dal manifesto
Strage
senza fine Il nuovo anno inizia con un bollettino nero
Redazione
La striscia di sangue sul lavoro
riempie già il nuovo anno. Il 2025 si apre con due morti quando
ancora la maggior parte dei lavoratori è ancora un ferie. Un
lavoratore di 38 anni, Francesco Presta, è morto ieri mattina dopo
essere precipitato da un’impalcatura di circa sei metri in
un’azienda di profilati nell’area industriale di Lamezia Terme.
Mentre un operaio agricolo è morto dopo essere stato travolto
dall’automezzo da cui era sceso per aprire un cancello. L’incidente
è avvenuto in contrada Riggiero, zona tra Conversano (Bari) e Cozze
(Bari). Per l’uomo non c’è stato nulla da fare. Sul posto...
Dal Corriere della Sera. Di Giusi Fasano. Incredibile articolo di chi
si "butta" in un argomento che non conosce. Se anche fosse
vero....ci mette anche i morti in itinere...senza neppure sapere che
anche in quelli che diffonde Inail ci sono. Cara Fasano i morti che
diffonde l'Osservatorio sono tutti registrati in tabelle excel per
giorno, mese e anno della tragedia, con l'identità della vittima,
per età, per professione e nazionalità. Non è Istat l'Osservatorio
ma non lo è neppure Inail. Perché cari giornalisti non indagate su
quello che denuncio da 16 anni? Che i morti di Inail sono solo i
morti di questo Istituto e che rappresentano solo circa il 70% dei
morti sul lavoro in Italia Ma che vengono spacciati come
rappresentativi del panorama lavorativo italiano. Osservatorio
Indipendente di Bologna morti sul lavoro
Morti sul lavoro, se già riparte l'inaccettabile conta
di
Giusi Fasano
Francesco Stella, morto il 3 gennaio 2025, è il primo di una
lista che già sappiamo sarà lunga. Ma la sicurezza sul luogo di
lavoro va pretesa: non possiamo fare l'abitudine a una strage quasi
sempre evitabile
Come la parola «pace» in questo tempo di guerra in Medio
Oriente: la più invocata, la meno credibile. Così la parola
«sicurezza» in tempo di pace e di lavoro, in Italia: la più
ostentata, la meno affidabile. Al giorno 3 di questo 2025 contiamo
i primi due infortuni mortali sul lavoro e — ne siamo già
tristemente certi — la lista sarà lunga, lunghissima. Ce lo
ripetiamo ogni anno, a ogni strage: basta con i morti sul lavoro,
inaccettabile la media di tre caduti al giorno; servono più
controlli e cultura della sicurezza.... Ma quasi non ha più senso
indignarsi perché ogni frase, alla fine, sa di retorica, di qualcosa
già detto e ridetto senza che le parole abbiano mai portato a una
strada per invertire la rotta. Si finisce col discutere dei numeri:
non sono tre al giorno, sono meno, poi ci sono i morti «in
itinere», poi per leggere i dati va considerata la statistica
pre-Covid e quella post-Covid... Ma il punto è: se anche fosse
una vittima al giorno, anche una alla settimana, sarebbe tutto
comunque intollerabile non solo per il numero in sé ma anche perché
nel 99,9 per cento dei casi gli infortuni sono evitabili, tutte
quelle vite si potrebbero salvare a volte con piccoli, piccolissimi
accorgimenti di buon senso. Prendi
Francesco, il lavoratore caduto ieri da una impalcatura alta sei
metri. L’inchiesta chiarità la dinamica ma la logica ci
dice che se è precipitato non era agganciato a nulla oppure era
agganciato e il meccanismo non ha funzionato; qualcuno non ha fatto
quel che doveva per garantire che lui salisse al sicuro. E finiamola
con i «però», con i «ma». La sicurezza sul lavoro si deve
pretendere, dagli altri e da se stessi. Sì, anche da se stessi,
anche quando il responsabile di turno non ti obbliga a osservarla,
come invece dovrebbe fare. Si deve pretendere. Sempre. Non esiste
l’opzione «b» per accorciare i tempi o perché «tanto non è mai
successo niente»; non salgo su una impalcatura a lavorare se non
sono imbragato, e non importa se l’imbragatura richiede tempo o se
limita i movimenti. Devo pretenderla. E prima di me deve pretenderla
la persona responsabile — guarda un po’— proprio della
sicurezza. Siamo il Paese di Suviana, di Casteldaccia, dell’Esselunga
di Firenze, di Brandizzo, di Calenzano... nomi che abbiamo
imparato ad associare a stragi sul lavoro per le quali ci siamo
commossi davanti ai figli, ai fratelli, alle vedove, alle madri in
lacrime.