mercoledì 27 giugno 2018

24 giugno - Salute e Sicurezza: la controinformazione di M. Spezia. SICUREZZA SUL LAVORO: KNOW YOUR RIGHTS! – NEWSLETTER N. 300 DEL 19/06/18

INDICE
         Newsletter Know Your Rights: e con questa siamo arrivati alla 300!!!
         I lavoratori “interinali” e l’elezione dei RLS
         Dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro: pubblicata nuova edizione Testo Unico salute e sicurezza
         L’infortunio sul lavoro secondo la Cassazione

         Multa e reato per chi impiega “in nero” lavoratori stranieri irregolari
         Apparecchi di sollevamento: l’uso in sicurezza di carroponti e paranchi
         L’importanza dei Dispositivi di Protezione Individuali anticaduta
         Normativa e formazione: come formare gli addetti antincendio
Invito ancora tutti i compagni della mia mailing list che riceveranno queste notizie a diffonderle in tutti i modi.
La diffusione è gradita e necessaria. L’obiettivo è quello di diffondere il più possibile la cultura della salute e della sicurezza e la consapevolezza dei diritti dei lavoratori a tale proposito.
L’unica preghiera, per gli articoli firmati da me, è quella di citare la fonte.
Marco Spezia
ingegnere e tecnico della salute e della sicurezza sul lavoro
Progetto “Sicurezza sul Lavoro! Know Your Rights”
Medicina Democratica - Movimento di lotta per la salute onlus
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NEWSLETTER KNOW YOUR RIGHTS: E CON QUESTA SIAMO ARRIVATI ALLA 300!!!
Quella che state leggendo è la Newsletter Know Your Rights numero 300.
Sono ormai dieci anni che metto in rete questo “bollettino” di informazione per tutti i lavoratori, cittadini, associazioni, organizzazioni sindacali, RLS che hanno a cuore la salute e la sicurezza sul lavoro, non solo come sacrosanto diritto sancito da Costituzione, Codici, Legislazione nazionale, ma come anche come simbolo della dignità del lavoro contro ogni logica di sfruttamento padronale.
In dieci anni ci ho messo una bella fetta del mio tempo, tanta soddisfazione, ma anche dolore, rabbia, incazzatura di chi vede che le cose non solo non cambiano, ma anzi stanno peggiorando.
Avrete letto molte volte il mio lamento del non farcela più e di averne piene le scatole.
Ma credo che siano sentimenti normali in chi crede in quello che fa e ci mette impegno e determinazione.
Ringrazio tutti coloro che hanno avuto voglia e tempo di leggere i miei “bollettini”, ma anche quelli che li hanno solo sfogliati alla ricerca delle notizie che a loro interessavano.
Ringrazio tutti coloro che mi hanno scritto per invitarmi a continuare nel mio lavoro.
Ringrazio tutti i compagni con i quali via rete, via telefono o di persona ho combattuto per migliorare le condizioni di salute e sicurezza per i lavoratori.
Sono un tecnico della sicurezza, ma credo che solo con una forte battaglia classista, fatta anche di consapevolezza tecnica e legislativa, si possa cercare di cambiare qualcosa.
Non dimentichiamo che la lotta di classe non è mai finita, nonostante quello che vogliono farci credere con il nuovo corporativismo.
La lotta di classe continua, tra chi sfrutta e si arricchisce e chi lotta per la sicurezza di un lavoro dignitoso e per un lavoro dignitoso in sicurezza.
La lotta deve continuare, nonostante tutto.
A volte bastano piccole vittorie, ma l’importante è provarci e andare avanti.
Un caro saluto a pugno chiuso a tutti.
Marco Spezia
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I LAVORATORI “INTERINALI” E L’ELEZIONE DEI RLS
LE CONSULENZE DI SICUREZZA – KNOW YOUR RIGHTS! – N.85
Come sapete, uno degli obiettivi del progetto SICUREZZA – KNOW YOUR RIGHTS! è anche quello di fornire consulenze gratuite a tutti coloro che ne fanno richiesta, su tematiche relative a salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
Da quando è nato il progetto ho ricevuto decine di richieste e devo dire che per me è stato motivo di orgoglio poter contribuire con le mie risposte a fare chiarezza sui diritti dei lavoratori.
Mi sembra doveroso condividere con tutti quelli che hanno la pazienza di leggere le mie Newsletters, queste consulenze.
Esse trattano di argomenti vari sulla materia e possono costituire un’utile fonte di informazione per tutti coloro che hanno a che fare con casi simili o analoghi.
Ovviamente per evidenti motivi di riservatezza ometterò il nome delle persone che mi hanno chiesto chiarimenti e delle aziende coinvolte.
Marco Spezia
QUESITO
Ciao Marco,
sono lavoratore di azienda metalmeccanica.
ti disturbo perché avrei bisogno di un chiarimento sulla normativa per l’elezione dei RLS.
Il D.Lgs. 81/08 in merito dice che nelle aziende con oltre 1000 “lavoratori” si eleggono 6 RLS. Se non ricordo male questa è la novità introdotta rispetto D.Lgs. 626/94 che invece parlava di “dipendenti”, per cui mi aspetto che nel conteggio debbano essere inclusi anche i lavoratori con contratto “interinale”.
Vorrei sapere se a tuo avviso è questa l’interpretazione corretta del Testo Unico.
Grazie mille.
RISPOSTA
Ciao,
fatto le dovute verifiche, la mia opinione è che i lavoratori somministrati (i cosiddetti “interinali”) ex D.Lgs. 276/03 (“Legge Biagi”) vanno considerati a tutti gli effetti lavoratori, anche in relazione al diritto di elettorato attivo dei RLS.
Ciò non viene dichiarato esplicitamente in nessun testo legislativo o contrattuale, ma deriva da numerose considerazioni che riporto a seguire in dettaglio.
La mia interpretazione è (in parte) confermata da numerosi testi che trovi in rete digitando (ad esempio su un motore di ricerca) “lavoratore somministrato elezione RLS”.
Da tale ricerca troverai per la maggior parte pareri concordi con il mio, ma anche qualche fonte che non dà un’opinione definitiva (l’ultima qui sotto citata).
In particolare ho trovato i seguenti pareri.
