lunedì 30 giugno 2025

1 luglio - La mozione lanciata il 1 luglio all'Appalto Acciaieria Taranto. Dobbiamo approvarla e diffonderla ovunque

 

CONTRO RIARMO E GUERRA - MOZIONE SOTTOSCRITTA E APPROVATA NELLE FABBRICHE, NEI POSTI DI LAVORO

Noi operai, lavoratrici, lavoratori diciamo un chiaro NO al piano di riarmo del 5%, deciso dagli Usa/Trump - Nato e fatto proprio dal governo Meloni.

E’ una scelta di guerra imperialista mondiale “a pezzi” (come diceva Papa Bergoglio), a cui i lavoratori e le masse popolari di tutto il mondo si devono opporre.

Siamo contro queste guerre tra banditi per il profitto dei padroni dell’energia e dell’industria bellica, per il controllo mondiale delle materie prime e delle vie geostrategiche del commercio mondiale.

Siamo solidali con le masse delle zone di guerra, bombardate, massacrate che vedono vita e futuro distrutti.

Siamo contro l’inaccettabile genocidio del popolo palestinese che resiste eroicamente al governo sionista di tipo nazista di Netanyahu, che ora spara anche su donne e bambini affamati in fila per un pugno di farina; finanziato, armato e sostenuto senza limiti dagli Usa-Trump, con la complicità dei governi imperialisti europei, con il governo Meloni in prima fila.

Siamo contrari ad ogni riarmo e all’invio di armi, droni, missili e soldati italiani nei territori di guerra.

Siamo contro l’uso delle Basi militari in Italia, come Basi di guerra e presenza di armi nucleari.

Siamo contro ogni scarico dei costi per la guerra sui lavoratori e le masse popolari, già colpite dalla crisi economica mondiale, dai dazi e guerre commerciali.

Lavoro non guerra. No miliardi per le armi. No all’aumento di benzina e bollette, no al carovita, fondi per il lavoro, i salari, la salute, la sanità, la scuola, i servizi sociali.

Noi lavoratori e lavoratrici chiamiamo tutte le organizzazioni sindacali, tutte le associazioni a scendere in campo con assemblee, manifestazioni, fino allo sciopero generale.



1 luglio - INFO SOLIDALE GKN

 


1 luglio - info: “Clima di divisione”, Max Mara cancella il Polo della Moda a Reggio Emilia dopo le denunce di maltrattamenti delle lavoratrici

 In una lettera al sindaco Massari, il patron del colosso della moda critica il voto "condizionato" del Consiglio Comunale e lo "sconcerto" per le dichiarazioni del primo cittadino sulla vertenza alla Manifattura San Maurizio. L'azienda rinuncia all'acquisizione dell'area ex Fiere per "tutelare la reputazione del marchio" alla vigilia del 75° anniversario

di Ilaria Mauri

Un progetto strategico da milioni di euro, immaginato fin dal novembre 2023 per ridisegnare il futuro logistico di uno dei più grandi gruppi della moda italiana, è stato cancellato. Con una mossa a sorpresa, Max Mara Fashion Group ha annunciato oggi, lunedì 30 giugno, la sua decisione “definitiva e irrevocabile” di abbandonare il progetto del “Polo della Moda”, previsto per l’area della ex Fiera in Mancasale. La decisione, comunicata dal presidente del gruppo, Luigi Maramotti, in una lettera al sindaco di Reggio Emilia, Marco Massari, è definita come la conseguenza diretta del “clima di divisione e strumentalizzazione” che si è creato in città, in seguito alla vertenza sindacale che ha coinvolto la Manifattura San Maurizio, azienda controllata dal gruppo, e alle denunce delle lavoratrici raccolte in un’inchiesta de Il Fatto Quotidiano che ha acceso i riflettori internazionali sul caso. La vicenda, lo ricordiamo, è approdata anche in Parlamento, con un successivo intervento del Ministero del Lavoro che ha confermato le “irregolarità” segnalate.

È francamente impossibile immaginare di realizzare il progetto in un clima di divisione e strumentalizzazione come quello che si è progressivamente venuto a creare”, ha dichiarato il Presidente di MaxMara Fashion Group. “Nonostante l’impegno profuso dai nostri collaboratori, dai professionisti e dai funzionari dell’Amministrazione Pubblica, che ringraziamo, dobbiamo prendere atto delle perplessità e delle divisioni emerse“.

sabato 28 giugno 2025

28 giugno - dal blog tarantocontro: Comizio all'appalto Acciaierie Italia Taranto dello Slai Cobas per il sindacato di classe

 

