venerdì 31 gennaio 2025

1 febbraio - SOTTO IL GOVERNO MELONI AUMENTANO GLI OMICIDI SUL LAVORO: Gennaio 2025, già 83 i morti di lavoro…

 

anzi il bilancio sale a 108 se si contano anche le vittime «in itinere». Con il report completo del 2024.

di Carlo Soricelli (*)

Anche il 30 gennaio ci sono stati 6 morti sul lavoro: 3 sui luoghi di lavoro e altri 3 in itinere. Già 83 i morti nel 2025 sui luoghi di lavoro (con itinere 108) mentre il 30 gennaio 2024 erano 76 sui luoghi di lavoro: un aumento dell’8,5%.

Morti sul lavoro nel 2025

Dall’inizio dell’anno sono morti per infortuni in 80 sui Luoghi di lavoro (tutti registrati) e 102 se si aggiungono i morti in itinere e sulle strade di categorie non Assicurate a INAIL e in nero



NOTA BENE

I MORTI IN ITINERE VENGONO AGGIORNATI OGNI MESE MENTRE I MORTI SUI LUOGHI DI LAVORO OGNI GIORNO

MORTI TOTALI SUI LUOGHI DI LAVORO NELLE REGIONI E PROVINCE TRA QUESTI ANCHE I MORTI IN ITINERE E IN ALTRE SITUAZIONI LAVORATIVE.

La seconda voce riguarda ESCLUSIVAMENTE i morti sui luoghi di lavoro.

N.B i morti sono segnalati nelle Province e Regioni dove c’è stata la tragedia e non in quella di residenza sono centinaia i morti in province e regioni diverse, “a carico” della Regione ci sono anche i morti in autostrada

LOMBARDIA 17 sui luoghi di lavoro Milano 2 Bergamo 6 Brescia 3 Como Cremona 1 Lecco 1 Lodi 1 Mantova Monza Brianza 2 Pavia 1 Sondrio Varese

giovedì 30 gennaio 2025

31 gennaio - info: Licenziamento collettivo alla Jabil di Marcianise, i lavoratori invadono le corsie della superstrada: “Le istituzioni ci dicano da che parte stanno” ...ma la strada per sconfiggere i piani dei padroni

 è quella della rivolta e della lotta per cacciare questo governo e non certo quello di "sapere" da che parte stanno. Coi padroni "elementare Watson"

I lavoratori "esasperati" hanno bloccato contemporaneamente due corsie della superstrada chiedendo di poter essere ricevuti dal Prefetto che ha concesso un incontro per domani

di F. Q. | 30 Gennaio 2025

I lavoratori della Jabil di Marcianise, la multinazionale statunitense dell’elettronica che ha avviato il licenziamento collettivo per 413 persone, hanno protestato nella mattina di giovedì 30 gennaio invadendo le corsie della superstrada e chiedendo alle istituzioni di “dire da che parte stanno”.

I lavoratori “esasperati” hanno bloccato contemporaneamente due corsie della superstrada chiedendo di poter essere ricevuti dal Prefetto. L’incontro è stato concesso quasi subito ed è stato programmato per domani, 31 gennaio, alle ore 11. L’obiettivo, spiegano dall’Usb, è “ribadire la necessità di un percorso che permetta subito il ritiro dei licenziamenti e la riapertura del tavolo di crisi ministeriale”.

“La soluzione presentata da Jabil nel suo piano di mitigazione non è mai stata credibile ed il rischio è pure quello di impegnare risorse pubbliche in una scatola vuota – spiega Sasha Colautti dell’esecutivo Nazionale di USB, responsabile nazionale del settore Industria – Jabil ora vorrebbe lavarsi le mani, dichiarando 413 licenziamenti. Il Ministero, la Regione ed anche il Comune ci dicano pubblicamente se intendono abbandonare i lavoratori al loro destino o se vogliono difenderli da quello che è un sopruso di una multinazionale che scappa dal nostro paese”.


mercoledì 29 gennaio 2025

30 gennaio - da tarantocontro: Ex Ilva - I possibili acquirenti, "pagherò... dopo e molto poco..." - Nessuna svendita!

 

Via via che si avvicina il 31 gennaio - termine per la consegna delle offerte definitive, dei rilanci - la situazione va sempre peggiorando, e si passa da offerte inaccettabili alla beffa.

Gli Americani di Bedronck Industries non intendono pagare nulla all'inizio, con la logica: pagherò se guadagnerò, "con il capitale che verrebbe via via sostenuto finanziariamente dai futuri (auspicati) guadagni... La parte cash andrebbe comunque rivista, perchè oggi, secondo consuetudine da fondo americano, è pari a zero"! (da Sole 24 ore del 28/1).

Quindi, la multinazionale americana - pare appoggiata da Trump - vuole il più grande stabilimento siderurgico d'Europa gratis, senza mettere all'inizio un centesimo; e anche dopo l'eventuale pagamento, a "rate", sarebbe legato ai guadagni auspicati, un termine molto confuso: auspicati da chi? e quanti verrebbero considerati auspicati? per cui se non sono quelli auspicati anche dopo, non caccerebbero un centesimo?

Siamo alla beffa, ai film di "Totò truffa"...

Ma anche le altre offerte, siamo all'elemosina. Il governo/Urso chiede per la vendita dell'intero complesso aziendale ex Ilva 1 miliardo e mezzo, che lo stesso Urso chiama "il minimo sindacale per non ritenere fallimentare l'intera operazione"; ma anche questo "minimo sindacale" assolutamente insufficiente non lo vogliono dare le altre multinazionali che hanno presentato offerte.

Il Consorzio Baku Steel dell'Azerbaijan intende versare solo mezzo miliardo di euro, corrispondente solo al valore di magazzino in dote all'ex Ilva; a questi soldi al massimo aggiungerebbe altri 450 milioni.

Jindal Seel International indiana, che nei giorni scorsi in una lunga intervista aveva invece detto, vantandosi, di voler investire 2 miliardi, oggi dice che sborserebbe ora al massimo 580 milioni.

L'inevitabile conseguenza di queste "offerte" sarebbe l'ulteriore peggioramento dalla condizione degli operai.

"Le offerte al ribasso di potrebbero trasformare in una mini Ilva" - scrive il giornale dei padroni. 

E si conferma quello che noi abbiamo scritto fin dall'inizio:

Vi sarebbero sicuramente almeno 3mila tagli ai posti di lavoro diretti, una richiesta permanente di cassintegrazione, aumento dello sfruttamento per chi resta, nessuna vero intervento sugli aggravati problemi di sicurezza, salute degli operai. Sull'appalto, silenzio, ma non ci vuole la "zingara" per capire gli effetti devastanti, raddoppiati che ci sarebbero per gli operai di tantissime ditte.

Inoltre, nella situazione attuale dello stabilimento di grosse difficoltà finanziarie, che il governo cerca di tamponare - ultimo esborso 250 milioni - ma che non risolvono la crisi e per cui sono stati utilizzati anche i soldi provenienti dalla confisca dei Riva, che però dovevano essere destinati ai piani ambientali; così come i soldi dati via via ad Acciaierie con decreti del governo dell'anno scorso (un totale, sembra, di 550 milioni) presi dai progetti per la decarbonizzazione - i cosiddetti "piani ambientali" dei probabili compratori sarebbero una presa in giro.

Se per l'ambiente il governo invece di mettere toglie anche soldi potenzialmente destinati; figurarsi cosa NON metteranno gli eventuali nuovi padroni che vogliono solo guadagnare.

A fronte di tutto questo, è da parte dei sindacati che chiedono e partecipano agli incontri romani, un accompagnare la "beffa".

Ci vuole una lotta seria, effettiva, prolungata, che faccia pesare gli interessi dei lavoratori.

