sabato 5 aprile 2025

5 aprile - Per comprendere e orientarsi: La guerra mondiale dei dazi e gli effetti sulla classe operaia e le masse

dal blog proletari comunisti

Il 2 aprile Trump ha scatenato la guerra commerciale mondiale - qualcuno dice che sarà una data che passerà alla storia - con la presentazione di un elenco di paesi e con i relativi dazi che gli Stati Uniti applicheranno ad ogni paese, in quella tragica sceneggiata alla Casa Bianca, davanti alla sua claque, dove ha elencato, paese per paese, il tipo di dazi che vuole imporre.

La giustificazione per questi dazi è, da un lato, quella della necessità di fare soldi per rendere l'America ricca di nuovo, un'affermazione veramente assurda visto che gli Stati Uniti hanno il Pil  più alto al mondo, 20 mila miliardi mentre quello della Germania è intorno a 4 mila miliardi e il Giappone 5 mila miliardi e dall'altro, invece, quello di costringere, per chi volesse continuare a vendere negli Stati Uniti, a produrre direttamente negli Stati Uniti, quindi un tentativo di reindustrializzazione del paese, visto che, come dice lui, negli anni le industrie sono quasi scomparse negli Stati Uniti colpendo la classe operaia per quantità, tant'è che in questa tragica sceneggiata ha chiamato accanto a sé un operaio che ha detto che quest'operazione che stava facendo era corretta perché si parla di deindustrializzazione e di necessità di reindustrializzare.

I dazi però questo aspetto lo toccano e lo toccano non come dice Trump, ma in forme diverse, perché Trump su queste cose ha detto un sacco di bugie. I dazi nella tabella sono molto pesanti, questo significa che essendo così pesanti impediranno oggettivamente a molti paesi di continuare ad esportare negli Stati Uniti. Per la Cina, per esempio, che è quella che è più colpita, c'erano già dazi precedenti ma ora ce ne sono altri di 34%, per cui si arriva a un totale di 54%.

L'Unione Europea aveva già dei dazi del 25%, adesso ce ne sono un 20% di dazi in più. Il Vietnam, per esempio, è stato colpito pesantemente con il 46%, poi c'è Taiwan con il 32%, il Giappone 24%. Nessuno viene escluso, amici o 25% e così via. Perfino lo Sri Lanka, uno dei paesi più poveri al mondo, avrà dazi del 44%.

Questi dazi porteranno per forza ad un aumento dei costi di fatto perché se si vuole continuare a vendere, a smerciare in quel paese, bisognerà pagare all'ingresso, alla dogana, i soldi che vanno appunto in genere al governo, che poi li dovrà gestire. Ma visto come andranno le cose, vista la crisi che procurerà questo aumento dei dazi in generale sul commercio mondiale e sulla produzione mondiale, probabilmente questi soldi che lo Stato incasserà serviranno, come alcuni già accennano, a compensare dal punto di vista sia dell'aiuto ai padroni, in generale all'economia, ma anche a un sostegno generalizzato ai prezzi che aumentano e quindi è un cane che si morde la coda, cioè non risolverà il problema che è stato messo come argomento principale da Trump.

Questi dazi avranno come effetto il crollo dell'economia mondiale, e lo dice la guerrafondaia von der Layen per esempio, si tratta di un duro colpo dell'economia mondiale.

Il Sole 24 Ore oggi dedica le prime 12 pagine a questo argomento, ma così come quasi tutti i giornali, per dire quanto è importante per i governi e per i padroni questo argomento, dove addirittura l'inizio di uno degli articoli è il nuovo, dirompente, protezionismo americano che riporta il mondo ai primi decenni del novecento, e così via con affermazioni sulla gravità dei dazi e sugli effetti che questi avranno perché ridurranno la possibilità di esportare negli Stati Uniti e quindi di fatto costringeranno moltissime fabbriche sia a chiudere o a esportare di meno o a cercare di esportare aprendo verso nuovi altri mercati.

5 aprile - info solidale: ODOLO (BS), SCIOPERO ALLE ACCIAIERIE VENETE CONTRO IL LICENZIAMENTO DI UN DELEGATO FIOM

 

Nella giornata di venerdì 4 aprile alle Acciaierie Venete di Odolo (ex Leali) i lavoratori e le lavoratrici hanno scioperato contro il licenziamento di un delegato sindacale della Fiom Cgil.

Al presidio hanno partecipato in solidarietà anche numerosi delegati Fiom di altre fabbriche della provincia di Brescia.

Il delegato è stato licenziato con l’accusa di insubordinazione nei confronti di preposti, “in un contesto in cui c’è un atteggiamento vessatorio nei confronti dei lavoratori da parte dell’azienda”, ha dichiarato il segretario provinciale della Fiom Antonio Ghirardi ai microfoni di Radio Onda d’Urto. 

“Il nostro delegato è stato licenziato con dei pretesti: è intervenuto per sistemare dei malfunzionamenti, nessuno si muoveva, ha dato un po’ in escandescenza, un atteggiamento comunque fatto nell’interesse del lavoro che faceva. La verità è che si tratta di un delegato bravo, che si faceva sentire, che non aveva paura e quindi un delegato scomodo“. Ascolta l’intervista completa ad Antonio GhirardiAscolta o scarica.


venerdì 4 aprile 2025

4 aprile - info Fabbriche: i lati oscuri e antioperai dell’ex-Ilva agli azeri

 


Centrale in questa fase è tornare alle fabbriche per analizzarne le condizioni strutturali e le ricadute sui lavoratori dei piani dei padroni in materia di lavoro, salario, condizioni di lavoro, salute, sicurezza. Per noi rimangono centrali le grandi fabbriche, sia pure in una situazione in cui sono tutte praticamente in crisi, perché solo dalle grandi fabbriche è possibile ripartire con la forza operaia che possa via via coinvolgere tutte le fabbriche del Paese e offrire un punto di riferimento operaio all'intero movimento, sia sul piano sindacale, sia oggi soprattutto sul piano politico, per l'opposizione ai piani dei padroni che sono orientati verso la guerra imperialista.