Si aspetta il solito accordo da Roma, che vuol dire più cassa integrazione destinata a trasformarsi negli esuberi annunciati dal governo attraverso i nuovi padroni che non si sa bene chi saranno. Tutto vogliono tranne che garantire lavoro, condizioni di lavoro e salute per gli operai dell'Ex-Ilva. Vogliono 3500 cassintegrati a rendere sempre di più strutturale una condizione dei lavoratori a salari ridotti e con l'incertezza permanente del futuro. Le promesse che si sono susseguite fino a oggi arrivano sempre allo stesso punto, progetti di lunga durata che nell'immediato servono a peggiorare comunque la condizione dei lavoratori e a non risolvere niente per i lavoratori e la città. Avete letto sui giornali il piano di nuova cassa integrazione; quello che però non avete letto è come questo si riflette sugli operai dell'appalto. La ricaduta sull'appalto è come sempre peggiore. Quasi tutte le ditte, quelle che non l'avevano già fatto, stanno aprendo la cassa integrazione; i contratti a scadenza al 30 giugno non vengono rinnovati e gli operai vengono mandati a casa, come sta avvenendo in questi giorni per i lavoratori della Castiglia, ma chiaramente è un caso fra tutti. Le aziende chiedono ulteriori deroghe peggiorative chiedono che i contratti a termine arrivino fino a 42 mesi, senza causale e con massima flessibilità. Si riservano, nonostante mettano in cassa integrazione, l'uso di contratti di lavoro intermittenti mentre per molte ditte restano i ritardi nei pagamenti e la sicurezza è sempre più a rischio. Questa situazione vede ai tavoli romani come sempre sindacati che fanno “furia francese e ritirata spagnola”, sindacati firma-tutto come la CISL e sindacati che gridano prima degli incontri ma poi di fatto accettano quello che gli viene proposto.

Arriverà il momento in cui dobbiamo dire un NO secco a tutto questo, arriverà il momento in cui cercheremo di fare il possibile perché la fine di questa storia non sia la solita.

Alla Castiglia noi respingiamo il piano di cassa integrazione così com’è, che i lavoratori vadano a casa, respingiamo le deroghe che chiede l'azienda per peggiorare ancora di più la condizione di precarietà e di ricatto.
Questa linea trova consenso tra i lavoratori.
 Un folto gruppo di operai è passato dalla Uilm e oggi arrivano allo Slai Cobas, non perché abbiamo la bacchetta magica, ma alla fine qualcuno che dice NO ci deve essere, qualcuno che tuteli gli interessi dei lavoratori ci dovrà essere. Questo sembra una goccia nel mare, anche se per gli operai è tanto, visto i salari, l'incertezza del futuro e le condizioni di lavoro. Ma quello che ci preparano è ancora peggio. Sappiamo tutti quello che è successo nel recente vertice della Nato dove, ridendo e cantando tra battute, barzellette e personaggi in cerca d'autore, hanno deciso di aumentare del 5% le spese militari e prepararsi non certo al miglioramento delle condizioni dei loro popoli. Tutti questi governi ormai sono solo a libro paga della grande industria bellica, dei signori del petrolio e dell'energia, delle oligarchie, della cosiddetta “intelligenza artificiale”, governi - con Trump in testa - dicono armi, armi, guerra, parlano di pace ma preparano la guerra. Attenzione compagni operai, non è solo un problema di soldi, non è solo un problema che questi soldi li prenderanno dai bilanci dello Stato, dalla sanità, dalla scuola, dai servizi sociali, non è solo che invece che fondi per il lavoro ci saranno fondi solo per le armi, ma stanno preparando la terza guerra mondiale come una marcia inarrestabile, facendo a gara a chi è più bravo nel preparare la guerra. Preparano la nuova leva obbligatoria, vogliono mettere una divisa ai nostri ragazzi e ai nostri figli, preparano addirittura il richiamo dei riservisti, vale a dire dire decine e decine di migliaia di cittadini che possono essere chiamati alle armi, mettono a disposizione le basi militari dell'Italia, non solo quelle esplicitamente da tempo e ingiustamente a servizio dell'imperialismo americano, di Aviano e Sigonella, ma tutte le basi militari vengono considerate ormai in mobilitazione. Insomma, questi governi, questi Stati che si dicono democratici, che dicono di fare gli interessi dei cittadini in realtà vengono sempre fuori per quelli che sono realmente. E il nostro governo non è secondo a nessuno. La signora Meloni si vanta di avere un qualche ruolo ma tutti vediamo che si tratta di un ruolo di servi dei servi, della servetta di Trump, della persona che utilizza i poteri dello Stato e del governo che attualmente ha, non certo per risolvere i problemi - nessun problema è stato risolto, basti pensare alle grandi vertenze dell'ex Ilva, della Stellantis, per non dire lo stato della sanità e possiamo fare il lungo elenco ma basta con questi elenchi, non facciamo finta di non vedere. Più armi significano meno lavoro; e più armi non si comprano perché stiano nei depositi, prima o poi si useranno. Abbiamo visto nella nuova criminale crisi apertasi con l'aggressione proditoria all'Iran come non hanno esitato a parlare di nucleare, sono come i buoi che chiamano cornuti i ciucci, le armi nucleari le hanno loro, le hanno sempre avute, le usano, gli Stati Uniti d'America si sono vantati di Hiroshima e Nagasaki!

Ecco, pensiamoci, compagni operai, non è il tempo di strillare a chi strilla più forte, ma Hiroshima e Nagasaki non sono più il passato, sono nell’agenda di questi governi.

