Sabato 10 gennaio, a partire dalle ore 9,30, presso la
biblioteca comunale
di Taranto il Coordinamento nazionale dello Slai cobas
per il sindacato di
classe, si è aperto con l'assemblea operaia e popolare
sulla questione del
processo e decreto Ilva.
Presenti tante parti civili del processo Ilva: vari
operai dell'Ilva e
dell'appalto Ilva, lavoratori dei servizi cimiteriali,
abitanti dei
quartieri Tamburi e Paolo VI; presenti rappresentanti
dello Slai Cobas per
il sindacato di classe di altre città che nel
pomeriggio terranno il
coordinamento nazionale.
INTRODUZIONE
Iniziamo con l'Ilva non perché siamo a Taranto, ma
perché l'Ilva è, non per
decisione nostra ma del governo, questione saliente
nazionale.
Non a caso l'anno si è chiuso con due decreti di Renzi
nella sua "guerra"
contro i lavoratori e in difesa dei padroni: il Jobs
Act e quello sull'Ilva
e la città di Taranto.
Quindi è il governo che ci porta ad affrontare insieme
la questione lavoro e
la questione Ilva-Taranto. Di qui la scelta della sede
di questa riunione.
Il JA sancisce il "contratto a tutele
crescenti", che in pratica vuol dire
che finchè lavori non avrai mai diritti pieni, mentre
ai padroni viene data
libertà di licenziare - con la cancellazione
dell'art.18 - e possibilità di
demansionare i lavoratori, messi alla mercè dei
padroni.
Nello stesso tempo Renzi ha preso di punta Taranto per
farne un laboratorio
di come cambiare e fare leggi a favore della difesa
del profitto padronale.
Quindi è il governo che ci porta ad affrontare insieme
la questione lavoro e
la questione Ilva-Taranto. Politica del governo sul
lavoro e decreto Ilva
sono due facce della stessa medaglie.
Di qui la scelta della sede di questa riunione.
Ma anche processo Ilva e decreto Ilva sono due facce
del modo in cui
vogliono risolvere i problemi, sempre a favore del
profitto e dei padroni,
socializzando i danni e i costi per far
ripartire i profitti.
Il processo contro Riva e complici, è un processo su
un immane disastro
ambientale e catena di morti per il profitto.
Ci sono stati altri processi del genere in passato,
Marghera, Eternit, ecc.
ma nessuno di queste dimensioni, questo fa del
processo Ilva la madre di
tutti i processi di questo genere, e dal cui esito
possono dipendere le
sorti di tante altre vicende.
Un processo, quindi, esemplare, benchè non singolare,
perché sono decine le
realtà e fatti che riproducono situazioni di morte
simili e devastanti per
il popolo.
Nel processo sono imputati, la famiglia Riva, i suoi
agenti, tutte le
istituzioni, gli organi di controllo, la curia, fino
al funzionario digos,
che invece che fare il suo dovere, spiava i magistrati
e informava l'azienda.
Questa la rete che coinvolge questo processo, per un
disastro che ha
prodotto un numero di morti incredibile, dentro e
fuori della fabbrica.
Per questo è necessario che il processo veda partecipi
migliaia di parti
civili, organizzate in quanto tali, non attraverso le
tradizionali
associazioni sindacali e istituzionali, che a vario
titolo sono già o
dovrebbero essere nel processo in qualità di imputati.
Questo processo ha concluso una prima tappa con la
sentenza sulle
costituzione delle parti civili.
SUL PROCESSO
INTERVENTO DELLA COORDINATRICE SLAI COBAS
Il 16 dicembre abbiamo vinto una battaglia: tutte le
parti civili presentate
da noi sono state accettate: operai Ilva e appalto,
lavoratori del cimitero,
abitanti dei tamburi e lo stesso Slai Cobas sc.
Abbiamo fatto un primo
passo. Questa vittoria non era affatto scontata, per
due motivi: primo,
perché la stessa presentazione delle parti civili,
all'inizio del percorso
processuale, non è stato affatto semplice, ma
complicata e ostacolata in
diversi modi, ricorrendo a tutti i pretesti.
Chi ha seguito il processo e gli antefatti sa
benissimo quante e quali
eccezioni erano state fatte per impedire la
presentazione come parti civili
dello slai cobas per il sindacato di classe e dei
lavoratori e cittadini organizzati dallo slai cobas
sulla linea e prassi
proposta dall'Avvocato Bonetto - processo Eternit
Torino - e degli avvocati
tarantini Lamanna presidente camera penale, Silvestre
vice presidente della
camera penale, avvocato Fausto Soggia, che senza
alcuno onorario prestano la
loro opera al servizio dei lavoratori e cittadini
danneggiati, come
battaglia di civiltà in questo maxi-processo. L'avv.
