martedì 14 marzo 2023

14 marzo - Formazione marxista. Venerdi' 17/3 Seconda Lezione tenuta dal Prof. Di Marco: "Il processo di produzione e riproduzione del Capitale", partecipare/intervenire

 

Invitiamo a rileggere o risentire la prima Lezione marxista tenutasi il 6 febbraio


https://drive.google.com/file/d/1srNzHGTFus-BVRj60Q4vDPAe5J01uYk5/view?usp=share_link

La "lezione" del prof. Di Marco

Stasera dobbiamo cominciare questo ciclo di lavoro impegnativo, quindi un poco dobbiamo lavorare, io cercherò di essere il più chiaro possibile, chiaro però non può significare semplice, sono due cose diverse, perché la materia è complessa, è una scienza e quindi è complessa e la scienza si studia.

Noi decidemmo su questo nuovo corso tra l’assemblea di Roma e una riunione che facemmo in rete. Altri anni abbiamo fatto degli incontri di questo genere però venivano dedicati allo studio di un testo di Marx, di Engels o di Lenin. Quest'anno invece facciamo una cosa diversa, cioè non facciamo un ciclo di lavoro su un solo testo, un solo libro di Marx o di Engels o di Lenin, ma facciamo un discorso a tema, cerchiamo di isolare un problema, un tema.

Cominciamo dal lavoro di critica di Marx alla scienza dell'economia politica. Marx ha passato gran

parte della sua vita a fare questa critica a questa scienza importantissima. Noi prenderemo quello che ci serve da tutte le cose che Marx ha scritto di critica dell'economia politica, che veramente ci sta un po’ dappertutto. Marx ha fatto delle scoperte fondamentali proprio in questo campo della critica dell'economia politica che poi hanno un valore universale. La critica di Marx fa parte del campo della vita sociale, perché di questo si occupa l'economia politica; queste scoperte sulla società sono state paragonate alle scoperte che per esempio fece il grande biologo naturalista Carlo Darwin nel campo della vita organica o Galileo o Einstein nel campo della natura, e non a caso io ho citato questi nomi perché vedremo che Marx prende molto anche da questi… Marx ha scritto tante cose da cui prenderemo quello che serve per il nostro discorso. Cose, la maggioranza delle quali non le ha pubblicate. Il suo amico Engels (che qui si arrabbiava) entrava nel suo studio, trovava già tutta la roba pronta, ma Marx non la voleva pubblicare perché aspettava sempre qualche nuovo fatto nella vita sociale che gli facesse verificare l’esattezza di quelle tesi. Engels è un grandissimo compagno, aveva la capacità di anticipare Marx e anche, dopo, di esplicitare con molta chiarezza la complessità di quello che aveva detto.

E allora comincio con il dire che Marx a 26 anni scrisse a Parigi, dopo essere andato via dalla Germania, tre quaderni dedicati all’economia politica in cui trattava, in uno del salario, del capitale, dell’interesse, del profitto del capitale e della rendita fondiaria, in un altro della proprietà privata e in un altro di proprietà privata e comunismo. Questi tre testi, questi manoscritti furono pubblicati solamente nel 1932 e vengono conosciuti come manoscritti economici-filosofici del 1844.

Poi scoppiarono i moti del 1848, quindi, e siamo nel 1849, lui ed Engels fondarono una rivista, la Nuova Gazzetta Renana dove Marx scrisse una serie di editoriali che erano presi da conferenze che tenne agli operai sul rapporto tra lavoro salariato e capitale e lo trovate in un volumetto agile, Lavoro salariato e capitale, per esempio, un volumetto che nel corso di formazione di quest'anno io vi suggerirei di leggere. In queste conferenze che tenne agli operai spiega il lavoro salariato, il capitale, anche se non aveva fatto ancora le scoperte fondamentali che poi fece.

Quando poi andò in esilio a Londra studiò a fondo il denaro. Vi stette 10 anni (nel frattempo aveva cominciato ad ammalarsi) a lavorare per chiarire l’enigma del denaro, perché qui dobbiamo parlare dei soldi, insomma, ma per arrivare poi alla merce, al capitale.