Allora, cosa dobbiamo fare? Dobbiamo accettare tutto questo? Far finta che non capiamo? Noi pensiamo che non debbano andare così le cose, pensiamo che oggi come ieri sia possibile che la maggioranza del nostro popolo, la maggioranza che lavora e tra di essa la maggioranza operaia, debba fare qualcosa e debba dire un chiaro NO al piano di riarmo. Debba dirlo sia attraverso le organizzazioni sindacali sia attraverso le proprie "armi", quelle che i lavoratori hanno saputo usare in altri momenti della storia e in altre occasioni. Quando eravamo forti, compagni operai, nell'Autunno caldo era all'ordine del giorno il potere operaio, abbiamo ottenuto delle conquiste, lo Statuto dei lavoratori, migliori condizioni di lavoro, e allora le guerre non sono partite o addirittura si sono fermate e i popoli le hanno vinte come è stato per il Vietnam. Dobbiamo tornare a quella stagione, non dobbiamo guardare a noi stessi, non a come siamo adesso ma a come dobbiamo diventare, a come è necessario diventare per cambiare lo stato delle cose, dalle cose grandi dalle cose piccole come l'Ilva, perché alla fin fine questa storia dell'Ilva è una cosa piccola in un mondo che va verso una massiccia disoccupazione, licenziamenti, in cui le uniche fabbriche che devono funzionare sono quelle per la guerra; e in tutti i paesi del mondo questo avviene, non solo in Italia, dove però l'Italia fa la parte del socio minore. Le crisi vengono scaricate dagli Stati Uniti sui paesi stessi capitalisti occidentali e tra i paesi capitalisti occidentali vengono scaricate sul nostro paese che è più piccolo di altri, e tutti i paesi li scaricano sui proletari i popoli del mondo che fanno la fame. E poi non abbiamo più parole, è sotto gli occhi di tutti, tutti lo dicono ma non fanno niente: a Gaza si uccide come se fossero a caccia, come animali in una macelleria, stermini, bombardamenti su donne e bambini, tutto è raso al suolo, la gente ha fame e viene sparata anche quando cerca da mangiare. Questa società ha prodotto e ha riprodotto i nuovi mostri che vogliono distruggere i paesi, i popoli, la vita. Avevamo tanto parlato del nazismo, di Hitler e del suo socio d'affari, Mussolini, ebbene sembrava che quella storia fosse finita, fosse servita al mondo per capire che queste cose non dovevano più succedere, ma stanno succedendo, sono ritornate come prima.

Bisogna fermare il genocidio in Palestina, bisogna dare una speranza a un intero popolo che non vuole essere cancellato dalla sua terra, perché la Palestina è dei palestinesi e non dei mostri partoriti dopo l'Olocausto, ebrei che sono diventati peggio dei nazisti e governanti che ragionano come coloro che li hanno oppressi. Bisogna fermare il genocidio, la Palestina deve essere liberata. I lavoratori stanno prendendo posizione. Nello sciopero generale dei metalmeccanici, che è andato bene - ma a cui padroni hanno risposto ancora una volta con il nulla, arroganti, perchè si sentono forti, protetti dai governi, non vogliono dare neanche quattro soldi nella piattaforma dei metalmeccanici - ebbene, in questo sciopero dei metalmeccanici abbiamo sentito dei sindacalisti che parlavano bene, che hanno detto che sono contro il riarmo, hanno detto che sono contro la pulizia etnica in Palestina, ebbene dobbiamo dare continuità. Non bisogna firmare alcun accordo a Roma, con questi numeri di cassa integrazione nessuna fiducia possiamo avere nei governi, nei padroni che finora hanno fatto peggio dei precedenti (e quelli avevano già fatto guai seri). Che i lavoratori scendano in campo non è impossibile, insieme ai giovani, alle tante persone che stanno già scendendo in campo contro la guerra, contro il piano di riarmo.

