martedì 19 aprile 2016

19 aprile - Di M. Spezia: SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! “LETTERE DAL FRONTE” DEL 18/04/16



INDICE

Alessandra Cecchi alexik65@gmail.com
TEMPA ROSSA E LE QUATTRO SORELLE

Daniele Barbieri pkdick@fastmail.it
17 APRILE: NON SOLO TRIVELLE

Vito Rosario Petrocelli vitorosario.petrocelli@senato.it
LA FENICE INCENERISCE ANCHE LE DIRETTIVE EUROPEE?

Clash City Workers cityworkers@gmail.com
CONTINUANO GLI SCIOPERI DEGLI STRAORDINARI ALLA FCA DI TERMOLI!

Cobas Pisa  confcobaspisa@alice.it
LA FORZA LAVORO INVECCHIA...MA LA SICUREZZA?


Scintilla Onlus scintillaonlus@yandex.com
SALUTE E SICUREZZA DEI LAVORATORI

Controsservatorio Valsusa info@controsservatoriovalsusa.org
IL TRIBUNALE PERMANENTE DEI POPOLI, LE GRANDI OPERE E LA VAL SUSA

Controsservatorio Valsusa info@controsservatoriovalsusa.org
LE POLEMICHE SULLA TRASMISSIONE RAI "SCALA MERCALLI"

Posta Resistenze posta@resistenze.org
SCIENZA, SVILUPPO E ORARIO DI LAVORO: TORNIAMO A PARLARNE
BOLOTONA IL 09 APRILE 2016: NON SI BARATTA IL POSTO DI LAVORO CON LA SALUTE

Cobas Pisa  confcobaspisa@alice.it
DEVASTAZIONE DEL TERRITORIO, MANCATA MANUTENZIONE E SALVAGUARDIA DELLA SALUTE E SICUREZZA SONO LE CAUSE DELLE MORTI IN CAVA

Muglia La Furia fmuglia@tin.it
LE INTERVISTE POSSIBILI

Cobas Pisa  confcobaspisa@alice.it
LE MORTI SUL LAVORO NON FANNO NOTIZIA

Riccardo Antonini erreemmea@libero.it
CARRARA: SULLE MORTI IN CAVA

Riccardo Antonini erreemmea@libero.it
SOLIDARIETA’ E SOSTEGNO

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From: Alessandra Cecchi alexik65@gmail.com
To:
Sent: Friday, April 08, 2016 8:52 AM
Subject: TEMPA ROSSA E LE QUATTRO SORELLE

Quella che segue è un’inchiesta pubblicata su Il Manifesto del 27 aprile 2012. Racconta le origini di Tempa Rossa, ed ancora moooolto attuale.

TEMPA ROSSA E LE QUATTRO SORELLE
“Se in questo paese sappiamo fare le automobili, dobbiamo saper fare anche la benzina”: quando Enrico Mattei, fondatore dell’ENI, pronunciò questa frase a Vittorio Valletta, storico dirigente della Fiat, eravamo sul finire degli anni ’50.
Chissà cosa penserebbe oggi se fosse ancora in vita, sapendo che proprio la sua ENI, creata per rompere il monopolio delle famose “sette sorelle” (le maggiori compagnie di petrolio dell’epoca), ancora oggi recita una parte da comprimaria nell’Italia che lui stesso difese, da partigiano “bianco”, durante la Resistenza.
C’è un progetto dei colossi petroliferi ENI, Total, Exxon Mobil e Shell, approvato a occhi chiusi da istituzioni e sindacati, che sta mettendo a rischio l’ecosistema della Basilicata, considerata l’Arabia Saudita italiana, e aumenterà ulteriormente l’inquinamento a Taranto, dove si trova una delle più grandi e strategiche raffinerie ENI in Italia.
Cuore pulsante di Tempa Rossa, considerato dalla banca d’affari Goldman Sachs tra i 128 progetti più importanti al mondo in fase di attuazione, “capaci di cambiare gli scenari mondiali dell’energia estrattiva”, le installazioni petrolifere della Val d’Agri sull’appennino lucano e la raffineria ionica, suo terminale d’esportazione, collegate dall’oleodotto di Viggiano (lungo 136 km).
La fase d’attuazione sta per scadere, in quanto la Total Esplorazione & Produzione Italia (Gruppo Total) ha reso noto di aver sottoscritto il 5 aprile una Lettera di intenti con la Maire Tecnimont SpA, quotata in borsa dal 2007 e gestita dall’imprenditore romano Fabrizio Di Amato (scelto direttamente dalla francese Total). L’attività di ingegneria prenderà il via il prossimo 14 maggio e la firma del contratto è attesa a breve. Affinché le ruspe entrino in azione nel cuore della Basilicata, serve solo l’ultima autorizzazione dell’Ufficio nazionale minerario, che dovrebbe arrivare in tempi rapidi. Alle aziende locali lucane, la Total concederà il “privilegio” di effettuare soltanto i lavori civili (di preparazione a quelli che farà la Maire Tecnimont) per la modica cifra di 60 milioni di euro.
Il valore complessivo dell’opera sarà di circa 500 milioni e secondo il CIPE, che lo scorso 23 marzo ha approvato il progetto definitivo (perché “contribuirà a sviluppare la produzione di petrolio in Italia e ridurre la dipendenza energetica dall’estero”), mobiliterà 1,3 miliardi di euro di fondi privati.
Sul lato ionico, invece, i via libera ci sono già tutti: il 19 settembre 2011 l’allora ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo, firmò il Decreto di pronuncia di compatibilità ambientale per la raffineria di Taranto per l’Adeguamento stoccaggio del greggio proveniente dal giacimento Tempa Rossa, per il cui progetto l’ENI ha stanziato 300 milioni di euro. Sempre nel corso del 2011 sono arrivati i vari OK da parte del Comune e della Provincia di Taranto, oltre che della Regione Puglia del governatore Nichi Vendola.