Ci sono mega multinazionali, che fanno grandi profitti, che vogliono cavarsela con poche centinaia di milioni; c'è il governo che finirà per accettare vergognose elemosine per liberarsi dell'Ilva, e ci si limita a sedersi ai tavoli romani e a fare ai giornali inutili lamentele?! NON PUO' ESSERE!

NO ALLA SVENDITA DELL'ILVA! 

SALVAGUARDIA DI TUTTI I POSTI DI LAVORO AD ACCIAIERIE E ALLE DITTE

NO CASSINTEGRAZIONE STRUTTURALE

CONTRATTI A TEMPO INDETERMINATO NELL'APPALTO E CONTRATTO UNICO METALMECCANICO


30 gennaio - info solidale: NAPOLI: LA POLIZIA CARICA E ROMPE IL PICCHETTO DI SI COBAS A SOSTEGNO DEI 58 LAVORATORI LICENZIATI GLS

 da radio onda d'urto


Oggi sciopero di filiera Fedit proclamato dal SI.Cobas e in particolare a Napoli con lo sciopero provinciale chiamato per oggi per i 58 licenziati GLS. La polizia ha caricato i lavoratori e ha portato in Questura Peppe, uno dei coordinatori provinciali del SI.Cobas, fermato durante lo sgombero poliziesco del picchetto al magazzino GLS di Gianturco. Operai, compagni e solidali si sono così spostati in presidio sotto la Questura fino alla liberazione di Peppe, che sentiamo ai microfondi di Radio Onda d’Urto.Ascolta o scarica


 

30 gennaio - Appello dall'Iran: Liberate i membri del Sindacato Ebrahim Madadi, Davood Razavi e le attiviste sindacali Reyhaneh Ansarinejad e Anisha Asadollahi!

 

Il Sindacato dei Lavoratori dell’Azienda degli Autobus di Teheran e Sobborghi chiede il rilascio incondizionato di tutti i lavoratori, insegnanti, studenti e attivisti per i diritti civili imprigionati in Iran.

In particolare, il Sindacato chiede il rilascio immediato dei suoi due membri imprigionati, Ebrahim Madadi e Davood Razavi, nonché degli attivisti sindacali e alleati del Sindacato, Reyhaneh Ansarinejad e Anisha Asadollahi.

Ebrahim Madadi, membro e vicepresidente del Consiglio direttivo del Sindacato da lungo tempo, è detenuto nel reparto 8 della prigione di Evin dal 12 agosto 2024 (21 Mordad 1403) per scontare una condanna ingiusta di un anno relativa a un caso del 2015. In precedenza è stato detenuto per tre anni e mezzo e di nuovo per circa quattro mesi. Oltre a ciò, ha sopportato molteplici detenzioni a breve e lungo termine, anni di disoccupazione a causa di licenziamenti forzati e notevoli sacrifici personali. A circa 70 anni e con molteplici problemi di salute, Ebrahim Madadi non è in alcun modo nelle condizioni fisiche per essere imprigionato.

Davood Razavi, membro del Consiglio direttivo del Sindacato e attivista del Sindacato dal 2004 (1383), è stato arrestato il 27 settembre 2022 (5 Mehr 1401) e ingiustamente condannato a cinque anni di carcere. Attualmente è detenuto nel reparto 4 della prigione di Evin. In precedenza era stato arrestato più volte e in un’occasione era stato condannato a cinque anni di carcere con la condizionale. Davood Razavi soffre di vari problemi di salute, che sono peggiorati a causa della prolungata detenzione. Nonostante le sue condizioni di salute critiche, non gli è stato concesso nemmeno un giorno di permesso medico.

Reyhaneh Ansarinejad, attivista sindacale e sostenitrice del Sindacato, è imprigionata dal 12 maggio 2022 (22 Ordibehesht 1401) e condannata a un’ingiusta pena detentiva di quattro anni. Attualmente è detenuta nel reparto femminile del carcere di Evin. Reyhaneh, che ha già affrontato arresti in passato, è stata l’unica a prendersi cura della figlia e ora sta affrontando gravi difficoltà. Negli ultimi mesi, le sono state persino negate le visite di persona alla figlia.

Anisha Asadollahi, insegnante, traduttrice per il nostro Sindacato e difensore della classe operaia, è stata arrestata il 9 maggio 2022 (19 Ordibehesht 1401) e condannata dalla Corte Suprema a un’ingiusta pena di tre anni e sette mesi di carcere. È inoltre detenuta nel reparto femminile della prigione di Evin. Anisha era già stata arrestata in passato durante eventi come la Giornata internazionale dei lavoratori nel 2019 (1398). Le autorità carcerarie le hanno negato le visite di persona per diversi mesi.

Il Sindacato dei Lavoratori della Compagnia di Autobus di Teheran e Sobborghi sottolinea che la continua detenzione di membri del Sindacato, lavoratori e attivisti del lavoro è priva di qualsiasi giustificazione legale o umana. Tutti gli attivisti del lavoro imprigionati devono essere rilasciati immediatamente e i casi infondati e le molestie contro di loro devono finire!

Il Sindacato dei Lavoratori della Compagnia di Autobus di Teheran e Sobborghi


 

29 gennaio - UN SALUTO RICONOSCENTE A TINA

Muore di tumore Santina Calleri, aveva lottato contro l’amianto a Casale Monferrato

Il ricordo dell’Associazione Familiari e Vittime dell’Amianto

ALESSANDRIA – É morta a 80 anni Santina Calleri, che per anni aveva lottato contro la presenza dell’amianto ed era nel comitato di direzione dell’Associazione familiari e vittime amianto (Afeva) di Casale Monferrato. L’attivista alessandrina è morta di tumore.

L’Associazione la ricorda così: 

 Un affettuoso saluto alla compagna di tanti momenti di lotta. Adesso abbiamo un motivo in più per unirci a contrastare l’amianto killer.
Ciao, Tina! Porteremo nel cuore il tuo dolce sorriso e la tua sorprendente forza e voglia di reagire

29 gennaio - OMICIDI LAVORO: NON UN MALORE MA INFORTUNIO MORTALE SULLE PISTE DELLA VAL PALOT.

 

Spuntano anche testimonianze dirette sull’infortunio mortale che in Val Palot, nel nord della provincia di Brescia, che il 28 dicembre è costato la vita all’operaio Angelo Frassi, di 67 anni. Emerge nell’inchiesta che ha portato ai domiciliari i titolari della ValPalot Ski per omicidio colposo aggravato.

Con la complicità di un dipendente, ora indagato per favoreggiamento, avrebbero spostato il corpo senza vita di Angelo Frassi per simulare un malore del 67enne, in realtà – stando alla Procura – precipitato da un pilone, a 7 metri di altezza, mentre stava effettuando lavori di manutenzione su uno skilift, senza le necessarie misure di sicurezza. In particolare, l’uomo non indossava l’imbracatura protettiva obbligatoria.

Le considerazioni di Davide Bertolassi, segretario Filt-Cgil Vallecamonica, e Roberto Valentini, segretario della sezione bresciana dell’Associazione Nazionale Lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro (Anmil). Ascolta o scarica

 

Ma che malori, sono simulazioni per nascondere gli infortuni e non assumersi responsabilità per la mancata sicurezza 

Angelo Frassi è stato trovato senza vita in Val Palot (Brescia) lo scorso 28 dicembre. Secondo la Procura, il corpo del 67enne sarebbe stato spostato per simulare un malore e per nascondere l’incidente sul lavoro. Ma in questi ultimi tempi in tanti, per sfuggire alle loro responsabilità dicono che sono morti all'improvviso per un malore, mentre spesso sono per cadute dall'alto, ma anche in altre situazioni 

 Posted by Carlo Soricelli


domenica 26 gennaio 2025

26 gennaio - ESCALATION CONTINUA SOTTO IL GOVERNO MODERNO FASCISTA MELONI: Ieri 9 morti sul lavoro, non due morti sul lavoro come riportato da tutti i media.

