mercoledì 14 gennaio 2015

13 gennaio: LA RETE SULLA SENTENZA SULLA STRAGE DI PRATO



Giustizia negata anche per la strage di Prato con 7 operai cinesi bruciati vivi nella fabbrica-dormitorio: condanna con lo sconto per la padrona cinese e la sua famiglia e il processo nasconde le responsabilità del "sistema Prato" fatto da padroni "grandi firme" italiani/istituzioni e confederali complici 



Lo stesso presidente della Regione, Rossi, che oggi loda la sentenza, aveva definito più volte una "risorsa" questo sistema di sfruttamento e aveva voltato le spalle a chi denunciava, così come avevano fatto gli stessi confederali a cui andranno pure i risarcimenti

Rogo di Prato, condannati tre imprenditori cinesi
di Giorgio Bernardini
PRATO – Otto anni e 8 mesi di reclusione a Lin Youlan, 6 anni e 10 mesi alla sorella Youli e 6 anni e 6 mesi al marito di questa, Hu Xiaoping. Queste le pene che il giudice Silvia Isidori ha stabilito – dopo alcune ore di camera di consiglio - per i tre imputati accusati di omicidio colposo plurimo in relazione all’incendio che il primo dicembre del 2013 causò 7 morti tra gli operai di una fabbrica a Prato. La sentenza di primo grado, pronunciata pochi minuti fa al tribunale di Prato, è comprensiva dello sconto di un terzo della pena previsto dal codice per i processi celebrati con rito abbreviato. La pena più alta. Il giudice ha stabilito che la maggiore delle pene fosse comminata a Lin Youlan, la proprietaria dell’azienda “Teresa Moda”, considerando evidentemente il suo profilo quello di maggior responsabilità nelle cause che portarono allo scoppio dell’incendio. Meno dure le pene stabilite per la sorella della donna - Lin Youli – e per il marito di questa, Hu Xiaoping. Dalle testimonianze pervenute nel corso del processo è emerso di fatti che questi avevano mansioni di responsabilità secondarie rispetto a Lin Youlan, per la quale il sostituto procuratore Lorenzo Gestri aveva effettivamente chiesto 10 anni e 8 mesi di reclusione. L’avvocato dei tre cinesi, Zanobini, ha preannunciato al termine della lettura della sentenza che i suoi clienti ricorreranno in appello contro la decisione del giudice. All’alba del primo dicembre del 2013 un incendio era divampato all’interno della ditta di confezione di tessuti ‘Teresa Moda’, ubicata nella zona industriale del Macrolotto, in via Toscana. Nel rogo, che secondo le ricostruzioni dei tecnici ha avuto principio da un guasto nell’impianto elettrico, avevano perso la vita sette operai cinesi (5 uomini e 2 donne). I risarcimenti.
Il gup ha anche condannato gli imputati a una somma provvisionale, per il risarcimento del danno, pari a 100.000 euro ciascuno per i sindacati Filctem, Cgil, Cisl e Uil, costituitisi parte civile. Per l’Inail decisa una provvisionale di 75.000 euro, 50.000 l’importo per il Comune di Prato.Per quattro familiari, di secondo grado, di alcune delle vittime, fissata una provvisionale di 25.000 euro ciascuno, stessa somma per uno dei sopravvissuti all’incendio.


dal processo:
La confezionista: “Il proprietario italiano sapeva dei dormitori abusivi alla Teresa Moda”
Lin Youlan ha testimoniato al processo per omicidio colposo plurimo nei confronti di Massimo e Giacomo Pellegrini e conferma quanto già detto davanti al giudice dell’udienza preliminare

11 dicembre 2014

PRATO. “Massimo Pellegrini era a conoscenza della presenza dei soppalchi e dei dormitori abusivi all’interno della Teresa Moda”. Lo ha affermato Lin Youlan, la donna cinese ritenuta, insieme alla sorella Youli e al cognato Hu Xiaoping, la titolare di fatto della confezione al cui interno il 1° dicembre 2013 hanno trovato la morte sette operai cinesi a c
ausa di un devastante incendio. .
Lin Youlan, per il quale la Procura ha chiesto una condanna a dieci anni nel processo con rito abbreviato in corso davanti al gup Isidori, è stata chiamata a testimoniare nel procedimento nei confronti di Massimo e Giacomo Pellegrini, soci dell’immobiliare Mgf, proprietari del capannone della Teresa Moda in via Toscana e accusati di omicidio colposo plurimo in concorso, per non aver fatto rimuovere gli abusi. Lin Youlan ha riferito di aver chiamato Massimo Pellegrini già nel 2008 per segnalare infiltrazioni di acqua dal tetto e almeno in quell’occasione il proprietario italiano poté rendersi conto dello stato dei luoghi. Le stesse affermazioni erano state ripetute nel corso del processo con rito abbreviato, per il quale la sentenza è attesa prima di Natale. Il processo a carico dei proprietari italiani invece durerà molto di più perché sono stati citati decine di testimoni.
Lin Youlan ha detto anche che la confezione di via Toscana fu visitata per ben tre volte da incaricati del Comune (in realtà erano della municipalizzata Asm) per fare le misurazioni necessarie all’applicazione della tassa sui rifiuti. Gli incaricati però non ritennero necessario informare la polizia municipale dei dormitori abusivi presenti nella confezione. La circostanza era emersa già nel corso delle indagini preliminari. Il giudice Giulio Fanales ha chiesto alla testimone se ricordasse i nomi degli incaricati, ma la confezionista cinese ha detto di non ricordarli.

Subito dopo la strage la Rete nazionale per la sicurezza aveva diffuso questo comunicato:
Prato non è stata una strage "cinese": i 7 operai sono stati uccisi dalla catena del profitto dei padroni della moda italiana protetti dalle istituzioni.
Gli operai cinesi della fabbrica tessile "Teresa Moda" a Prato sono morti per gli enormi profitti dei marchi grandi e piccoli del "made in Italy", garantiti dalla catena del subappalto con salari da fame, lavoro nero, orari e ritmi elevatissimi e nessuna assistenza.
Questi operai vivevano l'intera giornata nel luogo in cui lavoravano. Segregati, stipati in loculi di cartongesso dove riposare, con le finestre sbarrate e oscurate. E quì sono morti per la totale assenza di sicurezza. I politicanti, lo Stato italiano, con la complicità di quello cinese e del suo consolato di Firenze, coprono le responsabilità degli italianissimi marchi, i confederali e le istituzioni non fanno niente, mentre si diffonde, al contrario, il razzismo dall'alto che vuole scaricare la responsabilità di questa condizione schiavistica sugli stessi operai orientali.
Sono quattro gli indagati per disastro colposo, omicidio colposo plurimo, omissione dolosa di tutela e sfruttamento di manodopera clandestina. Però i criminali, ad ora, sono solo i padroni e i loro aguzzini cinesi. Nell'inchiesta vogliamo che emergono le responsabilità dei padroni assassini italiani, dal proprietario del capannone ai padroni dei marchi italiani, per i cui profitti sono morti bruciati i 7 operai immigrati! Come per gli operai della Thyssen, dell’Ilva, dei lavoratori e della popolazioni uccisi dall’Eternit, la Rete nazionale per la salute e sicurezza sul lavoro e sui territori fa appello alla mobilitazione per organizzare una nuova iniziativa nazionale a Prato.
Rete nazionale per la sicurezza e la salute sui posti di lavoro e sui territori - E mail: bastamortesullavoro@gmail.com 


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