Parlare delle grandi fabbriche significa entrare nel merito delle contraddizioni che si stanno vivendo, non solo per analizzarle e denunciarle ma anche per cogliere gli elementi su cui è importante che la classe operaia e soprattutto le organizzazioni che operano nelle file della classe operaia, sindacali e politiche, possano intervenire per poter ricostruire una minoranza operaia all'interno delle fabbriche su posizioni classiste e combattive e di opposizione ai padroni e al governo, sia interni - il governo Meloni, i padroni italiani -  sia europei, sia mondiali, caratterizzati oggi dalla guerra di tutti i contro tutti ispirata innanzitutto dall'imperialismo americano e dalla nuova presidenza Trump.

E' in questo quadro che torniamo ancora una volta sulla situazione del gruppo ex Ilva/Acciaierie Italia e in particolare sullo stato delle cose del più grande stabilimento siderurgico del nostro paese che resta Acciaierie d'Italia a Taranto, che è oggi anche uno dei più grandi stabilimenti europei dell'acciaio, e quindi una partita che al di là delle contraddizioni specifiche che presenta, in particolare nella città di Taranto, richiede che la classe operaia di questa grande fabbrica assuma un ruolo attivo all'interno dello

scontro tra padroni, governo e l’attuale situazione di crisi, di ristrutturazione ed eventuale rilancio, e dall'altra offra la possibilità di ricostruire all'interno di questa fabbrica una forza operaia spendibile.

Nei giorni scorsi è stata annunciata la vittoria - temporanea o definitiva questo saranno i fatti a dirlo - del raggruppamento degli azeri della Baku Steel, la multinazionale che dovrà prendere in carico Acciaierie d'Italia come nuova proprietà.

Scrive la Repubblica, “sull'Ilva sventolerà la bandiera dell'Azerbaijan”. Il giornale è il primo ad ammetterlo: nulla sarà come prima. E' il primo elemento che va messo in rilievo che la Baku Steel, che ha vinto la gara con la concorrenza indiana della Jindal Steel Internazionale e della statunitense Bedrock Industries, che in realtà ha avuto un ruolo abbastanza defilato dopo un inizio che sembrava anche per loro promettente. La prima contraddizione sta nel fatto che la Baku Steel produce attualmente 800.000 tonnellate d'acciaio l'anno, cioè meno della metà di quanto si realizza a Taranto anche attualmente con gli impianti al minimo. Quindi questa società è una piccola società, inferiore del 10% di quello che è lo stabilimento Ilva a regime pieno. Questa è la prima stranezza di questa vicenda, frutto di una gara che evidentemente non è stata sulla base di un effettivo piano industriale che prevedesse il rilancio alla grande delle Acciaierie, così come hanno dichiarato soprattutto gli esponenti di questo governo, proponendosi come risolutori della questione Ilva.

In realtà questo è già un bluff.

giovedì 3 aprile 2025

3 aprile - da tarantocontro: NO alla "determina" per la privatizzazione degli asili - mobilitazione delle lavoratrici ausiliariato/pulizie

 

La Commissaria prefettizia arbitrariamente ha avviato la procedura di gara per la privatizzazione degli asili.

Un atto assurdo e ingiustificato, che non si deve effatto fare come "atto dovuto" in periodo di commissariamento. In realtà la Commissaria, sovradeterminando il suo ruolo che è solo di amministrazione dell'ente, calpesta la volontà di un consiglio comunale che in larghissima maggioranza aveva deciso lo stop alla esternalizzazione degli asili; ma soprattutto colpisce, senza avere alcun potere, la volontà e la mobilitazione delle lavoratrici, educatrici, lavoratrici dell'ausiliariato/pulizie, dei genitori dei bambini che avevano portato al risultatoi dello stop.

Nessuno si illuda. Già dalla prossima settimana le lavoratrici asusiliariato/pulizie si mobliteranno contro questa decisione. E, raccogliendo il NO del Coordinamento degli asili, chiamano ad unire tutte le nostre forze in una manifestazione che noi proponiamo per martedì prossimo. 

La Commissaria prefettizia non ha avuto neanche la faccia di dire prima e direttamente cosa intendeva fare. Mercoledì scorso le lavoratrici dell'ausiliariato dello Slai cobas avevano avuto un incontro col il siuìub commissario, su delega della Perrotta, a cui avevano ribadito, insieme alla denuncia delle loro condizioni lavorative e dello scippo del mese di lavoro estivo, il loro netto NO alla privatizzazione. In quella occasione nulla è stato detto sulla determina uscita il 1 aprile, ma il suib commissario si era riservato di dare risposte di lì a pochi giorni. QUESTA E' LA RISPOSTA. VERGOGNA!

ORA VI SARA' LA NOSTRA RISPOSTA!

Ora tutti gli ex consiglieri, tutti i partiti che avevano votato lo stop alla privatizzazione devono metterci la faccia e l'azione. Nessuno si trinceri dietro la questione di "atto dovuto", NON ERA E NON E' "DOVUTO" PER NIENTE!

Le lavoratrici ausiliariato e pulizie Slai cobas

RSA Cavaliere Vincenza


3 aprile - La Stellantis continua a scaricare la crisi sugli operai in tutti gli stabilimenti - info

Stellantis: 350 esuberi tra Pomigliano e Pratola Serra. 

di Andrea Tundo

L'azienda incentiverà l'uscita di 300 operai dall'impianto in provincia di Napoli e 50 da quello irpino. E altri 14 giorni di cassa integrazione ad Atessa.

