giovedì 20 marzo 2025

20 marzo - FILODIRETTO DA POTENZA 21 MARZO

 

Processo Ilva - venerdì 21 ricomincia a Potenza

IMPORTANTE E MASSICCIA PRESENTAZIONE DI PARTI CIVILI AL NUOVO PROCESSO AMBIENTE SVENDUTO DI POTENZA DOMANI 21 MARZO - con un pool di avvocati dei fori di Torino/Potenza/Taranto

DAL PROCESSO - INFO E FILO DIRETTO NELLA GIORNATA DI DOMANI - WATTSAPP 351957 5628


20 marzo - PROCESSO ILVA: VENERDÌ 21 RICOMINCIA A POTENZA

Processo Ilva - venerdì 21 ricomincia a Potenza - Impediamo che si cancelli la memoria di tutto quanto è successo nella fabbrica di Taranto e in città -

IN AGGIUNTA Un commento del Pres. di PeaceLink 

Dal "Quotidiano":

 Abbiamo detto subito che la decisione della Corte d'Appello di annullare il processo di 1° grado “Ambiente svenduto”, conclusosi con pesanti e giuste condanne contro padron Riva, capi, individuati come gli autori materiali e contro i complici istituzionali e politici del disastro ambientale, delle morti sul lavoro nella nostra città, è stata molto grave. Questo processo aveva visto una forte spinta verso le condanne, e aveva anche portato ulteriormente alla luce la gravità della questione Ilva 

in generale e della questione rapporto salute e lavoro in particolare. 

La grave decisione di spostare il processo a Potenza ha già portando a far uscire dal nuovo processo, che inizierà con l’udienza preliminare il 21 marzo, ben 24 imputati per “prescrizione”.

In questa occasione andremo a Potenza, per depositare le nostre parti civili e per conosce direttamente i magistrati, e per capire come intenderanno procedere non solo nei tempi, ma nei modi.

Useremo il tempo che ci separa da questo per sviluppare una campagna nazionale nelle città che sono interessate ai grandi processi di inquinamento, Torino, Milano, Palermo, ecc. In vista di un convegno nazionale che cercheremo di fare quando inizierà il processo.

Questo processo è stato importante per la città, per il paese, per i lavoratori come per i cittadini e quindi in nessuna maniera possiamo accettare di cancellarlo.

La prima cancellazione sarebbe quella di cancellarne gli atti, la memoria e così via.

Per questo abbiamo preparato un libro dossier “Un lungo processo raccontato attraverso 7 anni di udienze dal 2014 al 2021” che costituisce un rapporto fra il processo che si è fatto e il processo che si farà, e il libro fa da memoria e da canale di comunicazione in questa direzione.


ALESSANDRO MARESCOTTI Presidente di PeaceLink

Questo libro: “Processo Ambiente svenduto - Un lungo processo raccontato attraverso 7 anni di udienze dal 2014 al 2021” è l'occasione per riflettere da una parte sulla nostra lotta, sul futuro di questo processo, ma è anche l'occasione per trasformare questo lungo periodo di iniziative in memoria storica.

E’ importante il libro, proprio perché è il primo probabilmente tentativo di risistemazione di una enorme quantità di documentazione prodotta proprio dal processo.

Sono stati scritti tanti libri, ma un libro che nascesse dagli atti del processo mancava; ed è questa la

prima occasione per incominciare a dare una sistemata all'enorme quantità di informazioni che questo processo ha generato e di atti che ci consentono di analizzare e di riorganizzare.

Ognuno darà in futuro di questo processo la sua interpretazione. Ed è importante che noi diamo la nostra interpretazione. Un'interpretazione che faccia del processo non solamente qualche cosa relativo agli addetti ai lavori, ma sia l'occasione per trasformare questo libro in un canale di comunicazione, in un veicolo di memoria. Per fare in modo che questo processo penale si trasformi in un processo storico e politico. Un processo che ha alla base un sistema di potere economico che ci ha governato malamente in questi anni.

Quindi noi partiamo dal processo per incominciare a costruire una prima fetta di analisi storica, perché se noi andiamo a guardare tutte queste carte ci accorgiamo che non siamo più di fronte semplicemente alla cronaca, ma stiamo uscendo fuori dalla cronaca e stiamo entrando pienamente dentro la storia, ci consente di guardare al passato e di dare un giudizio non più solamente agli imputati, ma ad un intero sistema di potere che ha consentito a queste persone di fare quello che volevano.

Ed ecco allora che troverete dentro questo libro tante pillole. Questo è il lavoro di partenza per ulteriori lavori, ulteriori lavori di approfondimento e di ulteriore sintesi.

Io, nonostante conoscessi l'argomento, ho scoperto cose che non sapevo. C'è per esempio tutta la parte relativa ai sindacati, ci sono tutti i dati della vicenda “vaccarella” che, sì si sapeva, ma qui escono fuori i propri numeri, i miliardi, eccetera. Le risposte date a metà, o date date malamente dai segretari sindacali.

Quindi da questo punto di vista è importante che noi questo libro lo prendiamo in mano, ce lo leggiamo e lo trasformiamo in uno strumento di analisi storica e di lotta politica.

Riallacciandomi alla visione che giustamente è sottesa a questo libro, cioè che dietro tutta questa vicenda c'è un capitalismo di rapina. Ma anche qualche cosa di più, è un capitalismo che saccheggia l'ecosistema e che scarica i propri costi sulla collettività e sulle generazioni future.

Io mi sono laureato e ho letto diverse cose relative al marxismo, ma oggi si sono sviluppati gli studi in ambito marxista che hanno fatto emergere degli analisti che hanno preso maggiormente consapevolezza del rapporto fra sistema capitalistico e inquinamento del pianeta, inquinamento della società.

Studiosi come John Foster, Paul Barchett, Andrea Smallman, John Angus, un bravissimo studioso giapponese con i Saito Jason Moore sono studiosi che hanno incominciato ad aggiornare le categorie del marxismo. Marx non poteva vivere nell'epoca odierna, però le cose che diceva hanno ancora un significato. Perché uno dei concetti fondamentali che noi ritroviamo qui - l'altro lo troviamo alla base dell'analisi marxista - ossia che il sistema capitalistico è un sistema che esternalizza i costi non li assume nel proprio bilancio, non paga i conti con l'ecosistema. Il rapporto che analizzava Marx era: io non ti pago il dovuto, quindi ti sto sfruttando. Ma c'è anche: io non saldo i miei debiti con l'ecosistema, con l'ambiente. E scarico sull'ambiente tutti quei costi che avrei dovuto sostenere che si trasformano in profitti, e in certi casi, in profitti illeciti. Parte di questo è il processo al sistema Riva che esporta clandestinamente tantissimi capitali all'estero nei paradisi fiscali.

Una prima cosa che sarebbe bene incominciare a vedere. La famiglia Riva ha spesso minacciato di chiudere la propria attività se si facevano certi lavori di risanamento ambientale, se si rinnovavano gli impianti; e in un certo senso il movimento sindacale è come se avesse subito questa retorica, quasi credendoci. Ma oggi, alla luce degli atti di questo processo, risulta che la quantità di capitali portati nei paradisi fiscali è tale che in teoria Riva avrebbe potuto rimettere a nuovo l'Ilva due volte e avrebbe comunque portato capitali all'estero.

Quindi. I sindacati hanno subito questa retorica, del tipo: non facciamo questa cosa, altrimenti si chiude. Una sorta di ricatto, del tipo: oltre a questo livello non si va.

