giovedì 14 giugno 2018

13 giugno - Rider, prima causa in Tribunale a Milano: il volto dello sfruttamento selvaggio

Fattorino contro Glovo: "Consegne per 17 ore al giorno con la mia auto"
di ANDREA GIANNI
Pubblicato il 13 giugno 2018 
 Milano, 13 giugno 2018 - «Lavoravo per 17 ore al giorno, anche di sabato e domenica, offrendo una disponibilità totale per le consegne con la mia auto fino a quando mi hanno lasciato a casa. Non è una collaborazione, ma un lavoro subordinato». Mohamed Elazab, 23enne nato in Egitto e in Italia dal 2003, è il primo rider milanese ad aver trascinato in Tribunale una società delle consegne a domicilio, l’italiana Foodinho acquistata nel 2016 dalla big spagnola Glovo. Un caso analogo a quello torinese con il ricorso, respinto, di sei rider di Foodora che chiedevano di essere riconosciuti come lavoratori subordinati. Ieri l’udienza davanti al Tribunale del Lavoro di Milano, che dovrebbe pronunciarsi entro il prossimo 4 luglio.
Uno scontro tra due tesi contrapposte, in un settore segnato da un vuoto normativo e una giungla di contratti. I legali di Elazab, gli avvocati Tommaso Dilonardo e Michela Mantarro, chiedono di «dichiarare l’inefficacia del licenziamento intimato oralmente» e condannare Foodinho a «reintegrare il ricorrente nel posto di lavoro e risarcirgli il danno sofferto con il pagamento di un’indennità», tredicesima, quattordicesima, ferie e Tfr non incassato. La società, con gli avvocati Francesco Tanca e Federica Pagani, sostiene al contrario che non si è trattato di lavoro subordinato, citando il precedente della sentenza di Torino. E ha chiamato a testimoniare in aula un ex studente del Politecnico, rider saltuario negli anni dell’università.
Mohamed Elazab, quando è iniziato il suo rapporto con Glovo/Foodinho? «A settembre del 2016, tramite conoscenti, ho saputo che stavano cercando personale per le consegne. Ho fatto un colloquio e mi hanno preso con un contratto di collaborazione coordinata e continuativa. Avevo bisogno di lavorare e ho messo a disposizione la mia auto, perché oltre al cibo avevano bisogno di fattorini anche per consegne di prodotti più pesanti».
Come veniva retribuito? «Era previsto un fisso di 7,35 euro lordi all’ora, senza rimborso benzina. Ho preso tre buste paga mensili che oscillavano da 1.500 euro a 2.200 euro lorde, lavorando 17 ore al giorno. Alla fine di dicembre mi hanno proposto di cambiare il contratto con uno di prestazione occasionale con condizioni peggiori, ho rifiutato e il co.co.co. è stato rescisso. Per qualche giorno ho continuato a lavorare lo stesso, come testimoniano le chat, fino a quando, attorno alle 21 del 12 gennaio 2017, ho avuto un incidente mentre consegnavo un hamburger».
Come è successo? «Un’altra auto mi ha tamponato. Ho avuto un colpo di frusta e sono andato in ospedale. Quando ho contattato il responsabile della mia area mi ha risposto che “in un caso come il tuo l’assicurazione non comprende rimborso, anche se in ore lavorative”. C’è stato uno scambio di messaggi, poi non mi hanno più chiamato e sono rimasto senza lavoro».
Come è maturata la scelta di fare causa? «L’ho fatto anche per aiutare tutti gli altri rider. I datori di lavoro guardano solo al loro interesse. Chiedo al giudice di valutare bene la situazione, di pensare a tutte le persone impiegate in queste condizioni, alla mancanza di tutele sul rischio di infortuni durante le consegne».
Ha provato a rivolgersi ai sindacati? «L’ho fatto, ma senza ottenere risposte concrete».
Di cosa si occupa adesso? «Mi sono iscritto all’università e sto studiando bioingegneria a Pavia. Intanto sto cercando un altro lavoro per mantenermi».

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