Nell'agosto del 1857 scoppiò una grande crisi monetaria capitalistica, e Marx disse: ecco l’occasione, e quella fu la stura per pubblicare sette quaderni tra il 1857, lo scoppio della crisi, e il 1858: 7 quadernoni dove fece lo schizzo della sua critica nell'economia politica, non pubblicati: si chiamano Lineamenti fondamentali della critica dell'economia politica, vengono conosciuti con il nome tedesco Grundrisse. Poi cominciò il lungo studio su quella che è l'economia politica.

Marx aveva fatto un grande progetto per lo schema dell'economia politica, si trattava dei seguenti argomenti: il primo, il capitale, il secondo, la rendita fondiaria, il terzo argomento, il salario.

I primi due sono i padroni… il salario sono sempre i padroni che acchiappano gli operai e li sfruttano… Quindi capitale, rendita fondiaria e salario. E sono, diceva Marx, le tre parti della società civile: capitalisti, proprietari fondiari (i proprietari della terra) e lavoratori salariati.

Questi erano già stati scoperti dall'economia politica. Marx non aveva scoperto le classi e la lotta di classe, perché questi erano già stati scoperti dagli economisti politici… “io ho scoperto un'altra cosa”, dice Marx.

Poi, dopo capitale, rendita fondiaria, salario, abbiamo altre tre parti: stato, commercio estero, mercato mondiale, e poi le crisi. Quindi sei parti, queste erano le sezioni.

Dopodiché si doveva finanziare il progetto, ma c’erano difficoltà (c’entrava pure il fatto che era malato, il fatto che non aveva soldi, a un certo punto i figli che gli morivano… poi ricevette una piccola eredità dopo la morte della madre e allora il progetto si finanziò)

Sotto pressione dell’editore nel 1859 pubblicò una prima parte. Poi doveva cominciare questa primissima parte di questa cosa galattica, il Capitale, e cioè due capitoli dedicati alla merce e al denaro. I Grundrisse cominciano col denaro per arrivare alla merce, però poi Marx capì che nell'esposizione per farsi capire, bisognava parlare prima della merce e poi del denaro; partire dalla cosa più complessa per poi spezzettarla e vai in cosa semplice.

Scrisse questi due primi capitoli, la merce e il denaro; li diede all’editore perché aveva bisogno di soldi, dopo si fermò. Però, disse poi che gli operai li avevano letti e li avevano capiti.

Nei primi anni del 1860 cominciò finalmente a schizzare tutte le altre parti, cioè capitale, rendita fondiaria, salario, stato, commercio estero e mercato mondiale. Però a questo punto capì che doveva trovare un punto che legasse tutte queste cose e capì che se riconduceva tutto al concetto di Capitale, capivi meglio: il capitale, ist, è, der inbegriff, significa la quintessenza della cosa, perché raccoglie.

E allora che cosa cominciò a fare? Cominciò innanzi tutto a scrivere una storia dell'economia politica, Dopodiché che cosa fa? “Acchiappa” questo capitale e vede che è fatto prima di tutto di profitto. Il profitto, fatto dagli operai naturalmente, col sudore degli operai, i signori padroni se lo spartiscono tra profitto vero e proprio del capitalista industriale, interesse del banchiere, e rendita fondiaria, cioè del proprietario fondiario, cioè del proprietario terriero che può essere anche il proprietario delle miniere, il proprietario degli immobili (per esempio, il signor Mittal ha tutte le cose praticamente: la parte di profitto dell'industriale, quella del proprietario fondiario, banche non sappiamo). Quindi qui c'è la spartizione tra queste classi che, dice Marx, sono fratelli nemici, che però quando si devono spartire il bottino si comportano come una vera massoneria verso gli operai.

Quindi Marx cominciò a vedere proprio come si spezzettava il profitto. Dopo cominciò a poco a poco a vedere che cosa è il processo di produzione, cioè dove veniva prodotto e chi lo produceva, e poi la circolazione del capitale, perché nella società capitalistica i prodotti vengono prodotti non per mangiarseli da parte di chi li produce ma per scambiarli, cosa che non succedeva in altre società, e, quindi, la circolazione.