ALLE ORIGINI DEI MEGAPOZZI

Ma cos’è in realtà Tempa Rossa? E’ un giacimento petrolifero dell’alta valle del Sauro situato nel cuore della Basilicata, che ricade in gran parte sul territorio del Comune di Corleto Perticara, in provincia di Potenza, a quattro chilometri dal quale verrà costruito il futuro centro di trattamento. I cinque pozzi già perforati si trovano sul territorio del paesino lucano, mentre il sesto, i cui lavori di perforazione sono in corso, si trova nel Comune di Gorgoglione. Altri due pozzi saranno perforati nel corso di quest’anno sempre in agro Corleto Perticara. L’area dove verrà realizzato il centro di stoccaggio GPL si trova invece nel Comune di Guardia Perticara.
Il giacimento Tempa Rossa, che fu scoperto nel 1989 dalla Fina (società belga poi assorbita dalla Total che a sua volta nel 2002 ottenne dall’ENI la cessione del 25% della concessione del giacimento di Gorgoglione), possiede una particolarità: non solo per la natura degli idrocarburi presenti nel sottosuolo (oli pesanti da 10 a 22 api e presenza di zolfo), ma anche e soprattutto per il suo contesto ambientale: esso infatti si trova tra il parco regionale di Gallipoli Cognato e il parco nazionale del Pollino, proprio nel cuore della Basilicata.
Ma ciò che interessa davvero è quello che si trova nelle viscere. Nel sottosuolo è infatti custodito uno dei principali giacimenti petroliferi europei su terraferma: allo stato attuale il 78,5% della produzione italiana di greggio su terra proviene dalla Basilicata. Quando l’impianto lavorerà a pieno regime, avrà una capacità produttiva giornaliera di circa 50.000 barili di petrolio, 250.000 metri cubi di gas naturale, 267 tonnellate di GPL e 60 tonnellate di zolfo. Il gas sarà convogliato alla rete locale di distribuzione SNAM, mentre il petrolio sarà trasportato tramite una condotta interrata fino all’oleodotto Viggiano-Taranto, che ha come terminale d’esportazione la raffineria ENI del capoluogo ionico. Non è un caso, dunque, se lo sviluppo del progetto Tempa Rossa veda interessati due tra i più grandi gruppi petroliferi mondiali. Al fianco di Total E&P Italia, operatore incaricato dello sviluppo del progetto, figurano infatti anche la Shell (25%) e la Exxon Mobil (25%) tra le compagnie americane di petrolio più importanti al mondo. Tre delle “sette sorelle” combattute invano dal fondatore dell’ENI Enrico Mattei nella metà del secolo scorso.

TRA FANGHI E RICATTI

Tutto bene, dunque? Non proprio. Perché il 15 aprile 2011, 19 anni dopo l’inizio delle perforazioni esplorative effettuate dalla Total Mineraria SpA e il successivo abbandono dei fanghi petroliferi per la mancanza di una discarica che potesse raccoglierli, la regione Basilicata riceve la notifica ufficiale del sito in questione, indicato come “situazione a rischio”. Sulla vicenda Total ed ENI hanno iniziato il solito scaricabarile, in quanto il terreno ora in concessione alla Total, all’epoca era di proprietà dell’ENI, per cui la Total Mineraria SpA tra l’altro lavorava. Ma ciò che più preoccupa in questo momento l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente (Arpab), è cosa sia successo nei terreni in cui sono stati abbandonati i fanghi, specie per quanto concerne l’inquinamento delle acque di falda e la regimazione di quelle di pioggia.
Inoltre, al momento è in corso un’inchiesta, avviata dal Pubblico Ministero Henry John Woodcock prima del suo trasferimento a Napoli, il quale inquisì “i vertici della Total per presunti accordi corruttivi con ditte lucane interessate ai lavori di realizzazione delle infrastrutture legate al giacimento Tempa Rossa, il secondo più grande dopo quello dell’ENI”. Inchiesta che vede come parti lese i pochi agricoltori che si opposero all’esproprio dei terreni, che avvenne su cifre imposte dalla compagnia petrolifera e ritenute dagli agricoltori e dagli stessi inquirenti a dir poco ridicole: si parla infatti di somme di dieci volte inferiori al reale valore di mercato.

AFFARI NERI

Ma mentre in Basilicata la Total continua a perforare il terreno in uno dei luoghi naturali più affascinati della regione lucana, a Taranto l’ENI continua ad allungare la sua ombra sia all’interno che all’esterno della raffineria. I 300 milioni di euro stanziati, serviranno infatti per la costruzione di due enormi serbatoi (oltre ai tanti già presenti che si affacciano su Mar Grande) per stoccare i 180.000 metri cubi di greggio che arriveranno dalla Basilicata e per l’ampliamento del pontile della raffineria che ospiterà dalle 45 alle 140 petroliere l’anno.
E proprio l’aumento delle navi nella rada di Mar Grande è uno dei punti meno chiari del progetto, visto che nello Studio d’Impatto Ambientale manca l’analisi di rischio di incidente rilevante, di fondamentale importanza in questi casi. Il progetto dell’ENI, inoltre, produrrà un 12% in più di emissioni diffuse, dato confermato dai tecnici di Arpa Puglia che l’ENI non smentisce, anche se nello Studio d’Impatto Ambientale presentato la percentuale scende all’8%. A tutto questo le nostre istituzioni, accompagnate a braccetto dai sindacati confederali e da Confindustria, hanno conferito la loro sentenza definitiva di “compatibilità ambientale” e di “pubblica utilità”. Si è parlato di occasione unica per l’economia del territorio e di imprecisati posti di lavoro in più.
Ma al bando emesso dall’ENI per l’aggiudicazione dei lavori per il progetto Tempa Rossa, scaduto lo scorso anno, potevano partecipare solo aziende con un profitto annuale minimo di 250 milioni di euro. E aziende tarantine di questo calibro non ce ne sono. Anche se, a pensarci bene, visto che il progetto prevede che “il pontile e tutte le strutture accessorie saranno realizzate interamente in acciaio”, il nome di un’azienda viene in mente eccome: l’ILVA della famiglia Riva, che si trova a pochi metri dalla raffineria.

QUALCHE DOMANDA

E’ possibile giudicare un progetto come quello di cui parliamo in questa pagina “compatibile con l’ambiente” e soprattutto di “pubblica utilità”?
E’ compatibile con l’aria di Taranto l’aumento del 12% delle emissioni diffuse?
E’ compatibile con l’ecosistema del Mar Grande tarantino l’aumento annuale di enormi petroliere?
E’ compatibile con la vita dei cittadini il sicuro aumento della dispersione delle emissioni odorigene che già oggi avviene sistematicamente quando sono in corso operazioni di caricamento di greggio dalla raffineria ENI su nave?
E’ compatibile con l’ambiente lucano la perforazione di otto pozzi petroliferi nel cuore di uno degli scenari naturali più belli che abbiamo in Italia?
E’ di pubblica utilità un progetto che farà aumentare solamente il bilancio delle multinazionali del petrolio come Total, Shell, Exxon Mobil, ENI?
E’ di pubblica utilità un progetto che per la costruzione di tutte le sue opere affiderà i lavori ad aziende con un profitto annuale altissimo e lascerà solo le briciole alle aziende presenti sul territorio lucano e ionico?
Ci piacerebbe che qualcuno rispondesse alle nostre domande. 

Gianmario Leone
Tratto da Il Manifesto
Gianmario Leone scrive anche su Taranto Oggi e Inchiostro Verde.

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From: Daniele Barbieri pkdick@fastmail.it
To:
Sent: Friday, April 08, 2016 7:24 PM
Subject: 17 APRILE: NON SOLO TRIVELLE

NDR
Quando leggerete questo articolo si sarà già tenuto il referendum del 17 aprile “contro le trivelle”.
Ritengo utile riportarlo lo stesso per la sua valenza analitica e il suo interesse di natura “trasversale”.