Lamanna, in risposta
agli auguri di buon anno ha detto che lui era felice e
orgoglioso di
rappresentare le nostre parti civili nel processo
perchè ne condivide i
valori.
Un lavoro di costituzione fatto di assemblee tra
lavoratori e cittadini
autorganizzati e avvocati, una battaglia anche di
crescita e partecipazione.
Per questo siamo parte civile, per proseguire questa
prima battaglia vinta,
una guerra che deve essere un processo popolare ai
padroni assassini e ai
loro complici
Siamo stati fermi sul fatto che la questione
principale era la presentazione
come parti civili di operai, lavoratori, cittadini
organizzati allo scopo,
non tanto lo slai cobas.
Solo in seguito abbiamo deciso di presentare lo Slai
cobas sc, sia per
contrastare l'indecente presentazione come parti
civili dei sindacati
confederali, sia per poter materialmente essere
presenti in aula, anche per
garantire il coordinamento dei nostri legali - mettere
insieme sullo stesso
metodo e linea avvocati differenti era necessario e
anche su questo abbiamo
vinto una prima battaglia.
E la prima cosa che abbiamo messo in chiaro con loro:
difendono le nostre
parti civili perché aderiscono a una battaglia.
Una battaglia fatta mettendoci la faccia, con nome e
cognomi di persone,
cosa difficile soprattutto in fabbrica per il clima di
paura, ricatti,
pressioni che gli operai Ilva e indotto hanno dovuto
subire, rischiando
discriminazioni per presentarsi come parte civile,
senza coperture sindacali
di comodo; ma anche per il fatto che altre realtà che
potevano farlo - Usb,
Liberi e pensanti - non hanno raccolto gli operai ma
si sono limitati a
presentare solo la loro organizzazione.
Gli operai che si sono costituiti con lo Slai cobas sc
sono, quindi, dei
coraggiosi. Tanti altri vorrebbero farlo ma la prima
cosa che ci chiedono è
"che mi può succedere?".
Nelle prime udienze le difese degli imputati hanno
detto e fatto di tutto
per impedire le nostre costituzioni, e lo stesso
atteggiamento del giudice,
che dava agio e tempo alle difese mentre comprimeva
l'agibilità degli
avvocati delle parti civili, non ci confortava. In
questo senso è stata in
parte una sorpresa leggere nelle motivazioni della
decisione sulle parti
civili quello che è la nostra impostazione, vale a
dire che si possono
costituire anche coloro che non hanno una patologia ma
vivono il rischio
concreto di contrarle e riconoscendo lo stress
psicologico derivante. Questa
sentenza ribadisce che Riva ha danneggiato, comunque,
tutti gli operai,
tutta la città, anche chi attualmente, per fortuna sta
bene. Come ha detto
l'Avv. Bonetto: per la prima volta in questo grado di
giudizio si dice che
non solo chi si è ammalato a causa dell'inquinamento o
i familiari di
operai, cittadini deceduti possono essere parte
civile, ma anche chi è
attualmente sano ma è sottoposto costantemente, a
causa dell'esposizione a
più agenti altamente inquinanti, ad uno stress
psicologico da "timore di
ammalarsi". Si è riconosciuta di fatto la nostra
tesi, cioè che anche il
"timore di ammalarsi", lo "stress
psicologico" è un danno morale
riconosciuto dalla giurisprudenza, quale sofferenza
soggettiva.
Ora questa prima vittoria deve incoraggiare tutti.
Nell'ordinanza del giudice inoltre si dice che i
sindacati possono
costituirsi parte civile "indipendentemente
dall'iscrizione del lavoratori
al sindacato."; quindi si riconosce che il fatto
di avere pochi iscritti,
effetto di un'azione di disturbo e discriminazione non
può essere motivo per
un ulteriore esclusione dalla difesa dei diritti dei
lavoratori in sede di
processo. Anche questa verità deve uscire e vogliamo
portare al processo.
D'altra parte la sentenza di riconoscimento delle
parti civili di fatto
estende la possibilità di presentazione, anche agli
operai che hanno
lavorato per pochi anni "sotto Riva", ai
lavoratori operanti vicino all'area
Ilva (come quelli della Pasquinelli), come agli
abitanti anche di Paolo VI,
borgo e Statte. Questo ci conforta e apre la strada
alla presentazione nella
prima udienza dibattimentale di altri parti civili già
organizzate e
invitiamo altri operai Ilva e appalto, lavoratori
operanti nell'area Ilva e
cimitero, abitanti anche di Paolo VI, Statte e borgo,
a mettersi in contatto
per essere parte civili al processo.