Nel 1867scoppia un'altra crisi economica, un’altra crisi commerciale, e Marx pubblicò finalmente un'altra opera che parlava del processo capitalistico di produzione, intitolata Il capitale, critica dell'economia politica, ecco il ‘Capitale’, ma per quanto riguarda il processo capitalistico di produzione.

Poi dopo si mise a lavorare alla circolazione, cioè il prodotto, le merci, devono essere vendute, e allora cominciò a studiare la circolazione (per farvi capire: la logistica, il magazzino dove la merce staziona prima di essere venduta).

Nel 1871 ci fu la Comune di Parigi, cioè gli operai si impadronirono per un momento del potere, e questa cosa naturalmente cambiò tantissimo l'organizzazione della Internazionale per cui Marx ed Engels avevano avviato i lavori. Dopo la Guerra franco-prussiana e dopo la sconfitta della Comune di Parigi il centro del movimento operaio, delle lotte operaie si trasferì dalla Francia alla Germania dove nel 1889 si arrivò alla Fondazione della Seconda Internazionale.

Marx, vuoi per motivi di salute, vuoi perché anche quel genio aveva già scritto queste cose in appunti, non poté chiudere per la pubblicazione i suoi scritti, proprio perché aspettava sempre qualche crisi che gli confermasse le sue ipotesi.

Poi nel 1883 morì, e allora Engels che cosa fece? Engels pensò bene di pubblicare queste parti non pubblicate. Pubblicò la parte sulla circolazione e lo fece diventare il secondo libro del capitale, intitolato Il processo capitalistico di circolazione. In verità Marx gli aveva detto di fare così prima di morire, ne avevano parlato. La terza parte, la spartizione del profitto tra i vari capitalisti, per cui Marx aveva lavorato al contrario di quello che uscì fuori, perché aveva studiato tutta la spartizione del profitto, poi s’era guardato la produzione, poi si era guardata la circolazione, cioè era partito dal più complicato per arrivare alle parti… proprio come un biologo che piglia un animale e prima lo guarda tutto intero, poi lo comincia ad anatomizzare, a spezzettare nelle sue parti, e poi ha di nuovo l’intero (così vi ho spiegato la tecnica di esposizione scientifica che si chiama dialettica, dialettica è proprio questo modo di procedere: c'è prima l'intero, come si dice tecnicamente, una intuizione immediata, poi lo spezzo, ecco la analisi, poi hai una nuova sintesi che ti ridà il precedente, però dopo che ci sei passato di mezzo).

All'inizio hai tutto l'organismo, la posizione, dopodiché, spezzetti, analizzi, e quindi queste parti sono diverse, se sono diverse stanno in opposizione: il braccio è il contrario della gamba, cioè quindi hai opposizione e poi li ricomponi, insieme, e hai composizione, ora nella lingua greca antica posizione si dice thesis, opposizione si dice anche antithesis, composizione thesis syn [sintesi], movimento dialettico scoperto da un maestro di Marx, il filosofo Hegel, il quale aprì la connessione di tutte le cose attraverso la lotta dei contrari, e lui diceva che questa è una cosa che troviamo sia nella natura esterna a noi sia nella società, cioè troviamo questa lotta e questa opposizione/composizione.

Infatti Marx prima di morire fu intervistato da un giornalista americano che gli chiese che cos'è veramente, l'essere? E Marx rispose: la lotta, perché questo è il movimento.

Questo metodo l'aveva anche intuito, anche se non sapeva quello che faceva, Darwin, che aveva studiato il mondo organico e aveva scoperto di fatto questa legge, però lui siccome, dice Marx, era un borghese influenzato dal mercato inglese parlava del “caso”: avviene per caso, invece c'è una legge interna, e Marx la scoprì per la società ma vediamo che funziona anche per tutta la natura.


Adesso noi dobbiamo estrarre da tutto queste cose che ho detto quello che ci serve per proseguire a poco a poco per penetrare tutta questa storia: capitale, rendita fondiaria, lavoro salariato, stato, commercio estero, mercato mondiale, tenendo presente che la quintessenza è ricondurlo al movimento del capitale.