Noi operai lavoratori e lavoratrici diciamo un chiaro NO al piano di riarmo del 5%, è una scelta di guerra imperialista mondiale, quella “guerra mondiale a pezzi” di cui parlava Papa Bergoglio che è stato subito archiviato. Questo nuovo Papa sembra uno dell'ufficio dello Stato, non porta certo il messaggio che Bergoglio aveva fatto - e noi non siamo cattolici, siamo comunisti - parole che sono state subito cestinate, considerate i lamenti di un vecchio moribondo. Siamo contro queste guerre, sono guerre tra banditi, gli americani la fanno da padroni come in tutte le guerre. Ma chiaramente sono banditi chi ha invaso l'Ucraina, sono banditi coloro che in altri scenari, come la Cina, pensano di approfittare dello Stato delle cose, sono banditi tutti i governanti europei, pensate alla Germania che non gli sembra vero di tornare a fare la voce grossa, ad essere quella delle guerre dei tempi del nazismo.
Queste guerre sono tra banditi per i profitti dei padroni dell'energia e dell'industria bellica, per il controllo mondiale delle materie prime, delle vie geostrategiche del commercio mondiale. I lavoratori sono solidali con la gente che muore sotto bombardamenti quotidiani, pensate quale è la vita non solo del popolo palestinese, pensate all'Ucraina, pensate a quello che in ogni scenario del mondo si avvicina, come cosa quotidiana. Siamo contrari quindi all'invio di armi, droni, missili soldati nei territori di guerra. Non ci lamentiamo poi se sentiremo degli attentati ai soldati italiani che faranno la fine di Nassyria, ce li stiamo meritando queste situazioni. Non vogliamo che le basi italiane siano utilizzate per la guerra - e noi siamo a Taranto, una grande base militare da sempre utilizzata nelle guerre, non dimentichiamolo! Taranto nella seconda guerra mondiale ha subito bombardamenti, ha subito tutto quello che i vostri nonni vi possono raccontare. Ebbene questo non è più il passato ma sembra essere il futuro che ci preparano. Siamo contro la ricaduta sui lavoratori di tutto questo, una ricaduta immediata che è quella della benzina, del carovita, una ricaduta strategica che fa sì che l'intero bilancio dello Stato sia al servizio della guerra e che l'industria del nostro paese diventi solo economia di guerra. Lavoratori tutti insieme, il mondo del lavoro, tutte le organizzazioni sindacali, le associazioni che vogliono la pace e la democrazia, che vogliono un futuro diverso, hanno la possibilità, unendosi, di fermare la mano della guerra imperialista e di fermare la partecipazione italiana a questa guerra imperialista. Difendere il lavoro, NO a un nuovo accordo che allarghi la cassa integrazione anticamera degli esuberi all'Ilva, Sì alla firma del contratto dei metalmeccanici, difendiamolo con la lotta, perché evidentemente i lavoratori non hanno santi in paradiso e non ce li hanno neanche nei parlamenti.

O i lavoratori prendono nelle loro mani le sorti di questo paese oppure la storia la troveremo sui libri del futuro, se ci saranno ancora i libri del futuro.


28 giugno - EMERGENZA CALDO E DIRITTI NEGATI. IL CASO LOMBARDIA

 


venerdì 27 giugno 2025

27 giugno - TARANTO: ALL'EX ILVA X IL LAVORO CONTRO RIARMO E GUERRA!

 


27 giugno - Processo Miteni, a Vicenza 11 condanne per inquinamento da Pfas: in tutto sono 141 anni di carcere...bene ma rimane la questione bonifiche..

 ..che dovrebbe fare il ministero dell'Ambiente, parte civile, che ha ricevuto un risarcimento di 58 milioni. Abbiamo forti dubbi che li farà


di Giuseppe Pietrobelli

Quattro imputati sono stati condannati a 17 anni ciascuno, altri a 16 anni, mentre in 4 sono stati assolti. Al ministero dell’Ambiente è stato riconosciuto un risarcimento di 58 milioni di euro

Un pugno di manager è stato condannato per il colossale inquinamento da Pfas che ha coinvolto in Veneto le falde acquifere delle province di VicenzaPadova e Verona, anche se la politica è rimasta fuori dall’aula del processo Miteni celebrato di fronte alla Corte d’assise di Vicenza. Pene detentive pesantissime, fino a 17 anni di reclusione. Risarcimenti milionari, con la cifra massima di 58 milioni di euro concessa al ministero dell’Ambiente, che adesso dovrà mettere mano alle bonificheDopo quattro anni e 130 udienze,

Sentenza processo Pfas, 11 condanne per totali 141 anni di carcere e 4 assoluzioni

di Rebecca Luisetto

Vicenza, la decisione della Corte d'Assise ha riguardato i manager dello stabilimento vicentino della Miteni accusati di avere inquinato le acque di 3 province del Veneto

27 giugno - info solidale 2: Chiude l’Hotel Milano Scala, una dipendente: “Lasciata a casa all’improvviso, ho un figlio e sono una mamma single”

 

L’albergo quattro stelle lusso, che nel 2018 aveva vinto una puntata del programma Sky “4 Hotel” con Bruno Barbieri, ha chiuso l’attività il 20 giugno. La protesta dei dipendenti lasciati a casa: “Nessuno ci ha avvisato. Un trattamento disumano”
A cura di Francesca Del Boca

