sabato 22 giugno 2024

22 giugno - Acciaierie Italia/ex Ilva Taranto: NO alla cassintegrazione e ai licenziamenti!

 

Acciaierie Italia ha annunciato una nuova cassa integrazione per 5200 lavoratori di cui ben 4400 a Taranto.

È da settimane che si sapeva che Acciaierie d’Italia e i suoi Commissari sostenuti dal governo avrebbero avviato una nuova cassa integrazione per un anno. Era da settimane che si sapeva che i numeri di questa cassa integrazione sarebbero stati molto più alti.

Quindi stupisce che a fronte dell'annuncio dell'azienda, i sindacati confederali e la USB si lamentino, strillino.

In realtà era già chiaro che tutte le decisioni del governo: l'Amministrazione Straordinaria, la nomina dei Commissari e l'avvio di quella attività che dovrebbe portare a una nuova svendita di Acciaierie d‘Italia a nuovi padroni, indiani o ucraini con qualche italiano a fiancheggiare, a quanto si può capire, sarebbero state un rimedio peggiore del male. 

Tutti volevamo che Mittal, che non stava certo sviluppando la produzione né tutelando lavoro e salute, andasse via, e in particolare andasse via la Morselli, ma solo lo Slai Cobas ha detto che con questo cambio di governance la situazione per i lavoratori sarebbe andata peggio di come era già ai tempi di Mittal. Solo lo Slai Cobas ha dichiarato forte e chiaro che il passaggio dell'azienda, sia pure provvisoriamente, allo Stato, non avrebbe portato alcun vantaggio ai lavoratori, né in termini di lavoro, né di salari, né di salute, né di futuro lavorativo. Solo lo Slai Cobas ha detto che il nuovo piano governo-commissari avrebbe portato a una cassa integrazione permanente all'interno dello stabilimento a totale discrezione dei Commissari e secondo logiche del piano governo/Commissari che non hanno all'orizzonte alcuna soluzione che tuteli lavoro, salari, salute dei lavoratori.

Giorno dopo giorno questo è stato sempre più evidente. E’ stato evidente nelle ditte dell'appalto, i cui lavoratori sono già stati mandati in cassa integrazione, e molti di essi sono ai limiti del licenziamento, della Naspi, della chiusura dell'attività.

Sapevamo benissimo tutto questo e lo abbiamo in parte denunciato ai lavoratori con i nostri modesti mezzi. Ma chiaramente la passività degli operai delle Acciaierie e il dominio nelle loro file del sindacalismo confederale e della USB, fa sì che ai piani di padroni e del governo non si risponda mai con la lotta, mai per cambiarli e rovesciarli secondo gli interessi dei proletari e dei lavoratori, ma si risponde “accompagnando il morto”, cioè favorendoli con trattative a Roma e a Taranto che producono il risultato - scontato - del peggioramento della condizione dei lavoratori.

Senza l'alternativa sindacale di classe, senza la ribellione dei lavoratori, in questa fabbrica, passo dopo passo, al di là se si arriverà alla chiusura, si arriverà sicuramente, dopo periodi di massiccia cassaintegrazione, ad esuberi di oltre 5000 operai; si arriverà sicuramente a una condizione in cui i lavoratori saranno più sfruttati e faranno più lavoro con meno paga; si arriverà sicuramente a una condizione che non tutelerà né la sicurezza sul posto di lavoro e né la situazione ambientale in città; si arriverà sicuramente nell'appalto a una massiccia ondata di chiusure e licenziamenti, precarizzazioni dei lavoratori, mancanza di tutele e sicurezza. Senza la lotta e la rivolta degli operai, senza l'organizzazione sindacale di classe, attualmente rappresentata sostanzialmente come progetto/indicazione dallo Slai Cobas per il sindacato di classe, in questa fabbrica non si può invertire la situazione né tanto meno tutelare gli interessi immediati e futuri dei lavoratori.

I Commissari dicono: “come facciamo a tenere tutti questi lavoratori con una media di 1000 operai su volumi di 1500 tonnellate annue? Come facciamo a tenere una forza lavoro che è stata costruita e sviluppata per arrivare un tempo a 8 milioni di tonnellate, e a oggi l'obiettivo dichiarato, non si sa quando, è quello di 6 milioni di tonnellate?

