sabato 22 giugno 2019

22 giugno - info: Genova Portuali contro le navi saudite. Una lettera da lavoratori a lavoratori

Ai lavoratori della TEKNEL srl di Roma
Genova, 21 giugno 2019.
  Siamo i portuali di Genova che sono scesi in sciopero per bloccare in due occasioni il carico sulla nave Bahri Yanbu e poi sulla Bahri Jazan dei generatori elettrici spediti dalla vostra azienda alla Guardia nazionale Saudita nel quadro di un contratto di forniture militari in corso dal 2018. Lo abbiamo fatto perché abbiamo verificato che la Guardia saudita è un corpo militare impegnato nella guerra civile in Yemen, guerra che è stata indicata dall’ONU come il teatro di una immane catastrofe umanitaria di cui l’Arabia saudita è uno dei principali responsabili. Inoltre abbiamo verificato che le apparecchiature spedite fanno parte dei lotti di produzione per i quali la Teknel ha chiesto espressa autorizzazione al Ministero per l’esportazione di materiale militare.
Nonostante ciò, abbiamo dovuto assistere alla farsa delle dichiarazioni della vostra direzione che ha cercato in tutti i modi nascondere la verità sulla natura militare della spedizione di fronte all’autorità, al sindacato e all’opinione pubblica, creando una situazione di inganno insostenibile per i lavoratori, oltre che per la legge. Noi non crediamo di ergerci al ruolo di salvatori dell’umanità o di giudici dei
mali del mondo. Ma questa spedizione su quelle navi della flotta di stato saudita adibite sistematicamente al trasporto di armi alla volta dell’Arabia con lo scopo di fomentare la guerra in Yemen ci è parsa l’occasione per mandare un messaggio al Governo e al Parlamento italiano, in coerenza con quanto previsto dalla Costituzione e dalla legge 185 del 1990 sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento.

L’Italia sospenda la vendita di armi all’Arabia Saudita, unendosi così alla lista di Paesi che già lo hanno fatto o lo stanno facendo, ovvero Svizzera, Germania, Austria, Danimarca, Norvegia, Finlandia, Belgio, Olanda e Gran Bretagna. Persino il Senato USA, ossia del più forte alleato della dittatura saudita – è notizia di queste ore – ha bloccato il piano di Trump di vendita di armi ai sauditi per il loro ruolo nel sanguinosissimo conflitto nello Yemen. Abbiamo voluto mandare anche un ulteriore messaggio al Governo su una altra questione che ci sta a cuore. Noi apparteniamo a una storia e a una cultura marinara e portuale in cui il soccorso e l’accoglienza sono valori fondamentali e in cui il commercio civile è praticato come mezzo per la prosperità dei popoli. Per questo è intollerabile per noi assistere alla chiusura da parte del Governo dei porti per coloro che fuggono dai teatri di guerra, dalle dittature e dalle privazioni economiche e morali, mentre il Governo li lascia aperti al traffico di armi che producono direttamente e indirettamente quei fuggitivi. È un cinico riciclo, su cui profittano dei capitali immorali, di strumenti di morte che si trasformano in persone in fuga su cui profittano delle forze politiche xenofobe, sostenute da quei capitali, che costruiscono il loro consenso sociale e elettorale sulla demonizzazione e criminalizzazione dei profughi e dei migranti. Noi siamo contro e saremo sempre contro quei capitali e quelle forze politiche. Perché vi scriviamo, oltre che per dichiararvi le nostre motivazioni? Perché siete lavoratori come noi e la vostra direzione e alcuni politici ci hanno accusato di danneggiare con questa esportazione anche la vostra occupazione. Insomma di mettere in pericolo il vostro posto di lavoro. È questo un problema serio che non pretendiamo di affrontare in due righe né di risolvere da soli noi portuali la grande questione della riconversione industriale di pace dei siti di produzione militare. Noi diciamo però che anche su questo tema l’azienda non dice tutta la verità. Abbiamo letto i bilanci della vostra azienda e abbiamo visto che si trattava di un’azienda che produceva generatori solo per il mercato civile fino a qualche anno fa, quando ha deciso di passare al militare che offre margini di ricavo e di profitto molto più alti. Infatti dal 2016 al 2018 sono cresciuti il fatturato (+59%) e gli utili (+100%), mentre l’occupazione diretta è rimasta invariata (13 addetti).
Tuttavia le spese del personale sono diminuite (- 4%), alla faccia della tutela e della valorizzazione dell’occupazione decantata dalla vostra direzione. Vi invitiamo quindi a vigilare sulla vostra occupazione non perché minacciati dal nostro sciopero, bensì dalla politica aziendale che ha aumentato di oltre il 60% le spese per servizi acquistati, di cui certamente una gran parte sarà costituita da appalti e subappalti. Ma soprattutto occorrerà vigilare sul fatto che la TEKNEl nel 2018 ha acquistato per soli 5000 euro una fabbrica in Portogallo, la KSIM Lda, per cui ha immediatamente ottenuto dal governo portoghese la licenza per le produzioni militari. Data la convenienza dei salari portoghesi rispetto a quelli italiani viene logico da pensare che la TEKNEL più che alla tutela dell’occupazione italiana diretta si stia muovendo per l’esternalizzazione in Italia e soprattutto per la delocalizzazione in Portogallo. Restiamo in ogni caso pronti a incontrarci e a discutere con voi apertamente, insieme ai rispettivi sindacati, da lavoratori a lavoratori onestamente, senza gli inganni di coloro che profittano sul nostro lavoro e che si fanno scudo della nostra occupazione quando gli conviene ma già sono pronti a eliminarci se hanno l’occasione di aumentare i loro utili.
I portuali genovesi che hanno bloccato il carico degli armamenti TEKNEL destinati all’Arabia saudita per la guerra in Yemen.


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