sabato 23 luglio 2016

23 luglio - Ancora sui contratti: CONTRATTI DI LAVORO: Cgil-Cil-Uil firmano un altro contratto a perdere, quello delle lavanderie industriali



E siamo ad un altro contratto firmato in questi giorni dai sindacati di categoria facenti capo a Cgil-Cisl-Uil, quello che riguarda le lavoratrici e i lavoratori delle lavanderie industriali, i cui padroni sono riuniti nell’associazione Assosistema che aderisce a Confindustria.
Le lavoratrici e i lavoratori coinvolti, come ci ricorda l’articolo del Sole 24 Ore del 15 luglio, sono circa 20mila mentre le aziende coinvolte 750 (20.000 diviso 750 fa la media di poco meno di 30 addetti per ogni azienda, cioè piccole e piccolissime) ed è valido per il periodo 2015-2019, ben 5 anni
Dopo un anno di trattative, ci ricorda il giornale, “Per la parte economica è stato concordato un incremento complessivo di 70 euro lordi mensili, corrisposto in tre tranches”. Siamo ad un aumento inferiore perfino agli 80 euro di Renzi! 
E poi “è stato confermato l’elemento perequativo di 200 euro per le imprese che non fanno contrattazione di secondo livello.” Quindi nelle aziende dove non esiste di fatto nemmeno il contratto, e visto che alcune sono piccole e piccolissime questo è quasi sicuro, i lavoratori hanno solo un salario di base, di fatto senza salario accessorio (premi di produzione, ecc.), e allora potranno ricevere questi 200 euro lordi in un anno. Diciamo potranno proprio perché non essendoci contrattazione in azienda, o lo richiedono gli operai di propria iniziativa o deve essere il padrone a ricordarsi di “concederlo”. 
Visto questo livello di contrattazione che agli occhi di chiunque deve risultare inaccettabile, i sindacalisti spostano l’attenzione, come oramai hanno imparato a fare, sul cosiddetto welfare
aziendale, dice infatti, il giornalista: “Secondo quanto spiega una nota unitaria dei sindacati (Filctem, Femca e Uiltec) la parte economica non si è conclusa con il solo aumento salariale. Sul welfare contrattuale, per esempio, è stato infatti riconosciuto il contributo aggiuntivo dello 0.20% a carico delle imprese per finanziare la polizza assicurativa stipulata da “Previmoda” per coprire la premorienza e l’invalidità permanente.” A parte lo 0,20% e la terribile voglia di fare gli scongiuri su questo aspetto, bisogna continuare a leggere la parte normativa per capire che i sindacalisti hanno poco da esser soddisfatti, visto che hanno concesso altre “misure di flessibilità dell’orario di lavoro” e “la correlazione tra ore effettivamente lavorate e premi di produttività.”
Ancora una volta si lega il salario al “buon andamento dell’impresa”!

Per cercare di attenuare l’impatto i sindacalisti possono vantare altri risultati: “In particolare è stata introdotta la clausola sociale negli appalti” che dovrebbe tutelare i lavoratori in caso di cambio di appalto, e una “maggiore chiarezza dei provvedimenti disciplinari”,  che per il solo fatto che viene citata la dice lunga sul grado di discrezionalità del padrone nei confronti dei lavoratori “indisciplicati”.
Per finire, dopo il solito pianto sulle povere condizioni delle aziende come spiega una nota di Assosistema: “La sigla è avvenuta “in una fase molto delicata per il settore, messo a dura prova dagli effetti della spending review, dalla crisi economica internazionale e dall’annoso problema dei ritardati pagamenti della pubblica amministrazione, che hanno determinato un calo del fratturato e messo a rischio la qualità del servizio offerto dalle aziende”, come sempre i migliori complimenti a questi sindacati provengono direttamente dai padroni, in questo caso dal presidente di Assosistema, Maurizio Genesini: “Attraverso il dialogo e il confronto si possono trovare soluzioni in linea con l’evoluzione del settore e della situazione economica e sociale del Paese... Il nostro obiettivo è stato trovare soluzioni rispondenti alle imprese e al mondo del lavoro, per garantire servizi di qualità e occupazione qualificata e guardare a un futuro migliore. In particolare, mi riferisco a una maggiore flessibilità dell’organizzazione del lavoro, al recupero delle inefficienze discendenti da una parte del contratto collettivo nazionale non più rispondente al nuovo modello economico produttivo e all’adeguamento delle relazioni contrattuali di lavoro alla legislazione vigente”.

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