Da La Bottega del Barbieri
di Gianluca Ricciato

Trivellazioni, energia, petrolio, guerra, immigrazione, capitalismo, disastri ambientali, crisi economica: è davvero possibile mettere il silenziatore agli intricati ma evidenti collegamenti fra tutti questi problemi?
Un po’ di anni fa, ormai quasi una quindicina, eravamo nel periodo successivo ai fatti del G8 di Genova, al crollo delle Torri Gemelle di New York e alla successiva entrata nella cosiddetta “guerra infinita”. In quel periodo partecipai a un dibattito dove Daniele Barbieri, fondatore di questo sito, disse una cosa che mi è sempre rimasta in mente: uno dei principali strumenti di controllo è cercare di impedire alle persone di fare i collegamenti fra le cose che succedono.
Nei mesi a cavallo tra 2015 e 2016 abbiamo assistito alla distruzione di uno Stato dalla civiltà millenaria (la Siria), a migliaia di esseri umani deportati davanti a una rete di filo spinato in una cittadina macedone di nome Idomeni, a una serie di attacchi terroristici del cosiddetto ISIS, all’indagine riguardante la gestione dei giacimenti petroliferi di Eni e Total in Basilicata e, non ultimo, a un pauroso omicidio, quello del ricercatore Giulio Regeni, che le notizie trapelate proprio in questi giorni stanno iniziando a descrivere come un possibile omicidio di Stato perpetrato dal governo egiziano.
Che l’instabilità internazionale della nostra epoca sia strettamente connessa all’accaparramento delle risorse energetiche, attraverso il controllo di determinate zone del Medio Oriente, dovrebbe essere solo il primo e più chiaro dei collegamenti da fare, ma non l’unico. Che tutto questo dipenda dal modo in cui funzionano le nostre “democrazie” e quelle dei Paesi mediorientali, dal modo di condurre le relazioni internazionali in base agli interessi strategici e in barba a ciò che scrivono le nostre Costituzioni, così come dipenda dalla nostra economia basata sulle teorie della crescita illimitata, dal modo in cui produciamo e consumiamo energia, oggetti tecnologici, risorse alimentari, e come tutto questo sia collegato alla possibilità o meno che il nostro pianeta continui a funzionare in modo ospitale per noi umani, sono altri nodi di una rete di collegamenti che forse ancora non sono chiari a tutti. Come non è chiaro che il nostro stile di vita, il nostro portafogli e la nostra salute (fisica e mentale) dipendono strettamente dalla gestione delle nostre risorse e dalle scelte di chi detiene il potere. Tutto questo dovrebbe dirci ad esempio un fatto: la scelta di decidere di continuare a produrre energia a combustibili fossili e consumarla nel modo in cui la consumiamo è una scelta politica, dalle conseguenze molto grandi, il cui collegamento con i problemi elencati viene “miracolosamente” cancellato ogni giorno, anche questo per una scelta politica ben precisa.
Quando sento qualcuno (da qualunque parte venga) che propone di delegare ai soli “tecnici” questo tipo di scelte, penso che costui abbia un pensiero monco di una parte consistente del problema, nel migliore dei casi, interessato e disonesto nel peggiore, in quanto usa una presunta e inesistente “oggettività scientifica” per demolire le teorie opposte. Almeno da Einstein in poi, infatti, sappiamo che non esistono teorie neutre e assolute e questo non vuol dire che “tutto è relativo” ma che tutto è condizionato dal soggetto che osserva e interpreta, e questo ogni disciplina (scientifica e non) dovrebbe averlo recepito da almeno un secolo.
Avere una coscienza sociale e ambientale delle scelte personali e collettive, prendere una posizione che tenga conto di questi fattori, cercare e praticare soluzioni diverse dai paradigmi usati finora, non sono “atteggiamenti ideologici” (clichè che non vuol dire nulla) e non c’entrano con gli invasati che intasano il web delle proprie nevrosi. Sono scelte determinate da alcuni valori, opposti ad esempio ai valori di chi fa analisi e ricerche scientifiche senza introdurre il principio della responsabilità personale e collettiva delle proprie ricerche sugli esseri viventi, umani e non.
Siamo capaci tutti a dire che siamo a favore della giustizia, dell’ambiente e della pace, ma contano i fatti e le scelte che si fanno, anche e soprattutto quelle riguardanti come e quali ricerche scientifiche condurre, dato che le ricerche e le persone che le fanno non sono neutre né tanto meno oggettive, bensì orientate e portatrici di valori e conseguenze che sarà la storia a giudicare se buone o cattive, vere o false, come è sempre stato. E oggettive non lo sono in nessun caso, soprattutto quando sono scelte che appoggiano un’ideologia che si chiama “capitalismo” e che ha strutture economiche e politiche ben precise.
Io voterò sì al referendum del 17 aprile e vorrei che lo facessero tutte/i. Ma non credo che questo risolverà i nostri problemi ambientali né la questione energetica, e forse non basterà a cambiare l’atteggiamento italiano nei confronti di questi problemi. Ma lo farò lo stesso perchè credo che sia uno dei tanti passi che da anni sto facendo, insieme a tante altre persone, verso l’emersione anche in Italia di una coscienza ecologista, nonviolenta e socialmente più equa. Quella per cui ha lottato ad esempio Alex Langer, un attivista morto suicida nel 1996 la cui mancanza nell’Italia di oggi è più che mai evidente.
Sempre in quel periodo che descrivevo all’inizio, intorno al 2004-2005, ho iniziato a lavorare a un progetto che si chiamava Casa ecologica itinerante: era una mostra nata in Germania che dimostrava a cittadine/i e studenti delle scuole gli esempi teorici e pratici sul corretto uso delle risorse e su alcuni stili di vita sostenibili da adottare. Spesso partivamo da un esempio banale, la metafora del secchio bucato. Se hai un secchio bucato e vuoi riempirlo d’acqua cosa fai: aumenti il flusso del rubinetto, cambi il rubinetto o magari cerchi di tappare il buco che disperde l’acqua? Così, se hai un sistema energetico nazionale “bucato” dove risulta insufficiente l’erogazione di energia rispetto ai consumi cosa fai: costruisci altre centrali termoelettriche, le sostituisci con nuove di altro tipo e vai alla ricerca di ulteriori fonti fossili attraverso piani di trivellazioni, oppure tappi i buchi degli sprechi energetici? Sarà forse che con quest’ultima soluzione ci guadagneremmo noi e ci perderebbero le holding dell’energia quotate in borsa che tengono al guinzaglio le decisioni dei governi di turno?

Cose simili le diceva Maurizio Pallante nel saggio “Un futuro senza Luce” (Editori Riuniti, 2004) riguardo al fatto che nessuno ha voluto seriamente prendere in considerazione la riduzione dei consumi, neanche quando ci sono stati gli ambientalisti nelle poltrone di potere. Ci pensò l’amministratore delegato dell’ENEL a presidenza ambientalista a bollarlo come un vizio di massa da sradicare: “Siamo tutti impregnati dalla retorica del risparmio energetico. Con un contatore di 3 kilowatt si vive in un mondo incivile”. In questo caso era il funzionario del centrosinistra dell’epoca, che si affidava alla retorica del progresso tecnologico per pubblicizzare l’aumento della capacità dei contatori delle case da 3 a 6 kilowatt. La migliore energia è quella che non si consuma è sempre stato il motto dell’associazione PAEA (Progetti Alternativi per l'Energia e l'Ambiente), proprietaria della Casa ecologica itinerante e invece ancora oggi o si propagandano a turno trivellazioni e nuove grandi centrali oppure si parla solo di energie rinnovabili che in molti casi sono state impiantate in quantità assurdamente sovradimensionate, in luoghi dal forte impatto ambientale e in mano a società a dir poco discutibili.