Una sforbiciata della forza lavoro nello stabilimento che più produce in questo momento e nell’impianto dove si assemblano i motori. Stellantis taglia ancora. “Uscite volontarie”, tecnicamente. Di fatto, esuberi. L’azienda taglierà il costo del personale con 300 operai in meno al lavoro a Pomigliano d’Arco e 50 a Pratola Serra, nell’Avellinese. C’è il benestare del ministero delle Imprese e del Made in Italy, la firma di Uilm e Fim e il “no” della Fiom. . E le cattive notizie non finiscono qui: la direzione della fabbrica di Ducato ad Atessa, nel Chietino, ha comunicato altri 14 giorni di cassa integrazione (dal 28 aprile all’11 maggio) per l’abbassamento della richiesta di furgoni dal Messico.Nel 2024 sono state quasi 3.600 le uscite volontarie dagli stabilimenti italiani e altre 14mila – fa di calcolo la Fiom – ce ne sono state dal 2015: “Continua – la strategia aziendale di svuotamento delle fabbriche”.La Fiom attacca ancora: “Nel corso dell’ultimo incontro al Mimit del 17 dicembre scorso Stellantis aveva spiegato della centralità dell’Italia nella propria strategia. E questo messaggio è stato accolto e amplificato anche dal governo e dal ministro Adolfo Urso. Ma da quel momento, la produzione in Italia nel 2024 è precipitata a 283.090 auto, come accadde nel lontano 1956; il calo della quota di mercato in Italia risulta sotto la storica soglia del 30% e in Europa al 15%; si conferma l’utilizzo degli ammortizzatori sociali per tutto il 2025 allo stesso livello del 2024, con il conseguente grave impatto sulle retribuzioni delle lavoratrici e dei lavoratori; il premio di risultato del 2024 è di poco superiore a 600 euro, mai così basso, che si contrappone all’utile di 5 miliardi redistribuiti agli azionisti. E da ultimo le nuove uscite volontarie del 2025″, aggiungono i sindacalisti. “Questo è il tanto decantato Piano Italia”,

mercoledì 2 aprile 2025

2 aprile - Vincenzo Arsena muore folgorato da un macchinario alla Anodall Extrusion e il suo corpo viene avvolto dalle fiamme. Aveva 52 anni

 

mercoledì 2 aprile 2025,

di Redazione web

TREVENZUOLO - Ancora una tragedia sul lavoro: un operaio 52enne è rimasto folgorato stamani alla Anodall Extrusion, una ditta di lavorazione dell'alluminio a Trevenzuolo, in provincia di Verona.

Stando alle primissime ricostruzioni l'uomo, Vincenzo Arsena, dipendente della Anodall Extrusion originario di Taranto e che risiedeva nel mantovano, sarebbe morto folgorato dalla violenta scossa elettrica partita da un macchinario che poi si è incendiato, con le fiamme che hanno avvolto il corpo del 52enne.

Dai primi rilievi eseguiti dagli ispettori dello Spisal dell'Ulss 9 Scaligera, che procedono nell'indagine, il 52enne per cause ancora da accertare, sarebbe stato quindi prima colpito da una scarica elettrica, che lo ha ucciso. L'operaio, poi, si è accasciato sotto il macchinario che si è incendiato con le fiamme che hanno avvolto il corpo dell'uomo. Quando sono intervenuti i sanitari del Suem 118 per i soccorsi il 52enne era già deceduto.

Sul posto, oltre ai sanitari del Suem 118, sono intervenuti i vigili del fuoco, i carabinieri e lo Spisal di Verona.




2 aprile - info solidale: LATINA, AL VIA IL PROCESSO SATNAM SINGH, IL PADRONE È ACCUSATO DI OMICIDIO VOLONTARIO

 

Martedì primo aprile è iniziato a Latina il processo per l’omicidio di Satnam Singh, bracciante morto dissanguato il 17 giugno 2024, dopo aver perso un braccio tagliato da un macchinario. L’imputato è Antonello Lovato, il datore di lavoro, che non ha chiamato i soccorsi, che ha caricato Satnam in furgone – il braccio sistemato in una cassetta della frutta – e che lo ha infine abbandonato davanti casa, a Cisterna. Per questo è accusato di omicidio volontario nelle forme del “dolo eventuale”.




martedì 1 aprile 2025

1 aprile - info solidale: A fianco degli operai della ditta ‘Madys’

 

La solidarietà è una potente arma: pratichiamola!

La solidarietà è preziosa per tutti, da ogni punto di vista, di fronte al fatto che lavoratori e lavoratrici subiscono condizioni di lavoro sempre più difficili, precarie e insicure.

Insomma, una vita di stenti, precarietà e insicurezza, anche quando il lavoro c’è.

Poi, da un giorno all’altro, con il licenziamento, ti dicono che sei un esubero, che non servi più, che la fabbrica chiude, che non possono pagarti.

Per 21 lavoratori Madys (azienda in appalto del cantiere San Lorenzo, che non ricevono lo stipendio da due mesi) è stato il titolare a chiedere le loro dimissioni per dichiarare il fallimento. Quindi le varianti sfavorevoli, per operai, lavoratori e lavoratrici, sono tante e di vario tipo.

Ma essere sfruttati e oppressi, sempre e comunque, è certo e anche legittimo, perché per il padronato e lo Stato legittima è la ricerca del massimo profitto: vero motore di questa società. Per questo obiettivo, incessantemente perseguito, tutto il mondo è attraversato costantemente da guerre, ogni genere di calamità, fame, malattie e miseria per tantissimi a fronte di enormi ricchezze per pochi.

La nostra forza, di lavoratori e lavoratrici, di sfruttati, di chi è colpito dalla repressione, è la solidarietà: da esprimere e dimostrare ai lavoratori Madys che hanno scioperato venerdì 28 marzo (organizzati dal sindacato Usb) bloccando le entrate del cantiere San Lorenzo e vogliono proseguire per ottenere una soluzione positiva rispetto alla loro grave situazione.

Anche questa esperienza sta insegnando che l’unità fa la forza e la lotta può fare la differenza.

Invitiamo tutti e tutte, sindacati in primis, a sostenerli:

la solidarietà, se si dà, si può ricevere!

