giovedì 1 gennaio 2015

5 dicembre: Ancora FORMAZIONE OPERAIA su "IL CAPITALE" di KARL MARX – 3

Con questa parte riprendiamo il capitolo che riguarda l'analisi della merce.

Il metodo di Marx in tutta l'analisi del Capitale è quello di far scorrere davanti agli occhi di chi legge la storia dell'umanità nelle sue varie fasi, che Marx chiama modi di produzione (a grandi linee: antico, feudale, borghese) e di analizzarle in maniera scientifica, secondo l'evoluzione delle società umane, appunto, e secondo le specifiche leggi di queste varie fasi.
In questo caso Marx, come abbiamo detto, analizza il sistema sociale borghese attuale che si chiama modo di produzione capitalistico e nello stesso tempo, questa analisi, è una continua critica oggettiva degli studiosi dell'economia borghese (tra i "classici" ci sono i famosi Smith e Ricardo, i "campioni" citati spesso a loro favore da politici ed economisti borghesi) che soprattutto per la loro posizione di classe non hanno potuto/voluto spingere fino in fondo la loro analisi perché altrimenti avrebbero "scoperto" e dovuto dire apertamente da dove nasce davvero il profitto, la povertà, che cos'è lo sfruttamento, ecc.

Con il punto 2. MARX spiega il

DUPLICE CARATTERE DEL LAVORO RAPPRESENTATO NELLE MERCI

e dice subito che questo punto dell'analisi è il perno intorno al quale ruota la comprensione dell'economia politica, e, cioè, appunto, la duplice natura del lavoro contenuto nella merce, che è stata dimostrata criticamente da Marx per la prima volta.

La merce, abbiamo visto, è al contempo valore d'uso - e per fare questo serve lavoro concreto, specifico, lavoro utile (per es. falegnameria) - e dall'altro valore - e per fare questo basta il lavoro inteso in senso generale, astratto, dispendio di nervi, cervello, muscoli, forza lavoro umani, quel lavoro che permette lo scambio di cose di qualità differenti (dato che è assurdo scambiarsi la stessa cosa) e in cui gli uomini si riconoscono, per abitudine sociale acquisita nei secoli, come uguali.

Nell'insieme dei diversi valori d'uso o corpi di merci si presenta un insieme di lavori utili altrettanto differenti secondo la specie, il genere, la famiglia, la sottospecie, la varietà: una divisione sociale del lavoro. La produzione delle merci non potrebbe esistere senza questa divisione sociale del lavoro, mentre questa divisione sociale del lavoro è esistita anche senza la produzione delle merci. Nell'antica comunità indiana, dice Marx, il lavoro è diviso socialmente senza che i prodotti diventino merci. Oppure, esempio a noi più vicino, in ogni fabbrica il lavoro è diviso sistematicamente, ma questa divisione non è derivata da uno scambio dei prodotti individuali fra un operaio e l'altro. Solo prodotti di lavori privati autonomi e indipendenti l'uno dall'altro stanno a confronto l'un con l'altro come merci.

Il lavoro, dunque, come formatore di valori d'uso, come lavoro utile è una condizione d'esistenza dell'uomo, indipendente da tutte le forme della società, è una necessità eterna della natura che ha la funzione di mediare il ricambio organico fra uomo e natura, cioè la vita degli uomini.

Gli oggetti che consumiamo non nascono dal nulla, sono sempre combinazioni di due elementi, materia naturale e lavoro. Il procedimento dell'uomo nella sua produzione può essere soltanto quello stesso della natura: cioè semplice cambiamento delle forme dei materiali. E ancora: in questo stesso lavoro di formazione l'uomo è costantemente assistito da forze naturali. Quindi il lavoro non è l'unica fonte dei valori d'uso che produce, della ricchezza materiale. Come dice William Petty, il lavoro è il padre della ricchezza materiale e la terra ne è la madre.

