giovedì 16 novembre 2023

AL SALUMIFICIO BERETTA DI TREZZO A POCHE ORE DI DISTANZA UN INCIDENTE FOTOCOPIA A QUELLO CHE HA UCCISO ANILA. IL PROFITTO E’ MORTALE ANCHE SE QUESTA VOLTA E’ STATO PIU’ VELOCE UN COLLEGA.

 

Due incidenti mortali il 14 novembre. E diversi, troppi.

Nel polo chimico di Ravenna, nel cantiere che fa capo al consorzio Ravenna Servizi Industriali e che risulta affidato in appalto alla cooperativa ravennate Acmar, che a sua volta ha subappaltato i lavori, Stefano Poleti 59 anni, sceso dal suo mezzo per coordinarsi con il collega, è stato ucciso colpito da un escavatore guidato da un operaio di un’altra scoietà di appalto. Questa filiera di subappalti, che taglia i costi ad ogni passaggio, che il governo Meloni, con l’intervento specifico di Salvini, ha liberalizzato e depenalizzato, significa operai mandati allo sbaraglio nei cantieri senza coordinamento, con tempi di intervento tirati che spingono ad agire in fretta, dove l’organizzazione spesso diventa la buona volontà dei lavoratori, ovviamente inadatta e che viene pagata con il sangue.

Anila Grishaj di 26 anni, operaia della Bocon, è stata schiacciata e uccisa, da un robot pallettizzatore, su cui era intervenuta per un mal funzionamento. Questa è una importante dichiarazione riportata dalla stampa che ci dobbiamo mettere bene in testa: “Esprimiamo tutto il cordoglio e la rabbia per il ripetersi di omicidi sul lavoro e le condoglianze a famiglia e tutte le persone vicine alla giovane lavoratrice» commenta Augustin Breda, RSU Fiom Cgil «Si può morire così, solo se le sicurezze del macchinario sono state rimosse, alterate e ciò accade spesso. Ecco perché si dovrebbe parlare di omicidio sul lavoro. In questo caso un robot transpallet di movimentazione materiale ha colpito alla testa la lavoratrice. Questo è impossibile che accada senza aver manomesso le sicurezze. E se accade è perché quella è la prassi. Non una fatalità...

E poco c’è mancato che il terzo morto fosse a a Trezzo.

Perché finire tra i bracci di un robot pallettizzatore, per un bancale incastrato, come è successo al Salumificio Beretta pochi minuti prima della fine del turno di notte, ad un giovane operaio, come è evidente, si rischia la vita. Una robot pallettizzatore ha colpito l’operaia a Treviso schiacciandole le vertebre. Al Salumificio il pronto intervento di un collega ha fermato l’impianto e le lesioni, pur importanti, non sono state mortali. L’infortunio ha scosso le operaie e gli operai della fabbrica, il sangue, l’ambulanza e carabinieri attorno agli impianti, la preoccupazione per l’operaio preso dalla macchina come fosse un cartone di salumi. È chiaro, ‘non te lo aspetti mai che capiti vicino a te’. Con tutti i migliori auguri per il lavoratore ferito, gli operai però sanno, che non possono affidarsi alla fortuna, ‘questa volta è andata bene’…

Le protezioni degli organi in movimento devono IMPEDIRE il contatto tra macchina in movimento e gli operai. O le porte chiudono lo spazio di azione dell’impianto, devono cioà segregare, impedire l’accesso, o devono bloccare il movimento quando vengono aperte o ci sono gli interventi. Questo prevede il TU sulla sicurezza, applicando tutti i dispositivi necessari, con la tecnologia meccanica o elettronica che sia, come le fotocellule. QUESTA E’ RESPONSABILITA’ DELL’AZIENDA.

Gli infortuni, sono il frutto del profitto, ritmi sempre più alti per fare produzione con meno costi, tempi più veloci, mai fermare le macchine, sulle linee meno operai e sempre più precari, sottopagati e disposti a tutto, o convinti dall’illusione dei cosiddetti premi, poche briciole, come un’elemosina data per correre, che non ripaga dei salari da fame e della fatica extra, dei pericoli che si corrono. Così si abbassano solo le difese, si subiscono le condizioni imposte dalle aziende, si alzano i rischi. Anche per questo ci vogliono aumenti veri della paga.

Questo nuovo incidente, che segue i troppi già successi in tutta la fabbrica, compresi quelli non denunciati, è comunque un avvertimento. Non sprechiamolo. L’azienda si è interessata alle condizioni dei macchinari, per farli ripartire prima possibile. Gli operai invece, devono guardare alle proprie mansioni con gli occhi di chi dice ‘senza sicurezza non devo lavorare’. Gli operai sono la parte interessata al controllo delle condizioni di lavoro. Slai Cobas sostiene l'autorganizzazione in fabbrica, il coordinandosi in una RETE NAZIONALE PER LA SICUREZZA, come strumenti di intervento, perchè i capi che spingono per i record produttivi, alzano i profitti dei padroni,  aumentando i rischi e lo sfruttamento per le operaie e gli operai.

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