La giornata nazionale di lotta del 6 giugno è stata l’effettiva data di nascita del Patto d’azione. Ed è nato nelle piazze con il lockdown operante per affermare l’unità di classe nel fronte di lotta contro il capitale e il suo governo. E’ stato il frutto di lotte già cominciate in piena pandemia, di proposte operanti già nei mesi precedenti e di un dibattito che ha partorito una piattaforma nazionale in 12 punti che sommariamente raccoglievano le indicazioni delle lotte e che indicavano le battaglie da fare, fondandole sul protagonismo di operai e lavoratori. Il Patto nasce ed è contro la logica di un raggruppamento burocratico intersindacale che da sempre ha costituito più un freno e una palude che l’affermazione dell’unità di classe attraverso le lotte. Una piattaforma che si è fatto carico di questioni importanti come la lotta contro i decreti sicurezza, la lotta contro la repressione, la lotta contro spese militari e interventi imperialisti, la battaglia dei migranti e che afferma netta e chiaro: “non vogliamo pagare la crisi dei padroni”, attraverso anche la netta affermazione di difficile realizzazione, ma di necessaria battaglia, per una patrimoniale che colpisca padroni, banche e grandi ricchezze e metta questi soldi a disposizione, come tutti gli altri soldi di provenienza europea, comunque denominate ,per la difesa del salario, del reddito ai senza reddito e soprattutto delle grandi necessità poste dall’emergenza sanitaria.
Noi non siamo contenti di come sono andate le cose dopo il 6 giugno.
All’interno del Patto, troppe chiacchiere, in particolare dei gruppi e poca intensità, organizzazione per rendere il passaggio del Patto d’azione una forza materiale e una battaglia determinata e prolungata.
Alcune lotte hanno avuto un sostegno generale – vedi la Tnt – tante altre altrettanto importanti, invece, se la sono dovuto cavare da sole. Il settarismo egemonista comunque è presente nel Patto e va criticato e combattuto.
I piani del governo annunciati e avviati non hanno ricevuto la risposta che si meritavano; né la lotta contro la repressione ha visto una mobilitazione nazionale congiunta che ponesse il Patto d’azione come referente di questa battaglia.
La necessaria proposta di un’assemblea dei delegati, divenuta poi dei lavoratori combattivi è decollata a fatica, e troppa “corte” viene fatta a delegati dell’opposizione Cgil, rispetto a quello che hanno prodotto in termini di lotta reale in prima persona nelle fabbriche e posti di lavoro.
Ma si sa, la marcia è complessa e ognuno deve fare la sua parte.
Quello che è sicuro che non ci sono “padri fondatori” e padroni del Patto e volenterosi “ruote di scorta”; né teste politiche impegnate a raccontarci l’ala e la fava e compagni a seguire. Come non ci piace la questione della piattaforma che ora viene “accennata” invece che intensamente assunta e praticata. Alcune battaglie peraltro vanno considerate che sono solo cominciate e anche se in alcune realtà sono già intense, a livello nazionale siamo ancora agli inizi.
La prima questione è il salario e i soldi per gli operai in cigs, per i lavoratori a basso reddito o senza reddito.
Se non si mette in prima linea questa battaglia non si raccolgono le esigenze e condizioni delle masse. Le decine di migliaia di cassintegrati devono avere un’indennità pari al 100% e questo domanda assedi, blocchi per strappare realmente risultati. Così come, evidentemente, le condizioni dei senza reddito, se non si affrontano non ci permette di mobilitare questa parte dell’esercito proletario, non solo a Napoli, non solo al Sud ma in tutt’Italia.
L’altra questione è evidentemente la guerra che si sta combattendo in diversi posti di lavoro che è fa da base di chi nel Patto ci sta perché è parte delle lotte proletarie così come il Patto deve invadere il campo delle fabbriche a rischio chiusura che non vanno lasciate alla gestione disastrosa dei confederali e ne alla presuntuosa autosufficienza dei delegati interni che finiscono di legare tutta la lotta agli incontri con il governo all’immagine mediatica ecc.
Il fronte della sanità, dellea scuola, dei lavoratori precari di ogni tipo ha bisogno di rivendicazioni generali per potere cambiare realmente le cose, in particolare l’assunzione di massa nella sanità, nella scuola, la rimessa al lavoro con contratti a tempo indeterminati nei settori colpiti dalla crisi covid.
Queste situazioni costituiscono l’emergenza nel nostro campo che deve permetterci di costruire la forza per lla battaglia a riduzione dell’orario di lavoro a parità di paga.
Sugli altri terreni. La questione dei migranti: vanno innanzitutto appoggiate e sostenute le proteste in corso e le realtà che stanno conducendo una battaglia di prima fila là dove i migranti stanno arrivando, là dove sono rinchiusi e vessati, oltre che naturalmente la lotta dei braccianti.
Il punto, quindi, non è: ognuno fa da sé e poi c’è l’assemblea di fine settembre, ma il ruolo di queste lotte, di queste battaglie, l’affermazione della piattaforma per fare davvero un’assemblea nazionale a fine settembre che serva a cambiare le cose e i rapporti di forza; e non a partorire l’inutile sciopero generale secondo una logica, che sarebbe inutile oggi come lo è stato nei scorsi mesi prima della pandemia. Per essere chiari, alle realtà del Patto non può interessare l’appello che circola in internet da parte di alcuni organismi.
Si parla infine di lotte internazionali, ed è bene che se ne parli, ma per favore prendiamone esempio per rinnovare realmente e radicalmente nei contenuti e forme di lotte necessari allo sviluppo della lotta di classe, della guerra di classe, del fronte unito proletario e popolare contro il capitale e i suoi governi.
Slaicobas per il sindacato di classe/ Coord Naz.
3 agosto 2020
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