Gli studiosi del CNR stanno cercando di fare un'analisi della vicenda Ilva dal punto di vista giuridico. E la la cosa che mi hanno chiesto è il perché Riva non mettesse a norma gli impianti; se avesse messo a norma gli impianti, dato che ce li aveva i soldi avrebbe evitato che si attivasse la magistratura, avrebbe fatto i suoi interessi. E allora perché? Io ho detto, probabilmente perché non volevano cedere il potere, perché questa richiesta la facevamo noi, la faceva la popolazione, la facevano le forze della cittadinanza attiva, dell'opposizione sociale. Del tipo: questa penna dovrebbe essere messa così, è giusto, ma siccome lo stai dicendo tu gli stai praticamente togliendo un pezzo di potere, perché questo lavoro lo devono fare loro, non lo devi fare tu. Cioè spostare questa cosa, realizzare questo deve essere qualche cosa che discende dalla loro benevolenza e dalla loro decisione.

È stata quindi probabilmente una lotta di potere. Fuori da ogni logica di tipo economico

La base su cui su cui poggia l'intero sistema di gestione di Riva è sostanzialmente lo specchio globale del capitalismo nella sua forma più selvaggia, quello per cui in nome di un profitto privato viene inferto un danno pubblico, che è enormemente superiore rispetto al profitto. Cioè, io guadagno 100 ma provoco una distruzione di 1000, che già è una diseconomia globale all'interno di un sistema.

La vicenda dell'Ilva di Taranto è una vicenda che va inquadrata nel ciclo globale dell'acciaio, un ciclo globale che è caratterizzato dalla devastazione, ad esempio, della foresta amazzonica. Per prendere i minerali di ferro è stata devastata una parte della foresta amazzonica, è stata danneggiata la vita di tante persone. C’è un villaggio molto simile al quartiere Tamburi di Taranto. Una nostra volontaria è andata in quel villaggio della foresta amazzonica e le immagini che ha fotografato sono state le mani di polvere nera dei bambini. Bambini che si ammalavano per problemi di carattere polmonare. Sembrava il quartiere Tamburi spostato nella foresta amazzonica. E il quartiere Tamburi è lo specchio di quella devastazione portata però nei luoghi della produzione siderurgica.

Questo importante materiale, che è l'acciaio, ha un valore d'uso elevato; l'acciaio è una delle materie più importanti e nobili e durature all'interno del ciclo capitalistico, dovrebbe essere qualcosa di indistruttibile. Viene collocato invece all'interno di un processo di obsolescenza programmata, per cui le cose vengono programmate per guastarsi prima. Chiedete semplicemente a chi vi viene ad aggiustare la lavatrice e la prima cosa che vi dirà è: non sono più le lavatrici di una volta… E l'acciaio che dà forma alla lavatrice, è l'acciaio che proviene dall'Ilva o da acciaierie come quelle dell'Ilva. Quindi noi abbiamo un processo che globalmente, dalla fase estrattiva alla fase della produzione siderurgica, fino alla fase dell'obsolescenza programmata, tende ad alimentare se stesso. In un processo che su cui Marx avrebbe moltissimo da dire, perché è un processo in cui il valore d'uso si perde all'interno di un processo che valorizza unicamente il capitale.

Per concludere, noi ci troviamo quindi all'interno di un processo in cui Taranto è un punto di snodo di un ciclo globale e quindi dobbiamo vedere la questione tutta all'interno della globalizzazione, dal processo estrattivo fino alle forme più degenerate del consumismo.

Dall'altra parte, oltre a questo processo transfrontaliero c'è un processo transgenerazionale. Noi abbiamo presentato quest'anno l'unico esposto alla Procura che ci sia stato in Italia, che noi sappiamo, per denunciare che con questo tipo di processo produttivo noi avremo da qui al 2100, 1800 morti l'anno di persone di cui non conosceremo assolutamente la faccia, il nome e la nazionalità. Potranno essere in Marocco, in Canada, in Brasile, in Bangladesh.

Noi stiamo andando verso un processo di surriscaldamento del pianeta. Noi ce ne stiamo accorgendo, ogni estate è sempre più calda. Sono state quantificati gli eccessi di mortalità dovuti ad ogni frazione di grado. E il processo produttivo dell'Ilva di Taranto così come strutturato oggi per le emissioni di CO2, che non sono di per sé velenose, non sono di per sé tossiche, ma concorrono a questo innalzamento, e porteranno ogni anno, fra 10 anni, fra trent'anni, fra 35 anni,1800 morti per ondate di calore. E si realizzerà con una frequenza e una pesantezza ancora maggiore. E quando parliamo di ondate di calore non dobbiamo considerare il dato medio, ma dobbiamo considerare i picchi che si intervallano tra un dato e l'altro. Quindi noi stiamo attivando attraverso questo sistema un debito ecologico e un problema di giustizia intergenerazionale, cioè chi viene dopo di noi ci chiederà: ma perché avete fatto questo?

Il processo Ilva deve essere l'occasione per riflettere su questo problema che oltre che di natura etica, è un problema di natura sociale, di natura politica.

Io ringrazio Margherita Calderazzi per questo lavoro veramente pregevole che è stato fatto e che, a mio parere, merita di essere valorizzato ancora di più e trasformato in dibattiti proprio per risollevare l'attenzione sulla vicenda Ilva che ovviamente, se non la solleviamo noi, nessuno, ha grande interesse a sollevare. È una vergogna cittadina, è una vergogna nazionale.


mercoledì 19 marzo 2025

20 marzo - RIARMO E INDUSTRIA DELL'AUTO, ORGANIZZARE LA RISPOSTA OPERAIA

 

L'industria dell'auto va riconvertita in funzione della guerra e viceversa. Negli scorsi giorni, un'ipotesi che nell'ambito della borghesia, dei padroni, delle Istituzioni europee era già abbastanza avanzata, è diventata pubblica. Partiamo da dove questa cosa fa più effetto, la Germania.

La capitalizzazione di mercato del produttore di armi Rheinmetall ha superato quello del colosso automobilistico Volkswagen. Un segno del passaggio economico della Germania dalle auto alla Difesa. Alla chiusura di ieri alla borsa di Francoforte, Rheinmetall si è attestata su 57,24 miliardi di euro rispetto ai 54,81 miliardi di euro della Volkswagen. Il valore della Rheinmetall è più che triplicato da quando Donald Trump è diventato Presidente degli Stati Uniti. Assieme a altre aziende europee della difesa, la Volkswagen e Rheinmetall operavano con tendenze diverse e invece ora diventano una sola cosa. Il produttore di armi sta beneficiando dell'impennata della spesa europea per il riarmo mentre la Volkswagen attraversa quella che è la crisi dell'auto.

In questa congiuntura la scelta quindi – se di scelta si può parlare - è di convertire in sostanza buona parte dell'industria dell'auto in eccedenza in industria bellica e permettere alle grandi multinazionali belliche di fondersi con l'industria dell'auto. Questo aiuto ha avuto un effetto immediato anche in Italia dove il governo, tramite il ministro Urso si è fatto subito attivo, portavoce e agente di questa tendenza a far riconvertire parte dell'industria dell'auto in industria bellica.

