TANTO
PIOVVE CHE TUONÓ.
Il
SAP [Sindacato autonomo di polizia, ndr] DI MODENA ESCE ALLO SCOPERTO
E RIVENDICA LA MATTANZA CONTRO I SINDACALISTI DEL SI COBAS E LE
OPERAIE ITALPIZZA.
Evidentemente
negli piani alti della Polizia di Stato inizia ad affiorare un certo
nervosismo dopo che gli “umili servitori dello Stato” al servizio
dei padroni di Italpizza sono stati colti con le mani nel sacco da
quelle stesse telecamere che Ottorino Orfello [segretario di modena
del SAP, ndr], in una lettera inviata al quotidiano online “La
Pressa”
lo scorso 20 giugno, invoca quale “dotazione necessaria” sui
caschi di ogni suo collega. Ma i fatti hanno la testa dura, e i video
che in questi giorni hanno svelato agli occhi di migliaia di persone
la brutalità della “squadra mobile” di Modena testimoniano che
il “disgusto” provato dal SAP non è tanto verso le (giuste)
parole usate dal coordinatore SI Cobas Simone Carpeggiani al
consiglio comunale di Modena, quanto piuttosto verso le lotte operaie
e lo strumento dello sciopero.
Questi signori odiano e disprezzano
gli operai a tal punto da arrivare ad affermare che degli atti
vigliacchi e meschini come quello di gassare delle donne lavoratrici
indifese e disarmate durante uno sciopero (vedi al riguardo il video)
o spaccare 4 costole a un sindacalista, sarebbero strumenti necessari
a tutelare la “sicurezza” e la “legalità”, e magari
indispensabili per evitare “un ritorno agli anni ’70”. Non
sappiamo a quali anni’ 70 alludono i signori del SAP: a noi i
pestaggi a freddo e l’accanimento su persone inermi a cui abbiamo
assistito fuori ai cancelli di Italpizza ricordano sicuramente i
periodi più oscuri della storia italiana del secondo dopoguerra:
quelli dei servizi segreti deviati, delle collusioni e della
complicità delle forze dell’ordine con le trame nere fasciste e
stragiste, o quelli (più recenti) della “macelleria messicana”
di Genova 2001. D’altronde, che una parte importante dei vertici
istituzionali e della Questura di Modena facciano un tifo tutt’altro
che disinteressato per i padroni schiavisti ed evasori della filiera
agroalimentare modenese noi non lo scopriamo certo con la vertenza
Italpizza, se è vero che tra coloro che invocano il pugno duro
contro gli scioperi ci sono quegli stessi organi dello Stato
democratico che ricevevano prosciutti dalla famiglia Levoni in cambio
della compiacenza fiscale o che due anni fa esultavano come bambini
assieme ai (loro) padroni per l’arresto di Aldo Milani dopo aver
orchestrato quella che anche il Tribunale di Modena ha riconosciuto
essere null’altro che una squallida montatura giudiziaria. Ma
l’odio antioperaio dei signori del SAP (cui si sono subito uniti i
loro colleghi del SIULP [Sindacato
Italiano
Unitario Lavoratori
Polizia, ndr])
è talmente cieco da perdere il senso della realtà, tanto da tentare
addirittura di smentire le stesse telecamere in occasione della
squallida aggressione a freddo nei confronti di Marcello Pini:
quest’ultimo viene accusato dal SAP di aver proferito chissà quali
offese nei confronti della Polizia mentre il video attesta in maniera
inconfutabile come in quegli attimi il nostro responsabile locale non
faceva altro che tentare di dissuadere e placare in maniera del tutto
pacifica la furia delle “forze dell’ordine” contro le
lavoratrici in sciopero (vedi al riguardo il video).