Resta forte il senso di ingiustizia per l'accettazione
delle costituzioni di
CGIL, CISL, UIL e FIOM, FIM, UILM, dato che questi
sono pienamente
corresponsabili della situazione di attacco quotidiano
alla salute e
sicurezza in fabbrica e della criminale azione
dell'Ilva di inquinamento; e
per il loro ruolo, appunto sindacale, sono dal punto
di vista della difesa
degli operai ancora più da condannare, perchè hanno
ampiamente contribuito,
ora col silenzio (anche dei loro RLS in Ilva e
nell'appalto), ora con
espliciti accordi di svendita di diritti fondamentali
dei lavoratori e di
cogestione, ora con la condivisione della logica
criminale padronale di
mettere la produzione e gli interessi aziendali al
primo posto, e, in
generale, frenando e indebolendo la forza di
opposizione dei lavoratori, ad
arrivare negli anni alla gravissima situazione di
oggi.
Ricordiamo che a seguito di una esplicita denuncia
dello slai cobas, RLS dei
sindacati confederali sono imputati per la prima volta
nel processo per la
morte dell'operaio Di Leo. E tante altre denunce sono
state fatte che
dimostrano esplicitamente questa costante
corresponsabilità.
Ora, questi sindacati confederali si trovano come
parti civili nel processo
Ilva, quando avrebbero dovuto stare dall'altra parte.
E dobbiamo sentire
l'avvocato della Fiom-Cgil sostenerne la costituzione
dicendo nell'udienza
del 16 dicembre scorso che il sindacato ha
"diritto di intervenire nelle
scelte dei sistemi di produzione...". E perchè la
Fiom-Cgil, come fim e
uilm, non l'ha preteso e fatto a suo tempo? Perchè
invece ha assunto una
linea di concertazione?
È assurdo che nel processo, fra le varie questioni, da
un lato si citino 3
infortuni mortali, compreso quello di Claudio
Marsella. morto anche in
conseguenza di un accordo firmato dai sindacati
confederali, e poi
dall'altro vengono accettati come parti civili.
In un incontro che avemmo col Procuratore, dicemmo
chiaramente che i
sindacati avrebbero dovuto essere imputati, ci
rispose: lasciate fare questo
processo, poi vedremo.
Nel corso del processo, però avremo possibilità di
indicare testi, compresi
segretari sindacali, che punteremo a trasformare in
imputati. Senza la loro
incriminazione, secondo noi questo processo è monco.
Ma per comprendere la portata di questo processo,
occorre mettere in luce
quello che è avvenuto realmente in questa grande
fabbrica. Padron Riva ha
preso a prezzo stracciato la fabbrica di Stato che già
aveva condotto, nel
silenzio-assenso di Istituzioni con la collaborazione
del sindacalismo
confederale, una produzione per il profitto, con una
catena infinita di
morti sul lavoro, inquinamento, malati morti per
tumore dalla città.
Il passaggio dalla fabbrica di Stato alla fabbrica di
Riva ha aggravato e
accentuato questa situazione. Da un lato Riva ha
innalzato la produzione, ha
intensificato lo sfruttamento, ha violato
sistematicamente le norme sulla
sicurezza, ha avuto campo libero per inquinare la
città.
Abbiamo letto e sentito più volte che "neanche
gli operai sono innocenti",
specie da parte di certo ambientalismo. Ma noi
sappiamo che non è cosi. Ci
sono stati negli anni momenti di opposizione
collettiva degli operai sulle
questioni della sicurezza e condizioni nocive, come
pure tante denunce
individuali, ricordiamo il blocco del lavoro al
convertitore da parte dei
due ex delegati Fiom (Battista e Rizzo, attualmente
uno a capo dei Liberi e
pensanti e l'altro dell'USB), poi licenziati da Riva e
rientrati non per
merito della Fiom ma per intervento di Vendola, e
nessun ambientalista
allora li ha difesi, la loro stessa organizzazione
sindacale li ha rimossi e
messi a tacere. Ma tutto questo è stato ostacolato,
frenato, impedito dai
sindacati confederali, con accordi e accettazione di
organizzazione del
lavoro che ha prodotto miliardi di profitti per Riva -
i miliardi nascosti
poi nei paradisi fiscali li faceva nell'Ilva di
Taranto...
