"SALARIO MINIMO" - A CHI SERVE?
Riportiamo stralci di un articolo postato nel 2014 fa su questo blog sul
"salario minimo".
Allora ne parlavano giornalisti, giullari dei padroni, ora è impegno del
governo ed entra nella contrattazione nazionale, per legittimare l'abbassamento
generale del salario nei CCNL.
"...In
questi giorni, mentre i padroni, si danno da fare per abbassare i salari degli
operai, escono su Sole 24 Ore (giornale della confindustria) articoli sulla
positività, convenienza per le aziende stesse di fissare per legge un
"salario minimo", al di sotto del quale le aziende non potrebbero
andare.
Un primo
paradosso è che questa proposta viene presentata come favorevole agli operai e
di conseguenza in controtendenza alla politica del padronato per cui nei suoi
desideri (e sempre più spesso nella realtà) non c'è un limite all'abbassamento
dei salari molto al di sotto delle retribuzioni in corso, già risicate. In
realtà non è così, perchè questa proposta di "salario minimo" ha l'unico
scopo di dare legittimità di legge al padronato per tagliare i salari e pagare
retribuzioni al di sotto di quelle dei CCNL.
Uno di
questi articoli "esemplari" è quello uscito il 26 gennaio di Fabrizio
Galimberti, intitolato "Il "salario minimo" fa bene al
lavoro". Ne riportiamo alcuni stralci:
"Bisognerebbe
pagare a chi lavora almeno un salario minimo? Ci dovrebbe essere una cifra -
che so, 5 euro all'ora - al di sotto della quale sarebbe illegale pagare i
lavoratori? Suppongo che voi, pensando al vostro futuro di lavoratori, non
avreste dubbi a dire di sì: non vogliamo essere sfruttati, ci dovrebbero dare
almeno x euro... Ed è giusto che lo Stato, in una situazione in cui il potere
negoziale dei datori di lavoro è superiore a quello dei lavoratori (vista la
crisi che c'è in giro), si preoccupi di piantare un paletto per stabilire un
livello di compenso al di sotto del quale non è giusto andare."
Già la
premessa è tutta un programma: "pagare almeno un salario minimo", che
qualche rigo dopo viene chiamato "compenso".
Intanto
chiariamo, contro chi vuole offuscarne la vera natura, cos'è il salario, cosa
percepisce
l'operaio.
l'operaio.
Il salario è
il prezzo dei mezzi di sostentamento necessari a riprodurre la forza-lavoro
dell'operaio, in questo per il capitalista la forza-lavoro è come una qualsiasi
altra merce il cui prezzo è stabilito sulla base del tempo medio/sociale
necessario alla sua produzione; ma l'operaio è una merce speciale che dopo aver
lavorato per un tempo x per riprodursi (lavoro necessario) continua a lavorare
gratis per il padrone e quindi a produrre plusvalore.
Quindi
intanto il salario non è un "compenso" dato dal capitalista per il
"lavoro fatto dall'operaio", ma il pagamento del tempo che serve
all'operaio per riprodursi come merce forza-lavoro. Quindi stando alle loro
stesse leggi capitalistiche, le aziende dovrebbero "almeno" pagare il
salario corrispondente al tempo necessario per la produzione dei beni, in
condizioni sociali date, che servono all'operaio per tornare il giorno dopo, il
mese dopo a lavorare per il capitale.
Invece, qui
si dice che "almeno" i capitalisti devono pagare un "salario
minimo", senza minimamente vergognarsi che questo salario è anche fuori
dalle stesse leggi del capitale. Qui siamo già nella illegalità - non è che l'illegalità
c'è solo se le aziende vanno al di sotto del "salario minimo".
Ma per F.
Galimberti, solo e soltanto, quando e se le aziende pagassero meno dei 5 euro
l'ora di "salario minimo", allora gli operai dovrebbero esclamare
"Sì, non vogliamo essere sfruttati..." - come se fino a 7/8 o anche
10 euro/dollari (come per es. ora dice Obama) non ci fosse sfruttamento.
E il
Galimberti chiama lo Stato a ratificare per legge questa illegalità di rapina
da parte dei padroni anche sul lavoro necessario dell'operaio.
Certo, i
padroni, i loro economisti non hanno limite alla rapina sul salario, per cui
tutto l'articolo si snocciola nel convincere i padroni che questo "salario
minimo" gli conviene...
"La
prima obiezione che farebbero - scrive Galimberti - è questa: se si introduce
un salario minimo si perdono posti di lavoro... Certamente - continua - si
tratta di una norma che interferisce col libero mercato. Non esiste un prezzo
minimo per le patate o il taglio dei capelli o il biglietto del cinema. Perchè
allora esiste questa norma per il lavoro?...".
Appunto,
perchè se la forza-lavoro è, quando il padrone la prende dal
"mercato", una merce come tutte le altre nel sistema capitalista non
deve "almeno" essere pagata con le stesse leggi delle altre merci?