I padroni lo vedono dal solo lato in cui lo possono vedere, da nuove opportunità industriali, perché i profitti vanno dove il mercato tira, il mercato dell'auto invece no. Saremmo nella normalità del sistema capitalista e in particolare della sua fase imperialista. Ma chiaramente non vogliono sentirne parlare. Scrive infatti un giornale molto vicino agli industriali e al governo, come Il Messaggero: “Nessuno parli di economia e di guerra o di produzione bellica”. Il termine Difesa, poi, viene utilizzato nell'accezione più ampia, cioè guardando alla sicurezza, all'aerospazio e così via. Il governo punta a incrociare il destino dell'industria dell'auto. I fornitori, prima ancora che i costruttori, e quella della difesa, puntando a una ricollocazione anche di ingegneri, operai specializzati, delle quattro ruote che eccedono nel settore dell'auto. Quindi nel 2025, infatti, l'industria dell'auto chiude con numeri catastrofici: mezzo milione - altro che un milione di auto prodotte! - siamo di fronte invece a mezzo milione di veicoli prodotti meno e questo ha influenze rilevantissime sulle aziende della componentistica e dell'indotto che nel nostro paese occupano 170.000 operai. La Difesa invece vola, il fatturato dell'industria della Difesa ha chiuso sopra i 40 miliardi dei quali la metà riconducibili alle soluzioni belliche, cioè a nuovi armamenti adatti alla fase di acutizzazione della tendenza alla guerra e del riarmo che ha trovato con la presidenza Trump e la reazione “europea” del piano von der Layen un suo punto di sbocco, un punto d'arrivo di quello che bolliva in pentola e un punto di partenza di quello che ci risolverà il futuro. Il Ministro Urso perlomeno parla chiaro: “incentiviamo questa azienda e a diversificare e a riconvertire le proprie attività verso settori ad alto potenziale di crescita come la Difesa”.

Come si vede il governo, gli Stati, diventano sempre più quello che sono, cioè comitati di affari a supporto delle multinazionali e dei padroni e gli Stati nazionali, i governi nazionali, a supporto dei propri padroni nella contesa internazionale che si sviluppa nella guerra commerciale, nel nuovo piano di riarmo. È chiaro che questo non è certo un piano studiato a tavolino, nasce come risposta alle contraddizioni reali del capitalismo e dell'imperialismo e nasce non in un quadro di visione comune ma di guerra di alta e bassa intensità tra i diversi padroni.

Eppure tutto poteva far sembrare che i due settori andassero in direzione diversa, per molto tempo si è parlato di come rilanciare il settore auto, di come permettere che gli sviluppi tecnologici che porteranno alla transizione green fossero compatibili con la situazione mondiale e fossero compatibili anche con il calo della domanda che è molto incentivato dalla crisi economica che si riversa sui proletari e sulle masse popolari che certamente hanno visto crollare la loro spinta ad acquistare nuove auto nonostante incentivi, nonostante propaganda selvaggia fatta dai padroni e dai governi come soluzioni della crisi dell'auto. Quindi è evidente che, in contrasto con quello che è stato detto ai lavoratori, agli operai fino a qualche mese fa, ora si dice esplicitamente: “fatevene una ragione, la crisi dell'auto non ha soluzione se non un ridimensionamento dettato dai rapporti di forza delle dell'industrie dell'auto a livello europeo e mondiale e delle spinte protezionistiche, vale a dire “prima di tutto l'America”, poi “prima di tutto l'Europa”, poi, all'interno di esso, “prima di tutto l'Italia” eccetera, che tutto producono tranne che sviluppo e occupazione nel settore auto. Ora invece con un cambio di passo repentino tutto è concentrato sul riarmo e quindi sul rapporto tra industria bellica e industria dell'auto. Tutto è indirizzato verso la riconversione e non certo verso l'economia green, ma verso l'economia di guerra, di guerra in senso pieno della parola e non soltanto come visione. Su questo l'industria bellica tira le file, c'è poco da fare, tanto è vero che la Leonardo - che comunque è il più grande industria bellica del nostro paese, del combinato di industrie belliche - che è impegnata soprattutto sul fronte mondiale, quindi nell'alleanza con la Rheinmetall, è cauto in questo tipo di questione. Cingolani, l'amministratore di Leonardo, ha frenato l'ipotesi sull'acquisto di Iveco che peraltro era già il suo partner ed è stato John Elkann, la Fiat, che ha proposto esplicitamente di essere presa dalla Leonardo. Questo stato di cose si riversa in tutto l'insieme della vicenda. Leonardo è alla ricerca continua di alleanze nei diversi settori in cui si può posizionare. Nello stesso tempo, non c'è solo la Leonardo, anche altre realtà dell'industria bellica hanno potenziato la produzione di armamenti: L'Oto Melara a La Spezia è inutile dire tutto il processo più che di riconversione, di spostamento sul bellico che va facendo la Fincantieri.

Quindi il sistema dominante all'interno dell’industria capitalistica diventa sempre più la produzione bellica, l'economia di guerra. Proprio Rheinmetall si dice disponibile in Germania a prendersi gli stabilimenti in dismissione della Volkswagen e i suoi operai e quindi a promettere nuova occupazione in questo campo. Innanzitutto che non si tratta di nuova occupazione, non siamo di fronte a una nuova stagione di sviluppo industriale, economico che porta all'incremento dell'occupazione, perché proprio le vicende del settore auto spiegano meglio di ogni altro che più che nuova occupazione si tratta di utilizzare operai specializzati all'interno dell'industria bellica che eccedono nell'industria dell'auto.

Come si vanno posizionando i sindacati che sono la prima trincea nel mondo degli operai, di quello che è il piano in questa direzione?

Nell'incontro con i sindacati, quando Urso ha parlato, direttamente o indirettamente, di questo abbiamo avuto attitudini molto diverse, apparentemente diverse, dai sindacati.

Da un lato abbiamo avuto la Fiom che dice “assurda dal punto di vista etico, industriale e occupazionale”. Questo è stato il primo giudizio che è un giudizio morale, francamente, non è certo un giudizio basato sugli interessi dei lavoratori perché sul piano etico è tutta l'economia capitalistica/imperialistica che va marciando verso la guerra proprio perché il capitalismo/imperialismo produce guerre e quindi siamo dentro a uno sviluppo normale del capitalismo in una fase di crisi economica e di contesa interimperialista mondiale. E certo che moralmente, ma “moralmente” significa che il sistema capitalistico/imperialistico è arrivato al suo stadio in cui produce guerra e parassitismo ed è un sistema immorale dal punto di vista degli interessi di trasformazione sociale verso un altro sistema della classe operaia e del movimento operaio. La Uilm è da sempre un sindacato aziendalista, anche se questo non significa di per sé collaterale con padroni e governo - questo ruolo ormai lo assume apertamente la Fim Cisl, che anzi si è detta immediatamente entusiasta di questo, favorevole a cogliere questa opportunità - la Uilm parte dal basso profilo: “non è realistico”, cioè non è realistico perché evidentemente ci sono contraddizioni nel tradurre poi nei fatti questo processo di riconversione. Ma dire “non è realistico” significa dire che se fosse realistico sarebbe da appoggiare?

Le forze politiche della piccola e media borghesia della cosiddetta sinistra parlamentare, subito la spostano sul terreno che gli è congeniale. La forza più a sinistra, AVS, parla di “trovata agghiacciante” o per i 5 Stelle invece è una “follia”. La verità è che invece è l'unico piano possibile per padroni e governi nello stadio attuale. Come vedere la questione dal punto di vista degli operai? è chiaro che la classe operaia non ha nessun interesse alla guerra imperialista, alle guerre capitalistiche, alle guerre reazionarie in generale, i costi delle guerre vengono pagati dai proletari delle masse popolari con il grande spostamento della spesa pubblica - perché di questo si tratta, di questo parla il piano von der Layen con buona pace della Lega nel nostro paese - dalle spese sociali, dalle spese ordinarie dello Stato, oggi in sostanza da quelle che vengono considerate dei costi per lo Stato in senso negativo della parola: sanità, scuola, per indirizzarle invece verso l'industria bellica e quindi i padroni che fanno i profitti contano sull'aiuto dello Stato, che è lo Stato che glieli permette attraverso i finanziamenti chiamati investimenti che di fatto permettono ai padroni di poter utilizzare i fondi dello Stato a proprio uso e consumo, e oggi in funzione della guerra. Ma i fondi dello Stato sono sempre i fondi dei cosiddetti cittadini, cioè dei proletari e delle masse popolari, quindi sarebbero i proletari e le masse popolari che già di per sé pagano, sono loro che pagano il riarmo attraverso il meccanismo della spesa pubblica e sono loro che lo pagano perché su di essi ricadono i costi di tutto quello che il riarmo toglie, quindi la sanità, la salute, i fondi per il lavoro ecc. ecc.