Nel post chi sono e dove si è verificata la tragedia. Nella foto Sara Piffer. Ma giovedì ci sono stati altri 4 morti 

Ieri una mattanza sul lavoro, i morti sul lavoro sono stati ben 9, ma i media hanno diffuso solo i due di Torino. Chi sono i morti? Ecco l'elenco: a Torino è morto cadendo da un balcone, per il cedimento della ringhiera un edile di 57 anni Sempre a Torino è morto Eugen Daniel Vasiliu è morto mentre montava una giostra A Spoleto un agricoltore è stato schiacciato dal trattore, è già il quinto nel 2025, ma il Ministro dell'agricoltura è impegnato in cose ben più importanti che la vita degli agricoltori che sono di sua competenza? Una campagna sulla pericolosità del trattore no?. Nel 2024 ne sono morti in questo modo orribile ben 142. In provincia di Padova è morto Mauro Stocco, travolto dal muletto che si è ribaltato, il muletto è la seconda macchina di morte dopo il trattore Un boscaiolo in provincia di Novara è morto travolto da un grosso ramo che tagliava Anche in provincia di Grosseto è morto un altro taglialegna travolto dall’albero che tagliava In provincia di Trento la campionessa di ciclismo Sara Piffer è morta investita mentre con il fratello si stava allenando in strada Altri due lavoratori/trici sono morti in itinere ricordo a tutti che anche INAIL nel suo numero di morti mette anche quelli che muoiono in itinere, lo Stato li considera (giustamente) morti sul lavoro A perdere la vita in itinere Niccolò Mattia Coppola di soli 25 anni In provincia di Padova a Albisegna una donna marocchina di 50 anni con 4 figli stava andando a lavorare a piedi ed è stata investita mentre attraversava la strada 


 

26 gennaio - FERROVIE NUOVO SCIOPERO PER SALUTE E SICUREZZA

 


sabato 25 gennaio 2025

25 gennaio - RESISTENZA O LICENZIAMENTI CONCORDATI? Per il dibattito

 da

Operai Contro

Caro Operai Contro, in tutto il Paese sono circa 45 mila compreso l’indotto, i lavoratori dipendenti, in fibrillazione nel settore dell’elettrodomestico.
Nella sola Lombardia dove gli addetti sono 15 mila con l’indotto, la crisi viene sempre più allo scoperto con l’annuncio di licenziamenti ed esuberi. L’esempio di 3 famosi grandi marchi.
1) La Candy di Brugherio (MI) con oltre mille dipendenti, dopo i licenziamenti incentivati sono rimasti meno di 300 operai, poco più il numero degli impiegati con lo staff dirigenziale.
Invece di opporsi ai licenziamenti, chiamando gli operai a forme di lotta risolute, il sindacato ha firmato un accordo con l’azienda, per l’estensione della procedura di riduzione del personale su base volontaria che riguarderebbe altri 100 dipendenti. Accordo che stabilisce lo stop della produzione di lavatrici il 30 giugno 2025. E poi provvederà un fantomatico, non meglio specificato progetto di “riconversione” dello stabilimento?! Altro che lotta ai licenziamenti! La linea guida del sindacato, sembra essere quella dei licenziamenti incentivati, collaudati su vasta scala alla Stellantis!
2) Alla Beko (ex Whirpool) di Cassinetta di Biandronno (VA), il fermo di 2 delle 5 linee del più grande sito europeo per la produzione di frigoriferi provocherà, su 2.200 dipendenti, 800 esuberi di cui 541 già dichiarati.
Qui la risposta del sindacato si esaurisce nella richiesta all’azienda di rivedere il piano industriale, perché dice T. Franceschetti della Fim Cisl: “Non è ammissibile il saccheggio dei marchi per poi spostare la produzione in Paesi low cost”. Una motivazione che sembra più una difesa del “marchio di prestigio” e non un opporsi con la lotta alla dichiarazione di esuberi e licenziamenti in quanto tali.
3) All’Electrolux di Solaro (MI) l’azienda chiede “esodi” volontari e usa i contratti di solidarietà per tagliare la busta paga dei 644 operai e lavoratori. Con il rischio che questi, o una parte di loro, venga dichiarata in esubero, per via del calo di produzione di questo settore in tutta Europa, come spiega il sindacato.
Non è compito degli operai, né del sindacato che dovrebbe rappresentarli, occuparsi di cosa produrre (fatto salvo l’ambito della nocività, del rischio, dei ritmi, dei carichi di lavoro, della sicurezza, ecc.).
La resistenza ai licenziamenti, senza se e senza ma, investe di questa responsabilità il padrone o chi per esso.
Saluti Oxervator.


25 gennaio - Per rinfrescarci la memoria: un bilancio di 15 anni di lotte nelle campagne. Info

 

Il 10 gennaio scorso marcava il quindicesimo anniversario di un momento di lotta autorganizzata di sicura importanza storica, anche se spesso sminuita, noto al grande pubblico come la rivolta di Rosarno. Approfittiamo della ricorrenza, evocata da più parti, per proporre anche noi qualche riflessione, guardando alla storia recente dell’agribusiness Made in Italy dal punto di vista di lavoratori e lavoratrici. Da diverse parti quell’anniversario è stato usato come pretesto per sottolineare come “nulla è cambiato” – “disagio abitativo”, sfruttamento, pessime condizioni igienico-sanitarie e aggressioni razziste continuano a caratterizzare la vita dei lavoratori delle campagne nella Piana di Gioia Tauro (e ovviamente non solo li). A partire dal 2010, anno della rivolta, un susseguirsi di campi di lavoro, installati e poi (una volta trasformatisi in ghetti autogestiti) smantellati, ha punteggiato le stagioni di raccolta degli agrumi. Ultimi esempi in ordine di tempo l’apertura, nel marzo 2024, del fantomatico “Villaggio della Solidarietà” a Rosarno, con relativa chiusura dell’ormai storico campo container di Contrada Testa dell’Acqua, e l’inaugurazione di un nuovo campo container in Contrada Russo, comune di Taurianova, a maggio scorso. Nel primo caso si tratta di una serie di prefabbricati, la cui costruzione è iniziata nel 2012, con cantiere più volte sequestrato, saccheggiato e occupato da persone del posto e infine consegnato ad un ente gestore noto per la sua corruzione, che attualmente riscuote un pagamento dai lavoratori africani a fronte di servizi estremamente carenti. Mentre il secondo, ipocritamente chiamato “Borgo Sociale” e gestito dal Comune di Taurianova, dovrebbe favorire lo sgombero dell’attiguo casolare fatiscente, senza però che si faccia mai menzione del destino che dovrebbe toccare a quegli abitanti (anche loro di origine africana) sprovvisti di documenti, cioè dei requisiti per l’accesso al ghetto di stato.  

giovedì 23 gennaio 2025

23 gennaio - da tarantocontro: Parti civili processo Ilva. Invece che giustizia e risarcimenti - restituzione della provvisionale con maggiorazioni

La storia della madre di Antonio Parente è la grave situazione di decine di parti civili del processo "Ambiente svenduto" seguite dal Codacons. Come è stato giustamente scritto: al danno di non avere ancora giustizia per operai, abitanti dei Tamburi fatti ammalare, morire per la logica di profitto del capitale, ora si unisce la beffa di dover restituire maggiorati i soldi della provvisionale proprio a quei padroni (Nicola Riva in particolare) che li hanno sfruttati e hanno attaccato la loro salute e vita. 