Allora adesso cerchiamo di fare ancora un passo avanti.

Prima, però, devo dire una cosa che mi ero scordato, quella di citare due opere più importanti per Marx: una uscì negli anni 1843-44 e si chiamava Lineamenti di critica dell'economia politica - solamente però che era Marx che non era Marx, aveva una maschera e si chiamava Federico di cognome Engels… Senza questa opera Marx non si sarebbe messo a lavorare, Engels lo anticipava, preparava il lavoro. Poi un'altra opera economica sempre di Engels: La situazione della classe operaia in Inghilterra, una pietra miliare su cui Marx costruisce la sua opera. Nel libro primo del capitale, il processo capitalistico di produzione, nel capitolo ottavo sulla giornata lavorativa, che è il cuore di tutto il problema, Marx si rifà esplicitamente a “La situazione della classe operaia in Inghilterra” di Engels, che nel suo geniale scritto ci presenta il campione per la lotta della giornata lavorativa normale, la classe operaia inglese.

Però, tutti i geni fanno così, cioè partono dal lavoro già preparato qui da altri, infatti Engels diceva di Marx: lui è un genio noi siamo dei talenti, Se dovessi dire qual è la cosa più importante da cui cominciare un percorso nel marxismo bisogna cominciare da La situazione della classe operaia in Inghilterra.


Ora vediamo finalmente di capire che cosa significa critica dell'economia politica, in che cosa consiste. Questo è molto importante perché non capiamo tutte le categorie fondamentali: merce, denaro, capitale, rendita fondiaria se non capiamo il metodo, cioè il modo di procedere. Quindi stasera stiamo lavorando soprattutto sul modo di procedere. Allora, che significa critica dell'economia politica? Cerchiamo di capire innanzitutto che cos’è l'economia politica, che cosa ha fatto questa scienza. Dice Marx che l’economia politica è la scienza che fa l'anatomia della società borghese, il secondo momento, l’antithesis, l'anatomia, è come se mettesse il corpo, l'organismo sul tavolo, e l’analizza. Quindi, l'economia politica è un'anatomia, è una scienza che ha il suo parallelo per quanto riguarda la natura con l'anatomia, cioè l'economista politico fa l’anatomia, di che cosa lo fa? della società borghese. E già mi potete domandare una cosa, ma perché è esistita solo la società borghese? non sono esistite altre società? Sì, ma non c’era l’economia politica, la scienza che nasce con la moderna società borghese.

L’economia politica si occupa di definire che cosa è la ricchezza. Questo è l’oggetto dell’economia politica, e in questo senso è una scienza moderna. E voi mi risponderete: e perché nell’antichità, nel medioevo, non c’erano ricchi e poveri, non c’era la ricchezza? Risposta: sì e no! C’era, ma era un’altra cosa, la ricchezza moderna si presenta così: ciascuno l’ha nella propria tasca come denaro. Ecco perché l’economia politica la dobbiamo cominciare dal denaro, perché questa è la forma specifica della ricchezza moderna; la ricchezza antica era un’altra cosa, probabilmente non si chiamava neanche ricchezza, perché dice Marx nei Grundrisse: “Presso gli antichi non troviamo mai un’indagine su quale forma di proprietà fondiaria [perché la proprietà era fondiaria chiaramente, non c’erano industrie evidentemente] crei la ricchezza più produttiva, maggiore. La ricchezza non appare come scopo della produzione… L’indagine è sempre volta a stabilire quale forma di proprietà crei i migliori cittadini”. Quindi il problema degli antichi non era quale era la forma ottimale di produzione, ma quale produzione crea i migliori cittadini, perché gli antichi avevano il problema di formare i migliori cittadini (i migliori in greco di dice gli aristoi, aristocratici), i migliori cittadini in senso spirituale.

