
della crisi e delle disuguaglianze sociali non dovrebbe essere lasciato cadere
nel vuoto, anche questi, infatti, sono possibili fattori da tenere sotto
controllo. Insieme all’inquinamento atmosferico, anch’esso causa di eccessi di
morti prevenibili, come dimostra un articolo di Renzi e altri che analizza
decessi e ricoveri attribuibili alle polveri sottili a Roma nel dicembre
scorso, in pubblicazione sullo stesso numero di Epidemiologia & Prevenzione.
4 febbraio, 2016
---------------------
From: Enzo
Ferrara e.ferrara@inrim.it
To:
Sent: Friday, February 05,
2016 5:40 PM
Subject: IL CASO ETERNIT: IL
GRANDE PROCESSO
Segnalo che
è disponibile online, il volume curato da Rosalba Altopiedi e Sara Panelli, Il
grande processo, dossier del caso Eternit, liberamente leggibile e scaricabile,
per esempio da questo link:
http://docplayer.it/7510913-Il-grande-processo-rosalba-altopiedi-e-sara-panelli.html
Saluti
Enzo Ferrara
Saluti
Enzo Ferrara
---------------------
To:
Sent:
Saturday, February 06, 2016 8:41 AM
Subject: 18
MARZO SCIOPERO GENERALE!
Per
conoscenza e ... passaparola!
Quello in
allegato è il documento definitivo della proclamazione dello Sciopero Generale
già inviato ieri mattina a mezzo telegramma agli indirizzi in epigrafe.
Presidente
del Consiglio: Matteo Renzi
Ministro del
Welfare: Giuliano Poletti
Ministro
della Funzione Pubblica: Marianna Madia
Presidente
della Commissione di Garanzia ex Legge 146/90: Alberto Alesse
OGGETTO: PROCLAMAZIONE SCIOPERO GENERALE
La Confederazione Unitaria di Base, in sigla CUB, il Sindacato
Intercategoriale Cobas Lavoratori Autorganizzati, in sigla SI Cobas e l’Unione
Sindacale Italiana AIT, in sigla USI-AIT proclamano lo sciopero generale di
tutte le categorie pubbliche e private per l’intera giornata del 18 marzo 2016:
-
per i
turnisti compreso il primo turno montante;
-
per i
Ferrovieri lo sciopero è dichiarato dalle 21 del 18 marzo alle 21 del 19 marzo.
MOTIVAZIONI
DELLO SCIOPERO
Contro la
guerra e gli interventi militari all’estero che dietro al pretesto della lotta
al terrorismo promuovono piani imperialistici di sfruttamento e oppressione.
Contro l’accordo sulla rappresentanza del 10/01/14 tra Confindustria, CGIL,
CISL, UIL atto a irreggimentare le rappresentanze dei lavoratori e il diritto
di sciopero; la libertà di organizzazione sindacale e di sciopero.
Contro la
politica economica e sociale del governo Renzi e dell’unione Europea, contro il
Jobs Act e le altre misure per il mercato del lavoro, contro l’abolizione
dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori.
Contro il
blocco dei contratti pubblici e privati, l’aziendalizzazione della
contrattazione e la individualizzazione del rapporto di lavoro; contro le
privatizzazioni, le grandi opere dannose e la distruzione del territorio.
Contro la
legislazione che a vario modo favorisce precarizzazione e forme di sfruttamento
selvaggio (esternalizzazioni, appalti, sub-appalti, cooperative di comodo) come
ampiamente appurato nel settore della logistica, del cargo e della salute
pubblica e privata.
Contro la
riforma della scuola, per la stabilizzazione del personale.
Contro il
Fiscal Compact, il pareggio di bilancio inserito nella Costituzione.
Contro la
riforma del mercato del lavoro, che lascia milioni di disoccupati privi di
mezzi di sussistenza e promuove lavoro gratuito, per la garanzia del salario.
Per la
redistribuzione del reddito attraverso consistenti aumenti salariali per tutti
i lavoratori e pensionati.
Per la
rivalutazione delle pensioni, riduzione degli anni per il diritto alla
pensione, salute e sicurezza sui posti di lavoro. Diritto all’abitare, contro
la precarietà e lavoro gratuito.
Per il
diritto al lavoro, attraverso la riduzione d’orario a parità di salario,
investendo per la bonifica dei siti inquinati, la messa in sicurezza del
territorio, il risparmio energetico e le energie alternative.