- Collettivo Mario Giannelli contro il DdL1660 e la repressione

Per contatti e informazioni: collettivomariogiannelli@gmail.com

Viareggio-Versilia, 31 marzo 2025  


 



lunedì 31 marzo 2025

31 marzo - Guerra imperialista - riarmo dell'Europa - il putrido nero governo Meloni - La responsabilità di noi operai - Un intervento di un compagno operaio dell'ex Ilva

 

Può sembrare una follia, ma sappiamo benissimo che la marcia inarrestabile verso una nuova devastante guerra vede per questa Europa reazionaria come necessario passo per uscire da questo impasse un nuovo riarmo volto ad essere parte determinante di un ennesimo conflitto con lo scopo di rapina dei territori e delle risorse dei Paesi non allineati alle politiche predatorie di questo Occidente ipocrita, oramai nel pieno della sua fase calante.

L’apparente pace che si prospetta avvenire nel teatro di guerra ucraino non è altro che l’accordo tra due banditi (Trump e Putin) per una equa spartizione delle proprietà del popolo ucraino; arrivati entrambi a dettare le condizioni di vita di enormi masse di popolazioni grazie all’appoggio ricevuto negli scorsi decenni dalle più grosse famiglie mafiose dei rispettivi Paesi. Questa inedita alleanza stabilitasi tra queste due enormi potenze ha preso in contropiede i governi di questo vecchio ed ammuffito continente, dove da un giorno all’altro si è ritrovato a fare i conti con i reali interessi di rapina della più grande potenza mondiale, che mostra chiaramente (e finalmente diremmo noi) il suo vero volto di rapace predatore, dove ha messo nero su bianco che a difendere i suoi privati interessi deve essere un intero continente che dal termine della Seconda Guerra Mondiale ad oggi non ha fatto altro che servirlo come un cane pastore serve il suo padrone.

Questa difesa adesso deve avvenire a spese dei cittadini, di noi cittadini, che ci ritroviamo di nostro già a fare i conti con un caro vita ed una privatizzazione della pubblica amministrazione che non ha eguali nel corso della Storia ed ha prosciugato da tempo tutti i risparmi delle famiglie meno abbienti.

Questo riarmo, come si diceva più su, potrebbe sembrare folle, ma è evidente come sia l’unica strada che l’economia stagnante (che non vuol dire impoverita, ma con una crescita inferiore alle aspettative) che questo Occidente in declino ha è quella di distruggere tutto, anche le vite degli esseri umani, e ripartire in seguito a folle velocità per recuperare nel più breve tempo possibile i capitali distrutti. La goffa ed assurda giustificazione, che trova in quella statua di cera della presidente della commissione europea Ursula von der Leyen la sua massima espressione, non è altro che un arrampicarsi sugli specchi per alimentare le manie di crescita infinita che il sistema capitalista ha nella sua natura. La narrazione che vuole come l’occidente libero e democratico sia paladino dei giusti e le nazioni ai suoi confini orientali come bruti, barbari da civilizzare, ormai non regge più, neanche l’ultimo tra gli sprovveduti può dare credito ad un racconto così pieno di balle e castronerie.

È risaltato agli occhi del mondo intero l’incontro avvenuto lo scorso mese tra il presidente degli Stati Uniti Trump ed il suo omologo ucraino Zelensky, uno gnomo da giardino che della consistenza del gesso ha fatto il suo tratto distintivo. Quell’incontro ha messo definitivamente nero su bianco quanto la spavalderia del presidente ucraino fosse dettata null’altro che dalla copertura del governo americano sino a poco fa, da questo momento dovrà però fare i conti con il taglio agli armamenti da parte degli USA. Il suddetto incontro ha chiarito che l’appropriazione delle risorse appartenenti di diritto al popolo ucraino avverrà dai predoni dei governi russo ed americano.

Di fronte a questa inedita alleanza i governi europei, esclusi di fatto dalla spartizione del bottino, ora sono nell’imbarazzo del dover giustificare la menzogna perpetrata nel corso degli ultimi tre anni sulla questione degli aiuti militari che sono costati ai popoli lacrime e sangue.

Come giustificare d’altronde ad oggi la dissennata e continua richiesta di aumento delle spese militari? I governanti di questo piccolo pezzo di mondo sono completamente avulsi dalle necessità ed i bisogni dei popoli che sono chiamati a governare; gli esseri umani necessitano di cibo, istruzione, cure, vite dignitose, loro ricambiano con armi, armi, armi ed ancora armi. Domattina a colazione latte cereali calibro 9.

Ogni popolo di ogni nazione è chiamato al sacro compito di contestare, protestare, lottare contro gli interessi dell’industria bellica. Deve essere colta ogni pur minima occasione per trasformare le guerre di carattere imperialista in guerre civili che siano proiettate al rovesciamento di questo sistema improntato sul profitto ad ogni costo, che vede donne e uomini solo come risorse per aumentare illimitatamente il prodotto interno lordo.

Nel nostro caso vuol dire lottare contro uno Stato che ora replica in forma di farsa la tragedia che cento anni fa portò il nome di fascismo. Il preoccupante, pericolosissimo revisionismo storico galoppante che in questi anni ci sta conducendo sull’orlo del baratro trova sponda attraverso il controllo asfissiante dei mezzi di comunicazione di massa e con esso il consenso, un consenso di una parte delle masse ignare delle devastanti conseguenze di queste politiche interventiste, belliciste, che prosciugano le nostre vite e le rendono miserabili.

