martedì 31 marzo 2020

31 marzo - Dal compagno/lavoratore Slai cobas sc dell'Istituto Tumori di Milano

Dal compagno/lavoratore Slai cobas sc dell'Istituto Tumori di Milano:

"...Per effetto di tutte le procedure di tutela, col nulla che ci danno, c'è un sovraccarico di stress, ho le mani tutte spaccate  e il dolore si fa sentire (il continuo lavaggio tra un cambio e l'altro dei guanti), vestizione e svestizione senza che ci vengano fornite le divise monouso, l'aumento esponenziale di medici -lavoratori, non solo infermieri,- pazienti, che hanno contratto il covid-19, senza che vengano fatti i tamponi a tutti quelli che sono entrati in contatto con loro, praticamente ci stanno mandando pazienti che provengono da altri ospedali e fuori regione, con la scusa che siamo un hub solo oncologico, dove già comunque il contagio si è diffuso. Nonostante questa realtà, molto occultata, di fatto hanno imposto di operare anche al sabato. Le sanificazioni sono un fai da te, senza che vi sia né utilizzo degli strumenti necessari né squadre di operatori dedicati, con grossi rischi di espandere i contagi anche tra i lavoratori delle pulizie. Cominciano a scarseggiare anche le protezioni per il reparto dedicato "sorveglianza covid-19"; interi reparti delle diagnostiche (radiologia - radioterapia -tac) sono decimati dalle malattie (al di la da cosa siano determinate queste malattie, paura - contagiati - o altro) e il carico di lavoro viene scaricato sugli OSS dei reparti. 
A parte questo il mio morale e la determinazione sono "alti"..."

30 marzo - Policlinico di Palermo e coronavirus: i dispositivi di sicurezza non arrivano e lo slai cobas sc fa scattare la denuncia alla Procura della repubblica

CONTINUA L’ASSENZA DEI D.P.I. (Dispositivi di protezione individuali), CON GRAVE RISCHIO PER LA SALUTE PRINCIPALMENTE DEL PERSONALE ADDETTO ALL’ASSISTENZA, MA ANCHE PER GLI ALTRI DIPENDENTI COSTRETTI A RIMANERE IN SERVIZIO NEI LABORATORI, NEGLI UFFICI, NELLE PORTINERIE…


LO SLAI COBAS PER IL SINDACATO DI CLASSE HA PRESENTATO UNA DENUNCIA ALLA PROCURA DI PALERMO CHIEDENDO LA PERSECUZIONE PENALI DI TUTTI I RESPONSABILI

Lo scorso 17 marzo lo SLAI COBAS sc ha trasmesso una denuncia pure al ministro della salute, oltreché all’assessore regionale alla sanità, alla direzione generale del Policlinico e al rettore dell’università di Palermo, in merito all’assenza dei D.P.I.  Tuttavia, a tutt’oggi, istituzioni e azienda continuano a fare orecchie da mercante, malgrado il governo affermi che siano già arrivate milioni
e milioni di mascherine e altro materiale necessario per difendersi dall’epidemia in atto. Epidemia che, ricordiamo, ha già contagiato, a livello nazionale, anche circa 6.500 operatori sanitari, procurando tra l’altro la morte di 44 medici, proprio a causa della mancanza di dispositivi di sicurezza adeguati.

Fatto che medici, infermieri, capisala di tutt’Italia continuano a denunciare a gran voce, affermando di essere stati mandati al fronte, a fare la guerra a mani nude, come carne da macello!

Inoltre, contestano giustamente pure i turni massacranti a cui sono sottoposti: “Succede che i turni già pesanti di dodici ore si dilatano fino a raggiungere le 15 ore. Perché non si può uscire dal reparto fino a quando chi deve sostituirti non è stato dotato della mascherina filtrante…”. In ragione di ciò vi sono infermieri che si dimettono.