Per la
libertà di circolazione della forza lavoro, la parità di diritti agli immigrati
e l’integrale abolizione della legge “Bossi-Fini”.
Durante lo
sciopero generale saranno garantiti i servizi minimi essenziali. Eventuali
articolazioni di categoria e/o territoriali saranno comunicate a cura delle
stesse. Si rammenta alle istituzioni in indirizzo di garantire il rispetto
dell’informazione all’utenza sullo sciopero come previsto dall’articolo 2,
comma 6 della Legge 146/90 e successive modificazioni.
---------------------
To:
Sent:
Saturday, February 06, 2016 10:15 AM
Subject: INIZIATIVE
IN SARDEGNA CONTRO L’AMIANTO
Invio con la
presente il comunicato che abbiamo redatto in seguito alle iniziative promosse
da Medicina Democratica (MD) e Associazione Italiana Esposti Amianto (AIEA) in
Sardegna che stanno portando a buoni e importanti frutti.
Sulla
sentenza di Brescia si entrerà meglio in merito, una volta letto bene il
dispositivo.
Saluti a
tutti
Fulvio
Aurora
COMUNICATO
STAMPA
Al seguito delle denunce presentate presso la Procura della Repubblica
di Nuoro dalla Associazione Italiana Esposti Amianto (AIEA) e da Medicina
Democratica (MD), gli organi della Autorità Giudiziaria sono intervenute
nell’area dei siti industriali del Comparto fibre delle società Enichem e
Montefibre di Ottana, a partire da quanto era stato esposto dalle associazioni
proponenti e addirittura andando oltre: terreni fortemente inquinati da amianto
e da altre sostanze tossiche, discariche abusive e incontrollate “ricche” di
altrettanti rifiuti dannosi per la salute.
E,
sembra che sia solo l’inizio.
Ancora
l’esposto-denuncia alla Procura rilevava anche una mancanza di applicazione
delle leggi a tutela dei lavoratori e in particolare degli ex esposti
all’amianto, molti dei quali hanno contratto gravi malattie e non pochi sono
per questo deceduti.
Ciò
ha fatto muovere l’INAIL regionale (i cui responsabili, forse, si sono accorti
di avere una coscienza non del tutto limpida) che a Cagliari il 4 febbraio ha
indetto una conferenza stampa.
E’
stato confermato che l’amianto in fabbrica esisteva che i lavoratori ne
potevano soffrire, ma che era stato fatto tutto o quasi per rispondere a quanto
stabilito dalla normativa. Peccato che i numeri e le procedure fornite dagli
stessi responsabili dell’INAIL hanno dimostrato il contrario.
Su
77 malattie professionali denunciate ne sono state riconosciute 6 e su 1.441
richieste di risarcimenti previdenziali ne sono stati “concesse” 12. La Legge richiede una
applicazione puntuale, non burocratica. Sembra che l’INAIL invece di operare
per riconoscere sia stato più propenso a intervenire per non riconoscere.
Gli
organi di stampa e i mezzi di comunicazione hanno dato ampio risalto di tutto
ciò. I fatti e gli argomenti sono stati anche presentati e discussi nelle assemblee
legislative (Consiglio Regionale della Sardegna e Parlamento), oltre i Comuni,
i sindacati, gli altri movimenti e associazioni.
AIEA
e MD chiedono di fare una grande operazione di verità e di giustizia: di riconoscere
che molti, a tutti i livelli e in varia misura hanno prodotto, in nome
dell’occupazione (o del profitto?) condizioni peggiori di salute e di ambiente.
Si è visto, infatti, successivamente come il lavoro svincolato dal diritto alla
salute è stato fortemente ridimensionato lasciando dietro di sé povertà,
malattia e grave inquinamento.
Confidiamo che la Magistratura vada
fino in fondo, ma la sua azione non può essere l’unica. Per questo siamo
impegnati a sollecitare tutti i soggetti interessati a fare la loro parte.
Per
primo vogliamo raggiungere l’obiettivo di eliminare l’amianto dalla Regione
Sardegna.