Il nostro compito ora è quello di risvegliare le coscienze dormienti di questa parte delle masse. Tocca porre l’attenzione sulla rinnovata minaccia che corrisponde al governo ed alla sua nera maggioranza parlamentare, un cumulo di rifiuti della società che vede nella figura mefistofelica della servetta presidente del consiglio Giorgia Meloni la sua massima espressione. Un putrido avanzo, un rifiuto organico a capo di una poco coesa coalizione di maggioranza che vede gli esponenti di Fratelli d’Italia in bilico tra le istanze guerrafondaie del ministro della guerra Crosetto, derivanti dai profitti enormi dell’industria bellica che lui stesso rappresenta, ed il nauseante servilismo della fascistella stessa in odor di santificazione dai suoi endorser Trump e Musk, che, ripeto, pretendono con la forza che l’Europa faccia da baluardo della difesa agli americani a proprie spese; Forza Italia, nella figura del ministro Tajani, in prima fila nella foga bellicista di questo moderno medioevo, mentre gli alleati infami della Lega, con a capo il nullafacente carabiniere mancato Salvini, contrari al nuovo piano di riarmo europeo nell’ottica sia di uno spostamento di fondi dalle spese sociali ad un rafforzamento delle spese verso le forze dell’ordine in funzione repressiva del dissenso (cosa che trova comunque pieno consenso negli alleati), a causa della loro vicinanza ideologica e non solo ideologica verso i due criminali Trump e Putin di cui sopra. Nella coalizione di maggioranza ci sarebbero anche gli scaldapoltrone di Noi Moderati, ma sfidiamo chiunque a ricordarsene l’esistenza.

A questa schifosa quaterna non vanno dimenticate le opposizioni, che ognuna a modo loro, non rappresentano le necessità delle masse. Si parte dal pieno collaborazionismo di Azione, Italia Viva e Partito Democratico, sempre in prima linea nell’opportunismo che da sempre li contraddistingue, sempre in evidenza quando si tratta di difendere gli interessi dell’Italia capitalista/imperialista e dei propri gruppi d’interesse.

Questi partiti hanno sempre mostrato il loro vero volto da accattoni, anche quando blateravano di pace, sia che fosse il sostegno all’Arabia Saudita contro lo Yemen, sia nell’appoggio allo Stato terrorista di Israele, senza dimenticare la continua aderenza all’invio di armi a Kiev, né gli accordi con i signori della guerra libici di minnitiana memoria. Noi non dimentichiamo l’eterna ipocrisia del PD, che durante la settimana votava in parlamento per l’invio di armi all’Ucraina, il sabato successivo manifestava con le bandiere della pace ed alla nuova settimana votava per un nuovo pacchetto di armi da inviare ancora in Ucraina. A questi scempi di partiti dobbiamo aggiungere i cerchiobottisti del Movimento 5 Stelle, un partito pigliatutto dove al suo interno troviamo tutto ed il contrario di tutto, dove ai loro proclami di pace non sempre corrispondono i fatti, basti vedere il loro voto favorevole dato lo scorso anno alla missione Aspides, un partito che più volte in passato non ha fatto mistero del proprio appoggio all’atlantismo. Discorso leggermente diverso va fatto con AVS. Pur avendo sempre coerentemente votato contro ogni invio di armi, contro ogni deriva bellicista delle borghesie parassitarie presenti in parlamento, non possiamo non criticare come raramente si siano sporcati le mani scendendo nelle piazze e manifestando, aderendo alle iniziative di lotta assieme ai nostri compagni. La loro azione si limita a dei timidi interventi, seppur in parte condivisibili, durante le discussioni parlamentari. Ci sarebbe anche da nominare Più Europa, ma vale lo stesso discorso fatto prima con Noi Moderati, sono il loro equivalente nelle opposizioni.

A tutto lo scibile parlamentare e governativo aggiungiamo che non c’è nessuna alta carica dello Stato a cui possiamo fare riferimento, meno che meno che al presidente Mattarella. Totalmente inappropriate sono state le sue parole lo scorso anno di pieno sostegno all’Alleanza Atlantica, parole che in maniera totalmente inesatta mostravano come la Nato fosse garanzia di pace, parole mai minimamente rettificate. Siamo in grado di dimostrare come la Nato sia invece la causa di molteplici conflitti.

In questi rinnovati e violenti venti di guerra, raffiche per l’esattezza, che spirano nel nostro continente, impossibile non fare neanche un cenno alla catastrofe che il popolo palestinese subisce da quasi ottant’anni e che da circa un anno e mezzo e precipitata nel baratro più profondo. Anche qui il nostro continente si è dimostrato il covo delle ideologie più reazionarie, dove l’appoggio al boia Netanyahu è stato incondizionato, dove da più parti sono state pronunciate parole accomodanti sennonché di vero e proprio benvenuto, non ultime dal nostro nero governo, verso un criminale sulla cui testa pende un mandato di cattura internazionale, responsabile di alcune delle più grandi atrocità che la Storia recente ricordi, e dire che abbiamo solo l’imbarazzo della scelta a riguardo.

Ed in questa immane tragedia non dobbiamo dimenticare che anche l’ONU, che oggi attraverso i rapporti e le per nulla incisive dichiarazioni del suo presidente Guterres muove delle blande accuse a quella metastasi tumorale che risponde al nome di Israele, ha il suo livello di responsabilità. Le chiacchiere stanno a zero, i fatti dimostrano tutt’altro, e mostrano come oltre ad aver contribuito alla nascita del terrore nel Medio Oriente lo difende attraverso il suo esercito in pianta stabile all’interno dei confini dello Stato confinante del Libano.

Fare questo elenco, seppur largamente incompleto, di partiti, stati, figure apicali ed organizzazioni non è per fare i bastian contrari a prescindere da tutto e tutti, ma è per mettere in evidenza come noi proletari non abbiamo alleati nelle borghesie, qualsiasi cosa se ne dica. Il compito storico del proletariato è quello di abbattere per sempre la società capitalista.

La classe operaia, in quanto classe che produce la ricchezza ha nelle proprie mani la capacità di determinare quale deve essere il fine di questa ricchezza.

Il riarmo europeo già deciso sta prendendo in considerazione la riconversione delle fabbriche dell’auto in produzione militare, questo porta ad un facile ragionamento: se al principio del profitto c’è il soddisfacimento dei bisogni attraverso la produzione di massa, la conseguenza naturale è che non saranno più le automobili a soddisfare le necessità ma bensì le armi. La guerra dunque diviene una necessità da perpetrare all’infinito per poter accrescere continuamente il capitale. Dovremo morire, dovremo soffrire per poter vivere. O meglio, sopravvivere.