Ho chiesto in questi giorni un po’ di pareri a un mio amico che era anche uno dei miei colleghi nell’associazione PAEA, Alberto Sasso, oggi stimato architetto a livello nazionale, un “tecnico” quindi, ma chi lo conosce sa quanto sia grande il suo impegno per contribuire a indirizzare le scelte dell’edilizia italiana verso la sostenibilità energetica e ambientale, essendo il consumo dei nostri edifici una delle principali cause di inquinamento ambientale nel nostro Paese insieme alla mobilità insostenibile, ad agricoltura e allevamenti intensivi e alla cattiva gestione dei rifiuti.
“I progetti pionieristici Casaclima e Passivhaus nati in Alto Adige negli anni Novanta” - dice Alberto - “hanno fatto passi avanti e oggi ci sono i Casaclima Network che sono presenti in tutta Italia per favorire un’edilizia a bassissimo impatto ambientale e capace di risparmiare su riscaldamento ed elettricità. Con l’abbassamento del prezzo del petrolio e il conseguente allungamento dei tempi di ritorno economico, tuttavia, l’importanza di una coscienza ambientale nelle scelte diviene più importante, in quanto rimane ovviamente il problema geopolitico del reperimento e dello stoccaggio della risorsa, oltre a un futuro incerto anche dal punto di vista economico. Il reperimento di risorse nei nostri mari è sostanzialmente ininfluente rispetto al discorso generale dell’energia, in quanto facendo a meno delle perforazioni nei mari italiani le cose non cambierebbero di molto. Il tema principale rimane quindi il corretto uso delle risorse: riguardo agli sprechi poco è cambiato negli ultimi anni, l’efficienza delle reti elettriche ad esempio oggi è ancora del 37% (che vuol dire che se una nostra centrale produce 100 kiloWatt ore di energia, solo 37 arrivano ad essere consumate da noi e il resto si disperde nei processi di produzione o si dissipa durante il trasporto). Secondo un recente e utilissimo rapporto ENEA, sul 100% di consumi, circa la metà lo farà la conoscenza diffusa e la consapevolezza dei comportamenti”.
Mi viene in mente, in particolare riguardo a quest’ultima frase, quante volte tanti ingegneri, (dis)educati dalle loro università a non ragionare mai fuori dal guscio tradizionale, deridono ancora le fatiche fatte per educare bambini e ragazzi al corretto uso del riscaldamento e degli strumenti tecnologici energivori che, dati alla mano, hanno ancora un impatto grandissimo rispetto ai consumi, alle bollette, ai kiloWatt ore consumati e di conseguenza alle tonnellate di CO2 immesse nell’atmosfera. Visto che usiamo ancora troppo le fonti fossili per produrre energia elettrica e termica e che una gestione efficiente e bilanciata di risparmio e/o fonti rinnovabili sembra ancora lontana.
Quindi, invece di suggerimenti su quante e quali trivelle andranno a essere interessate dal referendum (tanto i dati più disparati li leggiamo ogni giorno aprendo Facebook) concludo rimandando a un po’ di riferimenti interessanti su quello che veramente possiamo fare per capire i nodi del problema e, soprattutto, per iniziare a sapere cosa fare. Ne va delle nostre vite, che ce ne rendiamo conto o meno.
Alex Langer in un intervento ad Assisi del 1994
L’officina di progettazione architettonica efficiente di Alberto Sasso
Casa Clima Network
Rapporto energia e ambiente ENEA
Centro per l’Energia e l’Ambiente di Hannover (pagine in italiano)
La casa ecologica (video)
PAEA Progetti Alternativi per l’Energia e l’Ambiente

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From: Vito Rosario Petrocelli vitorosario.petrocelli@senato.it
To:
Sent: Saturday, April 09, 2016 1:46 PM
Subject: LA FENICE INCENERISCE ANCHE LE DIRETTIVE EUROPEE?

A San Nicola di Melfi, in Basilicata, si bruciano 30.000 tonnellate annue di rifiuti urbani e 35.000 di rifiuti industriali tossici e nocivi. Il sospetto è che si violi la Direttiva europea in merito agli articoli, 12, 13, 17, 25, 26 e 244 della Legge 152/06. In particolare, l’articolo 26, afferma un principio guida: “Il produttore e il detentore di rifiuti dovrebbero garantire un livello elevato di protezione dell’ambiente e della salute umana”. Ciò che, come dimostrano gli accadimenti, non è mai avvenuto nell’area intorno all’inceneritore.
Il senatore M5S Vito Petrocelli e il consigliere comunale M5S Giancarlo Gervasio, autore anche di un’azione dimostrativa che ha rilevato la presenza di diossina nel latte materno di una mamma in allattamento di Lavello, hanno pertanto presentato alla Commissione europea una circostanziata denuncia sui continui superamenti dei limiti fissati dalla Tabella 2 dell’allegato 5, alla parte IV della Legge 152/06, per numerosi composti organici e inorganici, con un andamento sistemico dal 2000 al 2016. A dimostrazione di una incapacità costante a garantire “un livello di protezione dell’ambiente e della salute umana”.
La denuncia ha anche un secondo intento: far rientrare l’area di Melfi in uno screening generale delle popolazioni locali per dimostrare che ci sono i presupposti per una denuncia di disastro ambientale e sanitario anche in questa area della Basilicata. I cui piani regionali di gestione dei rifiuti hanno sempre avuto come centralità non il riciclo e il recupero, ma la produzione di CSS (Combustibile Solido Secondario) e l’incenerimento, per un giro di affari annuo intorno ai 100 milioni di euro.
Nei 9 pozzi di monitoraggio delle falde sottostanti La Fenice, dal 2000 al 2007, si sono registrati sforamenti dei limiti di tolleranza di Piombo, Nichel, Cromo e, più sporadicamente, di Mercurio. Questi dati sono stati tenuti nascosti alla popolazione per circa 9 anni. Dal 2011 al 2016, invece, si registrano continui superamenti dei limiti di Ferro, Nichel, Manganese, Fluoruri, Solfati, Tricloro Metano, Tricloro Etilene, Tetracloro Etilene, Dicloroproprano.
I dati inviati alla Commissione europea sono relativi anche all’irregolarità dell’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale), sono corredati di testimonianze di cittadini e associazioni e denunciano anche l’assenza di rilevamenti efficaci contro l’inquinamento dell’aria da diossina, polveri sottili, acido solfidrico e composti organici volatili.
In una situazione del genere, il governo italiano sembra voglia dichiarare questa struttura obsoleta come “opera strategica”, al fine di non farla chiudere entro il 2020, anno limite per l’Unione Europea per la produzione di energia dall’incenerimento dei rifiuti, dimostrando un ingiustificato interesse specifico.

Vito Petrocelli, M5S Senato della Repubblica
Giancarlo Gervasio, M5S Comune di Lavello

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From: Clash City Workers cityworkers@gmail.com
To:
Sent: Sunday, April 10, 2016 10:34 AM
Subject: CONTINUANO GLI SCIOPERI DEGLI STRAORDINARI ALLA FCA DI TERMOLI!