Anche al Policlinico di Palermo, sebbene attualmente risultino ricoverati per coronavirus solo due pazienti, il personale sanitario, al forte stress lavoro-correlato che subisce da anni a causa della grave carenza di organico, aggiunge la paura di poter essere contagiato dal coronavirus, perché, come si diceva prima, mancano ancora i D.P.I.

La stessa cosa accade negli altri ospedali cittadini e siciliani. Non possiamo permettere che anche qui finisca come al nord che purtroppo ha su di sé l’assurdo peso dei contagi e delle morti! Perciò intanto abbiamo deciso di sporgere denuncia alla procura.

Inoltre, ci riserviamo di chiamare infermieri, medici e tutto il personale addetto all’assistenza a RIBELLARSI e ad incrociare le braccia qualora lo stato di cose persista.

LA SALUTE/VITA NON SI TOCCA, LA DIFENDEREMO CON LA LOTTA!

SLAI Cobas sc -Policlinico Palermo        

lunedì 30 marzo 2020

29 marzo - ArcelorMittal Taranto, primo caso positivo di Covid-19 - Non possiamo accettare più questa situazione


Il lavoratore, dopo essersi sentito male l’altra sera durante il turno, e dopo una prima valutazione in infermeria, aveva lasciato la fabbrica ed era tornato a casa, seguendo le procedure di contatto sanitarie. Accompagnato dal 118, ha poi effettuato il tampone all’ospedale ‘Moscati’ di Taranto, che è Centro Covid 19. Si tratta del primo caso di Coronavirus che si verifica nel siderurgico ArcelorMittal.
------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Aver concesso ad AercelorMittal 3500 diretti più 2000 dell’appalto obiettivamente, al di là delle misure di protezione sulle quali vi sono diverse lamentele che ci provengono dai lavoratori, crea una vera e propria bomba potenziale che in nessuna maniera può e deve essere accettata.

I sindacati in fabbrica avevano inizialmente posto la questione in termini corretti, contenere al minimo tecnico degli impianti riducendo di fatto la presenza dei lavoratori diretti e di appalto all’interno. Questo poteva riguardare al massimo un migliaio di operai.
Richiamati a trattare i sindacati confederali erano arrivati a concedere ben 3200 diretti e 1800 per l’appalto. Questa concessione è gravissima e toglie ogni legittimità agli strilli dopo la decisione del Prefetto.

Il Prefetto, sull’autostrada concessa dal preaccordo di fatto sindacati e azienda e
utilizzando le evidenti ambiguità del DPCM che sta creando problemi e contraddizioni in tante fabbriche in Italia, ha portato a 3500+2000 gli operai.

La frittata è fatta. La vita dei lavoratori è obiettivamente a rischio!

Lo Slai cobas per il sindacato di classe non ha forza in fabbrica per fermare l’azienda con uno sciopero, cosa che avrebbe fatto immediatamente dopo la decisione del Prefetto. Cosa che non ha fatto ad esempio l’Usb.
Per questo ora la parola e l’azione spetta ai lavoratori che già nei giorni passati avevano reagito spontaneamente restando a casa in malattia. Questo comportamento spontaneo a tutela della propria vita deve continuare, e non ci sono numeri che tengano.

Nello stesso tempo è quando c’è bisogno che i lavoratori devono farsi vedere e sentire.Dare forza allo Slai cobas in questo momento è l’arma in più che i lavoratori possono usare.
La nostra proposta resta lo sciopero, ed è rivolta a tutti i sindacati, perchè lo sciopero deve essere unitario e di massa per cambiare questa situazione. Ma sciopero o non sciopero bisogna difendersi con tutti i mezzi.