"Non siamo lavoratori, siamo servitù. Scarti da lasciare sulla strada all'improvviso, senza troppe spiegazioni, come ha fatto la proprietà dell'Hotel Milano Scala". È la protesta dei dipendenti dell'albergo quattro stelle lusso di via dell'Orso, tra il Duomo e il quartiere di Brera, che venerdì 20 giugno ha chiuso per sempre il portone d'ingresso. Tutto fermo, dalle prenotazioni sul sito per i clienti alle mansioni dei 30 lavoratori regolarmente assunti, rimasti a casa da un giorno all'altro.
"C'erano già stati dei segnali: non era più possibile effettuare prenotazioni nel periodo estivo, ad esempio, ma nessuno si aspettava questo. Non ci sono stati incontri ufficiali, un tavolo con i sindacati, solo voci. Non è arrivata nemmeno una comunicazione scritta sulla chiusura forzata", racconta a Fanpage.it Greta, addetta alla reception dell'hotel, sulla carta eccellenza dell'ospitalità meneghina con la medaglia di unico albergo a emissioni zero della città e la vittoria del programma Sky con Bruno Barbieri 4 Hotel. Con il cambio di proprietà, dalla società Capoberta a una holding che fa capo a una delle famiglie più importanti della città, sono arrivati però anche la crisi definitiva e la chiusura nel giro di poche settimane.
"Siamo in un limbo, non sappiamo cosa sarà di noi. Ho lavorato in tutto il mondo, sono rientrato in Italia per lavorare qui. Non mi è mai successa una cosa del genere", è la testimonianza di Gianmarco, reparto food and beverage. "Nessuno ci ha avvisato, accompagnato. C'è chi ha acceso un mutuo, chi ha deciso di avere un bambino, chi ha preparato le carte per far arrivare i parenti dall'estero basandosi su uno stipendio fisso per sostenere i propri cari. È umiliante, i proprietari ci hanno buttato in mezzo alla strada. Hanno scelto la via meno costosa per le loro tasche. Ma noi siamo esseri umani".
"La maggior parte di noi però non riesce a stare con lo stipendio decurtato per così tanto tempo. Vogliono costringerci a cercare un altro lavoro, così non devono sobbarcarsi i costi del licenziamento. Una manovra studiata a tavolino per non pagare. La proprietà ci aveva assicurato che non ci sarebbero stati problemi, ed eccoci qui. Non sono stati neanche chiamati in causa i sindacati", parla anche Rodrigo, chef dell'esclusivo ristorante menzionato nella guida Michelin. "È incredibile. Sono un professionista, lavoro con serietà da decenni. E soprattutto ho un figlio, una casa da mantenere".
Una situazione comune a tantissimi lavoratori dell'Hotel Milano Scala. "Lavoravo lì dal primo giorno di apertura, ero affezionata all'albergo: si può dire che ci sono cresciuta dentro. Ma questo trattamento è davvero disumano", spiega Violetta, responsabile del reparto colazioni. "Ho un figlio piccolo e sono una mamma single, ma non ho mai mancato un giorno di lavoro per la famiglia: se il bimbo era malato, gli davo una medicina e chiamavo qualcuno. E oggi vengo ripagata così, con questa indifferenza. Vengo lasciata a casa dall'oggi al domani, senza sapere quale sarà la mia fine. Non sapevo nemmeno che il 20 giugno sarebbe stato l'ultimo giorno".


27 giugno - info solidale 1: GKN in piazza per la Palestina e contro lo sgombero

 


giovedì 26 giugno 2025

26 giugno - info solidale: 29 GIUGNO 2009/29 GIUGNO 2025 STRAGE DI VIAREGGIO

 


26 giugno - strage continua

 Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro

Democrazia? Sempre di più una parola vuota e retorica dove una maggioranza anche di pochi voti composta da evasori, elité finanziaria ed economica e malavitosi opprime e si nutre del sangue e del sudore di una minoranza che lavora e paga le tasse anche per i servizi che utilizzano "loro"

Nel 2025 715 morti per infortuni complessivi di questi 498 sui luoghi di lavoro Rispetto all’orribile 2024, l’anno con più morti da quando 18 anni fa ho aperto l’Osservatorio al 23 giugno del 2024 erano 505 sui luoghi di lavoro. Attenzione l’Osservatorio tiene NETTAMENTE separati i morti sui Luoghi di lavoro dai morti in itinere per non generare confusione, lo stesso metodo che utilizza Eurostat. Attenzione qui ci sono anche i morti sui luoghi di lavoro non assicurati a INAIL, che diffonde SOLO i suoi morti, ci sono gli assicurati a altri Istituti, i i morti in nero e gli agricoltori, schiacciati dal trattore già in 70 anche quest’anno. La guerra del lavoro Dall’inizio del 2025, ogni 6 ore e qualche minuto muore un lavoratore. a questa mattina del 24 giugno i morti del 2025, sono sta4i 711 lavoratori, di cui 495 sui luoghi di lavoro senza itinere Questo se si contano tutti i lavoratori, non solo quelli coperti da INAIL. Che nel suo ultimo report ha ricevuto dall’inizio dell’anno al 30 aprile 291 denunce comprensive di itinere Le cause politiche e normative dell’aumento Jobs Act: dall’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (2015), l’aumento dei morti sul lavoro è stato del 43%. Appalti a cascata: la legge voluta dal ministro Salvini, entrata in vigore nel giugno 2023, ha causato un ulteriore aumento del 15% dei decessi, soprattutto in edilizia e negli appalti pubblici.

26 giugno - info: Il caso Max Mara. MASSIMA SOLIDARIETà

 Il caso Max Mara non si ferma, il sindaco di Reggio Emilia incontra le lavoratrici: “L’azienda apra al confronto”. Ma le sarte denunciano: “La compagna dell’ad ha chiesto ad alcune dipendenti di firmare un documento contro chi ha scioperato”


di Ilaria Mauri

26 Giugno 2025

È passato un mese dalla denuncia pubblica delle operaie della Manifattura San Maurizio, cuore della produzione Max Mara a Reggio Emilia. Dopo due giornate di sciopero, dopo il servizio de Il Fatto Quotidiano che ha acceso i riflettori internazionali sul caso, dopo il fragoroso silenzio dell’azienda e il successivo intervento del Parlamentodel Ministero del Lavoro e della politica locale, mercoledì 25 giugno una delegazione di lavoratrici è stata finalmente ricevuta in Comune dal sindaco Marco Massari. Ma il nodo resta: da Max Mara nessuna apertura, nessun passo avanti, anzi, solo un muro istituzionale e qualche manovra interna per dividere chi ha protestato.

mercoledì 25 giugno 2025

25 giugno - info: Processo Miteni-Pfas, a Vicenza sentenza in arrivo

 

di Marina Forti (*).