Per
raggiungere questo obiettivo è necessario da subito che:
-
i lavoratori ex esposti vengano
inseriti nel Registro degli esposti e avviati di conseguenza alla sorveglianza
sanitaria nelle forme e nei modi concordati fra la Regione e le associazioni
degli ex esposti, prevedendo l'emissione della richiesta di malattia
professionale per i casi interessati a tutte le lesioni asbesto correlate
compresi oltre i mesoteliomi e le asbestosi anche i carcinomi polmonari le
placche pleuriche;
-
che il Registro dei Mesoteliomi
venga allargato a tutti i tumori asbesto correlati e in particolare vengano
iscritti anche coloro cui è stato diagnosticato un carcinoma polmonare;
-
che vengano riconosciute le malattie
professionali tabellate;
-
che venga eliminata la prescrizione per le rendite
al superstite;
-
che anche ai/alle vedovi/e degli ex esposti venga
concessa la possibilità di chiedere la rivalutazione contributiva ai sensi
della Legge 257/92;
-
che venga riconosciuto il diritto ai risarcimenti
INPS “iure ereditatis” derivanti dalla ricostituzione della pensione in seguito
all'acquisizione della rivalutazione contributiva;
-
che venga approvato il Disegno di Legge n. 1645 comunicato
alla Presidenza del Senato il 22/10/14 riguardante: "Misure sostanziali,
processuali e previdenziali a tutela delle vittime, a qualsiasi titolo,
dell'amianto".
Per
ciò stesso AIEA in Sardegna si raggrupperà, unificando tutte le sezioni
esistenti in un’unica realtà regionale con sede a Cagliari e parlerà con una
voce sola di concerto con i responsabili nazionali.
Per
il Direttivo Nazionale di AIEA:
-
Armando Vanotto, presidente;
-
Fulvio Aurora, segretario;
-
Maura Crudeli, vice segretaria;
-
Valentino Gritta, vice presidente,
responsabile per il Nord;
-
Mario Murgia, vice presidente
responsabile per il Sud;
-
Dario Vittone, tesoriere.
Per
MD Sardegna:
-
Francesco Carta.
---------------------
To:
Sent:
Saturday, February 06, 2016 4:30 PM
Che il fenomeno degli infortuni sul lavoro
in agricoltura rappresenti una tragica realtà e che la provincia di Bolzano non
faccia eccezione, è noto a tutti.
Nel 2015 in Italia, secondo
l’Osservatorio Indipendente di Bologna, i morti schiacciati dal trattore sono
stati quasi 150, pari al 60% di tutti gli infortuni mortali in agricoltura. La Provincia di Bolzano
anche nel 2015, con 14 infortuni mortali, ha superato quella di Trento (10),
anche a causa degli infortuni nel settore agricolo (5 morti in provincia di
Bolzano contro i 4 del Trentino).
L’unico che pare non essersi accorto della
drammatica situazione, o forse non ancora contento del trattamento di
favore riservato agli agricoltori, pare essere l’onorevole Manfred Schullian,
parlamentare del Südtiroler Volkspartei, membro della Commissione Agricoltura.
Sua è infatti la proposta di due
emendamenti alla legge “mille proroghe” 2016, finalizzati a procrastinare
al 31 dicembre 2016 l’entrata in vigore degli obblighi di abilitazione all’uso,
ai sensi del comma 5 dell’articolo 73 del D.Lgs. 81/08, e di revisione delle
macchine agricole, ai sensi dell’articolo 111 del nuovo Codice della Strada.
L’obbligo dell’abilitazione all’uso di
determinate attrezzature (escavatori, gru, trattori, carrelli elevatori ecc.),
è in vigore, per tutti gli altri settori economici da 2 anni e, solo per quello
agricolo, dal 1 gennaio 2016.
Avete letto bene, l’onorevole Schullian
sta chiedendo la proroga di un obbligo, quello dell’abilitazione all’uso del
trattore, in vigore già dal 1 gennaio 2016.
A denunciare la cosa è il Coordinatore del
Gruppo di Lavoro Interregionale “Prevenzione in agricoltura e selvicoltura”
che, in una lettera del 29 gennaio, inviata al Capo Segreteria del Ministro
delle Politiche Agricole, Alimentari, Forestali, scrive:
“Considerato
che erano state già tre le proroghe intervenute circa la revisione e due quelle
sull’abilitazione obbligatoria, è evidente che i contenuti degli emendamenti in
questione, a fronte di un Decreto tecnico attuativo della revisione già
predisposto e in attesa di firma, comporterebbero un ingiustificabile ritardo
nel compimento del percorso di prevenzione fin qui delineato, e
prolungherebbero inutilmente la serie di lutti collegati alla mancata messa a
norma dei trattori (quasi 150/anno). Infine, limitatamente all’obbligo di
abilitazione, non si capisce perché spostare nel tempo l’applicazione di un
obbligo che è già in vigore a partire dal 1 gennaio 2016”.