E’ inutile rilevare che una qualsiasi estensione del contagio in fabbrica va ben oltre gli operai, tocca famiglie, quartieri, paesi. Si può rischiare questo?

slai cobas per il sindacato di classe taranto
slaicobasta@gmail.com
29-3-2020

domenica 29 marzo 2020

29 marzo - Coronavirus alla Tenaris Dalmine: muore operaio di 44 anni. PER LO SLAI COBAS NON E' UNA FATALITA'. il comunicato con la presa di posizione del sindacato inviato anche alla stampa

COMUNICATO A TUTTI I LAVORATORI

Tenaris Dalmine muore un operaio di 44 anni per Coronavirus: non è una fatalità, 
ma il risultato di un mese di lavoro senza controlli che comincia a dare i suoi amari frutti nelle fabbriche. La produzione non deve essere messa sopra la salute operaia.

Le morti operaie non sono mai tragiche fatalità, ma il frutto di un sistema di produzione capitalista che mette al primo posto il profitto delle aziende a scapito della salute e sicurezza degli operai.
La strage quotidiana dei lavoratori che non si ferma con 3/4 morti al giorno dimostra che dietro ogni infortunio o malattia sui posti di lavoro vi sono cause ben precise tra cui la mancanza di misure adeguate, controlli sulla sicurezza, un’organizzazione del lavoro funzionale al profitto per spingere sulla produttività, aumentando ritmi, tagliando gli operai, aumentando lo stress psico-fisico e il ricatto del posto di lavoro.

Oggi alla “normale” guerra sui posti di lavoro si aggiunge anche la condizione della produzione ai tempi del Coronavirus, con gli operai che hanno dovuto continuare a lavorare nelle settimane scorse nelle fabbriche con il rischio di ammalarsi: risultato, non casuale, oggi si sta estendendo la diffusione del contagio nei pazienti con età più bassa e diversi sono sicuramente operai.
Un rischio che i padroni, governo, istituzioni hanno messo in conto, basti ricordare il mancato provvedimento di un mese fa sulla zona rossa nel focolaio della Val Seriana, una scelta che, per salvaguardare i fatturati (680 milioni) delle aziende di Confindustria, non ha esitato a mettere potenzialmente a rischio la vita di migliaia di lavoratori e popolazione.

Ma la situazione nelle fabbriche è stata gestita con la stessa logica “prima gli ordini e i clienti, poi la salute degli operai”, per cui buona parte di uffici chiusi con il lavoro da casa, e gli operai cavia che hanno continuato a lavorare nei reparti di produzione senza obbligo di mascherine, senza modificare l’organizzazione del lavoro per permettere il rispetto della distanza di sicurezza, non essere ammassati negli spogliatoi e nelle mense, non informare i lavoratori dei contagi che avvenivano al loro fianco nei reparti;
e alla Dalmine parliamo di oltre 1000 operai.

Ma se c’è un’emergenza sanitaria perché la produzione è andata avanti normalmente? La risposta sta nelle dichiarazione dell’azienda Tenaris Dalmine:
A febbraio il responsabile risorse umane conferma che “tutte le operazioni produttive proseguiranno regolarmente…non sono previsti cambi nelle previsioni di consegna ai clienti”, mentre il CEO Paolo Rocca ribadiva che: “l’emergere del Coronavirus come minaccia globale ha contribuito ad un deterioramento delle aspettative relative alla crescita economica globale e alla domanda di petrolio e gas……per cui “in un mercato così stagnante, la sfida per Tenaris è far crescere la nostra quota di mercato attraverso prezzi inferiori….migliorando il livello di utilizzo della capacità produttiva installata…efficienza operativa….. garantire una maggior presenza sulla linea”.

Perchè l’azienda multinazionale, che già da gennaio era a conoscenza e stava affrontando in Cina nell’impianto di Tenaris Qingdao, la drammatica emergenza Covid19, NON HA MESSO IN CAMPO UN PIANO STRAORDINARIO DI SICUREZZA?