Noi, dello Slai Cobas proponiamo a queste parti civili di NON RESTITUIRE NIENTE e non pagare altre spese legali. Lo Slai Cobas e i suoi avvocati li sosterrà, anche se non sono parti civili organizzate dallo Slai Cobas. Si tratta di una battaglia che non va vista con occhi puramente legali, è una battaglia di classe, pienamente interna alla lotta che noi e i nostri avvocati abbiamo fatto dall'inizio del processo per impedire che i padroni, i loro complici e tutti i loro servi la facciano franca.

PS. Un chiarimento. Antonio Parente (iscritto allo Slai Cobas e parte civile con lo Slai Cobas) dice che per la madre ha pagato 1500 euro per le spese dell'avvocato del Codacons. 

Fermo restando che noi non abbiamo mai condiviso la demagogia di Rienzi/Codacons, nè "brindisi" e festeggiamenti per la provvisionale con cantanti e personaggi politici ultra equivoci, le nostre parti civili hanno pagato solo 50 euro all'atto del deposito di costituzione di parte civile e altre 50 quando abbiamo tentato di avere le provvisionali (ma dopo ci siamo fermati, visto l'annullamento del processo di 1° grado), totale 100 euro, che non sono andate assolutamente ai nostri 8 avvocati, ma necessarie per spese, marche, fotocopie sentenza, certificati delle società imputate, ecc. richieste dal tribunale. 

Come sanno tutte le nostre parti civili, gli avvocati di Torino (Bonetto, Vitale, Pellegrin), gli avvocati di Taranto (Fausto Soggia - che da poco con nostro dolore ci ha lasciato, Lamanna, Silvestre, e nell'appello Ricci), così come l'avvocato Mario Soggia intervenuto per la questione del riconoscimento della provvisionale, NON HANNO MAI VOLUTO UN CENTESIMO PER SE'. Hanno e continuano a fare una difesa gratuita perchè sono fino in fondo dalla parte degli operai e ne sostengono la battaglia sindacale di classe in questo processo "Ambiente svenduto"

Taranto, la storia di Antonio: deve restituire 7mila euro all'ex patron dell'Ilva. «I soldi di Riva li ho già spesi per avvocato e cure mediche»
Antonio Parente è disperato, sua madre, Pina Falco, è una delle parti civili coinvolte nel processo «Ambiente svenduto», che avevano ottenuto 5mila euro a testa da Nicola Riva come provvisionale sull’eventuale risarcimento per i danni subiti dall'Ilva

TARANTO - «I soldi di Riva, sono già andati via tra visite e cure mediche, una parte allo studio Rienzi che ha seguito mia madre, insomma la somma che avevamo ricevuto non c’è più e neanche era sufficiente»... più 2mila euro di spese legali. «Settemila euro e passa, entro la fine di gennaio che non sappiamo dove andare a prendere».

Casalinga sulla settantina, Pina è affetta da una malattia autoimmune, la Sclerodermia, dovuta, secondo i medici, ad agenti chimici tossici che hanno contribuito a scatenare la patologia. Nonostante le cure invasive, convive con forti dolori reumatici, le sue mani sono sempre gonfie e bitorzolute. Ma non solo, la malattia piano piano sta aggredendo, oltre alla pelle, anche i polmoni e il cuore. Oggi Pina ha solo il 65 per cento di funzionalità polmonare.

In questi anni di processo, Antonio ex operaio Ilva, era riuscito a portare via sua madre e la sua famiglia dal quartiere Tamburi per andare a vivere nella borgata di Talsano, vicino al mare. «...Sono stato dipendente dell’acciaieria e so da vicino cosa voglia dire vivere in quell’azienda...». Anche lui era parte civile nel processo: per anni è stato a contatto con i Pcb, i Policloro Bifenili, gli oli che venivano utilizzati per abbassare la temperatura dei trasformatori elettrici. Anche lui non è uscito illeso da quel periodo, ma non ha fatto in tempo a chiedere il risarcimento provvisionale. «A questo punto – afferma – devo dire menomale. Io sono seguito da un altro studio legale, con i Cobas»...




mercoledì 22 gennaio 2025

22 gennaio - CONTINUA A SALIRE IL TRIBUTO DI SANGUE OPERAIO IN NOME DEL PROFITTO: Autotrasportatore 64enne precipita dalla scaletta di un’autocisterna e muore nella Bassa Bergamasca

 

L'uomo di 64 anni è morto mentre stava lavorando nella cava Ghisalba

di F. Q. | 22 Gennaio 2025

Ennesima morte sul lavoro. Un autotrasportatore di 64 anni è morto nel primo pomeriggio mentre stava lavorando nella cava Ghisalba, nella Bassa Bergamasca, dove sarebbe precipitato dalla scaletta di un’autocisterna che avrebbe dovuto riempire di gasolio. Gli inquirenti hanno aperto un fascicolo di indagini per ricostruire la dinamica. Sul posto sono intervenuti i carabinieri e il personale dell’Ats. Non è chiaro se la causa del decesso sia stata la caduta stessa o un precedente malore, che forse potrebbe averla causata.

Ieri pomeriggio un altro operaio, di 32 anni, è morto nell’azienda di packaging Europoligrafico di Perugia: è stato stato schiacciato da un macchinario. Lavorava per un’azienda esterna e stava facendo manutenzione su una pressa, quando il macchinario lo ha colpito e schiacciato.

Roberto Catalano è morto all'alba mentre tornava dal suo lavoro di barista, ogni anno il 25/30% dei morti muore in itinere, tra questi tantissime donne

Carlo Soricelli



martedì 21 gennaio 2025

22 gennaio - dal blog tarantocontro: La (s)vendita dell'ex Ilva: le parole di Jindal e la realtà per gli operai e abitanti dei quartieri

 

Uno stralcio dell'intervista

"Stimiamo investimenti superiori ai 2 miliardi di euro per il rilancio e la modernizzazione degli impianti esistenti e per i forni elettrici»

Ha detto il Director of European Operations di Jindal Steel (International), in un'intevista apparsa sulla Gazzetta del Mezzogiorno.  Jindal è una delle 3 multinazionali (le altre due sono dell'Azerbaijan e degli Usa, che ha presentato l'offerta per l'intero gruppo di Acciaierie d'Italia- ex Ilva, e rispetto alle due sarebbe in pole position.

Nell'intervista il Director Narendra kumar Misra (che si occupa della "definizione della strategia internazionale del gruppo e dell'ottimizzazione dell'efficienza operativa") dice: «Si tratta di un'opportunità unica per espandere la nostra presenza nel mercato europeo... riteniamo che questa rappresenti una straordinaria e sfidante occasione di crescita... Qui intendiamo rispondere alle esigenze dei clienti... dei settori automotive, elettrodomestici e alimentare... Il nostro progetto mira a trasformare l'ex Ilva in uno dei principali e maggiori produttori di acciaio a basse emissioni in Europa... prevediamo una completa integrazione a monte dello stabilimento di Taranto, utilizzando le nostre miniere in Camerun, Mozambico e India. Questo garantirà un approvvigionamento diretto di materie prime, migliorando l'efficienza dei costi e la sostenibilità del processo produttivo...

E ancora: "prevediamo il rilancio, modernizzazione e il miglioramento degli impianti esistenti e per la transizione dal processo a forno al processo DRI/EAF... una capacità produttiva annuale di 5 milioni di tonnellate... Jindal ha sviluppato un piano dettagliato di decarbonizzazione...in piena conformità con le normative del Green Deal europeo e con la progressiva eliminazione delle quote gratuite di CO2 entro il 2034, dismissioni degli altoforni entro il 2030 sostituiti a Taranto da due forni elettrici ad arco... chiusura degli impianti di cokeria per rispondere alle preoccupazioni della comunità sugli impatti ambientali"; "il nostro piano industriale prevede di attrarre industrie a valle come quelle dell'automotive, della produzione di turbine eoliche e degli elettrodomestici, le quali utilizzeranno il nostro acciaio a basse emissioni..."