Alla luce di quanto sopra indicato, quindi, si ritiene che le funzioni di rappresentante dei lavoratori e le attribuzioni di cui all’articolo 50 dello stesso D.Lgs. 81/08 possano essere assegnate benissimo a qualsiasi lavoratore indipendentemente dalla durata e dal tipo di contratto nonché dall’orario di lavoro effettuato”.
Nel momento del conteggio dei lavoratori vanno computati anche i lavoratori interinali, i quali hanno diritto, come gli altri, di elettorato attivo e passivo”.
Il lavoratore somministrato non può subire limitazioni di elettorato attivo o passivo per l’elezione del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS). Ogni previsione in senso contrario contenuta nella contrattazione collettiva oltrepasserebbe, illegittimamente, i limiti di cui all’articolo 18 del D.Lgs. 626/94 [attuale articolo 47 del D.Lgs. 81/08]”.
Resterebbe aperta la questione di quando allora un lavoratore in somministrazione potrebbe essere eletto RSU/RLS o eleggere i suoi rappresentanti. Una risposta viene dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per la categoria delle agenzie di somministrazione di lavoro del 27 gennaio 2014. L’articolo 18 di detto CCNL si occupa di diritti sindacali. La lettera c) dispone che il rappresentante sindacale in azienda viene eletto o nominato tra i lavoratori in somministrazione operanti in una impresa utilizzatrice”.
A seguire invece le mie considerazioni, basate sulla lettura dei vigenti testi legislativi e contrattuali.
Il D.Lgs. 81/08 non entra nel dettaglio delle modalità di elezione dei RLS, ma rimanda alla contrattazione collettiva.
L’articolo 47, comma 5 di tale Decreto specifica infatti che:
Il numero, le modalità di designazione o di elezione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, nonché il tempo di lavoro retribuito e gli strumenti per l’espletamento delle funzioni sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva”.
Nel tuo caso si applica il CCNL Metalmeccanica del 26/11/16, che alla Sezione IV, Titolo V “Ambiente di lavoro” all’articolo 1 “Ambiente di lavoro Igiene e sicurezza”, comma e), specifica che:
In tutte le aziende, o unità produttive, è eletto o designato il Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza secondo quanto previsto dall’Accordo Interconfederale 22 giugno 1995 in applicazione dell’articolo 18 del Decreto Legislativo 19 settembre 1994, n. 626 (attuale articolo 47, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, come modificato dal D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106)”.
A sua volta l’accordo Interconfederale 22 del giugno 1995 tra Confindustria e CGIL, CISL e UIL sul Rappresentante per la Sicurezza alla Parte prima “sicurezza”, dispone che:
All’atto della costituzione della RSU il candidato a rappresentante per la sicurezza viene indicato specificatamente tra i candidati proposti per l’elezione della RSU.
La procedura di elezione è quella applicata per le elezioni delle RSU.
Nei casi in cui sia già costituita la RSU ovvero siano ancora operanti le rappresentanze sindacali aziendali, per la designazione del rappresentante per la sicurezza si applica la procedura che segue.
Entro novanta giorni dalla data del presente accordo il/i rappresentante/i per la sicurezza è/sono designato/i dai componenti della RSU al loro interno.
Tale designazione verrà ratificata in occasione della prima assemblea dei lavoratori”.
Infine l’accordo Interconfederale 20 Dicembre 1993 tra Confindustria e CGIL, CISL e UIL sulla costituzione delle rappresentanze sindacali unitarie, all’articolo 3 “Elettorato attivo e passivo”, stabilisce che:
Hanno diritto di votare tutti gli operai, gli impiegati e i quadri non in prova in forza all’unità produttiva alla data delle elezioni.
Ferma restando l’eleggibilità degli operai, impiegati e quadri non in prova in forza all’unità produttiva, candidati nelle liste di cui al successivo punto 4, la contrattazione di categoria regolerà limiti ed esercizio del diritto di elettorato passivo dei lavoratori non a tempo indeterminato”.
In definitiva dalla Contrattazione Collettiva di cui sopra, appare evidente che il RLS può essere eletto da tutti i “lavoratori” in forza all’unità produttiva all’atto delle elezioni.
Trattandosi di diritti relativi alla tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, per individuare la figura di “lavoratore” si deve fare riferimento a quanto definito dal D.Lgs. 81/08 all’articolo 2, comma 1, lettera a):
persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione”.
Il lavoratore somministrato di fatto, “indipendentemente dalla tipologia contrattuale”, svolge la propria attività lavorativa “nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro”, nel senso che esegue il proprio lavoro sulla base delle disposizioni fornitegli dalla struttura organizzativa dell’azienda e con mezzi e attrezzatura di proprietà dell’azienda stessa.
Di fatto deve quindi essere considerato “lavoratore”, anche ai fini della sua possibilità di eleggere il RLS.
Oltre a ciò, occorre considerare quanto disposto dal D.Lgs. 276/03 “Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30” (cosiddetta “Legge Biagi”).
Tale Decreto stabilisce, all’articolo 24 “Diritti sindacali e garanzie collettive”, commi 1 e 2 che:
Ferme restando le disposizioni specifiche per il lavoro in cooperativa, ai lavoratori delle società o imprese di somministrazione e degli appaltatori si applicano i diritti sindacali previsti dalla legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni.
Il prestatore di lavoro ha diritto a esercitare presso l’utilizzatore, per tutta la durata della somministrazione, i diritti di libertà e di attività sindacale nonché a partecipare alle assemblee del personale dipendente delle imprese utilizzatrici”.
Già tali affermazioni fanno comprendere come lo spirito del D.Lgs. 276/03 sia quello di estendere tutte le forme di “diritti sindacali e garanzie collettive” (quindi anche quelli relativi alla tutela della salute della sicurezza) ai lavoratori somministrati, ma occorre in più considerare che l’articolo 24 sopra citato fa esplicito alla L. 300/70 “Statuto dei lavoratori” che deve essere integralmente applicata anche ai lavoratori somministrati.
E la L.300/70 afferma all’articolo 9 “Tutela della salute e dell’integrità fisica” che:
I lavoratori, mediante loro rappresentanze, hanno diritto di controllare l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca, l’elaborazione e l’attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica”.