PERCHE’ ANCORA OGGI AZIENDE, ENTI PREPOSTI E SINDACATI CONFEDERALI  CONTINUANO A TENERE NASCOSTI GLI OPERAI CONTAGIATI E MORTI A CAUSA DEL VIRUS NELLE FABBRICHE DI BERGAMO?
Ora con il decreto del governo Conte si da la possibilità alle aziende di ripartire con le produzioni, anche non indispensabili, con i sindacati confederali che, a fronte di 1800 richieste pervenute al Prefetto, chiedono l’istituzione di inutili tavoli di concertazione, invece che indire scioperi per imporre solo produzioni di emergenza in fabbrica.

MENTRE ALLA TENARIS DALMINE, GRAZIE AGLI ACCORDI SINDACALI, IN QUESTE SETTIMANE HA CONTINUATO A PORTARE AVANTI ANCHE COMMESSE DI TUBI PER IL GAS E PETROLIO CHE NON SONO CERTO PRODOTTI ESSENZIALI PER L’EMERGENZA SANITARIA, ALTRO CHE CHIUSURA:
L’AZIENDA STA PREPARANDO LA RIPARTENZA IN FUNZIONE DEI SUOI PROFITTI.

Lo Slai cobas per il sindacato di classe ha rivendicato sin da subito la produzione massiccia di bombole di ossigeno CHE SCARSEGGIANO A BERGAMO IN LOMBARDIA NEL PAESE. Ma gli operai non devono essere chiamati a fare i "volontari" per il profitto (riconvertito) dei padroni, senza poter decidere loro sulla massima sicurezza e sull'organizzazione della produzione.

Lo Slai cobas per il sindacato di classe invita tutti gli operai a non rimanere passivi, vigilare denunciare quello che succede in fabbrica ed essere pronti a riprendere la lotta autorganizzata e lo sciopero per:

 - imporre una produzione di emergenza in fabbrica,
- fermare le PRODUZIONI non indispensabili,
- far emergere le responsabilità per gli operai ammalati in fabbrica,

La produzione anche ai tempi del Coronavirus non deve essere fatta sacrificando la salute e sicurezza, le condizioni di lavoro, i diritti e il salario degli operai.

NON SIAMO CARNE DA MACELLO PER LA CONCORRENZA DEI PADRONI!

TUBI PER L'OSSIGENO, NON PER IL PETROLIO

Slai Cobas per il sindacato di classe Dalmine-Bergamo
Sede Via Marconi, 1 Dalmine (BG) - 3355244902 sindacatodiclasse@gmail.com
28 marzo 2020




6414 CONTAGIATI NELLA SANITÀ DECINE E DECINE DI MORTI 12% DEGLI OPERATORI CONTAGIATI A LIVELLO NAZIONALE A BERGAMO ALCUNE STRUTTURE RAGGIUNGONO IL 30%




6414 CONTAGIATI NELLA SANITÀ
DECINE E DECINE DI MORTI
12% DEGLI OPERATORI CONTAGIATI A LIVELLO NAZIONALE
A BERGAMO ALCUNE STRUTTURE RAGGIUNGONO IL 30%
TUTTI LAVORATORI MANDATI ALLO SBARAGLIO, SENZA MEZZI, SENZA ISTRUZIONI. MEDICI ED INFERMIERI TRASFORMATI IN VEICOLO DI CONTAGIO INVOLONTARI TRA PAZIENTI COLLEGHI E FAMILIARI.

PERCHÈ NEGLI ANNI PRECEDENTI, LOMBARDIA IN TESTA, LA PREVENZIONE È STATA AZZERATA NELLA SANITÀ PRIVATIZZATA E NEL PUBBLICO PIEGATO ALLA LOGICA DEL PROFITTO.

CI SIAMO SEMPRE PRESI CURA DEI NOSTRI PAZIENTI. CONTINUIAMO A FARLO E LO FAREMO ANCORA AD EMERGENZA FINITA. I NUMERI PERO' CI DICONO CHE LAVORARE NON BASTA. DOBBIAMO REAGIRE ADESSO, PER NON MORIRE, PER UNA SANITA' MIGLIORE E PIU' IN GENERALE PER UNA SOCIETA' MIGLIORE.