Quindi è su questa base che gli operai non possono che dire NO al riarmo, NO al piano di riconversione dell'auto in funzione dell'economia bellica. E questo lo si può fare solo se si ha una visione, una coscienza di classe, perlomeno la sua avanguardia, la sua parte organizzata, perché è questa la base materiale perché poi le organizzazioni dei lavoratori, in primo luogo i sindacati, possono essere espressione degli interessi dei lavoratori e quindi dei loro interessi immediati ma soprattutto futuri e agire autonomamente nei confronti dei piani di padroni e governo. Questo è bene che sia stato posto sul tappeto ed è bene che in tutte le fabbriche si facciano assemblee per denunciare il piano e si chiamino gli operai a lottare. Questo significa innanzitutto riorganizzare le file della classe secondo gli indirizzi del sindacato di classe e secondo gli indirizzi di inserire la lotta sindacale nel quadro più generale dello scontro di classe nel nostro paese che ha nelle fabbriche uno dei punti centrali e che può diventare, se gli operai si mobilitano, il punto di forza della risposta proletaria a riarmo, alla guerra e allo stato delle cose dell'economia capitalistica/imperialistica oggi.

proletari comunisti

slai cobas per il sindacato di classe

18/3/2025

info wattsapp 3519575628



19 marzo - INFO SOLDALE: 18 MARZO AL TRIBUNALE A FIRENZE

 

il18 marzo, si è tenuto il presidio di fronte al Tribunale di Firenze per l'udienza del processo sulla strage ferroviaria di Viareggio per la definizione delle pene ai 13 condannati. Da Viareggio sono partite diverse auto di compagni/e e familiari. Altri/e sono arrivati in treno e al presidio ha partecipato un buon numero di compagni/e dell'area fiorentina.

Il presidio si è svolto dalle ore 09.00 alle ore 14.00 con la diffusione di 500 volantini, l'affissione degli striscioni e l'esposizione dei cartelli con le foto delle 32 Vittime. Nell'aula giudiziaria sono state esposte, come in ognuna delle 250 udienze, le magliette con i volti delle 32 Vittime.

COORDINAMENTO LAVORATRICI E LAVORATORI AUTOCONVOCATI PER L'UNITA' DELLA CLASSE





19 marzo - GIÀ PIÙ DI 250 VITE DI LAVORATORI ASSASSINATI PER IL PROFITTO. NOSTRO IL SANGUE CHE CHIEDE GIUSTIZIA. L'UNICA QUELLA PROLETARIA

 

lunedì 17 marzo 2025

 è morto all'ospedale dopo sei giorni di atroci sofferenze Sandro Mendoza l'operaio di 26 anni dipendente della Tapojärvi, che gestisce le scorie dell'acciaieria Terni (appalto), Sandro era rimasto gravemente ustionato il 10 marzo in un incidente sul lavoro avvenuto nell'area del polo siderurgico di Ast a Terni. Nessuno ne parla ma anche tra sabato e domenica sono morti altri 4 lavoratori, ormai arriviamo ai 250 morti complessivi nel 2025. http://cadutisullavoro.blogspot.it


martedì 18 marzo 2025

18 marzo - PALERMO: Comunicato stampa sui morti di Adrano

 

Basta morti sul lavoro e per il lavoro

Palermo, 18 marzo 2025

I tre morti e i sette feriti gravi di ieri di Adrano coinvolti in un incidente mentre tornavano la sera dal lavoro nei campi, sono la dimostrazione che le stragi sul lavoro e per il lavoro in questo paese sono diventate una cosa normale, ma che normale non può essere!

Il più giovane dei tre lavoratori agricoli, di 18 anni, si chiamava Rosario Lucchese e lo aspettava la moglie incinta, gli altri due morti subito sono due cinquantenni, Salvatore Lanza di 54 anni e Salvatore Pellegriti, di 56 anni, anche loro sposati e con figli. Degli altri sette, quattro sono in gravi condizioni, tutti usciti al mattino per andare a lavorare nei campi, a raccogliere arance, a un centinaio di chilometri, e non più rientrati a casa, come purtroppo succede a tanti lavoratori di questo paese, che burocraticamente si chiamano morti in itinere.

In particolare, chi lavora nei campi è sottoposto ad uno stress allucinante prodotto da lunghe ore di lavoro, che costa tantissima fatica e con ritmi pesantissimi (ricordiamo i casi di chi è morto mentre lavorava!), che spesso si ammala per i tanti prodotti velenosi che sono costretti ad usare… un lavoro, come tutti sanno, pagato quasi sempre pochissimo.

Sono lavoratori “fantasmi” come oramai vengono chiamati, perché ci si accorge di loro quando succedono queste tragedie, che non sono “fatalità”, come abbiamo gridato mille volte… si tratta chiaramente, per chi vuol vedere, di un sistema nel quale i padroni fanno quello che vogliono, dove non esiste nessun controllo sui modi in cui si lavora per non parlare della “sicurezza sul lavoro”, che, ricordiamolo, è una legge di questo stato ma della quale i padroni e i loro governi se ne fregano.

Ed è innanzi tutto il governo di turno, in questo momento il governo della moderno fascista Meloni, che se ne frega, che garantisce in ogni modo i padroni, i caporali e tutti quelli che attorno a questo affare ci guadagnano, e che anzi dice che i padroni non si devono “disturbare”.

E non vogliono disturbare nemmeno i mezzi di comunicazione al servizio del governo: la notizia di questi lavoratori “fantasmi” è già oggi sparita dai principali telegiornali, perché il governo non vuole che si smontino le balle sulle condizioni di lavoro innanzi tutto e poi sui salari, sulla miseria in ogni ambito che produce questo sistema mentre i stanzia sempre di più soldi per le spese militari e la loro guerra imperialista.

Siamo, insomma, davanti ad una vera e propria guerra perenne contro i lavoratori, che ogni anno fa oltre 1000 morti, e mentre esprimiamo tutta la nostra solidarietà alle famiglie dei lavoratori morti e auguriamo ai lavoratori feriti di riprendersi presto, diciamo che bisogna farla finita con lo sfruttamento selvaggio dei lavoratori, in questo caso dei lavoratori agricoli e del caporalato.

È fondamentale che i lavoratori delle campagne costruiscano una propria organizzazione forte e fuori dalle organizzazioni sindacali confederali che non fanno che versare lacrime ipocrite ad ogni “incidente”, per lottare fino in fondo contro tutti quelli che tengono in piedi il sistema del Capitale.

Slai cobas per il sindacato di classe

Via Michele Cipolla, 93 Palermo

cobas_slai_palermo@libero.it


18 marzo - Strage di Braccianti in Sicilia dopo la Raccolta delle Arance. - prima info/solidale

 

Rosario Lucchese, 18 anni, Salvatore Lanza, 54 anni, e Salvatore Pellegriti, 56 anni. Tutti e tre erano lavoratori agricoli originari di Adrano, in provincia di Catania. Erano impegnati nella raccolta delle arance per conto di un’azienda di Adrano e stavano rientrando a casa dopo una giornata di lavoro nei campi di Francofonte, nel siracusano.