Non è nostra intenzione aprire una diatriba col SAP: sarebbe un
esercizio inutile in quanto parliamo lingue talmente diverse da
rendere impossibile ogni reciproca comprensione delle rispettive
tesi. E perché del resto si sa, alla fine della fiera “loro
eseguono solo gli ordini” e dunque per loro in nome di quegli
ordini è legittima ogni forma di violenza. Per quanto ci riguarda,
ci preme solo precisare che non siamo minimamente spaventati da ogni
eventuale accertamento dei fatti nelle sedi giudiziarie competenti
così come paventato dal signor Orfelli, tutt’altro. Come
organizzazione sindacale, più che discettare di ordine e disciplina
con chi esegue “ordini” provenienti dall’alto, ci interessa
soffermarci sul profilo e la natura di chi quegli ordini li
impartisce, nonché smascherare quell’ampia schiera di ipocriti ed
opportunisti che di fronte a un attacco armato al diritto di sciopero
preferiscono girare la testa dall’altra parte, magari illudendosi
che un tale trattamento sia riservato solo al SI Cobas e sperando di
trarre qualche misero vantaggio dal clima di caccia alle streghe
scatenato contro di noi. Riguardo ai mandanti, non abbiamo dubbi che
negli ultimi tempi a dar man forte alla storica e arcinota rete del
malaffare modenese (padroni-Cooperative-vertici istituzionali locali
e sindacati collusi) sia giunto in soccorso il governo centrale e il
Ministero degli interni, che da un lato, con il decreto-sicurezza 1 e
2, hanno definitivamente messo fuorilegge gli scioperi e le lotte
sociali e dall’altro, con lo “Sblocca cantieri”, hanno dato ai
padroni ancor più mano libera sulla gestione di appalti e
subappalti. Basta limitarsi alla cronaca dell’ultima settimana per
capire che i cancelli di Italpizza siano solo la punta dell’iceberg
di una guerra senza esclusione di colpi contro il sindacalismo
conflittuale e in particolare il SI Cobas: dal “cordone sanitario”
messo in piedi il 14 giugno a Napoli dalla Questura per impedire la
nostra partecipazione alla manifestazione dei metalmeccanici ai
ripetuti agguati avvenuti alla Gruccia Creations di Prato contro gli
operai in sciopero attraverso una “santa alleanza” tra poliziotti
e picchiatori privati al servizio dei padroni del distretto cinese,
fino ad arrivare alla Bellentani (ancora Modena) laddove il padrone
ha assunto direttamente una squadra di mercenari per provocare ed
aggredire i nostri iscritti all’interno dell’azienda. Lo abbiamo
affermato già in tempi non sospetti: la crisi spinge la borghesia e
il loro stato a gettare la maschera e a liberarsi di ogni orpello
democratico pur di mantenere intatto il suo dominio su milioni di
lavoratori e sull’intera società, e questa tendenza porta
inevitabilmente a sostituire lo “stato di diritto” con lo stato
di polizia al fine di schiacciare ogni resistenza e ogni opposizione.
D’altronde, in queste ore ci ha pensato il “signor” Barbagallo,
il mister 300 mila euro l’anno segretario della Uil, a chiarire i
termini della questione: per evitare danni ai suoi poveri amici
padroni, l’unico sciopero consentito dovrà essere quello
“virtuale”, vale a dire che se un operaio è sfruttato, affamato
o ricattato, potrà scioperare solo… andando ugualmente a lavorare
ma senza essere pagato. Il tutto, precisa il signor 300 mila euro
l’anno, “per fermare quei facinorosi dei sindacati di base”…
Che un orrore del genere provenga non dalle menti di un leghista,
bensì da un autorevole esponente del cosiddetto “fronte
democratico” e antisalviniano di professione, la dice lunga sul
fatto come la posta in palio delle dispute elettorali e dei finti
scioperi della triplice confederale verta solo ed unicamente sul nome
e sulla tinteggiatura esteriore dei musicanti, mentre lo spartito
resta sempre lo stesso. Non è un caso che questi personaggi, sempre
puntuali a lagnarsi in parlamento o sulla stampa per le malefatte del
governo, fuori ai cancelli in cui si consuma quotidianamente la
mattanza dei diritti sul lavoro, non si vedono mai: ciò non ci
sorprende, se è vero che la cosiddetta “sinistra” è stata
artefice e complice dell’attacco ai diritti dei lavoratori ben
prima (e talvolta ancor più) di Salvini. Ma fuori ai cancelli non si
vedono neanche le “anime belle” del M5S, quelle che pur di
raccattare qualche consenso si spacciano per amiche dei lavoratori e
fanno persino (sic!) interrogazioni parlamentari contro il caporalato
o lo “scandalo Italpizza”, per poi abbassare la testa un minuto
dopo e continuare a dire signorsì a ogni provvedimento reazionario
del duo Di Maio-Salvini. La nostra denuncia condotta dal SI Cobas al
consiglio Comunale di Modena non è stata contro questo o quel
partito o amministrazione, quanto contro il sistema nel suo
complesso: un sistema fondato sullo sfruttamento che, come una
piovra, ha i suoi tentacoli ben affondati nell’intero arco
politico-istituzionale. La lotta in Italpizza contro la
contrattazione pirata e i salari differenziati prosegue, malgrado la
Cgil col suo ennesimo voltafaccia abbia abbandonato lo sciopero
andandosi a sedere a un tavolo di trattativa che non ha prodotto
nulla. La lotta prosegue non perché lo decide il SI Cobas, ma perché
le leonesse di Italpizza che sono in prima fila da mesi fuori ai
cancelli meritano un esistenza di gran lunga più dignitosa di quella
schiavitù che finora le hanno prospettato padroni, politici e
sindacati collusi. Con buona pace del SAP e delle nostalgie del
ventennio che continuano ad albergare in buona parte della Questura
di Modena.
SI
Cobas nazionale
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