Questo
nuovo, più breve ciclo, si basa sul testo "Salario prezzo e
profitto", in cui Marx spiega in maniera molto chiara "il
rapporto tra salario e profitto nella società capitalistica sulla
base delle leggi economiche fondamentali da lui analizzate nel
Capitale" (dalla presentazione di Editori Riuniti).
Esso
è frutto di un'esposizione che Marx fece nel 1865, nella sede del
Consiglio generale dell'Internazionale, per rispondere alle
concezioni errate che uno dei suoi membri, J. Weston, aveva sostenuto
sugli effetti di un aumento dei salari. Questo testo fu pubblicato
solo anni dopo la morte di Marx, dalla figlia Eleonor che lo trovò
tra le carte del padre. E' importante sia per la comprensione
scientifica del rapporto tra, appunto, salario/prezzo e profitto, sia
per impossessarci degli strumenti teorici per dare gambe alla
battaglia centrale oggi dell'aumento del salario, perchè essa è
giusta, liberandola da tutte le pseudo teorie borghesi di economisti
da strapazzo che hanno invece interesse a dimostrare che la lotta per
l'aumento del salario non si debba fare.
Oggi,
riportiamo, a premessa, le "Osservazioni preliminari" fatte
da Marx, prima di entrare nell'argomento e alcune nostri appunti.
Osservazioni
preliminari
Cittadini!
Permettetemi, prima che mi addentri nell'argomento vero e proprio della mia esposizione, di fare alcune osservazioni preliminari.
Permettetemi, prima che mi addentri nell'argomento vero e proprio della mia esposizione, di fare alcune osservazioni preliminari.
Regna
oggi sul Continente una vera epidemia di scioperi e una richiesta
generale di aumento di salario. La questione si presenterà al nostro
congresso. Voi, che siete alla testa dell'Associazione
internazionale, dovete avere opinioni molto precise su questa
importante questione. Considero perciò mio dovere esaminare a fondo
il problema, anche a costo di porre la vostra pazienza a dura prova.
Una
seconda osservazione preliminare devo fare a proposito del cittadino
Weston*. Egli
non solo ha sviluppato davanti a voi, ma ha anche difeso apertamente concezioni che sa essere molto malviste dagli operai, ma che egli ritiene favorevoli ai loro interessi. Una tale prova di coraggio morale deve essere apprezzata altamente da ognuno di noi. Spero che, malgrado lo stile disadorno della mia esposizione, egli riconoscerà alla fine di essa che io concordo con quella che mi sembra essere la idea giusta che sta alla base delle sue tesi, le quali però, nella loro forma attuale, non posso non considerare come teoricamente false e praticamente pericolose.
non solo ha sviluppato davanti a voi, ma ha anche difeso apertamente concezioni che sa essere molto malviste dagli operai, ma che egli ritiene favorevoli ai loro interessi. Una tale prova di coraggio morale deve essere apprezzata altamente da ognuno di noi. Spero che, malgrado lo stile disadorno della mia esposizione, egli riconoscerà alla fine di essa che io concordo con quella che mi sembra essere la idea giusta che sta alla base delle sue tesi, le quali però, nella loro forma attuale, non posso non considerare come teoricamente false e praticamente pericolose.
E
passo senz'altro all'argomento in questione.
*Nota
- L'operaio inglese Weston difendeva al Consiglio generale
dell'Associazione internazionale degli operai la tesi secondo la
quale un aumento del salario monetario non avrebbe come effetto un
corrispondente aumento del potere d'acquisto, in quanto, se il
salario in denaro (o salario nominale) aumentasse, il capitalista
reagirebbe a tale aumento alzando i prezzi delle merci di prima
necessità richiesta dai lavoratori di tanto quanto basta per
annullare l'aumento salariale conseguito. Sicché in definitiva,
secondo tale tesi (che ancor oggi è difesa da molti economisti con
una più sottile argomentazione di quella usata qui da Weston), il
salario reale (ossia il salario calcolato in termini delle merci che
con esso potrebbero acquistarsi) non potrebbe elevarsi come risultato
delle lotte rivendicative dei lavoratori. L'assurda conseguenza di
tale tesi è che queste stesse lotte apparirebbero vane e persino
nocive.
*****
Oggi,
purtroppo, non regna in Italia quella che Marx chiama: "una
vera epidemia di scioperi e una richiesta generale di aumento di
salario".
Pur se di aumento del salario c'è eccome necessità, visto che i
prezzi, le tariffe, il costo dei servizi, in generale i costi per
vivere, diventano sempre più cari e il salario dei lavoratori
diventa sempre più basso e i rinnovi contrattuali sono fermi da anni
sia nelle fabbriche che in tutti i posti di lavoro.
L'aumento
del salario è scomparso anche dal dibattito, cosa scontata per
padroni, governo. Ma anche tra i lavoratori c'è una sorta di
impotente lamentela, messi in difesa/ricattati dal rischio di perdere
il lavoro che hanno.
Per
i grandi capitalisti, come per i padroni medi e piccoli, il salario
viene ad essere sempre più una sorta di concessione, un "costo
ingiusto" che devono sborsare dalle "loro tasche",
come se il salario non lo produca/ricostruisca lo stesso operaio con
una parte del suo tempo di lavoro (l'altra parte, quella più grande,
quella in cui l'operaio lavora gratis per il profitto del padrone si
è ampliata sempre di più, a maggior ragione in questo lungo periodo
di crisi, con il moderno allungamento della giornata lavorativa
o l'aumento della produttività). Quindi i padroni per non sborsare
loro soldi veri per aumentare di un poco (pochissimo) il salario
fermo da anni, usano due strade: scaricarlo sullo Stato, che dovrebbe
ridurre la tassazione, aumentare le detrazioni fiscali, ridurre i
contributi; trasformare una parte del salario in "buoni",
con una politica di welfare, che alla fine fa rientrare dalla
finestra per i padroni e lo Stato quello che è uscito dalla porta.
Per
il governo il salario è diventato al massimo un "sussidio"
per cui gli operai, i veri produttori della ricchezza nazionale, sono
paragonati ai poveri.
Quello
che via via sia padroni sia governi, con economisti, giornalisti da
strapazzo al loro servizio, hanno cercato di nascondere, di
confondere - con un ruolo in questo decisivo dei sindacati
collaborazionisti - è cosa è effettivamente il salario, chi lo
produce, perchè gli aumenti dei profitti non vedono altrettanti
aumenti salariali, ecc.
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