La dinamica dell’incidente

Secondo una prima ricostruzione, il pulmino su cui viaggiavano i braccianti e un furgone si sono scontrati frontalmente per cause ancora da accertare. L’impatto è stato così violento che i vigili del fuoco hanno dovuto intervenire per estrarre le vittime dalle lamiere dei veicoli. Sul posto sono giunti due elisoccorsi e diverse ambulanze per trasportare i feriti negli ospedali della zona. 

I soccorsi

I soccorritori hanno lavorato tempestivamente per estrarre i feriti e le vittime dai mezzi coinvolti. Due elisoccorsi e diverse ambulanze hanno trasferito i feriti negli ospedali vicini.  

La sicurezza stradale e le condizioni di lavoro

Questo tragico evento solleva nuovamente l’attenzione sulla sicurezza stradale e sulle condizioni di lavoro dei braccianti agricoli. Spesso, questi lavoratori sono costretti a lunghi spostamenti su strade pericolose per raggiungere i luoghi di lavoro, aumentando il rischio di incidenti. È fondamentale che le autorità competenti e le aziende agricole adottino misure preventive per garantire la sicurezza dei lavoratori durante gli spostamenti

La strage di braccianti sulla statale 194: Adrano piange Rosario (18 anni) e i due Salvatore

Tre morti e sette feriti, quattro dei quali in gravi condizioni, il tragico bilancio del frontale sulla Ss194 in territorio di Carlentini

E’ una strage quella che si è consumata nel primo pomeriggio di oggi pomeriggio sulla strada statale 194 “Ragusana” nei pressi dello svincolo di contrada Cannellazza, nel territorio di Carlentini (Siracusa). Tre persone decedute e sette feriti, quattro dei quali in gravi condizioni. E’ questo il tragico bilancio dell’incidente stradale avvenuto oggi poco prima delle 14.

Le vittime – tutte di Adrano – sono Rosario Lucchese, aveva solo 18 anni; Salvatore Lanza, 54 anni e Salvatore Pellegriti, 56 anni. Tutti lavoratori agricoli di un’azienda catanese, che stavano effettuando la raccolta delle arance per conto di una ditta di Adrano. La vittima più giovane lavorava soltanto da una settimana. Le altre due sono sposati e con figli. Le salme si trovano nella camera mortuaria di Carlentini e il magistrato di turno ha autorizzato per domani il loro trasferimento ad Adrano

Secondo una prima ricostruzione il pulmino a 9 posti sul quale viaggiavano i braccianti ed un furgone si sono scontrati frontalmente per cause ancora da accertare. I vigili del fuoco hanno estratto le vittime dalle lamiere dei veicoli e due elisoccorsi e diverse ambulanze hanno trasferito i feriti in ospedale. Sul posto i carabinieri hanno effettuato i rilievi e raccolto elementi per accertare la dinamica dell’incidente.

18 marzo - SI ALLUNGA LA CATENA DEGLI OPERAI CHE MUIONO NELL'EDILIZIA: Incidente sul lavoro a Monreale, operaio edile cade dal tetto e muore

 

ma allo stesso tempo denunciamo le schifose parole parole della segretaria della Cisl Federica Badami che dice "Siamo stanchi e addolorati, la frequenza di questi gravi episodi ci allarma»". Proprio loro che marciano fianco a fianco col governo fascista Meloni, che proprio sulla sicurezza sul lavoro continua a tagliare e sposta le risorse per il riarmo, mostrando che gli assassini sui posti di lavoro sono una guerra di classe e come tale gli operai devono combatterla

di Redazione

Un operaio edile di 55 anni, Antonio Alongi, è morto cadendo dal tetto tetto di una villetta a due elevazioni in via Regione Siciliana, a Monreale, alle porte di Palermo. Sono intervenuti i carabinieri, insieme al personale del dipartimento di prevenzione dell’Asp di Palermo. I soccorritori del 118, giunti con un’ambulanza, non hanno potuto fare altro che constatare il decesso dell’operaio. I militari dell’Arma specializzati in sicurezza sul lavoro hanno avviato un’indagine per chiarire le cause dell’incidente e verificare se fossero state adottate le misure di sicurezza previste dalla normativa. La salma dell’operaio è stata portata all’istituto di medicina del Policlinico per eseguire l'autopsia.

I sindacati

«Ancora una volta il mondo del lavoro paga un prezzo inaccettabile sul fronte della sicurezza sul lavoro, quello della vita dei lavoratori. Siamo vicini alla famiglia della vittima dell’ennesima tragedia. Siamo stanchi e addolorati, la frequenza di questi gravi episodi ci allarma». Ad affermarlo è Federica Badami segretaria generale Cisl Palermo Trapani intervenendo sull’incidente sul lavoro. «Da chiarire bene la dinamica ma di certo, con oltre seimila casi di infortuni sul lavoro solo lo scorso anno, il nostro territorio si conferma fra i più colpiti da questa vera e propria emergenza. Lo ribadiamo servono subito politiche mirate di prevenzione e misure specifiche per settore e territorio partendo proprio dallo studio dell’incidenza del fenomeno. La sinergia fra tutte le realtà che si occupano del tema deve essere alla base di ogni strategia futura». Per il segretario generale Filca Cisl Palermo Trapani Francesco Danese, «è sempre il settore edile ad essere quello più colpito, se non si interviene con adeguati dispositivi di sicurezza, prevenzione e controlli nei cantieri, i rischi corsi da questi lavoratori non potranno mai essere eliminati. Fondamentali potrebbero essere le nuove tecnologie per creare ambienti di lavoro sicuri. Mercoledì 19 celebreremo il nostro congresso provinciale a Palermo, e uno dei temi centrali per noi, è e sarà sempre quello della sicurezza, la tutela della vita viene prima di ogni altra logica o priorità», conclude Danese. 

18 marzo - Ancora sul processo "Ambiente Svenduto": Il processo Ilva "Ambiente svenduto" è un processo al sistema capitalista - Ricomincia il 21 marzo a Potenza

 Intervento dell'avvocata Antonietta Ricci di parti civili Slai Cobas sc

Il processo dell'Ilva non è un processo di dati. E’ un processo al sistema, al modo di produzione capitalista.

Il libro "Un lungo processo raccontato attraverso 7 anni di udienze" che ha messo insieme i passaggi principali delle udienze del processo “Ambiente svenduto” di 1° grado è un lavoro preziosissimo. Nessuno potrà mai andarsi a leggere 3800 pagine delle motivazioni della sentenza di 1° grado per avere un quadro complessivo della situazione. È veramente complicato.

Per cui, questo libro, mettendo in evidenza dichiarazioni, testimonianze che illuminano su tutta la questione, come si svolgeva veramente il lavoro in Ilva di Taranto, è molto utile. Perché, se è vero che la sentenza di primo grado è stata totalmente annullata, quei fatti, quelle testimonianze, quello che è stato detto nel processo di primo grado non può essere annullato, rimane. E come era portata avanti la produzione, ciò che subivano i lavoratori è un dato di fatto che rimarrà per sempre.

Per esempio è stato molto interessante riportare nel libro la requisitoria di uno dei PM che dice a un certo punto: come è possibile che tutto ciò avvenisse senza che nessuno sapesse e senza che nessuno prendesse provvedimenti? E il pubblico ministero riporta per esempio le testimonianze dei cittadini dei

Tamburi che dicono che si trovavano le polveri nei cassetti di casa, che quando mettevano i panni a stendere li trovavano macchiati; oppure la testimonianza dei pediatri che nelle orecchie dei bambini trovavano nel loro naso, nelle orecchie le polveri di minerali che si disperdevano nell'aria. Oppure quando si alzavano quei fumi che erano pieni di diossina - tant'è vero che è stato accertato che l'Ilva emette più diossina di quanta ce n'è in tutta la Regione Puglia.