Questo sabato la dirigenza dello stabilimento Fiat-Chrysler di Termoli è tornata a obbligare i lavoratori allo straordinario. Lo fa per compensare la politica di disinvestimento dell’azienda, che si trova con impianti vecchi che anziché rinnovare vuole sfruttare all’osso e mantenere a regime senza interruzioni. Eventualmente sfruttando all’osso anche i lavoratori, già vessati da ritmi durissimi, malattie professionali e stanchezza cronica.
Che per questo, nonostante il regime repressivo che vige nella Fiat di Marchionne e le incredibili pressioni aziendali, continuano ad aderire agli scioperi organizzati dalla maggioranza delle RSU FIOM. Scioperi che stanno avendo un successo inaspettato nonostante gli ostacoli posti dalla dirigenza locale e nazionale dello stesso sindacato: sabato scorso, intatti, l’adesione è stata circa del 50%, e questo nonostante fossero tre settimane che il sabato non si lavorava e quindi mancasse uno dei tristi motivi del successo degli scioperi precedenti, cioè la stanchezza fisica di operai che non ce la fanno più a sostenere certi ritmi. Due settimane fa c’erano le vacanze pasquali, la settimana precedente invece l’azienda aveva revocato lo straordinario senza addurre motivazioni.
Ma la motivazione è chiara: la riuscita degli scioperi che stanno venendo portati avanti da mesi, con tanto di corteo interno in grado di coinvolgere 200 operai!
Che dopo tre settimane gli scioperi continuino a riscuotere questo successo in condizioni così difficili è un dato importantissimo. Che una delle ragioni del successo sia proprio la stanchezza e l’esasperazione dovrebbe motivare le dirigenze sindacali a dare voce alle frustrazioni di chi non ce la fa più a essere sfruttato e a trovare le strategie migliori per lottare contro lo sfruttamento della Fiat. Anche perché l’azienda non ha alcuna intenzione di interloquire con i propri dipendenti ed è chiusa in un assordante silenzio.
Purtroppo non sembra proprio questa l’intenzione dei funzionari sindacali. Se ormai FILM e UILM sono pienamente allineati a Marchionne, gravissimo risulta il comportamento della FIOM, che pure riconosce la validità delle ragioni degli scioperi, ma ha colpito i propri delegati con assurde dichiarazioni di incompatibilità con la propria organizzazione sindacale. La loro colpa sarebbe infatti aver provato a portare avanti gli interessi dei lavoratori andando al di là degli steccati sindacali, provando a coordinarsi con i sindacati di base e con altri lavoratori.
Ma se ci vogliono compatibili e sempre più sacrificati al dispotismo aziendale, a ritmi esasperanti e salari miseri, allora non possiamo non ripetere che SIAMO TUTTI INCOMPATIBILI!

Su Radio Onda Rossa una bella intervista a una delle operaie di Termoli 
Qui informazioni in più sulla campagna di solidarietà ai delegati FIOM dichiarati incompatibili 

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From: Cobas Pisa  confcobaspisa@alice.it
To:
Sent: Sunday, April 10, 2016 8:28 PM
Subject: LA FORZA LAVORO INVECCHIA...MA LA SICUREZZA?

Se la forza lavoro nella Pubblica Amministrazione è probabilmente la più vecchia, e rassegnata, d'Europa, anche quella del privato non scherza. L'innalzamento dell'età pensionabile con la Fornero ha allungato l'età lavorativa di decine di migliaia di lavoratori/trici ma nessuno si è posta ancora una domanda: come gestire la salute e la sicurezza di una forza lavoro in età avanzata?
Le statistiche europee dimostrano che il numero dei lavoratori over 60 è in continua crescita e lo sarà sempre di più perché le pensioni calcolate con il sistema contributivo saranno una rimessa che spingerà molti/e a restare in attività anche dopo i 40 anni di contributi.
Intanto due o tre considerazioni si rendono necessarie: una cosa è insegnare o svolgere un ruolo impiegatizio, altro discorso vale per lavori più usuranti.
I datori di lavoro da tempo hanno iniziato una campagna per il benessere e un corretto stile di vita che poi significa mantenere la forza lavoro in condizioni di salute anche dopo una certa età, insomma corretti stile di vita e di alimentazione convengono perché fanno spendere meno soldi al Servizio Sanitario Nazionale e permettono ai padroni lo sfruttamento intensivo e prolungato della forza lavoro.
Le ridotte capacità fisiche e sensoriali non sempre si compensano con la esperienza, per questo non è da escludere processi di formazione e di mobilità per spostare personale, detto ciò una nuova valutazione dei rischi va costruita anche in rapporto all'elevata età anagrafica perché in certe mansioni il rischio corso da un giovane non è lo stesso di un sessantenne.
Ma riuscirà il capitalismo italiano a salvaguardare la salute e la sicurezza della propria forza lavoro? Verrebbe da dire di no, perché nella pubblica amministrazione e anche nel privato parlare di riprogettare e ruotare il lavoro non è sempre scontato, le pause poi vengono non accresciute ma diminuite come i casi autoferrotranvieri e metalmeccanici dimostrano.
Anche sui turni organizzativi il discorso sarebbe lungo perché negli ultimi 10 anni sono stati soppressi accordi aziendali che permettevano al personale vicino alla pensione turnazioni e carichi lavorativi più leggeri, quindi si va nella direzione opposta a quella indicata dalla medicina del lavoro che, guarda caso, subisce tagli dal Governo e il cui peso è stato progressivamente ridotto.
Anche gli ambienti di lavoro meriterebbero maggiore attenzione ma anche su questo argomento registriamo decisi passi indietro.
Se la forza lavoro diventa più vecchia, il capitalismo dovrebbe rivedere il modo di sfruttare la forza lavoro, dubitiamo che quello italiano, basato su delocalizzazioni e smantellamento della medicina del lavoro, possa intraprendere una strada di riduzione del danno, se vediamo la condizione di vita nelle fabbriche e negli autoferrotranvieri avviene invece l'esatto contrario.
Si diventa così sempre più alienati, sfruttati e la nostra salute è a rischio, ma nell'immaginario collettivo fanno intendere che la colpa non sia dei governanti e dei padroni, ma solo dei nostri inappropriati stili di vita.

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From: Scintilla Onlus scintillaonlus@yandex.com
To:
Sent: Sunday, April 10, 2016 10:06 PM
Subject: SALUTE E SICUREZZA DEI LAVORATORI

Visita e utilizza sul nostro sito web la nuova sezione “Salute e sicurezza dei lavoratori”!
Scintilla Onlus ha pubblicato sul proprio sito web (http://scintillaonlus.weebly.com) una sezione sulla salute e sicurezza dei lavoratori dove potrete trovare e scaricare materiali indispensabili per approfondire le conoscenze sui vari argomenti inerenti questa materia e portare avanti le vertenze sui posti di lavoro contro la nocività, gli infortuni e le malattie professionali, etc. 
Infatti potete trovare e scaricare la vigente normativa aggiornata, opuscoli informativi, linee guida, approfondimenti su appalti, infortuni, malattie professionali, sorveglianza sanitaria e sulle varie tipologie di rischio, materiali utili per RLS, delegati sindacali e lavoratori compresi tutta una serie di moduli relativi a denunce, richieste e segnalazioni utili nell’attività quotidiana.
Fateci conoscere le vostre opinioni e inviateci altro materiale per aiutarci a migliorare e arricchire questo spazio che è a disposizione di tutti gratuitamente!
Soprattutto vi invitiamo a darci una mano donando il 5 per mille a Scintilla Onlus. 
Non vi costa nulla, ma per noi è essenziale per portare avanti il lavoro a favore dei lavoratori sfruttati, per rafforzare la solidarietà e contro ogni forma di sfruttamento!