Il
"libero mercato" è solo per il capitale che punta a trovare sul
mercato, mondiale, il costo della forza lavoro alle condizioni salariali e
normative a lui più favorevoli - e in generale solo la lotta degli operai in
varie fasi ha messo un argine alla ricerca del "massimo ribasso" -
sia dettando e utilizzando le leggi ai suoi governi, sia, soprattutto nella
fasi di crisi, utilizzando l'arma dei licenziamenti e l'aumento della massa dei
disoccupati; per gli operai non c'è un "libero mercato" ma solo la
legge dello sfruttamento.
Ma il nostro
giornalista insiste: vediamo negli altri paesi, il "salario minimo ha
danneggiato o no l'occupazione? La risposta è in generale favorevole
all'introduzione di un livello minimo di salario..."
E spiega poi
il perchè: “Mettiamo che in un mercato libero il salario che si verrebbe a
creare spontaneamente, per l’incontro fra domanda e offerta di lavoro, sia di 6
euro l’ora. Ma nella realtà – sempre una realtà lasciata a se stessa – si
riscontrano salari di 5 euro l’ora. Perché? Perché ci sono degli “attriti” nel
mercato del lavoro. Se un lavoratore vuole lasciare un posto che rende poco e
cercarne un altro, ci sono costi legati a questa ricerca: deve darsi da fare,
chiedere a destra e a sinistra… Allora, data l’esistenza di questi costi,
rimane dov’è e al datore di lavoro rimane il vantaggio di pagare 5 euro per
un’ora di lavoro che, in un mercato privo di “attriti”, costerebbe 6. Ecco che
in quel caso lo Stato sarebbe giustificato a introdurre un salario minimo di
6.
Ci possono
poi essere altre ragioni: per esempio, con un salario minimo più alto ci sono
maggiori costi per l’impresa ma anche più vantaggi. Se il lavoratore è più
contento, ci sarà meno andirivieni nella forza lavoro: dover frequentemente
assumere e formare lavoratori è un costo e una noia per l’impresa. Insomma, il
salario minimo, purché fissato a livelli adeguati… può far più bene che male”.
Galimberti
per rispondere all'obiezione per cui "un salario minimo ridurrebbe
l'occupazione", utilizza argomentazioni che non hanno alcuna base
scientifica e che vogliono unicamente affermare la legittimità di un salario
minimo per permettere, via legge, ai padroni di poter tagliare i salari (ma
fino ad un certo punto... - visto che lo Stato deve pur sempre tener conto
dell'interesse generale dei capitalisti e non di quello particolare di uno o
pochi capitalisti...).
Con queste
premesse di argomentazioni le conclusioni (per cui accettando un salario minimo
si difende l'occupazione), sono solo nella testa di Galimberti non nella
realtà.
Per arrivare
a queste conclusioni il giornalista (che tra l'altro dovrebbe "spiegare
l'economia ai ragazzi") usa affermazioni del tipo "il salario si
verrebbe a creare spontaneamente, per l’incontro fra domanda e offerta di
lavoro" - affermazioni che non stanno nè in cielo nè in terra.
Il nostro
uomo dà una rappresentazione di un mercato in cui conterebbero solo le
"libere volontà" del capitalista e del lavoratore, in cui entrambi
avrebbero uguale "libertà"; il nostro uomo nasconde che le
oscillazioni che ci possono essere tra domanda e offerta sul salario sono
minime, legate a fasi del sistema capitalista, ma ruotano sempre intorno al
valore della forza-lavoro stabilito dal prezzo dei beni necessari per la sua
riproduzione (prezzo, ripetiamo, anche a sua volta stabilito dal tempo di
lavoro per produrre quei beni).
Il nostro
uomo chiama "attriti" (?) nel mercato del lavoro, i mezzi vari e
anche violenti che il capitalista (sia singolo, sia come classe generale)
utilizza per abbassare o direttamente o indirettamente il salario.
Il nostro
uomo rappresenta la situazione di un lavoratore che smetterebbe di "darsi
da fare, chiedere a destra e a sinistra" per cercare un lavoro più
remunerativo solo per stanchezza, ma che avrebbe (se non si stancasse presto) tutta
la possibilità di andarsene da un'azienda e scegliersi un altro lavoro - alla
faccia di tutti i lavoratori che soprattutto oggi, nella crisi, vengono
cacciati (non che se ne vanno) dal loro posto di lavoro se non accettano i
tagli al salario e ai diritti, e vanno ad ingrassare la marea di disoccupati.
Per non
parlare poi della descrizione del capitalista che avrebbe tanto interesse che
"il lavoratore sia più contento (perchè così) ci sarà meno andirivieni
nella forza lavoro: (visto che) dover frequentemente assumere e formare
lavoratori è un costo e una noia per l’impresa"; un capitalista che
rinuncerebbe a licenziare i lavoratori e a prendere altri a cui potrebbe dare
un salario più basso soprattutto per "noia" - alla faccia dei piani
concreti del capitale che invece si muove eccome, fa "andirivieni",
licenzia qui e occupa all'estero per tagliare i costi del lavoro - e non gliene
può fregar di meno se il lavoratore è "contento" o no.
ALLA FINE,
TUTTA QUESTA "LEZIONE" E' SOLO PER FISSARE UN SALARIO MINIMO, NON PER
I PADRONI, PER GLI OPERAI!
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