ALLORA TUTTO BENE? NIENTE AFFATTO:

Sul fronte dell'occupazione l'altra faccia della medaglia sono tagli : "Il nostro obiettivo - dice Jindal - è mantenere il personale necessario per gestire la transizione verso una produzione più sostenibile, adattando il numero dei lavoratori in base alle necessità operative e alle dinamiche del mercato"; tagli di almeno 3mila operai, che si aggiungono ai circa 1500 operai in cigs permanente in Ilva AS che non passeranno mai con i nuovi padroni, insieme a un uso sempre della cassintegrazione per adattare il numero degli operai alle sue esigenze produttive e alle richieste del mercato. Combinando quindi migliaia di esuberi, operai appesi ad un filo con la cassintegrazione sempre presente e operai da sfruttare di più nei momenti di richieste e a fronte di meno operai. 

Sul fronte dell'ambientalizzazione, siamo alle fantasie, usate per acquisire consenso dalla popolazione di Taranto. Il Director parla nell'intervista di "iniziative destinate a migliorare la qualità della vita a Taranto; tra cui la pianificazione urbana per la creazione di nuove aree residenziali e scuole" - ma che vuol dire? - "la promozione di attività culturali ed educative e progetti di riforestazione urbana e mobilità sostenibile" - Parole che non costano niente. Alcune anche ambigue e preoccupanti, come le nuove aree residenziali - ritornerebbe per caso il progetto (già detto nel processo "Ambiente svenduto" sdai legali dei Riva) di spostare i quartieri inquinati?

Gli investimenti, sono pochissimi. Siamo, come nel passato, con  Riva, con Mittal, ad una svendita dell'Ilva - il più grande stabilimento siderurgico d'Europa - da parte del governo, a cui, tra l'altro, si chiedono incentivi (per la realizzazione di impianti DRI e la fornitura di gas); solleticando per questo il made in Italy del governo Meloni/Urso. "Puntiamo a coinvolgere - dice Jindal - numerosi fornitori italiani... per sostenere e diffondere il concetto di "Made in Italy...".

Per gli operai, per gli abitanti di Taranto, tutta questa "elaborata" (s)vendita, rischia di portare un "già visto".

Mancano i bisogni, gli interessi operai, manca una piattaforma operaia chiara di classe, manca la mobilitazione degli operai per imporla a governo e nuovi padroni.

Questo è allora il problema che hanno gli operai. Il resto sono anche da parte sindacale solo lamentele, con timide e misere richieste.


21 gennaio - GUERRA IMPERIALISTA E CLASSE OPERAIA: "I primi ad opporci alle guerre imperialiste siamo chiamati noi operai con gli scioperi..." - Un intervento di un compagno operaio dell'Ex Ilva Taranto

 

Guerra, ricorre continuamente, ad ogni edizione di ogni tg megafono della propaganda imperialista. Non possiamo fare a meno di sentire come questa barbarie della politica sia sempre più condizione da normalizzare tra le masse. Perché sì, la guerra non è conseguenza di condizioni sfavorevoli dovute a strane congiunzioni astrali, ma bensì è frutto della specifica volontà dei capitalisti e dei governanti che li rappresentano di tutto il mondo, i nostri mostri compresi. Ad ogni periodo di crisi del capitale, ad ogni stagnazione dei profitti seguono sempre delle guerre, che portano nient’altro che miseria, sofferenza, perdita tra le genti cosiddette “comuni”, alle quali noi apparteniamo, e nuove spartizioni di bottino tra i ricchi che usano, che abusano, dei poveri ai quali queste guerre vengono imposte con la forza e la violenza di combatterle.

Ed è la rapina di nuove terre che ha giustificato e che comunque continua a giustificare, nonostante la tregua, attraverso la narrazione filosionista dei media di regime, il genocidio dei palestinesi, il più grande massacro che la Storia recente ricordi. E questo massacro è potuto accadere grazie agli immensi aiuti inviati dall’Occidente al proprio cane da guardia in Medio Oriente. I più grandi alleati di Israele non è un caso che siano gli Stati Uniti, una nazione che sin dalla sua nascita ha conosciuto la violenza, una nazione nata essa stessa dal massacro dei popoli indigeni per far posto ai coloni, una nazione che è come un’epidemia la quale ovunque arrivi uccide.

Sappiamo benissimo qual è la politica di Trump nei confronti dello scontro tra palestinesi ed israeliani, ma l’amministrazione a maggioranza democratica con a capo Biden, con un colpo di coda prima di

lasciare lo scranno da presidente, ha voluto sanzionare la corte penale internazionale, corte penale che gli stessi USA non riconoscono, rea di aver emesso mandati d’arresto per Netanyahu e Gallant.

Ma il conflitto purtroppo non è solo quello presente in Medio Oriente; tra i tanti, troppi, presenti nel mondo quello che probabilmente ci riguarda più in maniera diretta è quello in Ucraina iniziato oramai da quasi tre anni, anche se in realtà bisogna tornare indietro di ben undici anni per inquadrarlo nel giusto contesto storico.

In quello che nella narrazione della TV di regime è l’invasione da parte della Russia di uno Stato sovrano, noi proletari non vediamo altro che lo scontro tra due blocchi imperialisti pronti a tutto pur di raggiungere i propri interessi, che non sono mai stati, e mai lo saranno sino a che questo sistema economico vivrà, gli interessi dei lavoratori, delle masse.

Come ogni guerra di carattere imperialista, i popoli non hanno nulla da guadagnare ma solo tutto da perdere, e siamo chiamati ad opporci con ogni mezzo a nostra disposizione a questa atrocità.

Tra i tanti, i primi ad essere in dovere di ripudiare e, soprattutto, di opporre strenua resistenza allo scoppio ed al dilagare delle guerre siamo chiamati noi lavoratori, noi operai, con gli scioperi, con il fermo delle fabbriche e della produzione ad uso e consumo dei profitti attraverso anche questi conflitti, non solo simbolicamente in segno di solidarietà, che ha un impatto tutto sommato limitato, ma impedendo che con la produzione stessa si alimenti questa degenerazione della società.

Piattole umane come Putin, Zelensky, Trump o Biden che sia, Netanyahu ma anche il traditore Abu Mazen, o ancora Meloni, così come tutti i leader occidentali servi della Nato, non è esprimendo il tifo da stadio verso di essi che può risollevare le nostre coscienze, ma anzi è condannandoli, esprimendo un profondo disprezzo nei loro confronti attraverso la disobbedienza, con le proteste di piazza, che ci permetterà di comprendere quanto noi stessi come popolo possiamo essere influenti nel potere decisionale della propria nazione, ma se rinunciamo a questo, rinunciamo anche a vivere.

Ed è proprio per evitare che le piazze si sollevino attraverso le lotte e le rivolte dei cittadini che entra in gioco la prossima approvazione del nuovo (ma in realtà vecchio di cent’anni) decreto sicurezza, il Ddl 1660, un disegno di legge che è a sua volta una dichiarazione di guerra all’interno dei confini dello Stato, da parte dei detentori del potere nei confronti delle masse impoverite dal furto della loro ricchezza, un disegno di legge che è il necessario passo per i governanti dell’estrema destra di reprime con ogni metodo, che siano le minacce o che sia la violenza diretta, ogni manifestazione del dissenso, ogni pur minimo diritto avanzato dalla parte più fragile della popolazione. Ma a noi piace essere realisti, sappiamo perfettamente che maggiore sarà il grado di impunità verso le repressive forze dell’ordine pubblico e maggiori saranno le proteste e gli attacchi violenti nei loro confronti. Quando la genti si vedranno definitivamente negata anche quella misera giustizia che oggi di tanto in tanto arriva come una lotteria dai tribunali, allora nessuno avrà più nulla da perdere, e sarà in quel momento che le rivolte si svilupperanno in guerra civile. I nostri governanti bramano la guerra? E guerra sia.