E ciò quindi, in virtù del D.Lgs. 276/03, si applica anche ai lavoratori somministrati che devono pertanto poter eleggere le “loro rappresentanze” in merito alla tutela della salute e della sicurezza e pertanto i propri RLS.
Un’ulteriore considerazione in merito deriva dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per la categoria delle agenzie di somministrazione di lavoro del 27 gennaio 2014 che prevede all’articolo 14 “Igiene e Sicurezza del lavoro”, comma 1:
Si intendono integralmente richiamate le disposizione del D.Lgs. 81/08 e successive modificazioni”.
Da tale affermazione se ne deduce che tutte le disposizioni previste dal D.Lgs. 81/08 debbano applicarsi anche ai lavoratori somministrati, ivi comprese quelle relative al loro diritto (in quanto di fatto “lavoratori”, per quanto detto sopra, dell’azienda utilizzatrice) di eleggere il loro RLS all’interno della impresa utilizzatrice stessa.
In definitiva, a seguito di esame dei testi legislativi e contrattuali vigenti e di numerosi pareri raccolti in rete, mi sento tranquillamente di affermare che il lavoratore somministrato in forza a un’azienda all’atto della elezione dei RLS, ha il diritto di partecipare all’elezione stessa, in qualità di elettore “passivo” e “attivo”.
A disposizione per ulteriori chiarimenti.
Un caro saluto.
Marco Spezia
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DALL’ISPETTORATO NAZIONALE DEL LAVORO: PUBBLICATA NUOVA EDIZIONE TESTO UNICO SALUTE E SICUREZZA
Da Studio Cataldi
21/05/18
Pubblicata dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro la versione aggiornata a maggio 2018 del D.Lgs. 81/08 (“Testo Unico su salute e sicurezza”).
Nuova versione del Testo Unico su salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. A dieci anni dall’entrata in vigore del D.Lgs 81/08, l’Ispettorato Nazionale del lavoro ha reso disponibile l’aggiornamento del testo, con le disposizioni integrative e correttive.
Nello specifico, l’edizione maggio 2018 del Testo Unico comprende ora:
         la Circolare dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro 1/18 recante indicazioni operative sullo svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di primo soccorso, prevenzione incendi (articolo 34, comma 1, D.Lgs. 81/08);
         la Circolare dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro 3/17 recante indicazioni operative sulle sanzioni da applicare in caso di omessa sorveglianza sanitaria dei lavoratori;
         il Decreto Direttoriale 2/18, concernente l’elenco dei soggetti abilitati e dei formatori per l’effettuazione dei lavori sotto tensione;
         il Decreto Direttoriale 12/18, contenente l’elenco dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche;
         gli interpelli 8/14, 1/17 2/17, 1/18 e 2/18 (ai sensi dell’articolo 3 comma 12-bis del D.Lgs. 81/08).
La versione aggiornata del Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro è scaricabile all’indirizzo:
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L’INFORTUNIO SUL LAVORO SECONDO LA CASSAZIONE
Da Studio Cataldi
28/05/18
di Lucia Izzo
Gli Ermellini spiegano quando spetta l’indennità riconosciuta dal D.P.R. 1124/65 in caso di infortunio avvenuto per causa violenta “in occasione di lavoro”.
La cosiddetta indennità per inabilità temporanea è riconosciuta dall’articolo 2 del D.P.R. 1124/65 anche in caso di infortunio avvenuto per causa violenta “in occasione di lavoro” che determini un’inabilità al lavoro superiore a 3 giorni.
In tale nozione rientrano tutti i fatti, anche straordinari e imprevedibili, attinenti alle condizioni di svolgimento della prestazione, con l’unico limite del rischio elettivo. In sostanza, l’indennità dovrà essere esclusa laddove l’infortunio sia stato determinato da fattori estranei e non riguardanti l’attività lavorativa e dovuto a una scelta arbitraria del lavoratore.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, nell’ordinanza n. 12549/18 pronunciandosi sul ricorso di moglie e figli di un lavoratore che avevano chiesto all’INAIL il riconoscimento dell’indennità per inabilità temporanea dovuta al “de cuius” dal 20/03/06 al 27/01/07, data del decesso, e della rendita ai superstiti in favore della moglie dell’assicurato.
Tuttavia, la Corte Territoriale aveva escluso tali spettanze, evidenziando come l’attività svolta al momento dell’infortunio dal “de cuius” (sezionamento di un tronco d’albero per ricavare travi da destinare a copertura del proprio garage/deposito in corso di realizzazione), non fosse qualificabile come attività normalmente, immediatamente e necessariamente connessa con lo svolgimento delle mansioni tipiche dell’attività edilizia e al più di movimento terra, svolta professionalmente dal defunto.
Quindi, nessun diretto collegamento sarebbe stato rinvenibile tra l’attività lavorativa svolta e le circostanze in cui si era determinato l’infortunio, ed era dunque da rigettarsi la domanda azionata dagli eredi. Decisione criticata degli eredi in Cassazione.
Gli Ermellini chiariscono che l’articolo 2 del D.P.R. 1124/65 copre tutti i casi di infortunio avvenuto per causa violenta “in occasione di lavoro” che cagionino un’inabilità al lavoro superiore a tre giorni.
Nella nozione di “occasione di lavoro”, prosegue la Sentenza, rientrano tutti i fatti, anche straordinari e imprevedibili, inerenti all’ambiente, alle macchine, alle persone, al comportamento colposo dello stesso lavoratore, purché attinenti alle condizioni di svolgimento della prestazione, ivi compresi gli spostamenti spaziali funzionali allo svolgimento della prestazione, con l’unico limite del rischio elettivo, inteso come tutto ciò che sia estraneo e non riguardante l’attività lavorativa e dovuto a una scelta arbitraria del lavoratore (vedi Sentenza Cassazione 17917/17).
Ancora, si rammenta che le norme del Testo Unico sugli infortuni sul lavoro sono dettate “dalla necessità di garantire ai lavoratori provvidenze nelle ipotesi di eventi dannosi che si producano a causa e in occasione delle attività alle quali sono adibiti, conseguendone che infortuni indennizzabili sono tutti quelli che si pongano in uno stretto rapporto di connessione e di complementarietà con l’attività protetta”.
