Decreto Ilva-Taranto: "fumo", e peggioramento, per gli operai e
la popolazione di Taranto, "arrosto" per i padroni... con i soldi
pubblici.
Un decreto da un lato fondato sulla sabbia, dato che con la forzatura e/o
violazioni di leggi fatte (dalla "Marzano", alle norme europee, alle
stesse leggi poste a tutela della proprietà privata) può franare da un momento
all'altro per intervento della Comunità europea e della stessa proprietà Riva;
dall'altro, come e peggio dei precedenti 6 decreti, è fatto soprattutto al
servizio dei padroni e unicamente a difesa degli interessi del profitto
padronale, con soldi pubblici. Questo decreto dimostra che le leggi si possono
bellamente stravolgere, violare se questo serve ai padroni, mentre sono
inamovibili quando devono essere cambiate per difendere lavoratori e masse
popolari. Il decreto dice chiaramente che lo "scopo è di garantire la
prosecuzione dell’attività produttiva... che le risorse aziendali siano
prioritariamente destinate a tale scopo" Quindi, altro che
risanamento, ma una tenuta dello stabilimento per garantirne la svendita ai
privati!
All'art. 1 il decreto, in merito alla difesa del lavoro degli operai Ilva e
appalto, parla solo di “garanzia di adeguati livelli occupazionali”
che deve dare l'affittuario o l'acquirente,
quindi non dà certezza sul mantenimenti degli attuali posti di lavoro. Poi “adeguati” a che? alle esigenze produttive e di mercato dell'Ilva, che in regime di amministrazione straordinaria non possono dare garanzia di salvaguardia di tutti i posti di lavoro, né dei salari e diritti acquisiti. Anzi, nelle dichiarazioni di Renzi, si fa esplicito riferimento al "modello Alitalia" che ha significato tagli dei posti di lavoro, che per l'Ilva sarebbero migliaia.
A questo va aggiunto che quasi di soppiatto nel comma 5 di questo articolo
si parla anche di affitto o cessione di “rami di azienda” - lasciando
qui aperta la strada a dividere l'Ilva in “new company” e “bad company”, per
dare ai privati il buono che dà profitti e lasciare in un bidone vuoto ciò che
sono costi.
Sull'Aia, il decreto all'art. 2, impone una immodificabilità in
meglio delle prescrizioni Aia scrivendo che “Il rapporto di valutazione del
danno sanitario non può unilateralmente modificare le prescrizioni dell'Aia in
corso di validità” ; ma nello stesso tempo il governo in varie
dichiarazioni ha detto che le prescrizioni possono eccome essere riviste e
ridimensionate in peggio come chiedono i nuovi padroni.
Impunibilità del commissario sul piano ambientale. Sempre l'art. 2 –
quasi di straforo, alla fine – pone questa grave questione che rasenta
l'incostituzionalità e comunque è in aperta violazione di tutte le norme sulla
responsabilità penale su questioni di sicurezza-salute. Si scrive che si “esclude
la punibilità delle condotte poste in essere in attuazione del piano”.
Quindi il commissario può fare e soprattutto non fare o fare male e non è
responsabile penalmente, lui e tutti gli altri “soggetti da questo
funzionalmente delegati”. L'articolo dice praticamente che l'Ilva non è
“terreno per i giudici”, che questi e la legge devono rimanere alle porte
della fabbrica, così come le ispezioni, controlli. E, per uno stabilimento come
l'Ilva, con record di infortuni, morti, ammalati, questo è né più né meno una
sorta di nuova licenza di uccidere.
Sui tempi, l'art. 2 dice che entro il 31 luglio 2015 devono essere realizzate “almeno
l'80% delle prescrizioni scadenti in quella data”, mentre sul restante 20%
non detta tempi. Nonostante che proprio in questo 20% c'è la copertura del
parco minerali e gli interventi in agglomerato cokeria altiforni, entrambi
scadenti a ottobre. Quindi, si escludono, rimandandoli a tempi indefiniti,
proprio gli interventi nelle aree più a rischio salute, e chiaramente più
onerosi! Che questo comporterà altri malati e morti per tumore, compresi i
“famosi bambini” di Renzi, non gliene può fregar di meno al Governo e a tutti i
suoi plaudenti.
Ma se c'erano dubbi sulla natura di questo decreto, questi vengono sciolti all'art.
3 dalla questione dei fondi. In totale per le bonifiche in
città, per il Porto, Arsenale, per l'Ilva, Renzi ha parlato di 2 miliardi di euro!