Dall'altro lato invece leggiamo, dalle “arringhe” dei loro avvocati al processo, come si difendevano i Riva dicendo: ma le diossine così stanno nell'aria…, come se la diossina arriva dall'America…

Quindi riportare quelle testimonianze è veramente molto interessante, in alcuni aspetti anche agghiacciante.

I lavoratori nelle loro testimonianze al processo di 1° grado descrivono come si doveva lavorare, con un rischio di vita elevato. Quando ai loro capi dicevano: guarda, se noi dobbiamo intervenire su questi nastri trasportatori dobbiamo fermare la produzione per poter garantire una riparazione efficiente. Quando c'è un certo livello di vento automaticamente l’anemometro delle gru si blocca, mentre gli operai lavoravano con l'anemometro staccato, perché, al capo interessava solo caricare la la nave nel tempo più breve, altro non interessa, quindi metteva a rischio la vita degli operai, fino alla morte, come è successo con Zaccaria. La produzione doveva proseguire comunque, il lavoro doveva essere finito. Noi non possiamo bloccare il nastro per fare una riparazione, e se rischiamo la vita degli operai non ci importa, ecc.

Ecco, queste sono testimonianze agghiaccianti che ricostruiscono il modo di produzione capitalista.

Marx lo aveva già analizzato quando aveva previsto che, appunto, il capitalista deve perseguire il profitto, sino al punto di far ricadere i danni della perseguimento del profitto feroce sui propri dipendenti e su un'intera popolazione, cioè anche su chi non fa parte del suo ciclo produttivo.

Il processo di primo grado è stato un maxi processo, sullo stampo dei maxi processi della mafia. Un processo di un sistema in cui tutti sono colpevoli. C'era una rete di connivenza ampia con il padrone.

Quando Riva ha comprato l'Ilva, la situazione era già disastrosa, non è che possiamo dire che era fiorente, ma lui si era impegnato a portare lo stabilimento a condizioni di produzione “pulita”, ma quegli accordi non sono stati per niente rispettati, tant'è vero che lo stesso PM Buccoliero definisce l'Ilva uno “stabilimento di Carta”, nel senso che erano solo impegni scritti sulla carta, ma di fatto Riva non ne ha portato a termine uno. Perché diceva: non mi interessa, io devo devo portare avanti la produzione, un morto in meno in più...

Questo sistema criminale era talmente incardinato che, per esempio, anche se un caposquadra rilevava un problema, quel suo comportamento veniva sottolineato come negativo e quindi tu sei un nemico del padrone. Quando c'erano qualche capo, tecnico che si opponeva perché aveva visto ciò che accadeva e si permetteva dire qualcosa, veniva immediatamente punito con demasionamento con la dequalificazione, oppure andava a finire nella palazzina Laf.

Questa è la fotografia della sentenza di primo grado.

Un'altra testimonianza importante che viene riportata nel libro è quella che riguarda un altro infortunio grande per un carrello che cade addosso ad un lavoratore e ciò che gli altri operai che lavoravano con lui dicono; è veramente straziante leggere. Nelle loro testimonianze gli operai dicono: quel lavoro che stava facendo lui di solito noi lo facevamo in due, ma c'è stato un accordo sindacale interno che ha stabilito che quel lavoro poteva essere fatto da un solo lavoratore, ma lui da solo non ce la poteva fare, tanto è vero che è morto. Quindi anche i sindacati sono complici.

Non interessava proprio niente al padrone tutto ciò che succedeva, cioè le morti, il rischio di vita, per questo sono stati condannati. Ecco perché parliamo di capitalismo feroce e criminale. Credo che la storia di Taranto, del processo di primo grado, sia esemplare al massimo dei processi di questo tipo.

Il capitale per massimizzare i profitti non ha voluto tutelare niente, non solo i propri dipendenti, ma ha lasciato morire un'intera popolazione, un'intera comunità. Ha messo a rischio anche il futuro, perché i danni di ciò che è stato fatto si riverseranno sulle generazioni future. Per questo è una storia unica, esemplare.

Il fatto che tutto il processo di 1° grado durato sette anni sia stato annullato è un grave danno perché quelle condanne non si tradurranno in pene. Si rifà il processo a Potenza e quindi non sappiamo che tipo di condanne ci saranno, le prescrizioni che interverranno.


18 marzo - APPELLO TER STRAGE DI VIAREGGIO, INVITO A PARTECIPARE AL PRESIDIO

 




18 marzo - info: LAVORATORI FELTRINELLI IN LOTTA

 


lunedì 17 marzo 2025

Ex Blutec (ex Fiat Temini Imerese): tutto fermo, cancelli ancora chiusi e operai ancora in cassa integrazione…

  

In un articolo di qualche mese fa, dopo il passaggio dell’area industriale della ex Fiat di Termini Imerese all’imprenditore italo-australiano Ross Pelligra, ci chiedevamo in maniera scettica, visti i precedenti … e ora che succede? E avevamo ragione dato che fino ad ora non è successo proprio niente!

La sintesi della situazione la dà il quotidiano (adesso nelle mani degli Agnelli) la Repubblica: “Ex Blutec, cancelli chiusi operai rimasti a casa a Termini è tutto fermo - L’accordo firmato con Pelligra non decolla - Stipendi arrivati in ritardo, slittata ad aprile la visita di Schifani e Urso”

Insomma, dopo “gli annunci trionfanti di Adolfo Urso e del presidente della Regione, Renato Schifani, sulla conclusione positiva della vertenza più lunga dell’industria italiana, qualcosa sembra essersi inceppata.” Non è iniziata nemmeno la ristrutturazione dei capannoni che è il vero mestiere di Pelligra… e non c’è ombra del piano industriale che “Urso e Schifani avevano annunciato per il 1°

febbraio” con “un incontro in pompa magna nello stabilimento”. Dove sarebbero stati svelati i nomi delle imprese che dovrebbero investire in quello che dovrebbe diventare (e qui mancano solo gli squilli di tromba) un «Polo manifatturiero, industriale, commerciale che ospiterà start up specializzate nell’innovazione dei processi industriali, la sede di Pelligra per la costruzione degli stabilimenti insieme ai partner, un’area manifatturiera per il food&beverage, una per lo sviluppo di nuove tecnologie ed una destinata alla logistica».

Il ministro Urso che ci ha abituati in questi due anni alla propaganda a piene mani e che alla fine non risolve niente probabilmente, dopo una serie di rinvii, farà un altro incontro ad aprile.

E gli operai? Nel frattempo, scrive il quotidiano degli Agnelli, “… i 183 lavoratori ex Blutec esclusi dal piano hanno avuto accesso alla pensione anticipata che riceveranno a partire da aprile mentre i 350 passati a Pelligra attendono ancora di iniziare il programma di formazione previsto dagli accordi e hanno ricevuto i primi tre stipendi con qualche ritardo. Somme anticipate da Pelligra perché dall’Inps l’erogazione della cassa integrazione avviene a rilento.”

Inutile dire che i sindacati confederali, a cominciare dalla Fiom confermano “un momento di stasi”! e aspettano “che partano i lavori di ristrutturazione dei capannoni che sono la prima fase del progetto”.

E tra un’attesa e l’altra (sono passati 14 anni!), mentre gli operai diminuiscono sempre più, rispuntano i soldi pubblici, gli incentivi!.