Solo in quest’ottica teleologica, il concetto di operazione “manuale abituale” può assumere contorni definiti dovendo in esso essere ricompresa ogni operazione che, si svolga all’interno o all’esterno dei locali aziendali, comunque “concorra a ritenere conclusa la prestazione, costituendone la funzionale integrazione”.
Nel caso di specie, i Giudici escludono che la fattispecie esaminata possa essere ricompresa nei confini dell’oggetto della tutela, per i connotati di fatto che la contrassegnano: l’ipotesi di un infortunio occorso durante l’attività di acquisto del materiale utile all’impresa artigianale è, infatti, sensibilmente diversa dall’infortunio realizzatosi in attività non direttamente e necessariamente connesse all’attività professionale svolta.
Infatti, il “de cuius” era stato travolto da un grosso tronco di diametro 60-70 centimetri da lui adagiato a terra al fine di terminarne il taglio, su terreno in pendenza, e l’infortunio era occorso dopo che la pianta era rotolata verso il basso. Risulta evidente al Collegio come il taglio di albero finalizzato all’approvvigionamento delle travi di legno utili a costruire il garage/deposito dell’artigiano è attività non direttamente connessa a quella dell’artigiano costruttore edile.
Inoltre, i molteplici passaggi tecnici e manuali intercorrenti tra il taglio dell’albero (richiedenti specifiche professionalità) e il concreto utilizzo di travi di legno per la costruzione dimostrano la “lontananza” tra le attività e, dunque, l’assenza di quella accessorietà e connessione diretta richiesta per la qualificazione della attività artigianale tipica e per il funzionamento della tutela assicurativa.
Il ricorso va quindi respinto.
Si veda anche a tale proposito anche la guida legale “Infortunio sul lavoro” dello Studio Cataldi, all’indirizzo:
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MULTA E REATO PER CHI IMPIEGA “IN NERO” LAVORATORI STRANIERI IRREGOLARI
Da Studio Cataldi
04/06/18
di Lucia Izzo
Per la Cassazione non è violato il principio del “ne bis in idem” (un giudice non può esprimersi due volte sulla stessa azione) poiché le condotte datoriali eludono sia le norme sull'immigrazione che quelle sugli obblighi contributivi.
Scatta sia la sanzione penale, che quella amministrativa nei confronti del datore che impiega “in nero” lavoratori extracomunitari irregolari, privi del permesso di soggiorno.
Ciò non determina alcuna violazione del divieto di “ne bis in idem” in quanto le condotte datoriali ledono beni giuridici diversi: da un lato si violano le norme sull'immigrazione, dall'altro si elude l'assolvimento degli obblighi contributivi.
Così la Corte di Cassazione, sezione lavoro, si è pronunciata nella sentenza n. 12936/18 pronunciandosi sul ricorso di un datore di lavoro.
Questi, in sede di merito, si era opposto, senza esito positivo, all'ordinanza-ingiunzione che gli intimava il pagamento di quasi 80.000 euro per aver impiegato “in nero” lavoratori stranieri irregolari, non risultanti nelle scritture contabili o in altra documentazione obbligatoria.
In Cassazione, il ricorrente lamenta violazione del divieto di “ne bis in idem” in quanto il decreto penale di condanna notificatogli per aver violato l'articolo 22, comma 12, del D.Lgs 286/98 avrebbe perseguito lo stesso fine della sanzione amministrativa inflittagli attraverso l'opposta ordinanza-ingiunzione oggetto di causa.
A detta della difesa, unico sarebbe stato il bene giuridico tutelato, vale a dire la tutela del lavoro e la repressione del lavoro sommerso e irregolare; quindi, il concorso apparente di norme sanzionatorie coesistenti riguardanti lo stesso fatto avrebbe dovuto essere regolato alla luce del principio di specialità di cui all'articolo 19, comma 1, del D.Lgs 74/00, in materia di rapporto tra procedimento amministrativo e procedimento penale, anziché in base alla norma di cui all'articolo 36 bis del D.Lgs 286/98 applicata dalla Corte territoriale.
Motivo che si appalesa totalmente infondato agli occhi degli Ermellini, che rammentano come diverse sono le finalità sottese nella fattispecie all'irrogazione della sanzione penale e di quella amministrativa, rispettivamente tramite l'emanazione del decreto penale di condanna e dell'ordinanza-ingiunzione opposta.
Non sussiste, infatti, alcuna violazione del principio del divieto del “bis in idem” avendo la Corte di merito, correttamente, posto in evidenza che l'illecito penale e quello amministrativo sanzionavano due condotte diverse che ledevano beni giuridici differenti.
Nel primo caso, infatti, il fatto penalmente perseguito era quello dell'avvenuto impiego di lavoratori extracomunitari clandestini e privi del permesso di soggiorno in violazione delle norme sull'immigrazione; nel secondo, invece, l'illecito amministrativo era rappresentato dall'avvenuto impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture contabili o da altra documentazione obbligatoria per legge.
In sostanza, l'elemento costitutivo del reato è incentrato sulla qualità soggettiva di lavoratore extracomunitario privo del permesso di soggiorno propria del soggetto impiegato clandestinamente, ma da questo si prescinde nell'ipotesi dell'illecito amministrativo in cui è determinante l'occupazione “in nero”, ovvero l'impiego non indicato nelle scritture contabili o in altra documentazione obbligatoria.
Quest'ultimo elemento, invece, sarebbe stato necessario per verificare l'assolvimento degli obblighi contributivi da parte del datore di lavoro. Il ricorso deve, pertanto, essere respinto e il ricorrente condannato alla rifusione delle spese.
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APPARECCHI DI SOLLEVAMENTO: L’USO IN SICUREZZA DI CARROPONTI E PARANCHI
Da: PuntoSicuro
16/05/18
Un progetto multimediale riporta utili indicazioni sull’utilizzo di apparecchi e accessori di sollevamento con particolare riferimento al settore tessile e abbigliamento. Focus sull’uso in sicurezza di carroponti, paranchi, funi, catene e ganci.
Sappiamo quanto siano importanti, per la prevenzione degli infortuni nell’uso di apparecchi di sollevamento e mezzi di trasporto, idonee procedure di scelta, controllo e verifica.
