Ai
lavoratori della TEKNEL srl di Roma
Genova,
21 giugno 2019.
Siamo
i portuali di Genova che sono scesi in sciopero per bloccare in due
occasioni il carico sulla nave Bahri Yanbu e poi sulla Bahri Jazan
dei generatori elettrici spediti dalla vostra azienda alla Guardia
nazionale Saudita nel quadro di un contratto di forniture militari in
corso dal 2018. Lo abbiamo fatto perché abbiamo verificato che la
Guardia saudita è un corpo militare impegnato nella guerra civile in
Yemen, guerra che è stata indicata dall’ONU come il teatro di una
immane catastrofe umanitaria di cui l’Arabia saudita è uno dei
principali responsabili. Inoltre abbiamo verificato che le
apparecchiature spedite fanno parte dei lotti di produzione per i
quali la Teknel ha chiesto espressa autorizzazione al Ministero per
l’esportazione di materiale militare.
Nonostante
ciò, abbiamo dovuto assistere alla farsa delle dichiarazioni della
vostra direzione che ha cercato in tutti i modi nascondere la verità
sulla natura militare della spedizione di fronte all’autorità, al
sindacato e all’opinione pubblica, creando una situazione di
inganno insostenibile per i lavoratori, oltre che per la legge. Noi
non crediamo di ergerci al ruolo di salvatori dell’umanità o di
giudici dei
mali del mondo. Ma questa spedizione su quelle navi della flotta di stato saudita adibite sistematicamente al trasporto di armi alla volta dell’Arabia con lo scopo di fomentare la guerra in Yemen ci è parsa l’occasione per mandare un messaggio al Governo e al Parlamento italiano, in coerenza con quanto previsto dalla Costituzione e dalla legge 185 del 1990 sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento.
mali del mondo. Ma questa spedizione su quelle navi della flotta di stato saudita adibite sistematicamente al trasporto di armi alla volta dell’Arabia con lo scopo di fomentare la guerra in Yemen ci è parsa l’occasione per mandare un messaggio al Governo e al Parlamento italiano, in coerenza con quanto previsto dalla Costituzione e dalla legge 185 del 1990 sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento.
L’Italia
sospenda la vendita di armi all’Arabia Saudita, unendosi così alla
lista di Paesi che già lo hanno fatto o lo stanno facendo, ovvero
Svizzera, Germania, Austria, Danimarca, Norvegia, Finlandia, Belgio,
Olanda e Gran Bretagna. Persino il Senato USA, ossia del più forte
alleato della dittatura saudita – è notizia di queste ore – ha
bloccato il piano di Trump di vendita di armi ai sauditi per il loro
ruolo nel sanguinosissimo conflitto nello Yemen. Abbiamo voluto
mandare anche un ulteriore messaggio al Governo su una altra
questione che ci sta a cuore. Noi apparteniamo a una storia e a una
cultura marinara e portuale in cui il soccorso e l’accoglienza sono
valori fondamentali e in cui il commercio civile è praticato come
mezzo per la prosperità dei popoli. Per questo è intollerabile per
noi assistere alla chiusura da parte del Governo dei porti per coloro
che fuggono dai teatri di guerra, dalle dittature e dalle privazioni
economiche e morali, mentre il Governo li lascia aperti al traffico
di armi che producono direttamente e indirettamente quei fuggitivi. È
un cinico riciclo, su cui profittano dei capitali immorali, di
strumenti di morte che si trasformano in persone in fuga su cui
profittano delle forze politiche xenofobe, sostenute da quei
capitali, che costruiscono il loro consenso sociale e elettorale
sulla demonizzazione e criminalizzazione dei profughi e dei migranti.
Noi siamo contro e saremo sempre contro quei capitali e quelle forze
politiche. Perché vi scriviamo, oltre che per dichiararvi le nostre
motivazioni? Perché siete lavoratori come noi e la vostra direzione
e alcuni politici ci hanno accusato di danneggiare con questa
esportazione anche la vostra occupazione. Insomma di mettere in
pericolo il vostro posto di lavoro. È questo un problema serio che
non pretendiamo di affrontare in due righe né di risolvere da soli
noi portuali la grande questione della riconversione industriale di
pace dei siti di produzione militare. Noi diciamo però che anche su
questo tema l’azienda non dice tutta la verità. Abbiamo letto i
bilanci della vostra azienda e abbiamo visto che si trattava di
un’azienda che produceva generatori solo per il mercato civile fino
a qualche anno fa, quando ha deciso di passare al militare che offre
margini di ricavo e di profitto molto più alti. Infatti dal 2016 al
2018 sono cresciuti il fatturato (+59%) e gli utili (+100%), mentre
l’occupazione diretta è rimasta invariata (13 addetti).
Tuttavia
le spese del personale sono diminuite (- 4%), alla faccia della
tutela e della valorizzazione dell’occupazione decantata dalla
vostra direzione. Vi invitiamo quindi a vigilare sulla vostra
occupazione non perché minacciati dal nostro sciopero, bensì dalla
politica aziendale che ha aumentato di oltre il 60% le spese per
servizi acquistati, di cui certamente una gran parte sarà costituita
da appalti e subappalti. Ma soprattutto occorrerà vigilare sul fatto
che la TEKNEl nel 2018 ha acquistato per soli 5000 euro una fabbrica
in Portogallo, la KSIM Lda, per cui ha immediatamente ottenuto dal
governo portoghese la licenza per le produzioni militari. Data la
convenienza dei salari portoghesi rispetto a quelli italiani viene
logico da pensare che la TEKNEL più che alla tutela dell’occupazione
italiana diretta si stia muovendo per l’esternalizzazione in Italia
e soprattutto per la delocalizzazione in Portogallo. Restiamo in ogni
caso pronti a incontrarci e a discutere con voi apertamente, insieme
ai rispettivi sindacati, da lavoratori a lavoratori onestamente,
senza gli inganni di coloro che profittano sul nostro lavoro e che si
fanno scudo della nostra occupazione quando gli conviene ma già sono
pronti a eliminarci se hanno l’occasione di aumentare i loro utili.
I
portuali genovesi che hanno bloccato il carico degli armamenti TEKNEL
destinati all’Arabia saudita per la guerra in Yemen.
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