"...La
situazione all’ex Ilva in questi giorni sta cambiando.
I
padroni delle siderurgie che sono stati abbastanza compatti dietro
l'ipotesi Urso; sia nelle recenti dichiarazioni del Presidente della
Federazione Acciai, Gozzi, uno dei pezzi forti della Confindustria,
sia il Sole 24 Ore, dicono che la via che il Governo sta
intraprendendo in queste ore di riconferma dell'impegno verso gli
azeri sarebbe una via discutibile e controproducente rispetto alla
soluzione effettiva del problema dell'acciaio, dell’Ilva.
Questo
è un piano decisivo per il 40% dell'industria nazionale. Quindi, da
un lato non si vuole che venga meno, dall'altro non si vogliono
investire così tanti soldi nella vicenda azera perché è pur sempre
una soluzione che non risolve i problemi dei produttori dell'acciaio
nel nostro Paese.
Quindi
in realtà sono mature le condizioni perché gli operai facciano
sentire la loro voce, entrino in campo in questo momento. La
situazione è effettivamente favorevole per i lavoratori che
vedono da un lato che tutte le promesse si stanno trasformando in
carta straccia, sia sul futuro lavorativo sia sul problema
dell'ambientalizzazione della fabbrica ricollocata in tempi lunghi e
in un quadro di ridimensionamento produttivo e di conseguenza del
numero dei lavoratori che vi lavorano. Dall'altro torna forte il
problema degli operai dell’appalto che finora hanno lavorato, ed è
abbastanza curioso che l'attività che hanno svolto i lavoratori
dell'appalto in tutti questi mesi in cui hanno ripreso a lavorare era
orientata proprio verso la manutenzione, per rimettere in sesto lo
stabilimento in vista dei nuovi padroni, invece proprio sul fronte
della manutenzione trova origine l'incendio devastante dei giorni
scorsi, almeno come prima ipotesi che fanno i giudici relative alle
cause di questo incendio.
Ogni
ridimensionamento dello stabilimento produce nel campo dei lavoratori
dell'appalto un'accentuazione della situazione di precarietà.
Giustamente nei giorni scorsi i lavoratori dell'appalto, anche in
forma abbastanza soft attraverso i loro delegati di riferimento,
hanno fatto sentire la loro voce riconfermando che così si torna
indietro, che si potrebbe ripresentare il problema della fuoriuscita
delle ditte dell'appalto con effetti che per i lavoratori
dell'appalto sono chiaramente licenziamenti, perché se la valvola di
sfogo della cassa integrazione finora ha tenuto comunque i lavoratori
diretti in Acciaieria, nell'appalto si traduce in chiusura e
licenziamenti per i lavoratori.
Quindi
si stanno accentuando tutte le caratteristiche che richiedono la
mobilitazione dei lavoratori.
Il
fatto che i sindacati rispondano con uno sciopero di quattro ore, da
un lato chiaramente non potevano
non
farlo a fronte di un massiccio aumento della cassa integrazione e
delle nuove notizie che pongono ulteriormente in crisi la soluzione
del governo; dall’altro perché si rendono conto che in questa
situazione o i lavoratori tornano in campo oppure sono fottuti.
Noi
pensiamo che si apra una stagione di scioperi all'interno
dell'Acciaieria e di acutizzazione dello sconto di classe. Per questo
lavoreremo, e occuperemo tutti gli spirali necessari di queste
possibilità di lotte per rovesciare i “tavoli”.
E
su questo siamo più ottimisti, adesso più di prima, a fronte
della situazione che si va aggravando.
All'Ilva
oseremmo dire che il “tanto peggio, tanto meglio” è una politica
giusta, perché senza che i lavoratori tornino a muoversi diventa
difficile qualsiasi soluzione, sia su fronte delle rivendicazioni di
lavoro, sia su fronte della salute e sicurezza.
Sul
fronte salute e sicurezza, dell’ambiente gli operai sono il
soggetto fondamentale per la lotta, visto che in realtà la
situazione è tranquilla in questo momento.
Non
ci sono particolari movimenti da parte degli ambientalisti, che
appaiono e scompaiono come un'araba fenice, secondo logiche che non
sono legate all'effettiva dinamica che si sviluppa nella crisi
dell'Ilva, ma secondo vicende che riguardano personaggi, gruppi.
Ora
c'è bisogno, necessità della lotta e su questa lotta si gioca la
partita e non su altri tavoli che non siano quelli della lotta.
Su
questo evidentemente pensiamo che l'aggravamento della crisi, il
venire allo scoperto delle proposte del governo come aria fritta, che
non danno soluzioni neanche sull'effettiva ripresa dello
stabilimento; l'aggravamento della condizione ambientale con la
consegna agli azeri per la nave per il gas che porterà più
inquinamento, che in realtà i “signori” del governo stanno
lavorando per noi.
Noi
pensiamo che le cose a breve cambieranno radicalmente nella
percezione, qui a Taranto, della vicenda Ilva. Chiaramente è
necessario che il cambio di percezione si traduca in iniziative di
lotta perché è solo la lotta che può richiamare l'attenzione, che
attualmente non c'è, anche dell'universo del sindacalismo di base
che non esiste in questa fabbrica, se non nella versione deformata
dell'USB, e non esiste neanche a livello nazionale sulla questione
Ilva. E questo non va affatto bene a fronte della più grande
fabbrica in Italia, con il più alto numero di operai.
Siamo
in una situazione per cui sull'immediato occorrono risposte, ma la
prospettiva è di medio e lungo periodo.
Noi
siamo impegnati anche a svolgere un'informazione nazionale, e
lavoriamo per un appuntamento nazionale a Taranto per l’ampliamento
di questa centrale battaglia. Ma in questo momento non ci sono ancora
le condizioni perché a Taranto facciamo una riunione con invito agli
altri lavoratori di altre realtà nazionali, perché occorrono che si
accumulino una serie di fatti, soprattutto dal punto di vista delle
lotte all'interno dello stabilimento.
Ora
bisogna lavorare all'interno dei lavoratori nella fase che è
interessante, molto interessante..."