Noi sappiamo perfettamente chi è il nostro vero nemico, che è quello che disprezza le nostre vite per il proprio interesse, il nostro nemico è chi ci arma per combattere una guerra che non ci appartiene, ed è verso di esso che dobbiamo rivolgerle.


21 gennaio - info solidale: Firenze, Montblanc chiede il daspo antisindacale

Sudd cobas Prato Firenze

1. Montblanc ha richiesto al Tribunale di Firenze (sezione Civile) di emettere nei confronti del SUDD Cobas un divieto a manifestare nel raggio di 500 metri dal negozio di via Tornabuoni a Firenze, pena sanzioni da 5000 euro. Il 6 febbraio si terrà l’udienza per decidere sulla “domanda di urgenza” (ex art.700) presentata dal brand.

2. Montblanc si inventa i “Daspo antisindacali” per mettere il bavaglio alla lotta dei lavoratori Z Production di Campi Bisenzio, che in questi mesi hanno fatto emergere il super-sfruttamento nella filiera e smascherato la vergognosa delocalizzazione punitiva messa in atto contro la loro sindacalizzazione. Sembra incredibile, ma Montblanc sostiene di non avere “alcuna responsabilità, neppure indiretta” nello sfruttamento di chi per anni ha fabbricato migliaia di borse Montblanc lavorando 12 ore al giorno per salari da fame.

3. Montblanc ha deciso di scrivere una delle pagine più indegne della storia delle politiche antisindacali di questo paese. Le diciassette pagine del ricorso depositato sono un inno al primato del “diritto al libero esercizio dell’attività di impresa” sul diritto di sciopero e di libera manifestazione. La tutela della “reputazione commerciale” viene invocata contro il diritto alla libertà di espressione, chiedendo di mettere il bavaglio a lavoratori che denunciano le proprie condizioni di sfruttamento e la vergogna di una delocalizzazione che li lascia senza lavoro. In definitiva, quello che si vuole affermare è il primato del “diritto al massimo profitto” delle multinazionali contro la democrazia stessa.

4. Se una richiesta del genere dovesse essere accolta saremmo di fronte a un precedente pericolosissimo, che potrebbe produrre in futuro nuovi restringimenti degli spazi di democrazia e di agibilità sindacale, ben oltre la specifica vertenza. Per accogliere questo ricorso, bisognerebbe fare carta straccia di mezza Costituzione. Ai tempi del DDL 1660, non è abbastanza per dirci: “non accadrà”. Ogni forma di espressione di dissenso pacifica è sotto attacco.

5. Che venga accolta o respinta dal Tribunale, la richiesta formulata da Montblanc è grave in quanto tale. Questo ricorso costituisce un affronto. Non ai lavoratori della filiere Montblanc, non al sindacato, ma allo stesso diritto al dissenso. Sulla capacità di riconoscere l'affronto si misura la capacità collettiva e sociale di resistere a quest'attacco.

6. Una delle idee che - nemmeno troppo nascosta - sta alla base del ricorso presentato da Montblanc, è una idea classista della città e dello spazio pubblico. Il fatto che davanti alle boutique di lusso di via Tornabuoni possano manifestare gli operai che nei capannoni della provincia industriale producono quelle stesse merci esposte in vetrina è considerata di per sé qualcosa di scandaloso ed intollerabile. “Che roba Contessa...”. I ricchi rivendicano il loro diritto esclusivo ad alcuni pezzi di città. Questa potrebbe e dovrebbe essere l'occasione di fare convergere movimento operaio e lotta per il diritto alla città. In gioco non c'è solo il diritto di sciopero, ma una concezione democratica della città.

7. Se il problema di Montblanc è la cattiva reputazione, dubitiamo che provando a intimidire sindacato e lavoratori riuscirà a rifarsene una buona. Il tentativo è di bollare come “diffamazione” il lavoro di contro-informazione operaia fatto in questi mesi. Lo sfruttamento nelle filiere Montblanc è un fatto. È un fatto che gli operai della Z Production si sono trovati senza lavoro (perché la multinazionale l’ha tolto) proprio dopo aver ottenuto i propri diritti dopo anni di turni di dodici ore e paghe da 3 euro l'ora. È un fatto che le commesse sono state “delocalizzate” a una decina di km per essere nuovamente lavorate in condizioni di illegalità.

8. La verità fa male a un mondo - quello dei grandi brand della moda Made in Italy - che si regge su una intollerabile ipocrisia. Da una parte l'immagine etica e di sostenibilità sociale che i brand si autocostruiscono, e dall'altra una realtà fatta di appalti al massimo ribasso dove i diritti di chi lavora vengono umiliati.

9. Montblanc ha annunciato anche azioni penali contro il sindacato. Non sappiamo quali. Sappiamo solo che noi continueremo a fare il nostro lavoro, senza paura di pestare i piedi a qualche gigante.

Domenica 2 febbraio alle 18:00 tutta la cittadinanza è invitata a un'assemblea a Firenze per difendere democrazia e diritto di sciopero.

La comunità che in questi anni ha sostenuto le lotte di lavoratrici e lavoratori è chiamata a raccogliere il loro appello.

     

lunedì 20 gennaio 2025

20 gennaio - BANGLADESH: CAMBIO DI GOVERNO MA PER GLI OPERAI NON CAMBIA NULLA, ANZI

 da

Operai Contro

Il BANGLADESH E’ IL SECONDO PAESE AL MONDO PER PRODUZIONE TESSILE. NELL’AGOSTO DEL 2024 GLI OLTRE 4 MILIONI DI ADDETTI, IN MAGGIORANZA OPERAIE, BLOCCARONO LA PRODUZIONI RIVENDICANDO MIGLIORI SALARI E CONDIZIONI DI LAVORO. LA LORO AZIONE COSTRINSE IL GOVERNO ALLE DIMISSIONI E IL PRIMO MINISTRO SHEIK HASINA A FUGGIRE. SOTTO IL NUOVO GOVERNO, PRESIEDUTO DAL NOBEL PER LA PACE MUHAMMAD YUNUS, I PADRONI DELL’INDUSTRIA TESSILE HANNO INCREMENTATO I LORO PROFITTI DEL 13%. L’INIZIALE AUMENTO SALARIALE DEL 5% E’ STATO MOLTO PREST0 EROSO DALL’AUMENTO DEGLI AFITTI E DELL’INFLAZIONE GALOPPANTE, MENTRE I PROPIETARI HANNO AUMENTATO RITMI E CARICHI DI LAVORO. “LE CONDIZIONI NELLE FABBRICHE SONIO PEGGIORI DI PRIMA CHE CACCIASSIMO IL GOVERNO PRECEDENTE” AFFERMANO LE OPERAIE! CAMBIARE GOVERNO NON BASTA GLI OPERAI, OVUNQUE, DEVONO METTERSI IN PROPRIO!!

https://www.taipeitimes.com/.../arc.../2025/01/12/2003830040

sabato 18 gennaio 2025

18 gennaio - VILE INTIMIDAZIONE ALLA SOLIDARIETÀ DEI LAVORATORI COL POPOLO PALESTINESE. MASSIMA SOLIDARIETÀ AL SI COBAS

Ieri abbiamo trovato queste scritte sul portone di ingresso della nostra sede di Milano. 