Dai il 5 per mille a Scintilla Onlus!
Nella dichiarazione dei redditi firma nel riquadro "Sostegno del volontariato e delle altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale" e scrivi il codice 976 637 805 89

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From: Controsservatorio Valsusa info@controsservatoriovalsusa.org
To:
Sent: Wednesday, April 13, 2016 4:43 PM
Subject: IL TRIBUNALE PERMANENTE DEI POPOLI, LE GRANDI OPERE E LA VAL SUSA

Continuano le presentazioni del quarto quaderno del Controsservatorio che analizza e commenta la recente sentenza del Tribunale Permanente dei Popoli.
La prossima presentazione sarà in una sala del Consiglio Regionale del Piemonte: una scelta non casuale e un'occasione per un richiamo alle responsabilità della politica e delle istituzioni direttamente chiamate in causa dalla sentenza.
L'appuntamento è per mercoledì 20 Aprile 2016 alle ore 11 nella sala Viglione del palazzo del Consiglio Regionale in via Alfieri 15 a Torino. 
Sergio Foà, professore di diritto amministrativo nell'Università di Torino, Ugo Mattei, professore di diritto civile nell'Università di Torino e Gianni Tognoni, segretario del Tribunale Permanente dei Popoli presentano il quarto quaderno del Controsservatorio Valsusa “Il Tribunale Permanente dei Popoli, le grandi opere e La Val Susa”.
Coordina Marco Giavelli, giornalista di Luna Nuova.
Sarà presente il curatore del quaderno Livio Pepino.
Alla presentazione sono stati invitati:
-         Sergio Chiamparino, presidente della Regione Piemonte;
-         Paolo Foietta, presidente Osservatorio per il collegamento ferroviario Torino-Lione;
-         Sandro Plano, sindaco di Susa e presidente dell'Unione Montana Valle Susa.
La presentazione è aperta al pubblico

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From: Controsservatorio Valsusa info@controsservatoriovalsusa.org
To:
Sent: Wednesday, April 13, 2016 4:43 PM
Subject: LE POLEMICHE SULLA TRASMISSIONE RAI "SCALA MERCALLI"

Nella puntata di "Scala Mercalli" del 26 marzo scorso si è parlato anche di TAV Torino-Lione nel quadro di un approccio più generale che analizza i trasporti dal punto di vista dell'impatto sull'ambiente, dei bilanci energetici e di rapporto costi/benefici. Nella trasmissione hanno avuto ampio spazio i tecnici che sostengono le ragioni del no (solitamente oscurati dai media).
In un paese normale la cosa sarebbe normale. Nel nostro paese molto poco normale ci sono state reazioni scomposte (peraltro prevedibili e previste): il senatore Esposito (PD) ha dichiarato di aver presentato un'interrogazione in Commissione di Vigilanza Rai sollecitando “provvedimenti opportuni nei confronti del conduttore” chiedendosi se l'informazione fornita nella puntata fosse “compatibile con una TV pubblica”; l'esponente di Forza Italia Osvaldo Napoli ha parlato di “offesa all'intelligenza degli ascoltatori” e di “insulto alla libertà di informazione” (!), il presidente dell'Osservatorio Paolo Foietta (che di informazione corretta se ne intende avendo eredito anche le relative competenze dal precedente presidente Mario Virano) ha parlato di “sceneggiatura scontata” e si è disinvoltamente richiamato alla “pseudo-sentenza” del sedicente “Tribunale Permanente dei Popoli”.
Reazioni certo non inaspettate dicevamo: chi si è sempre sottratto a un confronto vero tra le ragioni del si e del no non può che usare l'invettiva non potendo usare l'intelligenza e la forza della ragione.
Indignati dalle reazioni scomposte numerose personalità del mondo accademico hanno lanciato nei giorni scorsi un appello in difesa dell'ambiente e della libertà di informazione:
Noi suggeriamo di dare ampia diffusione alla puntata incriminata di Scala Mercalli, magari usandola come spunto per incontri pubblici di confronto tra persone intelligenti.
Potete trovare l'intera puntata su questa pagina del sito della RAI:
oppure su Youtube trovate i 25 minuti dedicati al TAV:

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From: Posta Resistenze posta@resistenze.org
To:
Sent: Thursday, April 14, 2016 2:30 AM
Subject: SCIENZA, SVILUPPO E ORARIO DI LAVORO: TORNIAMO A PARLARNE

Da USB
11/04/16

Sempre più spesso assistiamo increduli agli avanzamenti tecnologici. La scienza, la ricerca, lo studio ci consegnano strumenti ed oggetti destinati a rivoluzionare la produzione. Ultima, per quanto se ne sappia, la stampante 3D, capace di ricostruire con la massima fedeltà oggetti di ogni fatta e dimensione. Sicuramente una tale capacità innovativa sta garantendo, al mondo della produzione, strumenti sempre più sofisticati capaci di rendere l'apporto umano sempre più residuale. Nel 1799 Ned Ludd, un operaio tessile si scagliò, distruggendola, contro una delle prime macchine introdotte nella produzione dopo la prima rivoluzione industriale. Già allora si intravvedeva come l'introduzione e l'uso delle tecnologie, all'epoca senz'altro molto meno sofisticate delle attuali, avrebbero potuto produrre una diminuzione della necessità dell'apporto umano.
La questione dello sviluppo tecnologico non produsse allora, e non sta producendo oggi, un miglioramento diretto delle condizioni di vita del proletariato industriale, bensì una forte riduzione degli addetti ai processi produttivi, via via oggi sostituiti dai macchinari frutto dell'innovazione tecnologica, dalla robotica e dall'informatica. A questo si accompagnano, ai giorni nostri, i processi di delocalizzazione produttiva che hanno via via spostato la produzione intensiva e di filiera fuori dai paesi a capitalismo avanzato, dove il costo della mano d'opera è largamente più alto di quello dei paesi terzi e che hanno contribuito alla sovrapproduzione di merci a livello mondiale che è un altro fattore di squilibrio che stiamo pagando.
La disoccupazione di massa che sta interessando l'Italia, ma più in generale i paesi industrializzati, è in parte quindi figlia anche dell'innovazione tecnologica, oltre che dell'innalzamento dell'età pensionabile, delle delocalizzazioni e di alcuni altri fattori dovuti alla divisione internazionale del lavoro e quindi al ruolo di produttore di servizi che l'Unione Europea ci assegna.
Nei decenni passati la parola d'ordine della riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario è stata agitata e sostenuta da più parti come uno degli strumenti capaci di redistribuire il lavoro esistente, riducendo i margini di profitto delle imprese e spostandoli al fattore lavoro.
La questione è stata poi accantonata di fronte alle dure resistenze del padronato, alla totale insensibilità sindacale e da ultimo all'emergere di fattori quali la precarietà e l'introduzione delle nuove forme di sfruttamento, realizzate attraverso il profondo sconvolgimento della legislazione lavoristica che ha consentito forme di temporizzazione del lavoro che inevitabilmente hanno messo la questione in secondo piano. A chi lavora tre ore al giorno o diciotto ore a settimana, sentir parlare di riduzione dell'orario di lavoro fa venire quanto meno l'orticaria!
L'USB ha ricollocato la questione della riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario all'interno della propria piattaforma programmatica. E' quello l'unico modo corretto di riproporre una questione di portata così rilevante e che da sempre suscita discussione e schieramenti pro e contro, collegandola cioè con un ventaglio di misure economiche e sociali che, se realizzate, rendono possibile sconfiggere resistenze padronali e sottovalutazioni sindacali anche su questa questione centrale. Non dobbiamo aver paura di proporre soluzioni alternative a quelle che la borghesia e il padronato hanno avuto la capacità di far vivere come le uniche realizzabili e possibili. Sta a noi riavviare e prospettare proposte che partano dalla nostra condizione materiale e dalle esigenze della classe e sostenerle con le lotte.