NELLE VOCI DEI COLLEGHI, IN UNA SORTA DI RIUNIONE VIRTUALE, ANCHE QUANDO SI RIFERISCONO AI PICCOLI EPISODI QUOTIDIANI, ABBIAMO TROVATO LO SBANDO DELLA SANITÀ, LA RABBIA NELLE CORSIE E NEI PRONTO SOCCORSO, CHE RISCHIA DI RESTARE UNO SFOGO, SE NON AGIAMO ORA !!!

“Le direttive cambiano di giorno in giorno, ma non al servizio dei lavoro. Per l’immagine, per i pazienti/clienti. Ci è stato vietato l'uso delle mascherine, benché disponibili, definendole inutili. Poi ci hanno dato quelle chirurgiche per due giorni, quelle si, inutili. Poi ce le hanno vietate nuovamente ed ora invece ci impongono una vestizione rigida, con protezione completa...
Ci istruiscono a cambiarci ad ogni paziente, ma cosi' facendo a metà mattina i DPI scarseggiano ed ecco che le direttive diventano meno rigide e si finisce con il cambiarsi ogni tanto, quando c'è tempo, in modo da razionare i materiali”.

Un’altra cosa che mi ha lasciato molto basita è stata la trovata di qualche giorno fa, in accordo con le radio nazionali, di trasmettere l’inno di Mameli in tutto l’ospedale come supporto per tutte le persone che ci lavorano. Mi è sembrata tutta una grande “presa per il culo” (se si può dire), pensando soprattutto per quelle persone che lavorano al ps e ai pazienti ricoverati. Semplicemente non mi è sembrato il modo piu adatto per dimostrare il “supporto” che dovrebbero darci. Non dopo che non abbiamo a disposizione nemmeno i rifornimenti per cambiarci i DPI.

si punta subito il dito contro chi esce a correre o porta a spasso il cane facendo un giro più lungo di quello consentito e così via, eppure non si dice nulla sui numerosissimi operai costretti a continuare a lavorare in fabbriche che non chiudono nonostante l’emergenza in cui ci troviamo. Ecco io penso che proprio in questi luoghi di lavoro, in cui si crea inevitabilmente un assembramento di persone, si possa diffondere il contagio anche perché i lavoratori coinvolti non sempre, anzi leggendo varie testimonianze direi quasi mai, sono dotati dei dispositivi di protezione individuale necessari. E si riempiono gli ospedali.

Inizialmente la confusione è nata sull’uso dei dispositivi di protezione, quali usare, quando e chi avrebbe dovuto indossarli. Una volta chiarito questo punto erano già passati giorni fondamentali in cui molti operatori sono venuti a contatto con il virus cosa che, se fosse stata definita a tempo debito, si sarebbe potuta limitare... Ma anche al di fuori del mondo ospedaliero la confusione ha regnato sovrana per molto, forse troppo tempo… zone rosse che non vengono chiuse, decreti che cambiano praticamente ogni giorno e pareri discordanti dei vertici hanno portato pian piano alla situazione drammatica in cui siamo ora.

Ma non è finita: dopo 25 (VENTICINQUE) giorni dal primo caso a Bergamo, la direzione sanitaria fornisce al reparto in cui lavoro i dispositivi di protezione per evitare il contagio da Covid-19...
Alcuni colleghi interpretano la distribuzione delle protezioni come un “regalo” dell’ospedale’. In realtà reputo molto grave che ci hanno obbligato a lavorare per ben tre settimane utilizzando semplicemente una mascherina di carta e un misero paio di guanti.