 

Il nostro sindacato è al fianco del popolo palestinese, l'abbiamo fatto partecipando e organizzando manifestazioni ed iniziative insieme alle organizzazioni palestinesi in Italia, fino a mettere in campo tre scioperi generali contro le guerre del capitale e il genocidio in Palestina e non ci fermeremo.

Il movimento in sostegno alla lotta del popolo palestinese si muove su scala internazionale così come dimostrano le iniziative sempre più estese in tutto il mondo.

Sappiamo bene da che parte stare e mai accetteremo l'equazione per cui lottare per la liberazione della Palestina significhi essere antisemiti.

S.I. Cobas Milano

venerdì 17 gennaio 2025

18 gennaio - LA CISL VELEGGIA VERSO LA FUSIONE CON UGL?

la marcia reazionaria moderno fascista neocorporativa all’interno del movimento sindacale va denunciata e contrastata sui posti di lavoro e sul territorio - essa esige che venga alimentata la lotta e l’unità su basi antigovernativa e antipadronale - andando oltre la giornata di sciopero generale del 29 novembre - in tutto il movimento sindacale .. ma è anche l’ora oggettiva che avanzi l’unità d’azione del sindalismo di base e all’interno di essa la corrente del sindacalismo classista e combattivo che lega la lotta in fabbrica, sui posti di lavoro sul territorio alla lotta contro il governo moderno fascista e di stato di polizia e alla lotta contro la guerra imperialista , l’economia di guerra.

Slai Cobas per il sindacato di classe - gennaio 2025


LA CISL VELEGGIA VERSO LA FUSIONE CON L'UGL?
L’edizione di giovedì sedici gennaio della cloaca massima dello pseudo giornalismo italiano d’accatto, il Giornale, contiene un articolo – firmato da tale Gian Maria De Francesco – nel quale si dà conto di uno scontro verbale tra Maurizio Landini, segretario della Cgil, ed il suo omologo Luigi Sbarra, della Cisl.
Luigi Sbarra alla festa fascista di Fratelli d’Italia
Come premessa, ci appare giusto precisare che qui nessuno di noi ha simpatia per la trimurti confederale, nemmeno per la Confederazione Generale Italiana del Lavoro, che delle tre è senza dubbio l’organizzazione più rappresentativa, per quanto sempre più incalzata dai numeri raggiunti da quelle di base e di classe.
Motivo del contendere è l’indecente proposta di legge, elaborata dai cislini e recepita positivamente dalla compagine governativa, sulla partecipazione attiva dei lavoratori alle sorti delle aziende: un vergognoso sistema per aumentare l’orario ed i ritmi di lavoro ad esclusivo vantaggio della proprietà.
Infatti, qualora il progetto venisse accolto – e tradotto in legge – dalla cricca fascioleghista, i salari e gli stipendi dei dipendenti sarebbero pericolosamente legati all’andamento dei conti economici del padrone: in questo modo si incentiverebbe l’autosfruttamento per gonfiare ancora le tasche di costui.
Lo Sbarra si difende sostenendo che «la legge di iniziativa popolare promossa dalla Cisl punta a unire il Paese su un nuovo modello di sviluppo basato sulla corresponsabilità e sulla democrazia economica», ma è soltanto un inganno da cui gli unici veri produttori della ricchezza del Paese devono guardarsi come se fosse una nuova forma di peste.
La ricetta proposta dal massimo esponente della corporazione con sede a Roma, in via Po 21, porta la stessa sempre più nelle braccia delle compagini governative: a questo punto, la scelta più logica sarebbe una fusione tra la Confederazione Italiana Sindacati dei Lavoratori e l’Unione Generale del Lavoro.
Bosio (Al), 17 gennaio 2025
Stefano Ghio - Slai Cobas per il sindacato di classe Alessandria/Genova


giovedì 16 gennaio 2025

17 gennaio - IA E LAVORATORI, IL CASO PORTUALI AMERICANI: Portuali americani, aumenti salariali e lotta contro l’automazione

di Taylor Nicol Rogers - Tabby Kinder * 

La lotta contro i robot che minacciano i posti di lavoro americani

di Taylor Nicol Rogers e Tabby Kinder

Quando circa 25.000 membri dellInternational Longshoremen’s Association (ILA) sono entrati in sciopero lo scorso ottobre, bloccando tre dozzine di porti  sulle coste est e del Golfo degli Stati Uniti, si è diffuso un allarme generale. Alcune previsioni indicavano che, poiché questi porti gestiscono un quarto del commercio internazionale del paese, lo stop avrebbe potuto costare all’economia americana fino a 4,5 miliardi di dollari al giorno, riaccendere l’inflazione e innescare effetti a catena che si sarebbero sentiti in tutto il mondo.

In realtà, il panico è durato solo 72 ore. A seguito di negoziati frettolosi e dell’offerta di un aumento salariale di quasi il 62% in sei anni, i portuali hanno accettato di tornare al lavoro, anche se temporaneamente – forse “i tre giorni più redditizi nella storia dei rapporti tra lavoro e dirigenza”, secondo le parole di Patrick L Anderson, CEO della società di consulenza aziendale Anderson Economic Group. Ma per certi versi la battaglia è solo all’inizio. Sebbene sia stato l’aumento salariale ad attirare l’attenzione dei media, il vero problema del sindacato è l’automazione, in particolare le proposte della United States Maritime Alliance (USMX), che rappresenta gli operatori portuali e i vettori di container, di dotare più porti statunitensi di gru semi-automatiche. Queste gru sono dotate di una tecnologia avanzata che le rende più veloci ed efficienti da utilizzare, affermano i proprietari. Ma l’ILA sostiene che la loro introduzione minaccia i mezzi di sussistenza dei suoi membri. A meno che USMX non accetti un divieto totale sui macchinari automatizzati, il sindacato ha minacciato di scioperare di nuovo già la prossima settimana. Accogliamo le tecnologie che migliorano la sicurezza e l’efficienza”, ha affermato in una dichiarazione il pittoresco presidente dell’ILA, Harold Daggett. “Ma solo quando un essere umano rimane al timone”.

16 gennaio - Inferno Tesla. Il capitalismo "spaziale" di Musk, nocivo per gli operai e l'ambiente

Inchiesta shock sugli impatti ambientali della produzione di auto elettriche che, in Texas ma non solo, sarebbe legata a gravi impatti ambientali e condizioni di lavoro durissime.

di Rita Cantalino (*)

Foto: Gigafactory Berlin-Brandenburg Tesla ©Victor Golmer/iStockPhoto – ripresa da https://valori.it/impatti-ambientali-tesla-auto-elettriche/

L’inchiesta del Wall Street Journal sugli stabilimenti Tesla ha svelato gravi impatti ambientali e condizioni di lavoro infernali. Secondo le rivelazioni di ex dipendenti, nel 2022 lo stabilimento di Austin in Texas avrebbe rilasciato nell’aria sostanze nocive a causa di un guasto non riparato. Le acque reflue di produzione, inoltre, sarebbero state sversate nelle fognature della città.

L’inchiesta del Wall Street Journal sullo stabilimento di Tesla a Austin, in Texas

Il nuovo SUV Model Y era la grande promessa di Elon Musk agli investitori, utile a ripulire la macchia dei deludenti risultati di Tesla in Borsa. La sua produzione, però, ha generato impatti ambientali che mettono in ombra i sogni di gloria del tycoon. Al centro delle polemiche lo stabilimento texano, dove si assembla il SUV. Quella di Austin è una delle più grandi fabbriche automobilistiche al mondo: occupa una superficie di più di 100 ettari.