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From: Mario Murgia murgia.mario50@virgilio.it
To:
Sent: Thursday, April 14, 2016 7:23 PM
Subject: BOLOTONA IL 09 APRILE 2016: NON SI BARATTA IL POSTO DI LAVORO CON LA SALUTE

Trasmetto la rassegna stampa, le notizie televisive, la registrazione dell’intervento conclusivo del convegno di Associazione Italiana Esposti Amianto e Medicina Democratica “Amianto e dintorni: il caso Ottana e Assemini”, tenutosi nella sala consiliare del comune di Bolotona il 09 aprile 2016
Mario Murgia

CONVEGNO BOLOTANA 09/04/16: CONCLUSIONI DI MARIO MURGIA
I DANNI DELL'AMIANTO
Servizio TGR Sardegna ore 14 (minuto 6:48)
LA RABBIA DEGLI EX OPERAI ESPOSTI ALL'AMIANTO: “NOI SARDI DISCRIMINATI”
TG Videolina
LA RABBIA DEGLI OPERAI DI OTTANA
TG Videolina
AMIANTO, APPELLO DA BOLOTANA: “TROPPI MALATI, LA REGIONE FINANZI GLI STUDI,
Sardiniapost
AMIANTO APPELLO DA BOLOTANA: "TROPPI EX LAVORATORI OTTANA E ASSEMINI AMMALATI"
Cagliaripad
AMIANTO: COMITATO “REGIONE FINANZI STUDI”
ANSA
BOLOTANA, "NOI, REDUCI DELL'AMIANTO": L'ASSEMBLEA PER CHIEDERE GIUSTIZIA,
Unione sarda on line
MICHELE PIRAS: LA TELEFONATA DELL'ASSESSORE REGIONALE CHE PREFERIREBBE MENO ATTENZIONE SULL'INQUINAMENTO A OTTANA,
Il Marghine.net
AMIANTO: COMITATO “REGIONE FINANZI STUDI”
make me feed
AMIANTO NELL’AREA INDUSTRIALE: CHIAMATA A RACCOLTA DELL’AIEA
La Nuova Sardegna

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From: Cobas Pisa  confcobaspisa@alice.it
To:
Sent: Thursday, April 14, 2016 11:13 PM
Subject: DEVASTAZIONE DEL TERRITORIO, MANCATA MANUTENZIONE E SALVAGUARDIA DELLA SALUTE E SICUREZZA SONO LE CAUSE DELLE MORTI IN CAVA

Ancora una volta siamo obbligati a commentare l’ennesima tragedia sul posto di lavoro: due operai deceduti e un terzo miracolosamente in salvo in una cava di marmo a Colonnata, in provincia di Carrara a seguito di una frana.
In questo momento dominano la rabbia e il dolore, ma purtroppo non lo stupore: il continuo stillicidio di lavoratori non è mai finito nel nostro Paese, in rapporto al numero degli occupati infortuni e morti sul lavoro non diminuiscono e all'orizzonte avremo sempre più numerose malattie professionali.
Le morti sul lavoro a Carrara sono il risultato non solo della inosservanza delle normative di sicurezza, ma anche della assenza di manutenzione del territorio la cui devastazione è anche frutto di scelte degli enti locali errate.
I media nazionali e le forze politiche sembrano accorgersi di queste tragedie solamente quando muoiono più lavoratori insieme e in modo drammatico: bruciati vivi in una fabbrica priva delle più elementari misure antincendio, asfissiati in un silos o sommersi da tonnellate di detriti.
Già dopo poche ore da questa ennesima tragedia i media erano pieni delle lacrime di coccodrillo di quelle forze politiche, PD in primis, che piangono i morti e nel frattempo smantellano il Testo Unico sulla sicurezza e tagliano i fondi all’Ispettorato del Lavoro e alle ASL.
Non sappiamo nel dettaglio quale sia stata la dinamica dei fatti a Colonnata e in quali condizioni lavorassero i cavatori, di certo in questi anni troppi sono gli infortuni e le morti nelle cave.
La strada perché la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro diventino prioritarie è ancora lunga e tortuosa, del resto le statistiche non ingannano: un infortunio ogni due giorni e 11 morti in meno di 10 anni, decine di infortuni con danni permanenti e parliamo solo del carrarino.
Siamo certi che le nostre vite valgano più dei loro profitti, la nostra salute non può essere una variabile dipendente dagli utili dei padroni.
In questo momento sentiamo l’esigenza di ribadire con forza tutta la nostra vicinanza ai familiari delle vittime innanzitutto.
L'unico modo che come compagni e compagne dei Cobas conosciamo per reagire a questa ennesima tragedia è quella di continuare a lottare iniziando dal fare luce sulle dinamiche dell'incidente e individuando tutte le responsabilità perseguendole fino in fondo.
Non possiamo ripetere le solite frasi di circostanza, esiste un sistema che va combattuto e cambiato radicalmente perchè l'elevato numero di infortuni dimostra che poco si è fatto per garantire la salute e la sicurezza dei cavatori.
Esiste quindi una emergenza cave che la Regione Toscana e gli enti locali non possono più eludere.