Sempre nella denuncia dei tecnici
regionali si legge che si tratta di provvedimenti essenziali per
migliorare le condizioni di sicurezza dei lavoratori agricoli e si invita chi
di dovere a “scongiurare
tale vergognosa e ingiustificata dilazione”.
Speriamo che l’appello trovi il dovuto
accoglimento da parte del Ministero e che non si voglia, ancora una volta,
accontentare una categoria e un partito, scambiando i pochi, ma essenziali voti
della Südtiroler
Volkspartei, per la stabilità del governo Renzi.
Un tentativo, quello dell'onorevole
Schullian che, comunque vada, otterrà l'effetto di generare dubbi e incertezze
tra gli addetti ai lavori. Complimenti onorevole!
Franco
Mugliari alias Muglia La Furia
mail: fmuglia@tin.it
---------------------
From: Paola
Armellini via Change.org mail@change.org
To:
Sent:
Tuesday, February 02, 2016 11:38 AM
Subject: IL
PROCESSO PER LA MORTE DI
MIO FIGLIO
Il 5 marzo saranno passati
già quattro anni dalla morte di mio figlio Matteo: stava montando un palco,
quello per il concerto di Laura Pausini a Reggio Calabria.
Matteo è morto sul lavoro.
Quattro anni in cui il processo per la sua morte, dopo
un apparente celere avvio, rischia di fermarsi.
Mi hanno proposto un accordo per i danni che avrei
subito e ho rifiutato: per me giustizia
è individuare il responsabile di quanto successo, non un assegno da 350.000
euro sventolato in aula.
Il punto è che il procedimento per la morte di mio
figlio Matteo quasi certamente dovrà iniziare da capo. Il Giudice incaricato da
giugno prenderà servizio a Palmi e toccherà ad altri gestire l’istruttoria
dall’inizio fino alla fine. Questo vuol dire che molto probabilmente, davanti
al nuovo Giudice tutti i testimoni che hanno già deposto dovranno tornare in
aula per ripetere quanto in precedenza messo agli atti e forse tra un anno e
mezzo il processo arriverà allo stesso punto in cui si trova oggi. Con l’avanzare
del tempo, il risultato finale di tutta
questa storia, potrebbe essere quello della prescrizione e dunque potrebbe
essere che io non riesca mai a vedere i responsabili della morte del mio unico
figlio.
Ci sono grosse possibilità che giustizia per Matteo
non venga mai fatta perché il passare del tempo fa calare un velo di
indifferenza sulla giovane vita di un lavoratore morto e fa perdere le tracce
di quanto successo.
Quella di mio figlio è una triste storia in cui
confluiscono una miriade di problemi all’italiana: improvvisazioni, mancato
rispetto delle norme sulla sicurezza e sugli infortuni sul lavoro per i
lavoratori di serie B come Matteo ai quali si aggiungono tutti i noti problemi
di un’organizzazione giudiziaria che certamente non agevola la richiesta di
giustizia delle vittime del reato.
Matteo non tornerà in vita e forse nel suo caso non
verrà individuato neanche un colpevole. L’unica ragione rimasta per andare
avanti è per me fare in modo che la morte di mio figlio possa avere in qualche
modo un senso. Un senso di giustizia per tutti.
Per questo, chiedo che
vengano messi all’ordine del giorno i disegni di legge sulla prescrizione che
prevedono la sospensione della prescrizione con la sentenza di condanna di
primo grado.
Abbiamo bisogno di giustizia. Voglio almeno questa magra consolazione.
Firma la petizione
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From:
Alessandra Cecchi alexik65@gmail.com
To:
Sent:
Thursday, February 11, 2016 4:14 PM
Subject: CONFESSIONE
EX OPERAIO ILVA: "SOTTO DISCARICHE E COKERIE C'È DI TUTTO"
Segnalo il video al link:
Confessione ex operaio ILVA: "Sotto le discariche
e le cokerie c'è di tutto".
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