Una miseria! Questi soldi al massimo servono per pagare le banche creditrici e
assicurare la mera continuità produttiva dell'Ilva. Non ad altro! Solo per
l'attuazione dell'AIA, a detta degli stessi commissari Ilva, ci vuole 1,8
miliardi! Bondi, poi, indicò in 3 miliardi le necessità. Per non dire che la
Giud. Todisco quantificò in più di 8 mld quanto sarebbe stato necessario per la
bonifiche, non fatte, di impianti e aree.
Venendo nel merito. L'art. 3 indica le risorse finanziarie, che il
commissario straordinario deve gestire. Primo, nei famosi 1 miliardo e 200
milioni sequestrati ai Riva, ma tuttora oggetto di ricorsi giudiziari e quindi
inutilizzabili; secondo, “in altre contabilità aperte (da anni)
presso la tesoreria statale” non ben quantificate e specificate; terzo,
nelle somme rinvenienti dalla sottoscrizione con Fintecna spa di “un atto
convenzionale di liquidazione dell'obbligazione del contratto di cessione
dell'Ilva”.
Nulla stabilisce per requisire i fondi dei Riva dei paradisi fiscali,
facendo un regalo ai padroni assassini.
All'art. 5 viene soprattutto istituito l'ennesimo Tavolo istituzionale; lì dove
sappiamo bene quanto nulla anche nel recente passato abbiano prodotto in
termini di interventi effettivi e utili questi mega Tavoli.
L'art. 6 è dedicato al Programma per la bonifica, ambientalizzazione e
riqualificazione dell'area di Taranto. Qui non poteva essere più generico!
Si parla solo di “programma di misure” senza indicare quali, i tempi
sono indefiniti ma la dizione: “medio e lungo termine” lascia presagire
tempi lunghissimi e non controllabili; si usano poi tutta una serie di termini
attenuativi: ”un adeguato livello di sicurezza per le persone e per
l'ambiente”, “mitigare le criticità” ma... salvaguardando “la
competitività delle imprese”, che mostrano che in realtà è decisamente poco
quello che si intende fare. Per quanto riguarda le risorse economiche da
impiegare, poi, queste vengono raccattate da vari fondi e non quantificate.
Sul fronte bonifiche, in realtà il decreto non dice nulla su ciò che era
già previsto ma non ancora all'opera, in particolare ai Tamburi, Cimitero, Mar
piccolo. E invece di andare nettamente più avanti nei lavori da realizzare, nei
fondi da impegnare, nei tempi urgenti del programma di interventi, va indietro,
riparte da zero, scrivendo che da questo decreto “il commissario
straordinario... è incaricato di predisporre un programma di misure per la
bonifica, ambientalizzazione, riqualificazione dell'intera area di Taranto,
dichiarata ad elevato rischio di crisi ambientale...”. Questo porta come
minimo ad un allungamento infinito dei tempi.
L'Art. 7 che affronta la questione del Porto, la sua vaghezza sembra fatta
apposta, in essa ci entra eccome, sia pur dalla finestra, "Tempa
Rossa", e su questo la formula introdotta di una sorta di
"silenzio-assenso", da parte delle Istituzioni locali dopo 30 giorni
dalla richiesta del Commissario straordinario, serve per scavalcare qualsiasi
parere contrario.
L'art. 8 parla della valorizzazione della città e dell'Arsenale, per lo sviluppo
dei beni culturali e turismo, ma qui ciò che appare certo sono i vari e
contorti passaggi burocratici, con la lungaggine delle procedure; mentre i
fondi restano incerti. Teniamo conto che una parte di essi erano già stati
stanziati e sono insufficienti e il loro utilizzo non dà alcuna garanzia di
ricaduta occupazionale, ambientale, turistico sulla città.
Sull'Arsenale, poi si va decisamente indietro. Tutte le aree occupate restano
dell'Arsenale. Quindi viene azzerata ogni previsione di restituzione alla città
anche di una parte di queste aree. E sotto l'ipocrito progetto di
valorizzazione culturale e turistica (?) dell'Arsenale, di fatto con questo
decreto si punta ad incrementare la sua funzione militare-bellica (non è un
caso la presenza nel Tavolo istituzionale della Ministra delle Difesa).
Infine il 'centro di ricerca per i tumori infantili' nell'ospedale di
Taranto, spacciato come fiore all'occhiello del "cuore" di Renzi,
è semplicemente sparito dal decreto. D'altra parte sarebbe un ben misero
provvedimento a fronte della richiesta di una nuova struttura ospedaliera
specializzata; un provvedimento ipocrita nel momento in cui il decreto riduce
gli interventi di bonifica, ridimensiona l'Aia, allunga i tempi.
In conclusione, un decreto che dichiara esplicitamente che lo Stato
borghese l'unica nazionalizzazione che fa è per socializzare le perdite e
privatizzare i profitti; con Riva lasciato in pace e i lavoratori e la
popolazione inquinata gabbati.
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