Stando all’inchiesta, la porta dell’enorme forno di fusione del metallo per la costruzione dei pezzi è stata rotta per mesi. «Non si chiudeva spargendo tossine nell’aria e facendo salire la temperatura dei locali», riferisce il quotidiano statunitense. Gli operai lavoravano in un ambiente infernale, con i pavimenti invasi dal fumo e a temperature che arrivavano fino a 37 o 38 gradi. Le acque di produzione, piene di vernice, oli e altre sostanze chimiche come gli acidi solforico e nitrico, sono state riversate nelle fogne senza alcun trattamento di purificazione. I 24mila metri quadrati del bacino di raccolta delle acque reflue hanno appestato l’ambiente per mesi con l’odore di uova marce. Nella vasca i dipendenti hanno riferito di aver trovato anche un cervo morto. Quelle stesse acque, durante le piogge, sarebbero state scaricate direttamente nel fiume Colorado.

Ma c’è di più. Un ex membro del personale di sicurezza ambientale ha raccontato che Tesla gli avrebbe chiesto di mentire al governo per poter continuare a operare nonostante le violazioni. Stando alle rivelazioni dell’ex dipendente, l’azienda avrebbe raggirato gli ispettori ambientali chiudendo la porta del forno con un sistema provvisorio e diminuendo la quantità di carburante al suo interno per abbassare le temperature durante i controlli.

Gli impatti ambientali della produzione di auto elettriche

Il lato oscuro della promessa di una mobilità “verde” è la solita vecchia storia: una produzione che nuoce all’ambiente, in barba a qualunque normativa. L’inchiesta del Wall Street Journal sostiene che Tesla abbia ignorato a lungo i gravi impatti ambientali che stava generando. Tutto questo pur di evitare i costi dei lavori di adeguamento e incrementare le proprie performance.

mercoledì 15 gennaio 2025

15 gennaio - TARANTO: La posizione/indicazione dello Slai Cobas oggi nello sciopero metalmeccanici alle Ditta appalto e ad Acciaieria

 

Stamattina alle Ditte dell'appalto, in cui una parte degli operai non ha ancora ricevuto la 13° e la paga di gennazio, la divisione voluta dai padroni delle ditte tra contratto metalmeccanico e altri tipi di contratto - innanzitutto 'Multiservizi', insieme alla espansione dei contratti a termine anche di 1/2 mesi che porta i lavoratori ad essere costantemente sotto ricatto, ha impedito che ci fosse il blocco della portineria - come in passato - e una partecipazione unitaria allo sciopero.

Alle ditte dell'appalto, i padroni "piangono" quando non ricevono i loro soldi, ma poi sfruttano gli operai, tagliando i costi del lavoro, con contratti più bassi e sempre a rischio.

I sindacati confederali hanno fatto passare questa divisione contrattuale e poi si lamentano se tanti operai stamattina non hanno potuto scioperare. 

Ma la soluzione è quella indicata dallo Slai Cobas e portata stamattina tra gli operai.

La nostra posizione sullo sciopero metalmeccanico e sulla vendita Ilva, a tutte le portinerie


 

15 gennaio - STRAGE OPERAIA SUL LAVORO, UNA BATTAGLIA UNA GUERRA DI CLASSE DA METTERE TRA LE PRIORITÀ DEL 2025: Ieri 14 gennaio ci sono stati 6 morti sui luoghi di lavoro + itinere

Con i 4 morti di ieri l lombardia già in "fuga" con 11 morti. In Italia già 42 morti, 35 di questi sui luoghi di lavoro, già + 4 morti rispetto al 14 gennaio 2024 

Carlo Soricelli 

Operaio cade dal tetto di un capannone a Giussano e 

precipita per oltre 6 metri: morto 32enne

Un 32enne è morto dopo essere caduto dal tetto di un capannone a Giussano (Monza) nel pomeriggio del 14 gennaio. Il giovane sarebbe precipitato da un’altezza stimata di oltre 6 metri.

A cura di Enrico Spaccini

Un 32enne è morto nel primo pomeriggio di oggi, martedì 14 gennaio, in seguito a un incidente sul lavoro a Giussano (in provincia di Monza e della Brianza). Stando alle prime informazioni, pare che il giovane si trovasse sul tetto di un capannone quando, per cause ancora da chiarire, sarebbe caduto precipitando per 6 metri. All'arrivo dei sanitari, il 32enne era già deceduto.

Come riportato dall'Agenzia regionale emergenza urgenza (Areu), i soccorsi sono scattati poco dopo le 14 del 14 gennaio. Sul posto, in via Brunati a Giussano, sono state inviate un'ambulanza e un'automedica. Tuttavia, i sanitari hanno potuto solo constatare il decesso del 32enne.

Il giovane sarebbe precipitato dal tetto di un capannone, a un'altezza stimata di oltre 6 metri. La ricostruzione della dinamica dell'incidente è stata affidata ai carabinieri della Compagnia di Seregno, intervenuti insieme agli ispettori dell'Agenzia di tutela della salute (Ats) di Monza e ai vigili del fuoco del Comando di Monza. Dovrà essere accertato anche il rispetto delle norme sulla sicurezza sul lavoro.

martedì 14 gennaio 2025

14 gennaio - dal blog tarantocontro: Lo stato delle cose per Acciaierie e indotto

 

Lo stato delle cose per acciaierie e indotto - dopo le offerte

il punto dello Slai Cobas per il sindacato di classe Taranto

martedi 14 in un audio - pubblicato su questo blog

martedi 21presidio portinerie

per saperne di più  wa 3519575628

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Vendita ex Ilva, 10 le offerte arrivate

corriere di taranto info

pubblicato il 11 Gennaio 2025, 13:13

I Commissari Straordinari di Acciaierie d’Italia in Amministrazione Straordinaria (AS) e di ILVA in AS comunicano che, entro il termine fissato alla mezzanotte di venerdì 10 gennaio 2025, sono pervenute dieci offerte per l’acquisizione degli stabilimenti ex Ilva. La scadenza, precedentemente prorogata a dicembre 2024, ha consentito una più ampia partecipazione al processo di presentazione delle offerte. Tra le offerte ricevute, tre sono per tutti i complessi aziendali: cordata Baku Steel Company CJSC + Azerbaijan Investment Company OJSCBedrock Industries Management Co Inc e Jindal Steel International.

Sono sette le offerte interessate a singoli asset: cordata CAR Segnaletica Stradale Srl + Monge & C. SpA + Trans Isole SrlEusider SpAcordata Eusider SpA + Marcegaglia Steel SpA + Profilmec SpAI.M.C. SpAMarcegaglia Steel SpAcordata Marcegaglia Steel SpA + Sideralba SpA e Vitali SpA.

Sebbene il termine stabilito non sia da considerarsi perentorio, eventuali proposte che dovessero pervenire successivamente saranno valutate esclusivamente qualora presentino condizioni particolarmente favorevoli per la procedura in corso. I Commissari Straordinari si riservano un periodo di tempo congruo per esaminare attentamente tutte le proposte ricevute, con particolare riguardo agli aspetti occupazionali, alla decarbonizzazione e all’entità degli investimenti, al fine di assicurare uno sviluppo sostenibile degli impianti e la massima tutela del lavoratori coinvolti. “La partecipazione così significativa di grandi attori internazionali conferma che siamo sulla strada giusta per il rilancio della siderurgia italiana”. È quanto rileva il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso in merito alla presentazione di dieci offerte per l’acquisizione degli stabilimenti ex Ilva, di cui tre per gli interi complessi aziendali da parte di player internazionali e altre sette per singoli asset. “Questa è la fase decisiva. Responsabilità, coesione e unità di intenti” ha concluso il ministro.