Saranno per “la statunitense Renesys Energy, che produce batterie di nuova generazione”?, o “per le altre due aziende delle quali si parla” che “sono siciliane, quella di logistica Nicolosi Trasporti e il Consorzio artigiano edile costruttori di Comiso.”? O ancora per le altre imprese che dovrebbero essere coinvolte anche attraverso “una serie bandi finanziati con i 105 milioni di euro dell’accordo di programma su Termini Imerese, il primo già pronto da 15 milioni di euro.” Guarda caso “Su questo e su altri incentivi da parte del governo nazionale, Ross Pelligra ha parlato in un incontro riservato con Urso a fine febbraio. Un vertice nel quale, secondo fonti vicine al dossier, il ministro ha dato ampia disponibilità a facilitare gli investimenti nel sito anche attraverso la Zes Unica.”

Ammettendo pure che tutta questa messa in scena parta davvero c’è da tener conto, conclude l’articolo, che ci si “dovrà però scontrarsi con la politica dei dazi del presidente Usa, Donald Trump.”

17 marzo - info: Solidarietà coi vigili del fuoco in lotta

 








venerdì 14 marzo 2025

15 marzo - info da tarantocontro: Il processo Ilva "Ambiente svenduto" trasferito a Potenza ricomincia male

Già sono stati ridotti di più della metà (25) gli imputati del processo di 1° grado per prescrizione; per cui alcuni complici dell'azione criminale di Riva sono ora tranquillamente fuori dal processo.

Ora l'altra novità: nell'organizzazione dell'udienza del 21 marzo il Tribunale di Potenza ha fatto una divisione - leggere l'avviso pubblicato sotto - per cui gli avvocati dei Riva e degli altri imputati saranno in un'aula, mentre gli avvocati delle parti civili, e le stesse parti civili, vittime del capitalismo assassino, saranno in altre due aule. 

Così gli avvocati degli imputati saranno liberi di gestirsi la loro presenza all'udienza, al riparo dalle "fastidiose" parti civili, dai loro sguardi, commenti, proteste (come, sia pur in minima parte, è avvenuto negli anni a Taranto); le parti civili invece saranno in una specie di apartheid, probabilmente senza neanche poter guardare nelle facce i giudici.

Inoltre il tribunale di Potenza vieta l'ingresso del pubblico. Una cosa illegittima!

Si vuole fare un processo controllato, nel silenzio pubblico? Se l'inizio è questo, quale sarà la fine...?


mercoledì 12 marzo 2025

12 marzo - PALERMO: INCONTRO ASSESSORATO E SLAI COBAS sc SU VERTENZA ASSISTENTI IGIENICO/PERSONALE

Comunicato stampa 

Incontro Assessorato Lavoro del 10 marzo sui problemi relativi al servizio di assistenza igienico-personale specializzata agli studenti disabili

Ieri mattina, 10 marzo, si è svolto l’incontro tra una delegazione dello Slai Cobas sc e i dirigenti dell’Assessorato regionale al Lavoro, dott. Greco e dott. Reale, con la presenza della dott.ssa Zicari, sulla questione dell’assistenza igienico-personale specializzata alle studentesse e agli studenti disabili nelle scuole superiori della Sicilia, ma non solo.

Il dott. Greco ha iniziato l’incontro leggendo la lettera inviata dallo Slai cobas nella quale si chiedeva l’urgente necessità dell’incontro a causa dei continui problemi che impediscono la corretta assistenza agli studenti disabili.

Tra i punti della lettera, come necessari ad eliminare gli ostacoli, c’è quello della puntualità e tempestività del finanziamento annuale, affinché l’anno scolastico possa iniziare nei tempi stabiliti dalla norma: già adesso, mese di marzo, dalla Città Metropolitana di Palermo, per esempio, arrivano notizie sulle difficoltà previste per il mese di settembre prossimo! Sempre dalla Città Metropolitana arriva la notizia che manca circa 1 milione di euro per completare l’assistenza relativa a questo anno scolastico. Così come il Libero Consorzio di Trapani ha interrotto il servizio igienico-personale specializzato a novembre 2024, sospeso per tutto il mese di dicembre e gennaio e ripartito quasi a fine gennaio.

Poi è stato illustrato l’importantissimo punto sulla cosiddetta certificazione UVM che, di fatto limitando l’assistenza ai ragazzi e alle ragazze che ne sono in possesso, discriminano, lasciandoli letteralmente a casa, coloro che non ne sono sprovvisti. Su questo punto è stato necessario ritornare più volte chiarendo che la “certificazione UVM (Unità di valutazione multidisciplinare)” non c’entra niente con l’assistenza scolastica agli studenti disabili, obbligatoria per legge e non sottoposta a vincoli di bilancio, ma può servire, se richiesta, per servizi extrascolastici. In questo senso è stata ribadita la richiesta di annullamento della “circolare” dell’ex Assessore Scavone che aveva introdotto questa certificazione in un allegato alla stessa.

La gravità, per quanto riguarda la certificazione UVM, sta nel fatto che le Città metropolitane e i Liberi Consorzi la usano come paravento per non fornire l’assistenza agli studenti che ne sono sprovvisti! In questo senso è stata fatta anche la richiesta della necessità di un controllo da parte della Regione di come le Città Metropolitane e i Liberi consorzi spendono questi soldi, visto che sembra che alcuni non eroghino affatto l’assistenza. E perfino i Comuni, in maniera vergognosa, usano il paravento dell’UVM e soprattutto del famigerato “parere del Cga” per non dare assistenza igienico-personale specializzata.

Dopo ampia discussione, durante la quale abbiamo ribadito che le leggi esistenti, a livello nazionale e regionale, così come le sentenze o le prese di posizione a livello ministeriale, sono chiarissime, non ultima la sentenza del Tribunale di Torino che richiama il Consiglio di stato e la Corte di Cassazione, e che, quindi, in nessun caso possono essere superate dal famigerato “parere del Cga”, sul punto UVM il dott. Greco ha pensato che si potrebbe fare un “Atto di indirizzo” agli Enti a chiarimento del tutto.

Sui fondi da trasferire a Città Metropolitane e Liberi consorzi il dott. Greco ha chiesto al dott. Reale perché non si riesce a darli in tempo utile e a fare di tutto affinché arrivino in tempo per l’inizio dell’anno scolastico. Il dott. Reale ha detto che stanno già adesso stanno predisponendo le somme necessarie ma che si attende l’apertura della piattaforma dedicata (quando il sistema è pronto), e questo dovrebbe accade in questo mese di marzo.

Naturalmente è stato ripreso il punto sulla necessaria stabilizzazione del servizio a livello regionale (che in realtà era stato trattato come primo punto) per famiglie e studenti e di conseguenza delle lavoratrici e dei lavoratori specializzati che da oltre 20 anni lavorano nel settore. Il Dott. Greco ha detto che loro come Assessorato non sono contrati in via di principio, ma che si tratta di questione politica che loro non possono risolvere. A questo proposito abbiamo detto che c’è un disegno di legge depositato all’Ars (e un altro sembra possa essere presentato in questi giorni) per riorganizzare al meglio l’assistenza in tutta la Sicilia. Anche in questo caso il Dott. Greco ha detto di non avere niente in contrario.

Nel frattempo, allora, la delegazione è tornata su un punto di cui già aveva parlato il dott. Greco durante lo scorso incontro, e cioè della necessità di dare in appalto alle cooperative (e non più tramite accreditamento) con bandi di 3 anni (almeno e con la necessità di inserire la clausola di salvaguardia).