Davanti a questa prospettiva terrificante i burocrati rappresentanti dei lavoratori dei sindacati confederali non hanno opposto e continuano a non opporre alcuna resistenza, basti semplicemente vedere il totale e colpevole silenzio sul Medio Oriente, sul massacro del popolo palestinese. Basti vedere la da sempre incoerenza dell’amico del PD Landini, dove alle parole di critica verso il riarmo non si è mai visto una scesa in piazza con i proPal ma è sceso con i guerrafondai il 15 marzo. Ci sono i maggiordomi della CISL, quasi quasi incuriositi dalla prospettiva di riconversione delle fabbriche e c’è la UIL, con il suo instancabile motto “armiamoci e partite”. In colpevole silenzio anche una parte del sindacalismo di base.

A fronte di queste considerazioni la nostra risposta è sempre è soltanto una: la necessità dell’autorganizzazione dal basso della classe operaia, della sua totale emancipazione dalla burocrazia del confederalismo sindacale e di una rinnovata partecipazione alle lotte che è venuta mano mano sempre meno negli ultimi anni. Sappiamo che non è una strada di semplice percorrenza, sappiamo che il lassismo prodotto dall’arretramento delle lotte negli ultimi anni è una tendenza di difficile inversione, e sappiamo che per cambiare rotta bisogna in primis eliminare le cause di questa situazione. Cause che abbiamo appena visto poco sopra.

Le contraddizioni all’interno delle classi borghesi prima elencate, ad esempio quella che vede l’alleanza forzata nella maggioranza di governo, dove, come si diceva, si è in bilico tra le istanze guerrafondaie e di riarmo europeo da una parte, e la vicinanza all’imperialismo russo nella figura del tiranno Putin dall’altra, sono l’anello debole della catena dell’imperialismo, ed è da ricercare in queste contraddizioni l’elemento scatenante di una nuova ondata di lotte nelle classe operaia.

Il socialsciovinismo (come lo avrebbe definito Lenin) della pseudosinistra parlamentare e di alcuni elementi della sinistra extraparlamentare, assieme ai sindacati confederali ed alcuni sindacati di base, è una malattia infettiva che deve essere debellata, e la Storia può insegnarci come combatterla. Guardare indietro alle grandi stagioni di lotta del nostro Paese, come ad esempio al glorioso Biennio Rosso oppure alle lotte degli anni 70, mostra come la classe operaia sia stata motrice del cambiamento progressivo dello stato sociale, mentre oggi il suo cambiamento in ordine regressivo dimostra come sia proporzionale alla regressione della lotta, degli scioperi. Dunque il fulcro su cui fare leva restano le fabbriche.

La classe lavoratrice detiene una forza latente, una capacità intrinseca di poter essere il motore del cambiamento della società intera, e di questo le classi borghesi ne sono pienamente consapevoli, basti vedere l’inasprimento quotidiano della repressione verso le rivendicazioni della stessa, ma non tutto il male viene per nuocere. Gli 800 miliardi previsti in armamenti non sono altro che la cartina di tornasole della profonda crisi e del fallimento dell’Europa che tenta disperatamente, con ogni mezzo, di strappare con le unghie e con i denti gli ultimi pezzi di menzogna che le restano da pronunciare. L’Europa imperialista per come la conosciamo è oramai arrivata al capolinea, e di questo dobbiamo approfittarne. Questa tendenza alla guerra della società odierna può essere infatti la scintilla che da l’avvio al motore della rivolta, a noi il compito di alimentarla.

A noi il compito di trasformare la spietatezza della guerra di carattere imperialista in gloria della guerra civile, con gli operai nuovamente in primissima linea, chiudendo definitivamente i ponti con il riformismo che ha inquinato e continua ad inquinare il fuoco della rivolta.

Sono ottimista a riguardo, guardandoci indietro possiamo vedere come la parte giusta dell’umanità ha sempre saputo affrontare le grandi catastrofi, e pur perdendo le battaglie ha infine vinto le guerre.



sabato 29 marzo 2025

29 marzo - LO SCIOPERO DEI METALMECCANICI

Le prime notizie che abbiamo da questo sciopero sono di due tipi. In tante fabbriche non si sciopera, scioperano i delegati, gli attivisti stretti di Fim/Fiom/Uilm che molto spesso non scioperano ma in realtà sono in permesso sindacale e danno vita a presidi e manifestazioni che non vedono certo la partecipazione numerosa dei lavoratori. È il caso delle principali fabbriche del sud: ieri mattina alle Acciaierie, nell'appalto dove lavorano attualmente 3.000 operai, l'ingresso è stato massiccio e la partecipazione allo sciopero non è quantificabile, ma pensiamo che questo riguardi anche altre realtà.

C'è da tener conto che alle Acciaierie quasi più della metà degli operai nell'appalto non hanno il contratto metalmeccanico perché padroni e sindacati hanno via via accettato i livelli sempre maggiori di precarizzazione dei lavoratori. Tanti operai sono stati passati al contratto multiservizi che rende questi lavoratori meno pagati, più insicuri e più precari ed è evidente che senza rimuovere questo ostacolo, per fare l'esempio dell'appalto dell'Acciaierie, è difficile poter fare uno sciopero unitario.

Ieri mattina lo Slai Cobas è stato alle portinerie dell'appalto, dato che alle portinerie dell'Acciaierie non c'era nessuno, vi erano degli striscioni per il contratto e nessuno davanti alle portinerie, neanche dei delegati che con la scusa del presidio alla Confindustria praticamente hanno lasciato i lavoratori – e in tantissimi sono in cassa integrazione - senza alcun riferimento e di conseguenza hanno lasciato campo libero al fatto che gli operai entravano.