A Vicenza sta per concludersi un processo penale che farà notizia o almeno dovrebbe

Il 26 giugno è attesa la sentenza sul caso della Miteni, lo stabilimento di Trissino all’origine della più ampia contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) registrata finora in Europa. È anche il primo caso del genere ad arrivare a un esito giudiziario. “Una bomba atomica innescata che ha inquinato l’ambiente, avvelenato l’acqua e causato un disastro con gravi effetti sulla popolazione”, ha concluso la Procura, chiedendo condanne per 121 anni complessivi

Gli imputati sono quindici, manager aziendali e i dirigenti di Mitsubishi Corporation e del fondo di investimento International chemical investors group (Icig): sono accusati a vario titolo di disastro innominato, avvelenamento di acque con l’aggravante del dolo, inquinamento ambientale e bancarotta. Il gruppo giapponese ha avuto la proprietà della Miteni dal 1998 (e già prima in consorzio con Enimont) fino al 2009, quando l’ha ceduta a Icig Italia 3 holding, filiale della Icig con sede in Lussemburgo, per la “strepitosa” somma di un euro. 

martedì 24 giugno 2025

24 giugno - STRAGI SUL LAVORO: DUE OPERAI MORTI IN POCHE ORE IN LOMBARDIA, UNO NELLA CAVA DI BOTTICINO (BS)

 

Strage senza fine sul lavoro: in Lombardia due morti soltanto questa mattina. Un operaio è morto schiacciato dai detriti nel Comasco, un’altro è stato vittime di una dinamica simile in una cava del Bresciano.

In un’azienda di Faloppioun uomo di 57 anni ha perso la vita schiacciato da un masso che si è staccato per cause ancora da accertare. A Botticino, in provincia di Brescia, è morto sul lavoro un operaio di 54 anni. Mentre lavorava all’estrazione e lavorazione del marmo in una cava, è stato travolto da una lastra, per cause in corso di accertamento. La cava è stata posta sotto sequestro.



24 giugno - info da tarantocontro: Federmeccanica respinge in modo arrogante l'apertura del Tavolo sul CCNL metalmeccanico

 Dopo lo sciopero nazionale dei metalmeccanici del 20 gennaio, la Federmeccanica ribadisce il suo NO secco, rispondendo così alle "speranze" dei sindacati confederali di un cambio di passo con la nuova presidenza della Federmeccanica che avverrà ai primi di luglio. I padroni si sentono tuttora forti e perseguono nella loro strada di togliere piuttosto che dare qualcosa in più della miseria da loro messa sul piatto, perseguono nella strada di attacco ai diritti sindacali dei lavoratori, di menefreghismo verso le condizioni di lavoro degli operai e operaie. Cercano anche di dividere gli operai, la loro forza che può pesare solo con la lotta e l'unità, facendo accordi parziali, in alcune fabbriche (firmati da una parte dei sindacati che hanno indetto sciopero, in particolare la Cisl) su cassintegrazione, licenziamenti concedendo al massimo qualche incentivo. Ora cosa fanno i sindacati metalmeccanici? Come è scritto nel loro comunicato attenderanno l'incontro del 26 giugno con Confindustria (che sicuramente non dirà diversamente da Federmeccanica).

Così la fine negativa di questa lunga battaglia contrattuale è nota. Ma come diceva lo striscione dello Slai Cobas nella manifestazione regionale a Bergamo: Contratto: non possiamo perdere! Lotta dura fino in fondo! 

La continuità della lotta dopo lo sciopero e manifestazioni del 20, in tutte le forme deve essere all'OdG, la risposta all'arroganza di Federmeccanica. Siano gli operai e operaie più coscienti ad imporlo.

Dal COMUNICATO STAMPA DI FIOM, UILM, FIM:

Federmeccanica – Assistal respingono il dialogo

Le Segreterie Nazionali di FIM FIOM UILM hanno partecipato alla riunione convocata presso la sede di via Flavia del Ministero del Lavoro, insieme a Federmeccanica e Assistal. La convocazione è giunta a seguito dell’ultimo sciopero nazionale di FIM FIOM UILM del 20 giugno u.s per rivendicare l’apertura del tavolo negoziale interrotto dal 12 novembre 2024. La riunione è stata presieduta dalla Ministra Marina Elvira Calderone che ha dichiarato al tavolo la disponibilità del Ministero, su iniziativa della Presidenza del Consiglio dei Ministri, a sostenere la vertenza contrattuale mettendo a diposizione le competenze del dicastero.