I Commissari non fanno che certificare questo stato delle cose. Ma dalla certificazione dei Commissari non si vede assolutamente in che misura la situazione da essi dichiarata potrà realmente cambiare, i dati che vengono portati circa il piano “di ripartenza” dimostrano una ripartenza infinita a dimensioni incerte e pluriennali. Quindi, di conseguenza la strada che si è scelta è senza via d'uscita.

Rispetto a questo, il quadro della cassa integrazione attuale è chiaramente drammatico a Taranto: l'area servizi e lo staff del siderurgico è quello in cui ci sarà il maggior impatto, si prevede che vadano in cassa 1854 addetti divisi tra 473 tra impiegati e quadri, 176 intermedi, 1205 operai. A seguire ci saranno le aree laminazioni con 1276 cassintegrati, di cui 1042 operai, e fusione con 1270 di cui 921 operai. La cassa integrazione prevede oltre i 4400 di Taranto, 400 a Genova e 245 a Novi ligure.

I Commissari dicono: “non vi preoccupate, serve alla ripartenza, serve a realizzare il piano che ci porterà a un futuro migliore”. Per il resto essi dichiarano che farà perno su trasparenti criteri di forte rotazione del personale, sarà strettamente connesso ai livelli di produzioni degli stabilimenti e consentirà di ultimare il piano di ripartenza che prevede dopo l'estate il secondo altoforno.

Ma, circa la rotazione non pensiamo che ci saranno cambiamenti sostanziali ed è l'unica trattativa che andrà avanti tra Commissari e sindacati. Qualcosa di meglio del passato si potrà forse vedere, ma non cambia assolutamente la sostanza che la cassa integrazione penalizzerà il salario di tutti.

Da sempre diciamo che se ci sarà cassa integrazione - ma certamente questi numeri non sono accettabili! - deve andare insieme all'integrazione salariale che solo lo Slai Cobas ha sempre chiesto sin dal primo momento della crisi ultima delle Acciaierie; solo lo Slai Cobas ha insistito perché coloro che stanno ai tavoli lo ponessero come pregiudiziale per ogni ulteriore passaggio di cassa integrazione, perché senza integrazione salariale non si tratta soltanto di andare a casa senza sapere esattamente quanti potranno tornare, ma si tratta di vivere di miseria.

Gli operai sono stanchi di vivere di cassa integrazione.

I sindacati dicono: “perlomeno diamo quei ratei che ci toccano”. Ma quelli dovrebbero essere scontati, sono cose che i lavoratori dovrebbero già avere. Noi vogliamo un'integrazione salariale certa, decisa al limite con decreto governativo che permetta ai lavoratori durante la cassa integrazione di avere un salario decente.

Su questo ci sono le dichiarazioni attuali dei sindacati: “è intollerabile”, dice Rocco Palombella e a questo si uniscono gli altri sindacati, con l'eccezione della Fim Cisl che ormai nell'ultima fase fiancheggia il governo e i Commissari.

L'USB dice: “quale piano di bilancio si pensa di realizzare con queste prospettive con questi numeri, quale tipo di attività si può portare avanti riducendo ai minimi termini la forza lavoro in attività all'interno degli stabilimenti?

Sono tutte osservazioni chiaramente giuste, ma queste osservazioni andavano fatte prima, andavano imposte prima, andavano posti i paletti di una Piattaforma operaia a cui i Commissari e il governo comunque avrebbero dovuto attenersi, e non invece giocare di rimessa dando mano libera ai vari passaggi che il governo e commissari hanno fatto.

Ora il punto è rispondere con la lotta, ma non possiamo fare la lotta di sempre, un giorno in cui si è fuochisti e tutti gli altri giorni in cui si è pompieri. Si deve fare la lotta prolungata per ottenere risultati concreti che oltre la riduzione, il dimezzamento dell'attuale cassa integrazione, anche ottenga l'integrazione salariale e dica chiaro che nessun licenziaimento, nessun operaio deve andare a casa, sia in Acciaierie che nell'indotto.


Nessun commento:

Posta un commento