Naturalmente i presidi vengono pubblicizzati dalle organizzazioni sindacali e sostenuti dalla stampa amica nelle varie città, ma in realtà nella maggior parte delle fabbriche lo sciopero ha avuto una modesta riuscita e noi non ne siamo certo contenti, soprattutto perché senza la mobilitazione degli operai e dei lavoratori nelle fabbriche - in tutte le fabbriche e non a macchia di leopardo come è attualmente sostanzialmente la partecipazione di operai a questi scioperi dei metalmeccanici - è fondamentale per avere il clima adatto in cui discutere e far avanzare i lavoratori su tutti i temi della situazione politica nazionale e internazionale e prima fra tutti del piano di riarmo e di guerra che riguarda anche tante fabbriche o divenute belliche in espansione o che si vanno trasformando nel quadro dell'economia di guerra in fabbriche anch'esse legate alla partecipazione degli Stati e dei governi imperialisti alla guerra.

Certo il Capitale va dove ci sono profitti e se i profitti vengono dalla guerra i capitalisti si buttano a tuffo su questa con le loro multinazionali, e di questo occorreva parlare anche con gli operai ieri in sciopero proprio perché siamo di fronte a un contratto in cui i padroni negano aumenti salariali dignitosi (non che fossero dignitosi quelli richiesti da Fim/Fiom /Uilm ma sicuramente si poteva e si doveva rivendicare molto di più).

Ma le rivendicazioni lasciano il tempo che trovano se poi di fronte ai padroni che offrono il nulla i sindacati che organizzano la maggioranza degli operai metalmeccanici tuttora non alzano il tiro nella lotta salariale, nella lotta contro la precarietà, nella lotta contro le morti sul lavoro e la situazione della sicurezza sul lavoro e di fronte ai piani di ristrutturazione che fanno sì o che si vada verso la guerra, l’industria bellica e la riconversione al contrario di quello che chiede da sempre il movimento per la pace: la riconversione delle industrie belliche.

Questa riconversione c'è ma al contrario di ciò che rivendica il movimento per la pace e nelle fabbriche non si apre né una discussione seria né uno scontro di posizione su questo. Almeno noi lo abbiamo fatto oggi alle fabbriche dove siamo stati oltre che a diffondere il volantino che si può tranquillamente ritrovare nel blog dello Slai Cobas per il sindacato di classe, abbiamo diffuso Ore12 stampato, cioè quello strumento che raccoglie gli articoli principali della Controinformazione settimanale che viene fatta in questa forma che state ascoltando dai compagni di proletari comunisti che utilizzano e creano questo strumento di Controinformazione rossoperaia proprio per dare nelle orecchie, nei cuori, nella mente e nelle mani degli operai uno strumento di parte - dalla propria parte - per leggere  ciò che sta succedendo sul piano del riarmo ma anche sul piano dei decreti sicurezza, della repressione e sul piano della crisi scaricata sugli operai attraverso anche la linea perdente dei sindacalisti confederali su ciò che sta avvenendo in Stellantis, nelle Acciaierie ex Ilva di Taranto.

Noi siamo perché si arrivi a uno sciopero generale che metta in discussione non soltanto la politica economica di questo governo (come quella di tutti i governi dei patroni in Italia, come negli altri paesi imperialisti), ma che metta in discussione la politica di guerra e di repressione che sta diventando il centro di tutti i governi imperialisti al di là delle loro differenze che dipendono essenzialmente dallo sviluppo disuguale del capitalismo che porta i capitalisti più grandi a far la guerra a quelli più piccoli e viceversa, in un quadro di scontri tra multinazionali.

In questo si innesta la politica dei dazi dell'imperialismo americano, la nuova presidenza Trump che sta spingendo il piede verso l'acutizzazione della guerra commerciale e impone con la forza il suo programma “America prima di tutti” che poi diventa in ogni paese “Germania prima di tutti”, a volte travestito da “Europa prima di tutti”, “Italia prima di tutti”, in cui il nostro governo si trova come il cacio sui maccheroni ma collocato a fianco di Trump e quindi anche in contraddizione con gli altri governi europei che vedono sempre di più nel governo Meloni una sorta di quinta colonna dell'imperialismo americano, cosa che non piace a fette consistenti dei padroni anche italiani che hanno interesse di restare al carro dell'Europa imperialista e dei suoi governi.

Ma tornando al punto chiave su cui oggi stiamo ragionando, gli operai non hanno né forza sindacale nel nostro paese attualmente e meno che mai rappresentanza e forza politica per difendere i loro interessi di classe sia sul piano del salario, del lavoro, delle condizioni di lavoro, della Sanità, dei servizi sociali, sia sul piano politico vale a dire con un proprio partito che rappresenti gli interessi contrapposti ai padroni e al loro sistema capitalistico.

Gli scioperi di ieri sono un elemento centrale della ripresa non solo della lotta operaia ma del luogo dove si può sviluppare la discussione, la formazione, l'agitazione, la propaganda per elevare la coscienza dei lavoratori e delle loro avanguardie affinché prendano nelle loro mani la lotta non solo sindacale ma la lotta politica in questo paese contro padroni e governo, con un'ottica internazionale perché gli operai e i proletari di tutto il mondo si trovano a fronteggiare le stesse situazioni, sia nei paesi imperialisti/ capitalisti sia nei paesi oppressi, dipendenti e oppressi dai paesi imperialisti e capitalisti.

Recentemente abbiamo avuto un grande sciopero in Grecia con gli operai che hanno preso nelle loro mani la lotta e lì era innanzitutto contro le morti sul lavoro che racchiudeva l'esito più tragico per i lavoratori delle situazioni di sfruttamento, precarietà, in cui tutti i lavoratori compresa la grande parte di essi che sono migranti divenuti operai in questi paesi che pagano un costo doppio al sistema di sfruttamento del Capitale.

Uno sciopero generale che ha visto una forte partecipazione dei lavoratori e intorno a essi una mobilitazione di studenti, disoccupati e altri settori sociali che non ci stavano.

Questo è avvenuto in Grecia come l'anno scorso è avvenuto in Francia intorno alla questione delle pensioni e che sta riprendendo piede proprio di fronte al fatto della scelta di Macron di lavorare in prima persona con il suo governo e il suo sistema per la guerra.

