Lo sciopero
di mercoledì scorso che ha visto una partecipazione complessiva, secondo la
stampa, di tremila operai, purtroppo non è stata una manifestazione di forza
degli operai e della città, ma una manifestazione di debolezza. E non tanto e
non solo perchè è mancata una grande partecipazione operaia e popolare - avere
questa partecipazione oggi è difficile per tutti, gli operai sono confusi e
sfiduciati, oltre che divisi tra le sigle sindacali più grosse all'interno,
nonostante la loro facciata di unità, si sentono alla mercè e sotto ricatto e
molti di loro fanno finta di non capire quello che sta succedendo e può
succedere - ma soprattutto perchè nessuna delle forze in campo vuole
perseguire innanzitutto gli interessi degli operai e della città invece di
stare al gioco di ciò che padroni, governo, lo sciagurato governo Renzi,
decidono sulla nostra testa.
Nessuno di
costoro vuole ammettere che gli 8 decreti, fatti dopo Riva, hanno fallito tutti
gli obiettivi. La fabbrica e le condizioni di lavoro sono peggiori di prima,
salari, sicurezza, come è stato tragicamente confermato dalla morte di giovani
operai e dagli innumerevoli incidenti e infortuni, sono peggiorati, i lavori di
ambientalizzazione sono, al di là delle affermazioni e dati truccati,
assolutamente insufficienti e sono continuamente rinviati i lavori essenziali
anche in questo ultimo decreto. E' inutile poi dire che bonifiche, salute,
sanità fuori dalla fabbrica sono allo stato pressoché iniziale, con soldi che
si sono già cominciati a spendere, con commissari delle bonifiche e aziende
assegnatarie dei lavori che fanno solo convegni e pubblicità.
Francamente,
qui non c'è nessuna possibilità di entrare nella logica “bicchiere mezzo pieno
e bicchiere mezzo vuoto”. Siamo di fronte al disastro ambientale a cui si sta
aggiungendo il disastro industriale.
I sindacati
confederali nazionali e locali, che finora hanno contribuito a che l'andazzo
fosse questo, appoggiando tutti i decreti, tutte le scelte del governo e non
sprecando neanche mezzo minuto per trattare il peggioramento in fabbrica, che
hanno concesso i contratti di solidarietà senza alcuna contropartita, né sul
presente né sul futuro, salvo poi elemosinare il famoso 10%, non possono ora
presentarsi come gli “oppositori”, “difensori della patria”, i “minacciatori di
scioperi e lotte”. Qualsiasi operaio che abbia occhi per vedere e testa per
pensare, e ce ne dovrebbero essere in fabbrica, non può che affermare con
chiarezza che al disastro ambientale e al possibile disastro industriale, si
aggiunge il fallimento strategico e pratico degli attuali sindacati.
Per questo,
non potevamo in nessuna maniera aderire e appoggiare questo sciopero. Se una
sola delle cose che scriviamo non fosse vera, noi avremmo dato il massimo
sostegno, perchè bisognava pur ricominciare a lottare. Ma se sappiamo con
certezza che questa strada non porta a nulla, perchè non dovremmo dirlo?
Perchè
dovremmo contribuire a prendere per fessi i lavoratori, quando una questione,
crediamo, ogni operaio, che ci conosce o anche che non ci conosce, ci può
riconoscere: abbiamo detto sempre la verità ai lavoratori, su ogni singolo
decreto, su ogni singolo fatto di questa vicenda, come l'avevamo detta prima di
questa vicenda. Abbiamo sempre cercato, purtroppo non riuscendoci, di offrire
un'alternativa di piattaforma, di organizzazione, di metodo di lotta, di uso
della stampa, di contrasto con le istituzioni, che permettesse agli operai di
pesare e di cambiare le cose in corso d'opera e non quando diventano
irreparabili.
Abbiamo
sempre detto che questa fabbrica non andava chiusa, perchè senza gli operai
organizzati in questa fabbrica non si può salvare nessun lavoro, nessuna salute
e nessun bambino. Abbiamo detto che i decreti non salvavano né fabbrica né
città, ma ne peggioravano la situazione.