Quindi non è vero che gli operai hanno subito
passivamente, è vero invece
che non hanno mai trovato né nei sindacati confederali
e meno che mai nelle
forze politiche degenerati e assente la sponda
necessaria per fermare la
mano del padrone, difendersi. I governi di
centrodestra nazionale,
Berlusconi e i suoi ministri Fitto e i sindaci Di
Bello, prima Cito, la
Provincia, sono stati complici permanenti del sistema
Riva. Il cambio delle
amministrazioni non ha provocato nessun mutamento.
L'inchiesta della Magistratura, assolutamente tardiva
rispetto alle denunce
che venivano da operai, lavoratori, alcuni settori
ambientalisti, è
finalmente poi partita e siamo entrati nella fase che
ha portato al
processo. Qui, da un lato l'inchiesta della
magistratura non ha saputo
distinguere le responsabilità dei padroni e dei suoi
effettivi complici,
prima tra tutti i vertici sindacali, dalla difesa
degli operai, e ha messo
effettivamente la fabbrica di fronte alla prospettiva
della chiusura, cosa
che non poteva non creare una reazione dei lavoratori
che ha rischiato per
alcuni mesi di creare una contrapposizione tra operai
e cittadini;
dall'altro le forze che si sono schierate con la
magistratura hanno messo
nello stesso sacco operai e azienda, considerando che
la fabbrica, e non il
sistema capitalista, ha creato questa situazione. Così
la stessa ribellione
antisindacale dei Liberi e pensanti del 2 agosto 2012
non è riuscita a unire
intorno a sé operai e cittadini in una lotta per
difendere lavoro e salute.
Occorre scrivere la vera storia dell'Ilva, e noi ci
stiamo impegnando anche
per questo.
La morale è in quella fabbrica c'è stata una guerra,
ma i lavoratori l'hanno
persa. Questa è la solo colpa degli operai: non aver
trovato la strada per
impedire il disastro e le morti. Ma tutti gli altri,
che quando gli operai
venivano colpiti, o quando lo Slai era criminalizzato
ed escluso, voltava la
faccia
Lo Slai cobas ha contrastato questa situazione in ogni
momento, schierandosi
contro tutte queste posizioni e ottenendo come
risultato una campagna di
isolamento, uno sforzo congiunto di isolarci,
impedirci il rafforzamento in
fabbrica, negandoci da parte dell'azienda i diritti
sindacali e facendo
pressione, rispetto ad ogni sforzo che noi facevamo,
sui lavoratori per
allontanarli dallo Slai cobas.
Ma questa battaglia non è passata. L'azienda ha dovuto
riconoscere i diritti
sindacali, le forze che ci hanno contrastato sono
diventate famose sui
giornali ma non hanno portato alcun risultato pratico
per i lavoratori e le
masse popolari.
Le nostre parole d'ordine "Padroni in galera e
operai in fabbrica", "nocivo
è il capitale non la fabbrica" sono ancora e
sempre più valide. Nella nostra
battaglia i lavoratori sono protagonisti e devono
lottare per una fabbrica e
una città risanate.
Noi già prima dell'inchiesta avevamo fatto dell'Ilva
una questione nazionale
con la Rete nazionale per la sicurezza, la formazione
dell'Associazione
familiari, le vittorie in Tribunale su Palazzina Laf,
Nuova Siet, "Riva
assassino", mentre tutti gli altri che sono
usciti fuori, ambientalisti,
ecc., erano assenti. Abbiamo respinto le querele di
Palombella, del
segretario della Fiom, mentre quelli che poi hanno
fatto i "fenomeni" in
fabbrica erano dentro i sindacati confederali, sia
pure in posizione
critica. Abbiamo organizzato una grande manifestazione
nazionale a Taranto
nel 2010.
Ora il processo è cominciato. Una battaglia è stata
vinta, bisogna vincere
la guerra.
Ma questo processo deve ancora vedere la
partecipazione e la forza di tutta
la città, è sconcertante che a una manifestazione in
centro partecipino in
3000 e alle udienze ci siamo solo noi.
Bisogna imporre che questo processo dia risposte non
agli avvocati e alla
legge ma ai lavoratori in carne e ossa, alle loro
famiglie e tutta la città.
È una guerra che va combattuta e vinta, se non la si
affronta come tale, la
perderemo e sicuramente non può che finire come il
processo Enternit, o
Marlane.
La guerra parte sin dalle prossime settimane dato che
le lungaggini
processuali, gestite dagli imputati puntano a
ritardarne l'effettivo inizio
della fase dibattimentale, siamo ancora all'udienza
preliminare, dobbiamo
batterci perchè l'azione degli imputati venga
contrastata e respinta e si
possa entro questo semestre cominciare il processo
vero.