Le associazioni datoriali hanno ribadito la loro indisponibilità a discutere del rinnovo del CCNL, dei minimi tabellare, in termini di definizione del loro valore e di soluzioni che si collochino fuori dalla previsione IPCA. Le Associazioni datoriali hanno riconfermato le loro precondizioni senza fornire elementi di novità utili per la ripresa del negoziato.

Le Segreterie di FIM FIOM UILM hanno ribadito la grave anomalia di questa vertenza che non ha mai avuto un confronto vero e concreto sul quale incardinare il negoziato. In questi mesi le Segreterie Nazionali di FIM FIOM UILM hanno più volte sottolineato la volontà a discutere senza pregiudiziali, partendo dai contenuti della piattaforma presentata.

FIM FIOM UILM, in previsione dell’incontro programmato per il prossimo 26 giugno tra CGIL CISL UIL e Confindustria, trasferiranno le difficoltà registrate nel confronto per il rinnovo del CCNL.

Purtroppo, la riunione si è conclusa senza la condivisione di una data in cui aggiornare il confronto a causa dell’indisponibilità di Federmeccanica e Assistal.


sabato 21 giugno 2025

21 giugno - DIRITTO AL CONTRATTO E REPRESSIONE DEL GOVERNO NERO: 10.000 operai metalmeccanici in sciopero contro i padroni per il contratto in corteo a Bologna sfidano il governo della fascista legge Sicurezza… e ora arrestateci tutti!

 

il corteo degli operai metalmeccanici in corteo nella tangenziale (Ansa)

***

Video da Repubblica

https://bologna.repubblica.it/cronaca/2025/06/20/video/bologna_sciopero_metalmeccanici_lavoratori_occupano_la_tangenziale-424681342/

dal manifesto

«Denunciateci tutti». Abbiamo bravi legali” I metalmeccanici sfidano il governo

Sciopero Adesione altissima allo sciopero di Fim, Fiom e Uilm per il rinnovo del contratto. A Bologna i lavoratori bloccano la tangenziale

I metalmeccanici ieri hanno scioperato, come da diversi mesi a questa parte, per il rinnovo del loro contratto e per il futuro dell’industria italiana (dopo 24 mesi di calo della produzione nell’inazione del governo e l’inflazione che si è mangiata il salario). La risposta delle istituzioni è stata la denuncia ai sensi della nuova legge Sicurezza, e ora rischiano il carcere per un corteo del tutto pacifico.

LA MOBILITAZIONE di Fim, Fiom, Uilm, molto partecipata, era in corso in tutte le grandi città. A Bologna il corteo di 10 mila tute blu ha sconfinato, consapevolmente, sulla tangenziale e immediatamente è partita la nota della questura: «I dimostranti verranno denunciati penalmente alla luce della recente normativa introdotta dal decreto Sicurezza in materia di blocchi stradali». Uno zelo poi sfumato nel corso delle ore attraverso il consueto «è un atto dovuto». «Siamo stupiti per questa uscita proditoria – commenta Gianni Cotugno, segretario della Fiom Emilia Romagna – c’erano 10mila lavoratori molto arrabbiati che ci chiedevano un azione forte di visibilità, consapevoli che andare sulla tangenziale superava quanto

previsto dal dl sicurezza». Ma, sottolinea, «il rischio di essere denunciati è poco davanti a quello di scivolare della povertà causato dal mancato rinnovo del contratto e dal salario insufficiente».

LO SCIOPERO DI OTTO ORE di ieri si aggiunge alle 32 già effettuate dai metalmeccanici con contratto Federmeccanica-Assistal, scaduto il 30 giugno scorso, a dopo l’interruzione delle trattative con la controparte, a novembre 2014. Altre manifestazioni si erano tenute negli scorsi mesi, sempre con la stessa piattaforma e le stesse richieste: diritti (a partire da quello alla sicurezza e quello alla salute), welfare, aumento di 280 euro del salario, stabilizzazione dei precari e applicazione del Ccnl per gli appalti. «Era una corteo normale, l’anomalia è il dl Sicurezza non il fatto che si manifesti per una vertenza contrattuale», dice Simone Selmi, segretario generale della Fiom di Bologna. «Al di là del rallentamento del traffico – aggiunge – non è successo nulla che riguardasse l’ordine pubblico, il tema è politico ed è la repressione del diritto di sciopero da parte del governo». «Noi non ci fermiamo, vediamo se mandano 10mila denunce», rivendica Primo Sacchetti, responsabile organizzazione Fiom Bologna. È stato lui a trattare il percorso con le forze dell’ordine:

21 giugno - Sequestra lo scuolabus per lo stipendio in ritardo e viene aggredito dai datori di lavoro: 29enne in ospedale

 

Un giovane di 29 anni ha sequestrato lo scuolabus della cooperativa di cui è socio dopo aver saputo che avrebbe preso in ritardo lo stipendio. In reazione, i datori di lavoro lo avrebbero raggiunto sotto casa e lì lo avrebbero aggredito con calci e pugni. Sul caso stanno indagano i carabinieri.