Ma perché, voi dite, quelli non faticavano? Lavoravano gli schiavi! I quali venivano chiamati così, instrumentarium vocale, strumenti di produzione vocale, mentre gli animali erano instrumentarium semivocale, strumenti di produzione semivocale; e lo schiavo non è cittadino, stava al di sotto e quindi la democrazia era la democrazia di chi? Di questi cittadini che erano medi proprietari fondiari, non grandi proprietari fondiari, non latifondisti, medi, il ceto medio. Un grande grande teorico, poeta, governatore, dell'antichità - si chiamava Solone - aveva fatto la divisione delle terre e le aveva distribuite equamente tra questi cittadini medi che potevano poi grazie anche a questa proprietà terriera armarsi da sé e fare l'esercito per creare la base dell’esercito per proteggere i cittadini che si armavano da sé e questa era la democrazia antica, cioè la democrazia di questi proprietari medi, difatti Solone aveva messo dei cippi nelle terre che segnavano le varie proprietà. Quindi voi vedete che qui la ricchezza non è il problema, il problema è dei migliori cittadini, cioè la ricchezza non è lo scopo della produzione ma lo scopo della produzione è formare i migliori cittadini.

Invece che cosa succede nel mondo moderno? Proprio il contrario e cioè che lo scopo della produzione è la ricchezza come tale, ecco il famoso plusvalore e profitto, cioè la ricchezza diventa il fine.

Continua Marx, “Perciò l'antica concezione del mondo secondo cui l’uomo, quale che sia la sua limitata determinazione nazionale, religiosa, politica, è sempre lo scopo della produzione, sembra molto elevata nei confronti del mondo moderno, in cui la produzione si presenta come scopo dell'uomo e la ricchezza come scopo della produzione”.

Sembra che la concezione antica per cui l'uomo è lo scopo della produzione sia più elevata della concezione moderna per cui invece la produzione è lo scopo dell'uomo e la ricchezza lo scopo della produzione e sotto c'è lo sfruttamento, ma dovevano arrivare i moderni per capire che c’è lo sfruttamento, per gli antichi no, perché agli antichi appariva naturale questo, appariva l'ordine della natura.

Ecco perché l’economia politica può nascere solo nel mondo moderno, dove non più l'uomo è lo scopo della produzione, ma la produzione è lo scopo dell’uomo, e la ricchezza lo scopo della produzione…

Allora, a che dobbiamo arrivare per andare verso il socialismo? Devi arrivare di nuovo alla produzione che ha l'uomo come scopo della produzione, però non ci puoi arrivare sul presupposto degli antichi se no chiedi la schiavitù, ci devi arrivare passando attraverso tutto quello che ha prodotto la merda moderna.

Tanti della “compagneria” pensano di superare il capitalismo tornando a chissà quale mondo ideale che non è mai esistito, il piccolo produttore, no. Devi invece fare questo passaggio per arrivare a ritrovare l’uomo, questo è il punto. Perciò il marxismo ha polemizzato con l’anarchismo.

Il nostro problema è capire questo paradosso, che non è un paradosso, cioè questo passare attraverso il negativo per arrivare di nuovo al mondo in cui l'uomo è come scopo della produzione; ma passando attraverso questo, perché? perché grazie a questa robaccia però hai il mercato mondiale, la grande industria, il cellulare, ecc., tutto quello su cui puoi costruire un socialismo razionale.


Una corrente di economisti politici che si chiamavano monetaristi, e stavano intorno al sedicesimo, diciassettesimo secolo, cioè dopo che era stata scoperta l’America, e dopo che erano venute fuori delle miniere d'oro, i bisogni erano aumentati, da qui l'esigenza di commerci, serviva un mezzo di pagamento, quindi l’oro serviva per il denaro, allora i monetaristi rispondevano: la ricchezza consiste nell’oro, nella moneta, nel metallo, in questo metallo d’oro. Qual’è il limite di questa teoria? E’ che capisci che l'uomo è al servizio della cosa, non come nell’antichità, la cosa al servizio dell’uomo. Una altra corrente di economisti che si chiamava mercantilisti, rispondevano che la ricchezza non è nell'oro ma nel commercio, e questo un po’ è rimasto del nostro vocabolario, il potente è il commerciante che fa i soldi. Dice Marx, qui osservate dove si è spostata la definizione? dall'oggetto, la ricchezza, di nuovo al soggetto, al commercio, all'attività, e questo rappresenta un grande progresso nella scienza economica, perché adesso l'abbiamo resa più universale. Vedete, dice Marx nei Grundrisse, nei Lineamenti, la tendenza a creare il mercato mondiale è data immediatamente nel concetto stesso di capitale, e la globalizzazione è l'estrema conseguenza di questo.