Quindi lo sciopero dei metalmeccanici che racchiude il cuore del proletariato e dei lavoratori italiani era ed è una delle condizioni necessarie per avere nel nostro paese un'autentica lotta di classe e un'autentica lotta proletaria di massa che permetta di mettere in discussione gli attuali rapporti di forza tra padroni/Stato/governo e operai.

Certo il governo Meloni, che peraltro è un  governo formato anche da rappresentanti diretti dei padroni - ad esempio Crosetto è sui libri paga delle multinazionali della guerra della Leonardo e di tutto il sistema che lavora per la guerra nel nostro paese - ma è fatta di ministri corrotti come la Santanchè e ora sta venendo fuori che la Calderone - la cosiddetta ministra del lavoro che in realtà lavora per i padroni, è consulente dei  padroni anche nelle vertenze sindacali e nelle vertenze sociali che riguardano i lavoratori - è un personaggio corrotto che ha conseguito la laurea attraverso sistemi truffaldini di cui il giornale il Fatto Quotidiano sta documentando. E’ inutile fare il caso dei ministri dell'ambiente che lavorano in realtà contro l'ambiente, per il nucleare, i ministri della Scuola che, oltre che essere fascisti, reazionari e conservatori, lavorano per un massiccio ingresso delle aziende, delle industrie belliche nella scuola.

Quindi tutto un governo organicamente legato ai padroni, organicamente legato ai ricchi, ai corrotti in questo paese che meriterebbe una posizione seria sul piano politico cosa che non c'è vista la natura ormai dall'altra parte della barricata che è rappresentata dai cosiddetti partiti di sinistra – PD e satelliti - ma sostanzialmente i lavoratori non hanno nelle loro mani gli strumenti necessari per sviluppare sia la lotta sociale, sindacale, sia la lotta politica e quindi il grande problema che abbiamo da ora - e non solo e non sappiamo ancora per quanto – è ricostruire il partito della classe operaia, il sindacato di classe, il fronte unito proletario e popolare.

Lo sciopero di ieri poteva essere un'occasione per discutere con le avanguardie operaie anche di questo ma naturalmente questo è stato possibile solo in alcuni casi e senza alcun tipo di piano e di organizzazione che lo supporti.

Questo è il lavoro che però facciamo anche con questo strumento che è la Controinformazione rossoperaia/Ore12

 

notizie  da dove siamo intervenuti direttamente

Milano 

Oggi, alla manifestazione prevista per lo sciopero,in tutto poco più di 400/450 in stragrande maggioranza fiom e sparuta presenza fim e uilm, abbiamo volantinato la posizione del coordinamento nazionale dello slai cobas, ben accolto nello spezzone fiom con discussione su riarmo, costruzione di un fronte di classe contro la guerra contro la cisl e il governo Meloni, necessità fare come negli anni 70 e di una rivolta sociale vera, diffuse copie di ore 12 controinformazione rossoperaia giornali.

Taranto 

 volantinaggio alle portinerie Acciaierie e in particolare dell' appalto - locandine a tutte le  portinerie - diffuse 30 copie di ore 12 , fatte scritte murali ai cancelli durante il volantinaggio - dello sciopero a taranto si parla nel testo generale di ore 12- delegati sindacali assenti alle portinerie - poi in presidio solo loro alla confindustria

Bergamo

Siamo stati presenti con striscione al concentramentone diffusione controinfo e una bandiera Palestina e una di proletari comunisti. Corteo a Bergamo breve e con scarsa partecipazione operaia, prevalenza apparato delegati attivisti (lo spezzone fiom era più piccolo rispetto a quello dello sciopero generale), terminato in una piazza nascosta nel centro cittadino. Un contesto poco ricettivo che ha limitato la diffusione ma ore 12 controinformazione rossoperaia è stata accolta con interesse con chi si è riuscito a parlare e confrontarsi, una decina di operai di alcune medie aziende e un po' più a lungo con un giovane dell'acciaieria tenaris e verso la fine un delegato della same (che come operai era quello più numeroso). Con questi operai si è condiviso la questione che abbiamo portato con lo striscione, della necessità di partire dalla situazione non adeguata/arretrata per cambiarla collegando i temi del contratto con delle forme di lotte  adeguate, fare il collegamento necessario con il riarmo, la guerra, il fascismo del governo che avanza e il ruolo collaborazionista della CISL, la necessità dello sciopero generale da costruire dal basso. Ovviamente è un inizio di un lavoro su cui tornare nelle fabbriche per animare discussioni tra i lavoratori dalle prese di posizione, alle lotte e scioperi dai posti di lavoro che non vengono alimentati per la linea della fiom in primis e che dall'altro lasciano terreno vuoto da riempire con i contenuti del nostro lavoro autonomo. Su questo ad esempio una discussione con un giovane operaia sulla rivolta sociale che è diventata per Landini il referendum, vista anch'essa come forma di lotta. Nella discussione è poi emerso che quello che più serve per il risveglio della classe opeai sono gli scioperi dove si cresce non il voto 

Palermo - Fincantieri

 Il tempo oggi tipo diluvio pioggia ostacola in parte il volantinaggio, diffuse 20 copie di ore 12 controinformazione rossoperaia Circa 200 volantini

Manifestaziobe a palermo no- La manifestazione si è fatta a Siracusa da Palermo delegazione soprattutto di delegati Soprattutto operai ditte con atteggiamento scettico pesa la ricattabilita occupazionale " ci pressano di non scioperare"

Pochi operai fincantieri " il lavoro per ora c è " traghetto per la sicilia e manutenzione pezzi che arrivano, nessun accenno da parte degli operai alla Fincantieri produzione militare, lo portiamo noi l' argomento

Un operaio fincantieri ci dice a proposito delle bandiere dei sindacati confederali: che serve mettere queste bandiere? Si doveva fare almeno un picchetto ma non lo hanno organizzato

Alcuni operai sconcertati su vicenda operaie Beretta e accordo bidone cgil contro operaie aumento salario 2, 19 euro che abbiamo portato nella discussione

Gli operai immigrati prendono il volantino piu volentieri lavorano alle ditte di appalto e aumentano - sono per lo più giovani