Cobas Lavoro Privato Versilia

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From: Muglia La Furia fmuglia@tin.it
To:
Sent: Friday, April 15, 2016 4:13 PM

Gioie e dolori sulla sicurezza sul lavoro: 8 esperti ci dicono la loro opinione.
Ricordate il programma radiofonico condotto da Maurizio Costanzo qualche decina di anni fa?
Beh, allora venivano intervistati famosi personaggi storici, Cesare, Napoleone, Garibaldi ecc. interpretati da alcuni famosi attori. Era una trasmissione davvero interessante attraverso la quale si potevano cogliere aspetti della vita e dei fatti di cui erano stati protagonisti, davvero sorprendenti. 
Qualche settimana fa, Riccardo Gianforme, RSPP e docente per la sicurezza sul lavoro, ha posto ad alcuni esperti in sicurezza sul lavoro una domanda, semplice e apparentemente banale.
Il quadro che ne è uscito è davvero interessante.
la domanda era "Ormai è da molto tempo che si occupa di Sicurezza sul Lavoro; in poche battute, ci dica gioie e dolori?"
Hanno risposto:

-         Giovanni Benincà: RSPP, istruttore e formatore in ambito di sicurezza, qualità ed ambiente;

-         Carmelo Catanoso. ingegnere e consulente di direzione per sicurezza sul lavoro;

-         Francesco Cuccuini: ingegnere specializzato in sicurezza sul lavoro;

-         Claudio Delaini: ingegnere specializzato nella sicurezza dei macchinari e loro certificazione CE;

-         Lorenzo Fantini: avvocato, svolge attività di consulenza legale in materia di sicurezza sul lavoro;

-         Niccolò Morelli: formatore e consulente in materia di sicurezza;

-         Franco Mugliari alias Muglia La Furia: giornalista e blogger;

-         Silvia Stangherlin: business development.

Il testo completo delle interviste è sul  blog di Riccardo Gianforme alla pagina: 
Buona lettura

Franco Mugliari alias Muglia La Furia

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From: Cobas Pisa  confcobaspisa@alice.it
To:
Sent: Saturday, April 16, 2016 6:21 PM
Subject: LE MORTI SUL LAVORO NON FANNO NOTIZIA

Morti e infortuni sul lavoro, malattie professionali, devastazione dell'ambiente e della nostra salute non fanno notizia.
Le morti, come quelle delle cave, sono relegate al fatto del giorno o alla cronaca locale ma nessuna inchiesta giornalistica viene fatta per capire la ragione del problema.
Nei giorni scorsi abbiamo ripreso i dati relativi ai tumori nelle province di Pisa e di Livorno: ebbene nessun giornale ne ha dato notizia, pensiamo che nessuno si sia soffermato sui dati perché avrebbe scoperto percentuali di malattie di poco inferiori a Taranto dove le emissioni dell'ILVA hanno provocato una autentica strage, di operai prima e di cittadini a ruota.
Se leggiamo i giornali nazionali, solo rare eccezioni hanno dato spazio alla tragedia di Carrara o se lo hanno fatto la notizia ha ricevuto uno spazio esiguo, quasi nessuno (con le dovute eccezioni alle quali bisogna rendere merito) ha indagato le cause di un fenomeno che, nell'arco di un decennio, ha prodotto centinaia di feriti, molti con danni permanenti e una decina di morti oltre a un non meglio precisato di malattie professionali.
La vera questione è quindi un'altra: il lavoro non merita più attenzione dai media e con esso anche le notizie delle morti e degli infortuni sul lavoro, le malattie professionali, molte delle quali non ancora riconosciute come tali e quindi non indennizzate, giacciono nel dimenticatoio da anni tanto è vero che i riconoscimenti avvengono con il contagocce.
Se Berlusconi negava la crisi economica parlando di ristoranti sempre aperti e pieni, Renzi fa di peggio: nega l'evidenza dei fatti e rimuove il problema svendendo l'immagine, falsa, di un paese in crescita e con una rinnovata fiducia da parte dei cittadini, per altro fiducia negata anche dalle statistiche ISTAT che dimostrano l'esatto contrario

Cobas Pisa

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From: Riccardo Antonini erreemmea@libero.it
To:
Sent: Sunday, April 17, 2016 11:35 PM
Subject: CARRARA: SULLE MORTI IN CAVA

SANGUE E MORTE IN NOME DEL PROFITTO!
Nelle cave del bacino di Colonnata, una frana di circa 2.000 tonnellate di roccia ha sepolto due lavoratori del marmo.
L'ennesimo “incidente” sul lavoro che spezza la vita di due cavatori che si aggiungono a molti, troppi altri.
Secondo fonti dell'ASL locale dal 2005 ad oggi, i morti nei bacini estrattivi sono nove (9!), esclusi i due cavatori.
Gli infortuni (dichiarati e certificati) sono circa 1.300, con una media di 2 feriti ogni giorno. Una guerra contro gli operai e le loro famiglie!
I lavoratori rischiano la loro vita ogni giorno e i padroni ingrassano i loro capitali. In nome del profitto, si tagliano fondi alla sicurezza, si rendono precari i diritti e si costringono i lavoratori a subire il ricatto della disoccupazione. Poco importa che questi fatti accadano in una ditta privata o in una cooperativa. La logica del profitto e del mercato capitalista impone a chiunque le sue leggi.
In questo contesto generale, vengono negati i più elementari diritti conquistati in decenni di lotte dai lavoratori, la liquidazione dello Statuto dei lavoratori e il Jobs Act ne sono l'ultimo esempio.
Il sistema capitalista, non può garantire sicurezza e benessere ai lavoratori e allo stesso modo distrugge il sistema ambientale, base dei suoi enormi profitti.
Solo i lavoratori possono costruirsi una vita dignitosa e rispettosa della vita umana e curare l'ambiente in cui vivono. Per fare questo però, devono prendere in mano il loro destino e divenire protagonisti della loro emancipazione.
Lottare per una società senza sfruttamento è l'unica via possibile e realistica che i lavoratori hanno a disposizione. Il capitalismo uccide!
Per questo un nuovo mondo non solo è possibile ma necessario!
IL CAPITALISMO NON HA DIFETTI, E’ IL DIFETTO!

Centro di Documentazione “Gino Menconi” di Massa Carrara
aderente al Coordinamento Comunista Toscano (CCT)
Massa, 16 aprile 2016

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From: Riccardo Antonini erreemmea@libero.it
To:
Sent: Monday, April 18, 2016 00:12 AM
Subject: SOLIDARIETA’ E SOSTEGNO

Per l'unità e la solidarietà di classe.
Sabato 23 aprile a Pisa
c/o il Circolo “Balalaika”, via Montanelli 123
ore 16.30 assemblea-dibattito su:
diritto di sciopero, rappresentanza e repressione nei luoghi di lavoro
ore 20.00 apericena di sostegno ai licenziati e agli operai intervenuti
ore 21.30 incontro-dibattito
All'assemblea ed all'incontro intervengono:
-         Sandro Giacomelli, delegato RSA Cobas di Pisa, licenziato dalla DNA di Pontedera
-         Domenico Destradis, delegato RSA della FCA (ex Fiat) di Melfi
-         Stefania Fantauzzi, delegata RSA/RLS della FCA di Termoli
-         Giuseppe Severgnini, operaio della Same di Bergamo (da un anno in pensione)
-         Sergio Bellavita, portavoce nazionale de “Il sindacato è un'altra cosa - Opposizione CGIL”
-         David Puri, licenziato dalla Borri di Arezzo
-         Maria Nanni, ferroviera di Trenitalia
Chi lotta non va mai abbandonato!
L'unica lotta persa è quella che si abbandona!

Comitato per la reintegrazione di Sandro Giacomelli”
Pisa, 18 aprile 2016
Per informazioni e contatti

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