Però non è solo il commercio, abbiamo fatto un progresso, perché commercio è più universale dell'oro, perché commerciare significa denaro, merce, la merce è segno della prosperità, dice Marx: nei momenti di prosperità risuona il grido “solo la merce è denaro”, cioè il ricco che tiene la merce e che commercia, è il momento della prima colonizzazione, le Indie orientali, l’Olanda; invece nei momenti di crisi solo il denaro diventa importante. I monetaristi capiscono la banca, il commerciante capisce lo scambio.

Ma c’è un però, anche questo è unilaterale, perché sì, commerci, ma la merce che commerci chi la produce? mica scende dal cielo? ci sta qualcuno che la deve produrre. Dietro la merce chi ci sta?

E arriva un'altra grande corrente, adesso siamo nel ‘700, adesso arriva gente tosta, in gamba, arriva una corrente che si chiama i fisiocratici, chi sono? C'è un grande esponente, si chiama François Quesnay, francese, e che scrisse un'opera che si chiama Tableau économique, tavola economica; si tratta di grandissimi economisti che stanno dietro la rivoluzione francese. Che fanno questi? Si presentavano in veste di economisti feudali, difendevano la terra, ma dietro queste facce, dietro queste insegne, questi si presentano vestiti con vestiti medievali, invece sotto sotto dicevano una cosa modernissima, questi dicono: la vera ricchezza è la terra, la fonte della ricchezza è il lavoro agricolo, comincia a venire fuori il lavoro, il lavoro agricolo. Perché con i prodotti della terra tu crei i mezzi di sussistenza per mangiare e con i prodotti e i boschi delle miniere tu crei i mezzi di produzione per lavorare, quindi vedete che la terra e il lavoro agricolo sono la fonte della ricchezza. E qua Marx dice: questo è un grande progresso, rispetto ai monetaristi e ai mercantilisti abbiamo fatto un'enorme progresso, perché siamo arrivati a una cosa che è veramente universale, cioè senza il lavoro agricolo e senza il lavoro nelle miniere eccetera, potresti avere mezzi di produzione e mezzi di sussistenza? Vedete già qua il capitale costante e il capitale variabile, mezzi di produzione e mezzi di sussistenza; avete in nuce il salario e avete in nuce il capitale.

François Quesnay era un medico e perché si occupava di queste cose? perché concepiva la società come un grande organismo a guisa del sistema circolatorio. in questo tableau aveva diviso tutta la società in tre classi: sopra c’erano i proprietari fondiari, i proprietari della terra, però non solo come proprietari terrieri veri e propri, la chiesa era anche proprietaria della terra, ma anche il re e l’apparato burocratico, lo stato assoluto, i funzionari, cioè tutti quelli che campano di rendita, e allora facciamo che questi guadagnano 2000 franchi, come rendita fondiaria prodotta dai fittavoli, il contadino che aveva preso in affitto la terra e teneva poi gli operai a lavorare; poi c’era la terza classe, la chiamavano le classi sterili, cioè gli artigiani, i lavoratori, gli operai industriali che producevano i mezzi di produzione. Quindi in questo triangolo i mezzi di produzione andavano a chi lavorava la terra, i mezzi di sussistenza andavano sopra.


A questo punto che cosa ha scoperto questo Quesnay? Che la terra è commerciabile, e la Rivoluzione francese nacque su questo presupposto, cioè la divisione delle terre feudali e la possibilità di vendere la terra. Non è come vi hanno insegnato a scuola che a un certo punto la Rivoluzione francese scoppia. Che cosa significa? Scende dal cielo? Si prepara! Significa che già sotto Luigi XVI ormai stava avvenendo il cambiamento. Lenin scrive un passo bellissimo sul fallimento della II Internazionale quando dice: “una rivoluzione perché scoppia”? non solamente perché ci sta chi è sfruttato e non vuole più essere sfruttato, ma anche perchè lo sfruttatore non può più tenere i vecchi rapporti…”.