Il risultato è che molti operai si sono ammalati e hanno rappresentato una fonte di contagio per gli altri, in uno scenario sanitario già molto grave. I padroni dovranno spiegarci pure questo!
Anche in periodo di emergenza, noto una disparità di classe che mi fa schifo; il coronavirus mi ricorda il Titanic: anche i ricchi sono morti, ma almeno hanno avuto la possibilità di salvarsi (e si parlava di un secolo fa).

Siamo invece sempre più simili alle catene di montaggio, spesso identifichiamo i pazienti con la loro patologia e a malapena li guardiamo in faccia o scambiamo due parole.
In contrasto con i cartelloni ipocriti che tappezzano le strutture ospedaliere in merito ai diritti dei pazienti, il chiaro obiettivo aziendale è quello di produrre, fare sempre più numeri e per farlo siamo “obbligati” a correre perché il personale presente evidentemente non basta.

… un po' stanchi ma si va avanti. Sul saturimetro la pensano come me anche alcuni medici che ho sentito. È utile ma definirlo salvavita e dire che l'Ats dovrebbe fornirlo alle famiglie è un po' troppo. Il problema centrale è che per gestire le epidemie serve una rete sanitaria territoriale che in Lombardia manca totalmente. La sanità non è solo ospedale, in questa situazione è palese che l'ospedale è fondamentale per i malati gravi ma l’assistenza "a domicilio", sul territorio, inteso per tutti quelli chiusi in casa a morire da soli.
La chiusura di tantissimi ospedali e centri Ats megli ultimi anni non ha certo aiutato.

Veniamo ai tamponi: ancora non si capisce perchè non vengano eseguiti a tappeto sugli operatori ma solo su coloro che presentano dei sintomi. Pare assodato che questo virus possa essere asintomatico per alcuni pazienti e lo è comunque per un periodo di incubazione che può arrivare sino a 20 giorni, giorni in cui l'operatore può contagiare altri colleghi e pazienti…
PER NOI È OGGI IL TEMPO DI FARE I CONTI CON QUESTA SITUAZIONE.
RITENIAMO MOLTO PERICOLOSO CIO’ CHE SI STA INSINUANDO COME BUON SENSO, COME L’UNICA COSA DA FARE ORA PER FAR FRONTE ALL’EMERGENZA ‘ADESSO LAVORIAMO, POI VEDREMO COME SISTEMARE, VEDREMO LE RESPONSABILITA’,
NON SIAMO PER NIENTE D’ACCORDO; VOGLIAMO LAVORARE, CONTINUEREMO A FARLO CON PASSIONE, MA VOGLIAMO LA SICUREZZA DAL CONTAGIO, CHE NON ABBIAMO AVUTO FIN’ORA. PER NOI, PER I PAZIENTI, PER I NOSTRI FAMILIARI...
E RACCOGLIERE MATERIALI, DOCUMENTARE TUTTO IL MALAFFARE.
E FARLO ORA AL TEMPO DEL CORONAVIRUS, ‘INVENTANDOCI’ FORME DI MOBILITAZIONE EFFICACI
E Basta “elogi” e basta “grazie”.

CONTINUIAMO QUESTO CONFRONTO A DISTANZA E IN TUTTE LE FORME POSSIBILI, SCRIVETE, RACCOGLIAMO E GIRIAMO
gli interventi importanti di cui abbiamo bisogno sono molti, tanti ora ne parlano, ma dobbiamo far sentire il nostro peso
DPI EFFICACI E IN MISURA ADEGUATA
TAMPONI
AUMENTO DEGLI ORGANICI CON ASSUNZIONI MASSICCE STABILI E FORMAZIONE, QUALCOSA IN PIÙ DEGLI STUDENTI PUR NECESSARI NELL’EMERGENZA
REQUISIRE LE CLINICHE PRIVATE, PER UN INTERVENTO CENTRALIZZATO DI RINFORZO AGLI OSPEDALI

Lavoratori Sanità Bergamo, SLAI COBAS Per il sindacato di classe