Ad esempio, gli apparecchi e gli accessori di sollevamento devono essere:
         di progettazione e costruzione accurata, di resistenza rispondente all’uso a cui sono destinati e privi di difetti di costruzione;
         fabbricati in conformità a norme internazionali o nazionali, alle Direttive Comunitarie applicabili e alle norme di buona tecnica;
         collaudati, esaminati approfonditamente, contrassegnati e ispezionati;
         mantenuti in buono stato.
Inoltre la documentazione relativa all’ apparecchio di sollevamento deve includere: il manuale d’uso per l’operatore; il manuale di montaggio; il manuale di manutenzione; il manuale dei pezzi di ricambio; la Dichiarazione di Conformità CE redatta dal costruttore; la certificazione del costruttore di idoneità all’uso; il certificato di collaudo ed esame completo eseguiti dopo il montaggio iniziale; il certificato del fabbricante per le funi metalliche, catene e ganci installati sulle gru; libretto delle verifiche redatto dall’INAIL (ex ISPESL); rapporti di verifica e degli interventi di manutenzione.
A ricordarcelo, con particolare riferimento alle macchine utilizzate nel settore dell’abbigliamento, è il documento “Impresa Sicura: L’abbigliamento” correlato al progetto multimediale Impresa Sicura, elaborato da EBER, EBAM, Regione Marche, Regione Emilia-Romagna e INAIL e validato dalla Commissione Consultiva Permanente come buona prassi nella seduta del 27 novembre 2013.
I CONTROLLI PREVISTI DAL D.LGS. 81/08
Il documento segnala che le macchine adibite al sollevamento di carichi, escluse quelle azionate a mano, devono recare un’indicazione chiaramente visibile del loro carico nominale e, all’occorrenza, una targa di carico indicante il carico nominale di ogni singola configurazione della macchina. Inoltre:
         gli accessori di sollevamento devono essere marcati in modo da poterne identificare le caratteristiche essenziali ai fini di un’utilizzazione sicura;
         i ganci utilizzati nei mezzi di sollevamento e di trasporto devono portare in rilievo o incisa la chiara indicazione della loro portata massima ammissibile;
         se l’attrezzatura di lavoro non è destinata al sollevamento di persone, una segnalazione in tal senso dovrà esservi apposta in modo visibile onde non ingenerare alcuna possibilità di confusione;
         le attrezzature di lavoro adibite al sollevamento di carichi installate stabilmente devono essere disposte in modo tale da ridurre il rischio che i carichi urtino le persone in modo involontario, derivino pericolosamente o precipitino in caduta libera o siano sganciati involontariamente.
Si indica poi che i mezzi di sollevamento e di trasporto, esclusi quelli azionati a mano per i quali, in relazione alle dimensioni, struttura, portata, velocità e condizioni di uso, la mancanza del freno non costituisca causa di pericolo, devono essere provvisti di dispositivi di frenatura atti ad assicurare il pronto arresto e la posizione di fermo del carico e del mezzo e, quando è necessario ai fini della sicurezza, a consentire la gradualità dell’arresto. E nei casi in cui l’interruzione dell’energia di azionamento può comportare pericoli per le persone, i mezzi di sollevamento devono essere provvisti di dispositivi che provochino l’arresto automatico sia del mezzo che del carico. In ogni caso l’arresto deve essere graduale onde evitare eccessive sollecitazioni nonché il sorgere di oscillazioni pericolose per la stabilità del carico.
Infine i mezzi di sollevamento e di trasporto quando ricorrano specifiche condizioni di pericolo devono essere provvisti di appropriati dispositivi acustici e luminosi di segnalazione e di avvertimento, nonché di illuminazione del campo di manovra.
L’USO DI CARROPONTI E PARANCHI IN SICUREZZA
Si segnala che i carroponti e i paranchi, a seconda dell’entità del carico, sono gli ausili meccanici maggiormente utilizzati nelle aziende per la movimentazione di carichi pesanti e ingombranti. E se i carroponti, o gru a ponte, scorrono su delle rotaie e svolgono un movimento di traslazione del carico, oltre a permettere la salita/discesa dello stesso, i paranchi invece vengono utilizzati solo per spostare verticalmente i carichi.
Alcune indicazioni per la sicurezza:
         i carroponti, scorrenti su rotaie, devono essere provvisti alle estremità di corsa, sia dei ponti che dei loro carrelli, di tamponi di arresto o respingenti adeguati per resistenza ed azione ammortizzante alla velocità ed alla massa del mezzo mobile ed aventi altezza non inferiore ai 6/10 del diametro delle ruote;
         gli elevatori azionati a motore devono essere costruiti in modo da funzionare a motore innestato anche nella discesa;
         prima di iniziare il carico e lo scarico con carroponte o paranchi va accertato il peso che deve essere sollevato. Il peso è un dato fondamentale per la scelta corretta dei mezzi di sollevamento e degli accessori di imbracatura. Il peso del carico non deve superare la portata dell’apparecchio di sollevamento e degli accessori di sollevamento utilizzati per l’imbracatura;
         durante il trasporto il carico va mantenuto il più basso possibile, evitando urti e oscillazioni;
         gli accessori di sollevamento per l’imbracatura dei carichi vanno conservati in appositi luoghi e non abbandonati sul terreno dove possono essere causa di cadute. Inoltre gli accessori di sollevamento a contatto con il terreno possono subire danneggiamenti causati dal passaggio dei mezzi di trasporto, dall’umidità e da polveri;
         durante l’uso di mezzi di imbracatura (funi, catene, corde, ecc.) a tratti inclinati controllare che la distanza dai punti di attacco sia minore o uguale alla lunghezza dei tiranti (angolo al vertice < 60°) per evitare eccessive sollecitazioni dovute all’aumento della forza agente sui tiranti quando lavorano inclinati;
         è vietato passare o sostare sotto i carichi sospesi, passare con il carico sopra i lavoratori ed anche inserire parti del corpo (mani, dita, piedi, ecc.) sotto i carichi sospesi. Pertanto è necessario che i percorsi interessati dal transito dei carichi sospesi siano predisposti in modo da evitare il passaggio del carico sopra i lavoratori e sopra i luoghi per i quali l’eventuale caduta possa costituire pericolo.