Marx è bravissimo a capire l’importanza di questi che cominciano a scoprire il plusvalore. E come lo scoprivano? Lo diceva un grande fisiocratico italiano, Ferdinando Paoletti: “guardate la superiorità del lavoratore agricolo: mettiamo un piatto di piselli in mano a un cuoco che prende questi piselli e ti fa un piatto squisito, mettetelo in mano a un agricoltore e ne fa uscire un quintale” … ecco il lavoro agricolo che produce.

Però c’era ancora l’unilateralità e adesso arriviamo al punto culminante dell’economia politica, adesso può arrivare dal mondo esterno, dall’industriale, il primo principe dell’economia politica, il più grande Adam Smith, autore di un libro, guarda caso: La ricchezza delle nazioni.

Quindi, la ricchezza prima era oro, poi diventa commercio, grande progresso, poi diventa la terra, grande progresso, poi arriva Smith e dice, un momento, la ricchezza è il prodotto del lavoro umano. Vedete, c’era arrivata l’economia borghese, però senza i fisiocratici non ci poteva arrivare. Marx dice che è un enorme progresso. Abbiamo capito questo punto, diceva Marx, che significa che la ricchezza è lavoro umano? Qualunque lavoro: agricolo, industriale, terziario, immateriale, materiale, fordista postfordista… qualunque lavoro è inteso come dispendio di muscoli, nervi, cervello. Cioè Adam Smith scoprì il principio della ricchezza in tutte le epoche. Abbiamo una cosa più importante disse Marx: chi può negare che il lavoro è dispendio di muscoli, nervi, cervello, qualsiasi tipo di lavoro? Così però hai scoperto l’acqua calda, così è fin dall’inizio. Ma, dice Marx, proviamo ad andare in America nella terra del capitalismo più sviluppato, (detto ai tempi suoi… 1857!), vediamo che le persone passano indifferentemente da un lavoro all’altro, data la flessibilità e la precarietà, senza curarsi di quale lavoro fanno; è indifferente alla totalità dei lavori; allora, dice Marx, vedete come questa affermazione di Adam Smith così apparentemente ovvia nell’America diventa praticamente vera, cioè il lavoro senz’altro, senza attributi, passare da un lavoro all’altro quale che sia, questa cosa così astratta diventa invece concreta, determinata, diventa, dice Marx, praticamente vera, cioè una cosa così astratta nelle condizioni moderne diventa praticamente vera.

E qua arriva l’economia politica, dove sta però il problema: che l’economia politica rimane a questo punto, cioè, stabilito che la ricchezza è lavoro, come mai dice Marx, ma prima di Marx lo avevano detto altri, il lavoratore, cioè colui che lavora e passa da un lavoro all’altro più produce ricchezza e più si impoverisce? A questo l’economia politica non aveva dato risposta.

E allora, a questo punto cominciarono ad apparire in Inghilterra tutta una serie di persone che si chiamavano riformatori sociali, i quali prima di Marx si cominciarono a domandare tutto questo, cioè, come mai la massima ricchezza produce la massima miseria, come mai proprio in Inghilterra, in quello dove producevano la massima ricchezza commercianti, produttori, c’era la massima miseria.

Questo è tutto il problema che l’economia capisce, ed è la grandezza di questi economisti. Adam Smith, e poi più tardi un altro, David Ricardo, erano economisti cinici, dice Marx cinici, ma che dicevano la verità, perché dicevano bene produce la miseria. E allora? Questo è il modo di produrre ricchezza… senza riguardi, l’economia politica stessa ci dimostra con le sue armi che la produzione di massima ricchezza è produzione di massima miseria, sentite questo pezzo dei manoscritti del 1844: “ma poiché secondo Smith non è una società felice quella in cui la maggioranza soffre e poiché lo stato di massima ricchezza della società conduce a questa sofferenza della maggioranza ed è l’economia politica che conduce a questo stadio di massima ricchezza, il fine dell’economia politica è dunque, dice, l’infelicità della società.”