Passiamo ora dalla merce in quanto oggetto d'uso al valore della merce.

Prendiamo per esempio due merci: 1 abito e dieci braccia di tela.
Marx fa l'ipotesi che l'abito ha valore doppio della tela e cioè 1 abito = venti braccia di tela.
Come valori, abito e tela sono cose di sostanza identica, espressioni oggettive di lavoro dello stesso genere, cambia solo la quantità.

Questo lavoro è dispendio di quella forza-lavoro semplice che ogni uomo comune possiede in media nel suo organismo fisico, senza particolare sviluppo.


Un lavoro più complesso vale soltanto come lavoro semplice potenziato o moltiplicato, cosicché una quantità minore di lavoro complesso è eguale a una quantità maggiore di lavoro semplice. L'esperienza insegna che questa riduzione avviene costantemente. Una merce può essere il prodotto del lavoro più complesso di tutti, ma il suo valore la equipara al prodotto di lavoro semplice e rappresenta quindi soltanto una determinata quantità di lavoro semplice. Le varie proporzioni nelle quali differenti generi di lavoro sono ridotti a lavoro semplice come loro unità di misura, nella lunga evoluzione storica vengono stabilite mediante un processo sociale estraneo ai produttori, e quindi appaiono a questi ultimi date dalla tradizione.

Ma abito e tela non sono soltanto valori in genere, bensì valori di una determinata grandezza; e secondo la nostra ipotesi l'abito ha valore doppio di dieci braccia di tela. Di dove viene questa differenza fra le loro due grandezze di valore? Dal fatto che la tela contiene soltanto la metà del lavoro dell'abito, cosicché per la produzione di quest'ultimo la forza-lavoro deve essere spesa durante un tempo doppio di quello occorrente per la produzione della tela.

Se la forza produttiva, diciamo, di tutti i lavori utili richiesti per la produzione di un abito, rimane immutata, la grandezza di valore degli abiti cresce col crescere della loro quantità. Se 1 abito rappresenta x giornate lavorative, 2 abiti rappresentano 2 x giornate lavorative, ecc. Ma ammettiamo che il lavoro necessario alla produzione di un abito cresca del doppio o diminuisca della metà. Nel primo caso un abito ha altrettanto valore quanto in precedenza ne avevano due, nel secondo caso due abiti hanno tanto valore quanto in precedenza ne aveva uno, benché nell'uno e nell'altro caso un abito renda prima e dopo gli stessi servizi e il lavoro utile contenuto in esso rimanga prima e dopo della stessa bontà. Ma si è cambiata la quantità di lavoro spesa nella sua produzione.
Una quantità maggiore di valore d'uso costituisce in sé e per sé una maggiore ricchezza materiale, due abiti sono più di uno. Con due abiti si possono vestire due uomini, con un abito se ne può vestire uno solo, ecc. Eppure alla massa crescente della ricchezza materiale può corrispondere una caduta contemporanea della sua grandezza di valore. Questo movimento antagonistico sorge dal carattere duplice del lavoro.

Quindi il lavoro utile diventa fonte più abbondante o più scarsa di prodotti in rapporto diretto con l'aumento o con la diminuzione della sua forza produttiva. Invece, un cambiamento della forza produttiva non tocca affatto il lavoro rappresentato nel valore preso in sé e per sé. [E cioè, l'invenzione di un attrezzo, per esempio, agevola sì il lavoro per cui in meno tempo si fanno più cose, ma questo non cambia il fatto che un'ora di lavoro vale sempre un'ora di lavoro! E un oggetto che contiene un'ora di lavoro sarà valutato socialmente per un'ora di lavoro.]

(Continua giovedì prossimo)

Parte 1 - 2
http://proletaricomunisti.blogspot.it/2014/11/pc-20-novembre-formazione-operaia-su-il.html
http://proletaricomunisti.blogspot.it/2014/11/pc-27-novembre-formazione-operaia-su-il.html

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