A cura di Giulia Ghirardi

Sequestra lo scuolabus della cooperativa di cui è socio dopo aver saputo che avrebbe preso in ritardo lo stipendio. Come conseguenza, i datori di lavoro lo avrebbero raggiunto sotto casa dove lo avrebbero aggredito violentemente con calci e pugni. È questo quanto è stato denunciato ai carabinieri da un 29enne residente a Certosa, un piccolo comune in provincia di Pavia.
Secondo le informazioni disponibili sino a questo momento, dopo aver preso lo scuolabus come di consueto l'uomo lo avrebbe, però, parcheggiato davanti a casa senza fare ritorno in deposito. Lì, sotto la sua abitazione – secondo il racconto fatto in caserma ai carabinieri – sarebbe stato poi raggiunto dai suoi datori di lavoro. Gli uomini, sopraggiunti con l'intento di farsi restituire le chiavi del mezzo, avrebbero prima iniziato a urlare intimando al 29enne di fare come dicevano, ma constatata la resistenza dell'uomo avrebbero quindi iniziato a picchiarlo violentemente.
In seguito all'aggressione, il giovane è stato trasportato in ospedale e, dopo aver ricevuto le prime cure, i medici gli hanno riconosciuto una prognosi di 45 giorni per le ferite riportate. Subito dopo il ricovero il 29enne ha deciso di sporgere denuncia ai carabinieri che, al momento, sarebbero al lavoro per eseguire tutti gli accertamenti necessari a ricostruire l'esatta dinamica della vicenda e accertare le eventuali responsabilità di tutte le persone coinvolte.


giovedì 19 giugno 2025

19 giugno - L'OSSERVATORIO DI BOLOGNA, DI C. SORICELLI, CI RICORDA CHE LA GUERRA CONTRO GLI OMICIDI SUL LAVORO CONTINUA

 Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro

Dall'inizio dell'anno sono morti già 75 autotrasportatori, l'ultimo ieri, tanti giovani precari che fanno orari e turni massacranti e anche per loro che erano stati fatti i Referendum. Hanno superato per numero di morti anche gli schiacciati dal trattore che sono 70. Superati i 700 morti sul lavoro nel 2025. Ma tutto tace, non sono cose che riguardano la nostra classe dirigente "loro" mica hanno figli, nipoti che fanno questi lavori umili

Superati oggi 19 giugno i 700 morti complessivi nel 2025 Questo se si contano tutti i lavoratori, non solo quelli coperti da INAIL.Le cause politiche e normative dell'aumento • Jobs Act: dall’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (2015), l’aumento dei morti sul lavoro è stato del 43%. +15% con la Legge Salvini degli appalti a cascata del 2023 •


mercoledì 18 giugno 2025

PERICOLO PUBBLICO AL SALUMIFICIO BERETTA. SCIOPERO CONTRO LA REPRESSIONE

 

Nervi tesi in questi giorni a proposito di appalto al Salumificio Beretta. L’azienda ben oltre gli scontati tentativi di conciliazione con le operaie che hanno fatto ricorso, prova ad allontanare dalla fabbrica, con proposte di ‘uscita volontaria incentivata’ le lavoratrici dello Slai Cobas. (la questione appalto è sicuramente aperta ‘su più tavoli’ e ci torneremo). Ma le operaie sanno bene che in genereale, le aspetterebbe solo precarietà, il dover ricominciare da zero in ambienti ancora più difficili con tutto il peso dell’anzianità lavorativa sulle proprie spalle. E sta prendendo forma in modo nuovo, l’utilizzo di ogni occasione per fare delle ritorsioni alle lavoratici che non accettano. Come trasferimenti o repressione abusando delle lettere di contestazione disciplinare.

Il fatto dell’altro giorno, è scaturito da una comunicazione verbale, per un cambio di mansione. L’antefatto un infortunio con lo scontro tra due carrelli, che ha mandato al pronto soccorso una carrellista con la mano ingessata. La responsabile di reparto chiede ad una lavoratrice di lasciare la linea e di salire sul carrello. La lavoratrice, colpita dall’infortunio della collega, e consapevole di tutti i precedenti che hanno coinvolto la capa... dice va bene, ma chiede garanzie e un ordine di servizio.

Sicuramente la consulente dei padroni, la minstra del lavoro Calderone sta pensando ad un nuovo reato di lesa maestà, come appendice al decreto sicurezza, per sancire anche a livello governativo, che le lavoratrici non hanno diritto di parola, che non devono sognarsi di replicare ai capi.

Alla Beretta ci ha pensato la capa che di fronte ad una situazione semplice, dalla facile soluzione pratica, secondo il suo stile, ha prima inscenato una sfuriata che ha attirato l’attenzione e lo sdegno di molti lavoratori in reparto, arrivando, trasformando i fatti, ad una contestazione con sospensione per insubordinazione minaccia implicita di licenziamento, dichiarandola pericolo pubblico. Come un atto di terrore verso tutte le operaie, per sottometterle e sfruttarle senza resistenza.

Una situazione da cui non si può uscire individualmente, la solidarietà in fabbrica è un’arma per le operaie, lotttare una per lottare tutte in un generale movimento di classe. Basta paura, alziamo la testa in massa, i padroni devono essere preoccuati dalla rabbia operaia. Da qui lo sciopero. Uno sciopero giusto