Quando poi il passaggio con il carico sopra i lavoratori non possa essere evitato il gruista deve segnalare preventivamente le manovre per consentire l’allontanamento delle persone esposte al pericolo di caduta del carico sospeso.
Rimandiamo, anche in questo caso alla lettura integrale del documento che riporta utili immagini e ulteriori informazioni sui dispositivi automatici di finecorsa e sull’accesso all’interruttore generale di sezionamento dell’alimentazione elettrica dell’apparecchio.
ISTRUZIONI PER LA SICUREZZA PRIMA E DURANTE L’USO
Riprendiamo dal documento le istruzioni per l’uso in sicurezza di carroponti e paranchi.
Prima dell’uso:
         verificare l’efficienza dei dispositivi di sicurezza;
         controllare la portata dei ganci;
         controllare la buona equilibratura del carico facendolo innalzare lentamente e soltanto di poco;
         verificare della chiusura del dispositivo di sicurezza del gancio;
         non utilizzare la gru in caso di vento forte;
         verificare che il carico sia ben imbragato;
         non far dondolare il carico ed evitare gli strappi;
         evitare di far passare il carico nelle zone di lavoro;
         vietare la presenza di persone nell’area operativa della macchina.
Durante l’uso:
         è permesso l’uso di carroponti e paranchi solo a personale adeguatamente formato allo scopo;
         preavvisare l’inizio delle manovre;
         eseguire le operazioni di sollevamento e scarico con le funi in verticale;
         controllare che la fune si avvolga correttamente;
         prima di sganciare il carico controllare che sia stabile;
         conoscere la simbologia.
FUNI, CATENE E GANCI
Il documento si sofferma poi su funi, catene (comprese quelle di imbracatura) e ganci che devono recare apposto a cura del fabbricante, un “contrassegno” dal quale si possa risalire al nominativo dello stesso fabbricante ed alla dichiarazione del medesimo nella quale vengono fornite le indicazioni e certificati i requisiti alle specifiche tecniche.
Inoltre i ganci, compresi quelli dei mezzi di imbracatura, debbono avere impressa la portata massima ammissibile ed inoltre essere provvisti di dispositivi di chiusura all’imbocco o essere conformati in modo da impedire lo sganciamento accidentale. E devono recare inciso il massimo carico ammissibile.
Si ricorda poi che il datore di lavoro, a mezzo di personale specializzato, deve effettuare le verifiche trimestrali delle funi e delle catene degli impianti ed apparecchi di sollevamento. Sempre a cura del datore di lavoro è la verifica periodica delle funi e catene per l’imbracatura.
Segnaliamo, infine, che il documento si sofferma anche sulla sicurezza di:
         carrelli elevatori;
         commissionatori o carrelli a posto di guida elevabile.
L’indirizzo del sito “Impresa Sicura” è:
L’accesso via internet è gratuito e avviene tramite registrazione al sito.
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L’IMPORTANZA DEI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALI ANTICADUTA
Da: PuntoSicuro
17/05/18
di Tiziano Menduto
Esempi di infortuni in cui non sono stati utilizzati o forniti Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) anticaduta. Le attività su coperture, su terrazze e per manutenzione di edifici. Le dinamiche degli infortuni, i fattori causali e l’uso dei DPI.
Concludiamo con questo articolo il lungo viaggio fatto dalla nostra rubrica “Imparare dagli errori”, dedicata al racconto degli infortuni professionali e alla raccolta di spunti per la prevenzione, sui tanti esempi di infortuni correlati all’assenza di idonei DPI, ad esempio perché non disponibili, usati male, non utilizzati, inadeguati o deteriorati.
Abbiamo visto in questi mesi come molti infortuni avvengono o si aggravano proprio perché il DPI da utilizzare, laddove necessario, non era presente o non era adeguato ai rischi effettivi. E in questa ultima puntata torniamo a parlare di DPI anticaduta riportando alcune dinamiche incidentali in cui è stata rilevata l’assenza di sistemi di protezione individuale idonei il rischio di caduta dall’alto.
Per la raccolta delle dinamiche di infortunio, prendiamo spunto dalle schede di INFOR.MO., un importante strumento per l’analisi qualitativa dei casi di infortunio collegato al sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi.
Il primo caso riguarda un infortunio in attività su copertura.
Un lavoratore mentre si trova sulla copertura di un capannone, intento a effettuare lavori di riparazione delle lastre di copertura, accidentalmente sfonda, con il peso del proprio corpo, una delle lastre, precipitando rovinosamente al suolo da un’altezza di circa 6 m e concludendo la sua caduta contro la sottostante pavimentazione del capannone. Subisce fratture multiple.
L’infortunato effettuava i lavori di riparazioni sul tetto in assenza di sistemi di protezione idonei per l’uso specifico.
Questi i fattori causali dell’incidente rilevati in INFOR.MO.:
         l’infortunato effettuava i lavori di riparazioni sul tetto in assenza di sistemi di protezione idonei per l’uso specifico;
         l’infortunato operando sulla copertura si pone su superficie non calpestabile.
Il secondo caso è relativo a un infortunio avvenuto su una terrazza di un edificio.
Un lavoratore, dipendente della ditta affidataria dei lavori, deve spostare, sopra una terrazza di un edificio industriale in eternit a 6 m, un motore di un condizionatore da un posto a un altro camminando sopra le travi.
Nell’eseguire il lavoro perde l’equilibrio e sbilanciandosi finisce sulle volte di eternit, tra una trave e l’altra, piombando al suolo insieme al motore e riportando fratture multiple.
Non vi erano sistemi di protezione contro le cadute dall’’alto, inoltre:
         il committente non aveva promosso la cooperazione e il coordinamento delle misure di prevenzione sui rischi del lavoro elaborando un unico documento di valutazione dei rischi;
         il datore di lavoro ditta affidataria non aveva redatto in maniera esaustiva e concreta il POS nella scelta delle attrezzature per la sicurezza dei lavori in quota.
Questi i fattori causali:
         assenza di dispositivi di protezione individuali contro le cadute dall’alto;
         l’infortunato opera sul tetto privo di protezioni camminando sopra le travi;
         assenza di idonei percorsi attrezzati per camminare in sicurezza.