Cioè, la scienza della felicità produce l’infelicità. Ecco la dialettica, questo dovete imparare, senza giudizi moralistici, che vanno bene per “compagnucci dello spritz”. No, questa è la scienza e allora noi dobbiamo fare uscire la soluzione da questa contraddizione se no non ne usciamo, la prassi sta dentro la teoria, dobbiamo guardare senza riguardi a questa antitesi, perché non è un’antitesi fatta perché Adamo ed Eva hanno mangiato la mela, ma perché è la struttura stessa della società che comincia a produrre ricchezza, per poi arrivare ad un altro punto, ma vedete questo è il punto, cioè più produci ricchezza più produci miseria. Allora, se più produci ricchezza più produci miseria, allora questo mondo antico stava meglio, posto che lo schiavo non esiste..., allora lì doveva essere una società migliore di questa, perché questa società ci appare vuota. Ma dice Marx: “Ma in fact, una volta cancellata la limitata forma borghese, che cos’è la ricchezza se non l’universalità dei bisogni, delle capacità, dei godimenti, delle forze produttive ecc. degli individui creata nello scambio universale? Che cosa è se non il pieno sviluppo del dominio dell’uomo sulle forze della natura, sia su quelle della cosiddetta natura, sia su quelle della propria natura? Che cosa è se non l’estrinsecazione assoluta delle sue doti creative, senza altro presupposto che il precedente sviluppo storico, che rende fine a se stessa questa totalità dello sviluppo, cioè dello sviluppo di tutte le forze umani come tali, non misurate su di un metro già dato? Nella quale l’uomo non si riproduce in una dimensione determinata, ma produce la propria totalità? Dove non cerca di rimanere qualcosa di divenuto, ma è nel movimento assoluto del divenire? Nell’economia politica borghese - e nella fase storica di produzione cui essa corrisponde - questa completa estrinsecazione della natura interna dell’uomo si presenta come un completo svuotamento, questa universale oggettivazione come alienazione totale, e l’eliminazione di tutti gli scopi determinati unilaterali come sacrificio dello scopo autonomo a uno scopo completamente esteriore. Perciò da un lato l’infantile mondo antico si presenta come qualcosa di più elevato; dall’altro lato esso lo è in tutto ciò in cui si cerca di ritrovare un’immagine, una forma compiuta e una delimitazione oggettiva. Esso però è soddisfazione da un punto di vista limitato; mentre il mondo moderno lascia insoddisfatti, o, dove esso appare soddisfatto di se stesso, è volgare”.

Cosa vuol dire: è vero, ci dice Marx, nell’antichità l’uomo era lo scopo della produzione, nella modernità la produzione è lo scopo dell’uomo e la ricchezza lo scopo della produzione e allora a noi il mondo antico si presenta come elevato, mentre quello moderno ci si presenta vuoto … e ci svuota … è vero, dice Marx; però una volta che hai cancellato la forma borghese non è sbagliato dire che la produzione è lo scopo dell’uomo, quindi la ricchezza è lo scopo, basta solo capire che vogliamo intendere per ricchezza, se per ricchezza intendi quella borghese, quella fa schifo, ma se ricchezza significa la piena estrinsecazione dell’uomo, delle sue facoltà creative, fine a se stesso, cioè io lavoro pure, ma non è che devo lavorare per essere sfruttato, lo faccio perché quello mi realizza e quindi sono io che voglio rinunciare al riposo ma perché lo voglio fare, posso, dice Marx, compiere l’attività più maledettamente faticosa che c’è ma perché lo decido io. Allora questo significa nel senso più autentico che la produzione è lo scopo dell’uomo, perché questa volta la produzione diventa produzione dell’uomo stesso.

Però vedete che lo potete fare solo sulla base del mondo moderno, devi passare attraverso tutto questo perché il capitalismo ha creato le condizioni per andare avanti.

Vedete come la prassi sta nella scienza, quindi non vi sto dicendo niente di moralistico, non vi sto dicendo il sesto comandamento, sto dicendo semplicemente che la realtà ti porta necessariamente là perché attraverso questa alienazione abbiamo creato queste condizioni. Si tratta, dice Marx, di prenderne coscienza, ma la condizione c’è ed è questa, ecco la critica dell’economia politica.


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