Infine, esprimendo la volontà di risolvere i vari problemi, il dott. Greco si è impegnato ad organizzare una riunione con i responsabili delle Città metropolitane e dei Liberi Consorzi, per chiarire soprattutto per la questione Uvm, e nello stesso tempo e per lo stesso argomento a confrontarsi con i responsabili dell’Assessorato alla Sanità.

Il dott. Greco si è impegnato, inoltre, a farci conoscere i contenuti e le decisioni della suddetta riunione, tramite ulteriore convocazione.

Da parte nostra ci siamo impegnati a mandare un promemoria riassuntivo, a presentare eventuali documenti necessari e naturalmente, come scritto nella lettera di richiesta incontro, che porteremo avanti la lotta delle lavoratrici e dei lavoratori per il rispetto dei loro diritti.

Palermo 11 marzo 2025

Slai cobas sc

12 marzo - info POSTE ITALIANE: UNA CARNEFICINA SILENZIOSA DIETRO AI PROFITTI RECORD

Operai Contro 
Comunicato stampa di “Lavoratori precari di Poste Italiane”, a cura di Carmine Pascale

Sentiamo parlare ormai spesso di come Poste Italiane sia diventata una fabbrica di precarietà, per abbattere i costi del personale e massimizzare il profitto. Ma c’è un altro drammatico aspetto, legato al raggiungimento di una redditività sempre più alta, solitamente poco discusso: la sicurezza sul posto di lavoro. Su questo fronte, i dati sono sconcertanti. Al netto dei casi di infortunio “in itinere” e di Covid-19, nel triennio 2021-2023 il numero totale di infortuni sul lavoro dei dipendenti di Poste Italiane è stato pari a 14.590. Di cui 3.704 con gravi conseguenze e 12 decessi. Nel periodo 2018-2020 è andata addirittura peggio, con 17.907 eventi infortunistici. Di cui 4.973 con gravi conseguenze e 14 decessi. Circa il 75 per cento degli infortuni registrati sono concentrati nel recapito postale, che risente delle insidie connesse alla circolazione stradale. La prima tipologia di infortuni è legata all’uso dei mezzi aziendali, in particolare per caduta da motoveicoli e per collisione con o senza terzi coinvolti. Al secondo posto si collocano gli episodi di scivolamento e caduta durante i percorsi a piedi. La figura del portalettere, che notoriamente svolge la propria attività all’aperto, risulta essere quella esposta a più tipologie e più elevati livelli di rischi lavorativi.
Dietro questi numeri ci sono vite spezzate, persone rimaste storpie e menomate, famiglie distrutte. Un’autentica carneficina, che si verifica ogni giorno sulle nostre strade. Anche se la maggior parte delle volte non fa notizia, né in tv, né sui principali quotidiani. Poste Italiane viene considerata tra le migliori aziende al mondo in cui lavorare, grazie alle sue politiche di valorizzazione delle risorse umane, ma la realtà è ben diversa. L’azienda, da anni, sta riducendo il personale, sottoponendo i propri dipendenti a ritmi frenetici e pressioni costanti. A ciò si aggiunge l’insicurezza lavorativa che deriva dalla precarizzazione del lavoro nel recapito, dove si è diffusa la pratica delle assunzioni a tempo determinato per portalettere e addetti allo smistamento.
I lavoratori precari entrano in servizio con una formazione spesso inadeguata, svolta perlopiù in modalità a distanza attraverso piattaforme digitali. Le attività pratiche per insegnare ai nuovi arrivati l’uso corretto e in sicurezza delle attrezzature da lavoro, o lo svolgimento di qualsiasi procedura lavorativa, in genere vengono demandate ai colleghi assunti in pianta stabile.
Nessuno dovrebbe mai rischiare la vita per lavorare, specialmente quando si è giovani. È inaccettabile che ciò avvenga ordinariamente in un’azienda come Poste Italiane, dove lo Stato centrale è il principale azionista e che pertanto dovrebbe prestare maggiore attenzione all’equilibrio tra profitto e impatto sociale.

Roma, 6 marzo 2025

Carmine Pascale Lavoratori precari di Poste Italiane

lunedì 10 marzo 2025

10 marzo - STELLANTIS TERMOLI

dai malumori bisogna passare alla lotta come a Pomigliano

Stellantis, malumori per misero premio di produzione. A Termoli il coordinatore nazionale automotive Fiom: "Se questo è il buongiorno" -

: “Non cadiamo nella trappola di dare tutta la responsabilità a Tavares (l’ex ad,

 dimessosi e di cui di recente è stata resa nota la buonuscita, ndr), è diventato un

 capro espiatorio ma non era solo, rispondeva a un board, a precise scelte 

strategiche aziendali”. Il sindacalista lombardo ha sottolineato come sia 

essenziale la campagna sui territori che si sta conducendo, che vuole 

ricomporre le coscienze e che reputa fondamentale pertanto l’ascolto

 dei lavoratori e l’interlocuzione con loro.

 “siamo stanchi degli annunci”, sulla nuova linea produttiva dei cambi eDCT 

 che l’azienda ha di recente promesso anche per Termoli. 300mila cambi 

elettrificati a partire dal 2026, questi i numeri. “Può essere un segnale 

positivo, ma non è sufficiente”. Detto altrimenti, non risolverà i problemi 

di Termoli (impiegherà circa 300 lavoratori, in pratica quelli del Fire dismesso)

 se non abbinata al progetto della gigafactory perché recuperare posti lavoro 

ma in maniera residuale rispetto agli attuali occupati e a tutti quelli che 

avrebbe portato – porterebbe? – l’investimento delle batterie elettriche.


10 marzo - LA LOTTA A POMIGLIANO

 

Gli operai di Pomigliano non hanno aspettato nessuno. Di fronte ad un premio annuale di 630 euro lordi che 

è una vera elemosina sono scesi subito in sciopero. La FIOM li ha coperti dichiarando lo sciopero di quattro ore. 

I sindacati firmatutto piangono e scoprono che l’accordo variabile firmato da loro ha prodotto da parte aziendale queste briciole. Ma ancora una volta tutti fanno il gioco delle tre carte: nei comunicati degli uffici stampa di 

queste organizzazioni la critica non manca, tanto non costa niente.

Ora non facciamoci fregare. Bisogna richiedere un premio di 2000 euro equiparato a quello dell’anno scorso. 

Questo deve essere l’obiettivo. Parlare di piani industriali e tavoli con il governo serve solo a sgonfiare gli 

scioperi.
Ricordiamoci che, con una faccia tosta incredibile Elkann ci viene a dire che “questo è stato un periodo difficile, 

ma io vi voglio ringraziare per il vostro duro lavoro”. E mentre agli azionisti si stabilisce di dare 5.500 milioni 

di euro di dividendi, agli operai, complessivamente, si promettono 600 milioni, che individualmente sono 

630 euro lordi.
I cinque miliardi e mezzo per gli azionisti e i 600 milioni di elemosina per gli operai, vengono tutti dal lavoro 

degli operai sulle linee. Gli azionisti, Elkann incluso, non producono niente, nessun valore. Agli operai che 

producono tutto, solo le briciole.
A Pomigliano è su questo che ci siamo incazzati e sono partiti gli scioperi.

Con la Fiom bisogna essere chiari, altrimenti rischiamo che faccia di nuovo sgonfiare tutto, come

 negli scioperi precedenti: ci siamo mobilitati perché le “promesse” di Elkann sono un’elemosina offensiva.
Basta con le chiacchiere, vogliamo i soldi.
Se ci sono per gli azionisti, vuol dire che ci sono.
Visto che tutto quello che luccica in Stellantis viene prodotto da noi operai, vogliamo un premio dignitoso. 

Subito 2.000 euro in busta paga.
da oc