Abbiamo
detto che serviva e serve una lotta seria e dura, bloccando fabbrica e città,
per imporre un decreto operaio che metta in sicurezza i lavoratori sul piano
del lavoro e del salario, che usi diversamente i soldi buttati per
cassintegrazione, contratti di solidarietà, che affronti il problema del
risarcimento per gli operai attraverso la riduzione massiccia degli anni di
lavoro, in questa fabbrica e nella siderurgia in generale: i famosi 25 anni
bastano; che si affronti, anche in termini di emergenza, la questione delle
bonifiche e sanitarie, mettendoci molti più soldi, presi dal padrone, dai
padroni – che strillano quando si dice che l'impianto chiuderà, ma non vogliono
pagare nulla per salvarlo e soprattutto per fare la loro parte sul terreno dei
fondi necessari alla bonifica e alla sanità cittadina.
Se ci fosse
una piattaforma di questo tipo, sarebbe giusto e necessario scioperare non un
solo giorno, ma tutti i giorni necessari ad ottenere un risultato. E gli operai possono star sicuri
che le masse popolari della città sarebbero i primi ad essere al loro fianco e
sarebbero i primi a voler il blocco della città, però per ottenere questi
risultati.
Ora, non
conta ragionare su quello che non si è fatto. Ora tutti siamo costretti a
ragionare su quello che si deve fare, chiarendo però ancora una volta che cosa
stanno facendo.
Primo,
stanno svendendo la fabbrica o affittandola a “prezzi romani”, a padroni e multinazionali
italiane ed estere che non hanno nessuna intenzione e nessuna possibilità di
ambientalizzarla e di tenerla così com'è, ma di spezzettarla per tenere ciò che
produce profitto e liberarsi di quello che non lo produce, per riempirla di
esuberi e scaricare sulla collettività le bonifiche e i risarcimenti di fronte
alla montagna di persone che ha diritto al risarcimento.
Questo piano
va contrastato!
E invece ci
vogliono far lottare per scegliere qual'è il padrone migliore, per poi farci
trovare davanti al fatto compiuto, al prendere o lasciare, alle riduzioni
salariali, alla cancellazione dei diritti, con le cosiddette “newco”, agli
esuberi strutturali, i cui numeri sono grandi (e non vogliamo fare il gioco dei
numeri, perchè poi ci sarà l'ignobile sindacalista di turno che dirà che è
stata una grande vittoria perchè invece di 5 mila sono 4.500, ecc., come il
giochetto fatto sui contratti di solidarietà).
Due sole
parole qui su l'USB di Rizzo (abbiamo scritto in altra nota su questo). I
balletti intorno allo sciopero Si/No, su aderire/non aderire, su
Confindustria/Tavolo di Emiliano, sono semplicemente patetici, “aria fritta”,
con l'insopportabile arroganza di chi pensa di essere più intelligente degli
altri e si agita come una mosca nel bicchiere, con il solo risultato di
alimentare la confusione di bandiere e disperdere la speranza che i lavoratori
hanno pure riposto in questa sigla alternativa.
Chiarito,
quindi, cosa sta facendo il nemico, noi dobbiamo comunque pensare a ciò che
dobbiamo fare noi.
Un'assemblea
generale che rovesci il “Tavolo” e imponga una nuova piattaforma.
Una guerra
quotidiana che non accetti lo stato di cose esistenti, commissari incapaci,
inosservanza di norme, condizioni di sicurezza, diritti, sancite da leggi che
anche in questa fabbrica devono valere.
Aprire la
fabbrica alla città, coinvolgere i quartieri popolari.
Predisporsi
ad una battaglia lunga per rovesciare l'andamento delle cose.
Dare vita ad
un Comitato di lotta per la salvezza del lavoro e della salute, che azzeri,
anche ufficialmente, le attuali rappresentanze sindacali, tutte. Pur avendo ben
chiaro che del sindacato di classe c'è bisogno, che senza sindacato gli operai
non sono e non hanno nulla, e sono alla mercè di 'capibastone' e demagoghi. Ma
ora la forma del sindacato non può che essere un comitato di lotta
autorganizzato, che toglie il potere a chi non ha saputo usarlo, o l'ha usato
solo per sé stesso e non per difendere i lavoratori.
Non vogliamo
visite guidate di aspiranti padroni, senza che ci sia un decreto che imponga
loro il “decreto operaio”.
Non firmiamo
più nulla, facciamo saltare anche l'attuale accordo sulla solidarietà.
SLAI COBAS
per il sindacato di classe
slaicobasta@gmail.com– 3475301704 – via Rintone, 22
Taranto (sede aperta martedì e giovedì ore 17,30/20 – leggi blog tarantocontro
Nessun commento:
Posta un commento