La
"crescita" dei salari in Italia...
Marx
proseguendo la critica verso il cittadino Weston, prende in
considerazione la questione del denaro, perché Weston, coerente con
la sua visione, considera anche la massa del denaro circolante fissa,
ed è chiaro – secondo lui – che con una massa fissa di denaro,
non si può pagare una maggiore quantità di salario in denaro.
E’
evidente che questo per Weston è un “dogma”. Ma caduto il dogma
cade tutta la sua argomentazione.
Marx
spiega pazientemente che dato che nei diversi paesi la massa di
denaro è differente avremmo paesi in cui i salari potrebbero
aumentare e altri no. “Sarebbe
bastato
– dice Marx – un
maggiore approfondimento del denaro, della sue differenze, indagando
le leggi che permettono ai mezzi di pagamento di adattarsi a
condizioni che variano costantemente per comprendere che questo
argomento contro l’aumento dei salari è inconsistente”.
Marx
scrive. “Egli
(Weston) si
oppone ad un aumento dei salari, oppure ad alti salari come risultato
di
un tale aumento. Ora io gli domando: - che cosa sono gli alti salari
e che cosa sono i bassi salari Perché, per esempio, cinque scellini
la settimana sono considerati come un salario basso, e venti scellini
come un salario alto?”.
Con la stessa logica possiamo dire che “se
cinque è basso in confronto a venti, venti è ancora più basso in
confronto a duecento”.
E’ come ragionare col termometro...
“Egli
non sarà in grado di dirmi perché una determinata somma di denaro
viene pagata per una determinata quantità di lavoro. Se egli mi
rispondesse: - la cosa viene fissata dalla legge dell’offerta e
della domanda, - allora gli domanderei subito da quale legge sono
regolate a loro volta l’offerta e la domanda”.
I
rapporti tra domanda e offerta hanno variazioni continue e insieme
con esse variano i prezzi del mercato del lavoro. Ma se i salari
dipendessero da questo, che senso ha declamare contro l’aumento dei
salari? Dato che sarebbe inevitabile che a maggiore domanda
corrispondano salari più alti e se l’offerta supera la domanda,
salari più bassi.
Quello
che non spiega tutto questo ragionamento è: perché per una
determinata quantità di lavoro viene corrisposta una determinata
somma di denaro.
“La
domanda e l’offerta non regolano altro che le oscillazioni
temporanee dei prezzi di mercato. Esse vi spiegheranno perché il
prezzo di mercato di una merce sale al di sopra o cade al di sotto
del suo valore. Ma non vi possono mai spiegare questo valore”.
Domanda
e offerta, ci dicono gli economisti, si equilibrano. E quindi il
prezzo di mercato tende al suo valore reale. Ma il problema che
abbiamo è indagare la natura di questo valore.
Marx
qui pone con chiarezza il punto che svilupperà successivamente e poi
in forma scientifica compiuta ne Il Capitale - “Il
valore di una merce non dipende dal rapporto tra domanda e offerta di
quella merce, ma dipende dal tempo di lavoro necessario per
produrla”.
Tale valore non coincide col “prezzo di mercato”, perché
quest’ultimo dipende dall’influenza della domande e dell’offerta,
mentre il valore no, e non coincide meccanicamente con essa.
Quindi,
l’aumento dei prezzi mai può essere addotto come argomento contro
l’aumento dei salari. E in particolare contro la lotta per
l’aumento dei salari.
Gli
operai, ieri, oggi e domani, possono valutare tranquillamente sulla
loro pelle e con la loro testa che quando i rapporti di forza tra
padroni e operai fanno sì che gli operai non ottengano aumenti dei
salari e che quindi il loro salario cala, i prezzi continuano lo
stesso ad aumentare e mentre difendono l’aumento dei profitti o la
tenuta di essi, il salario cala.
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