INTERVENTI
Amedeo Zaccaria - Sono il padre di Francesco Zaccaria.
Voglio fare una
premessa: non ho avuto modo di conoscere prima
Margherita Calderazzi e posso
testimoniare che è persona squisita e così credo anche
gli altri.
Nonostante abbia perso un figlio, non sono per la
chiusura dell'Ilva, la
riterrei una sconfitta per i lavoratori.
Quando è successa la morte di mio figlio, nessuno dei
sindacati si fatto
sentire.
Io salivo e scendevo da una gru quando ancora
l'ingegnere responsabile
faceva esami all'università, quindi so perfettamente
che cosa è successo.
Venti erano le violazione esistenti sulla gru in cui
lavorava Francesco:
mancava il dispositivo di sicurezza come da progetto e
altri punti di
violazione delle norme. In occasione dell'ultimo
incidente tutti poi infatti
mi hanno dato ragione.
Non solo allora i sindacati non si sono fatti sentire
ma anche quando è
successo l'ultimo incidente, hanno incitato gli operai
a salire sulle gru
nell'attesa che l'azienda le mettesse in sicurezza,
tanto un accordo era
stato fatto per la sicurezza.
Io ho sempre detto che non solo queste organizzazioni
non si assumono la
responsabilità della difesa dei lavoratori ma mandano
avanti i lavoratori a
rischiare e poi si presentano parti civili. Non è
giusto.
Tanti infortuni e incidenti in Ilva sono stati coperti,
anche grazie alla
complicità dei sindacati. E il peggio è che la
magistratura chiama questi
omicidi colposi, secondo me sono assassini. La gru
dove lavorava Francesco
doveva essere fermata mesi prima, secondo rapporto
arpa, chi non l'ha
fermata è un assassino.
Anche la magistratura è complice, non è vero che la
legge è uguale per
tutti.
Quanto a chi ci dice "non strumentalizzate",
fate le cose in silenzio, vuole
coprire i crimini. Se noi non
"strumentalizziamo", se non alziamo la voce e
facciamo sapere tutto a tutti, allora copriamo gli
assassini.
Ho trovato tutto giusto e soprattutto tutto vero in
quello che è stato detto
stamattina.
Io non ho fiducia nella magistratura. Lo stesso fatto
che abbiano inserito l'assassinio
di Francesco in un processo per disastro ambientale,
non mi da fiducia che
non vada a finire come l'Eternit.
L'unico modo per impedirlo è restare tutti uniti e
partecipare alla
battaglia del processo.
Operaio Ilva - Prima lavoravo al 3° sporgente e denunciai
la presenza di
amianto. L'azienda non la prese bene e mi trasferì in
stabilimento al
reparto dove più intensa era la nocività nonostante la
mia patologia,
documentata da tac facciale.
Andavo spesso in infermeria e chiesi di essere
spostato, ma l'azienda mi
chiese ulteriore documentazione. Feci un'altra perizia
e per risposta dopo
due mesi mi hanno convocato a Bari, dove mi hanno
fatto tutte le analisi
tranne quelle specifiche della mia patologia. E infine
la conclusione è
stata che ero in piena salute. Dunque anche a Bari
sono collusi.
Solo consigliavano una nuova tac facciale. L'esito è
stato che la situazione
era molto peggiore che nel 2010. Occorreva un consulto
chirurgico d'urgenza.
Qui documentano che l'aggravamento è dovuto
dall'esposizione al polverino e
si consiglia l'immediato trasferimento al porto,
perchè solo lo iodio può
farmi respirare, l'alternativa è cortisone a vita.
Sono tornato a parlare con l'azienda con un delegato,
questo non ha detto un
parola per un'ora, e ancora lavoro allo stesso
reparto. Quando l'altro
giorno durante la mensa è venuto il delegato io l'ho
attaccato davanti a
tutti gli operai presenti, che mi hanno applaudito in
massa; il delegato
dopo mi ha preso da parte e mi ha detto che quelle
parole avrei dovute
dirgliele al massimo direttamente, altrimenti così io
gli facevo perdere gli
iscritti.
Altri operai dell'Ilva e dell'appalto sono intervenuti
per ricordare fasi,
episodi (un operaio ha ricordato anche la Palazzina
Laf, la prima terribile
collettiva situazione di mobbing) che tutti dimostrano
l'azione costante di
aperta collaborazione dei sindacati confederali con
l'azienda e contro la
tutela dei lavoratori.
A questo punto si è passati ad analizzare il decreto
Ilva - SEGUIRA'
RESOCONTO
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