Il terzo caso è relativo ad un infortunio avvenuto durante lavori di manutenzione di un edificio rurale.
Un lavoratore sta riparando una canna fumaria posta sul tetto dell’edificio.
Il tetto è privo di protezione contro la caduta dall’alto e il lavoratore non è dotato di DPI anticaduta.
Il lavoratore, per causa che non ha saputo precisare, cade dal tetto da un’altezza di circa 5 m riportando fratture in sedi multiple.
I fattori causali:
         il tetto era privo di protezione contro la caduta dall’alto;
         il lavoratore non era dotato di DPI anticaduta.
Riguardo agli spunti per la prevenzione riportiamo alcune indicazioni generali tratte da alcuni documenti presentati dal nostro giornale.
Ad esempio nel documento “Impresa Sicura DPI”, correlato al progetto multimediale Impresa Sicura (EBER, EBAM, Regione Marche, Regione Emilia-Romagna e INAIL) si ricorda che il D.Lgs. 81/08 (articolo 75) specifica che i DPI devono essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro. E questo vale anche nei lavori in quota che possono esporre i lavoratori a rischi particolarmente elevati come i rischi di caduta dall’alto.
Nei casi in cui i lavori in quota non possono essere eseguiti in condizioni di sicurezza e in condizioni ergonomiche adeguate a partire da un luogo adatto allo scopo, devono essere scelte attrezzature di lavoro idonee a garantire e mantenere condizioni di lavoro sicure dando priorità alle misure di protezione collettiva (impalcature, ponteggi, idonee opere provvisionali, ecc.) rispetto alle misure di protezione individuale. E se le misure non bastano ad evitare o ridurre sufficientemente i rischi subentra l’obbligo del ricorso ai DPI contro le cadute dall’alto.
Fatta questa utile premessa sull’utilizzo dei DPI anticaduta, riprendiamo, infine, alcuni spunti per un’idonea progettazione in ambito edile. Sono spunti tratti da un intervento a cura di Giuseppe Semeraro (Coordinatore Consulenza tecnica per l’edilizia INAIL Regione Marche) contenuto nel documento INAIL “La sicurezza nei lavori sulle coperture. Sistemi di prevenzione e protezione contro la caduta dall’alto”.
Si sottolinea che una progettazione orientata alla sicurezza deve avere come riferimento un tempo sufficientemente lungo da abbracciare almeno una volta tutti gli interventi di cui l’opera avrà bisogno nel cui ciclo di vita, in modo da valutarne gli effetti sulla salute e la sicurezza delle persone durante l’uso e la sua manutenzione.
E dal punto di vista della tecnica prevenzionistica, il progettista dovrebbe fondamentalmente affrontare quattro tipologie di rischio di caduta dall’alto:
         quella connessa con il sistema di accesso alla copertura;
         quella connessa con la protezione dei bordi;
         quella connessa con lo scivolamento (tipo delle coperture fortemente inclinate);
         quella connessa con lo sfondamento di superfici fragili.
Il sito web di INFOR.MO., di cui nell’articolo sono state presentate le schede numero 8346, 4768 e 3466, è consultabile all’indirizzo:
Il documento “La sicurezza nei lavori sulle coperture. Sistemi di prevenzione e protezione contro la caduta dall’alto” è scaricabile all’indirizzo:
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NORMATIVA E FORMAZIONE: COME FORMARE GLI ADDETTI ANTINCENDIO
Da: PuntoSicuro
25/05/18
Indicazioni tratte dalla normativa vigente sulla formazione dei lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio. I contenuti minimi dei corsi di formazione in relazione al livello di rischio.
Nei luoghi di lavoro, come indicato nell’articolo 18 e nell’articolo 43 del Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (D.Lgs. 81/08), il datore di lavoro ha l’obbligo di nominare i lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio.
Inoltre ai sensi del comma 9 dell’articolo 37 del Testo Unico, i lavoratori incaricati dell’attività di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave ed immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell’emergenza devono ricevere un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico.
E riguardo a questi aspetti, fino all’emanazione delle disposizioni di cui al comma 3 dell’articolo 46 del Testo Unico continuano a trovare applicazione le disposizioni di cui al D.M 10/03/98.
In attesa del Decreto richiesto dall’articolo 46, per comprendere quali siano i contenuti dei corsi di formazione antincendio bisogna fare riferimento al Decreto Ministeriale 10 marzo 1998 “Criteri generali di sicurezza antincendio per la gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro”.
In particolare l’allegato IX del D.M 10/03/98 raccoglie i contenuti minimi dei corsi di formazione per addetti alla prevenzione incendi, lotta antincendio e gestione delle emergenze, in relazione al livello di rischio dell’attività.
Nell’allegato si indica che tali contenuti minimi devono essere correlati alla tipologia delle attività e al livello di rischio di incendio delle stesse nonché agli specifici compiti affidati ai lavoratori.
L’allegato riporta, a titolo esemplificativo elenchi di attività inquadrabili nei livelli di rischio elevato, medio e basso nonché i contenuti minimi e le durate dei corsi di formazione ad esse correlati (corso A, B e C).
I corsi di formazione per gli addetti di attività a rischio di incendio elevato devono essere basati sui contenuti e durate riportate nel corso C.
L’INCENDIO E LA PREVENZIONE INCENDI (4 ORE)
         principi sulla combustione;
         le principali cause di incendio in relazione allo specifico ambiente di lavoro;
         le sostanze estinguenti;
         i rischi alle persone e all’ambiente;
         specifiche misure di prevenzione incendi;
         accorgimenti comportamentali per prevenire gli incendi;
         l’importanza del controllo degli ambienti di lavoro;
         l’importanza delle verifiche e delle manutenzioni sui presidi antincendio.
LA PROTEZIONE ANTINCENDIO (4 ORE)
         misure di protezione passiva;
         vie di esodo, compartimentazione, distanziamenti;
         attrezzature ed impianti di estinzione;
         sistemi di allarme;
         segnaletica di sicurezza;
         impianti elettrici di sicurezza:
         illuminazione di sicurezza.
PROCEDURE DA ADOTTARE IN CASO DI INCENDIO (4 ORE)
         procedure da adottare quando si scopre un incendio;
         procedure da adottare in caso di allarme;
         modalità di evacuazione;
         modalità di chiamata dei servizi di soccorso;
         collaborazione con i vigili del fuoco in caso di intervento;
         esemplificazione di una situazione di emergenza e modalità procedurali-operative.
ESERCITAZIONI PRATICHE (4 ORE)
         presa visione e chiarimenti sulle principali attrezzature ed impianti di spegnimento;
         presa visione sulle attrezzature di protezione individuale (maschere, autoprotettore, tute. etc.);
         esercitazione sull’uso delle attrezzature di spegnimento e di protezione individuale.
I corsi di formazione per gli addetti di attività a rischio di incendio medio devono essere basati sui contenuti e durate riportate nel corso B.
L’INCENDIO E LA PREVENZIONE INCENDI (2 ORE)
         principi sulla combustione e l’incendio;
         le sostanze estinguenti;
         triangolo della combustione,
         le principali cause di un incendio;
         rischi alle persone in caso di incendio;
         principali accorgimenti e misure per prevenire gli incendi.
PROTEZIONE ANTINCENDIO E PROCEDURE DA ADOTTARE IN CASO DI INCENDIO (3 ORE)
         le principali misure di protezione contro gli incendi;
         vie di esodo;
         procedure da adottare quando si scopre un incendio o in caso di allarme;
         procedure per l’evacuazione;
         rapporti con i vigili del fuoco;
         attrezzature ed impianti di estinzione;
         sistemi di allarme;
         segnaletica di sicurezza;
         illuminazione di emergenza.
ESERCITAZIONI PRATICHE (3 ORE)
presa visione e chiarimenti sui mezzi di estinzione più diffusi;
presa visione e chiarimenti sulle attrezzature di protezione individuale;
esercitazioni sull’uso degli estintori portatili e modalità di utilizzo di naspi e idranti.
I corsi di formazione per gli addetti di attività a rischio di incendio basso devono essere basati sui contenuti e durate riportate nel corso A.
L’INCENDIO E LA PREVENZIONE (1 ORA)
         principi della combustione;
         prodotti della combustione;
         sostanze estinguenti in relazione al tipo di incendio;
         effetti dell’incendio sull’uomo;
         divieti e limitazioni di esercizio;
         misure comportamentali.
PROTEZIONE ANTINCENDIO E PROCEDURE DA ADOTTARE IN CASO DI INCENDIO (1 ORA)
         principali misure di protezione antincendio;
         evacuazione in caso di incendio;
         chiamata dei soccorsi.
ESERCITAZIONI PRATICHE (2 ORE)
         pesa visione e chiarimenti sugli estintori portatili;
         istruzioni sull’uso degli estintori portatili effettuata o avvalendosi di sussidi audiovisivi o tramite dimostrazione pratica.
Ricordiamo inoltre che, come indicato nell’ Accordo Stato-Regioni del 07/07/16 e in attesa delle nuove indicazioni del futuro Decreto emanato a norma dell’articolo 46 del Testo Unico, i corsi di formazione per gli addetti antincendio non sono erogabili in modalità e-learning.
Relativamente poi all’approfondimento degli aspetti relativi all’aggiornamento degli addetti, segnaliamo la risposta della Commissione per gli interpelli relativa a un quesito del Consiglio Nazionale degli Ingegneri sui requisiti dei formatori per gli addetti alle aziende valutate a rischio medio e basso.
Nell’Interpello 10/13 del 24/10/13 la Commissione fa presente che il D.M. 10/03/98 non prevede né requisiti specifici né titoli ai fini dell’idoneità del soggetto formatore per gli addetti all’emergenza. I soggetti formatori devono possedere competenza nella materia antincendio.
E la Commissione ritiene, in risposta ai quesiti del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, sull’abilitazione degli ingegneri, che gli ingegneri, abilitati ai sensi della L. 818/84, possano svolgere i corsi per addetti all’emergenza e, quindi, rilasciare i relativi attestati di frequenza.
Inoltre si sottolinea come, per le aziende individuate dall’allegato X del Decreto, i lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi, lotta antincendio e gestione delle emergenze, debbano conseguire l’attestato di idoneità tecnica di cui all’articolo 3 della L. 609/96.
E la Commissione ritiene validi ai fini della formazione prevista dall’articolo 37, comma 9, del D.Lgs. 81/08 i suddetti attestati.
Segnaliamo poi, come ricordato anche nell’articolo di PuntoSicuro “VVF: la formazione sulla sicurezza con docenti qualificati”, che i docenti dei corsi antincendio devono anche essere docenti formatori qualificati per la sicurezza, in quanto i corsi antincendio rientrano tra quelli previsti dal D.Lgs. 81/08 e quindi i docenti devono avere le stesse caratteristiche previste per tutti i corsi in materia di salute e sicurezza (con riferimento ai criteri di qualificazione previsti dal Decreto del 06/03/13).
A questo proposito, l’Accordo Stato-Regioni del 07/07/16, prevede che (punto 12.1):
In tutti i corsi obbligatori di formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro, fatti salvi quelli nei quali i requisiti dei docenti siano già previsti da norme specifiche, i docenti devono essere in possesso dei requisiti previsti dal Decreto Interministeriale 6 marzo 2013, emanato in attuazione dell’articolo 6, comma 8, lettera m-bis), del D.Lgs. 81/08, entrato in vigore il 18/03/14”.
La normativa di riferimento citata è scaricabile ai seguenti indirizzi:
Decreto del Ministero dell’Interno del 10 Marzo 1998 “Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro”:
Commissione per gli interpelli Interpello n. 10/13 con risposta del 24 ottobre 2013 al Consiglio Nazionale degli Ingegneri “Risposta al quesito sulla formazione degli addetti alla gestione delle emergenze per la prevenzione incendi ai sensi del D.M. 10/03/98”:
Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano Accordo 7 luglio 2016 “Accordo finalizzato alla individuazione della durata e dei contenuti minimi dei percorsi formativi per i responsabili e gli addetti dei servizi di prevenzione e protezione, ai sensi dell’articolo 32 del D.Lgs. 81/08”.


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