martedì 15 ottobre 2024

15 ottobre - La crisi Stellantis, lo sciopero del 18, la nostra posizione e azione

 

La situazione delle fabbriche è sotto la nostra lente da sempre perché riteniamo che senza una ripresa della lotta e dell'organizzazione sindacale di classe nelle fabbriche, senza il reingresso degli operai in prima fila nel movimento generale di lotta contro il governo e senza la partecipazione, la posizione operaia nei confronti dei grandi temi della guerra, della situazione in Palestina, della repressione, il movimento nel nostro paese non può fare quel salto di qualità necessario per difendere gli interessi della classe operaia e delle masse popolari.

Però nelle fabbriche la situazione dal punto di vista degli operai va sempre peggio. Le fabbriche Stellantis sono in profonda crisi e tutti i discorsi su ripresa e piani futuri ogni giorno vengono smentiti dai fatti. Tutto il gruppo attraversa una crisi profonda che vede nella maggior parte dei casi la cassa integrazione.

Ma non è tanto ciò che esiste adesso, ma quello che può succedere dopo il vero problema, perché è legato a questi livelli produttivi, alla guerra commerciale che esiste nel mondo, al generale calo del mercato - che naturalmente è frutto e, nello stesso tempo, il risultato, la ragione della crisi generale di tutto il sistema industriale mondiale da cui nessun paese del mondo è escluso, neanche la stessa Cina.

Il problema centrale è la ripresa della lotta operaia.

Lo sciopero del 18 per il gruppo Stellantis deciso dalla Fiom che vedrà anche una manifestazione a

Roma, sono importanti soprattutto perché richiama in campo i lavoratori di tutti gli stabilimenti, al di là delle loro stesse posizioni che attualmente non sono certo buone dal punto di vista di classe.

Certo, non è che i lavoratori non organizzati col sindacato, che criticano il sindacato siano migliori dei lavoratori organizzati con il sindacato o di coloro che non lo criticano, perché l'atteggiamento generale che c'è dietro è comunque la passività operaia. Quindi questo doppio anello, della gestione sindacale confederale degli stabilimenti e della lotta dei lavoratori e la passività dei lavoratori è un fattore che alimenta l'altro.

Bisognava tenere duro con una Piattaforma Operaia sancita da assemblee che portassero via via la massa operaia ad una lotta vera; ma con le fabbriche desertificate dalla cassa integrazione o semichiuse o con le fabbriche in eterna attesa delle decisioni di Tavares e governo in merito ai modelli, tutto questo non avviene.

Le ultime ore parlano del rifiuto di Fim-Fiom-Uilm di incontrare Tavares - che avrebbe dovuto avvenire prima dell'audizione in Parlamento dello stesso Tavares. I sindacati avevano chiesto a Tavares di rinviare questa riunione, e non si capisce bene il motivo visto che era un incontro che loro stessi avevano chiesto. La richiesta è di spostarla dopo lo sciopero.

Su questo la nostra posizione è chiara: lo sciopero è importante che ci sia e che la manifestazione a Roma sia partecipata. Ma tutto questo non cambia la sostanza: i lavoratori non sono tutelati da una piattaforma né sono organizzati in condizioni di condurre una lotta dura nei confronti di padroni e governo che si danno la mano.

I piani definiti a livello europeo, a cui la stessa Stellantis dichiara di mantenersi legata - che sono quelli delle auto elettriche - ormai vengono contestati da tutti per manifesta impossibilità di essere realizzati nei tempi stabiliti dalla Comunità europea. Nello stesso tempo le macchine elettriche costano molto e non c'è alcuna garanzia che possano poi trovare il mercato adatto per garantire dei volumi produttivi atti a saturare i lavoratori. E questo ormai è abbastanza chiaro, non c'è bisogno di aspettare non si sa bene cosa per capire che questa situazione così non può andare avanti.

Gli operai si ritrovano con le promesse di un futuro migliore legato alla ristrutturazione elettrica e un presente che non è mai stato così peggiore per gli operai diretti e ancor più per gli stabilimenti dell'indotto - basti pensare a quello che sta avvenendo a Melfi, dove si parla di collasso, dove la produzione va a picco, e la richiesta è sostanzialmente di ammortizzatori sociali.

A Melfi si è passati già da 7200 operai a 5400 e nell'indotto siamo già di fronte a una netta riduzione dell'occupazione. Bisogna poi aggiungere che i sindacati agitano il problema della bomba sociale per chiedere ammortizzatori sociali. Ora, che gli ammortizzatori sociali siano quasi inevitabili nella condizione attuale, non vuol dire che questo possa essere l'obiettivo sindacale. Gli ammortizzatori sociali vanno dati per scontati e non sono un obiettivo sindacale. L'obiettivo sindacale è l'occupazione e la linea per ottenere l’occupazione è quella di occupare le fabbriche, cioè mobilitare largamente la classe operaia e i lavoratori per imporre le rivendicazioni di tutela del lavoro, del salario, che sono la riduzione orari di lavoro a parità di paga.

Occorre che in tutti gli stabilimenti si ragioni alla stessa maniera, cosa che non è affatto così. Tutta la corsa ai modelli, tutte le assicurazioni date a uno stabilimento anziché a un altro, hanno prodotto finora la divisione dei lavoratori, non certo il fatto che i lavoratori abbiano fatto in ogni stabilimento una battaglia adeguata rispetto alle promesse mancate.

Quindi è questa logica che va rovesciata. Lo sciopero è in grado di far incontrare i lavoratori di diversi stabilimenti, questo è l'unico dato buono, perché attualmente gli stabilimenti agiscono ognuno per conto loro, sono in una grande vicenda mondiale ma si muovono come se fossero ognuno con un proprio padrone.

Peraltro i padroni del gruppo Stellantis sono essi stessi in crisi. Tavares sta per andar via e non si capisce bene se per fine mandato o perché viene cacciato. Intanto sta ristrutturando il management del gruppo, scaricando sui manager i risultati disastrosi di quest'ultimo periodo. Laddove non è in grado assolutamente di fare questo, allora attacca il sindacato, come negli Stati Uniti dove è Stellantis che denuncia i sindacati, quando gli operai dell'auto non fanno altro che tutelare gli interessi di classe in termini di salario e occupazione, cosa che non si fa in Italia sicuramente.

I sindacati americani hanno fatto una grande lotta, noi dall'inizio abbiamo detto che quella grande lotta era una grande opportunità per tutti gli stabilimenti nel mondo e, quindi, anche nel nostro paese. Bisognava assumere la piattaforma dei grandi scioperi dell'auto dell'anno scorso e su questa base costruire una vertenza generale che non poteva che essere basata su rivendicazioni comuni e sulla possibilità di imporre legami comuni con gli operai della Stellantis in tutto il mondo.

Questo non è avvenuto, le cose che abbiamo detto e anche scritto non avevano la forza materiale per potersi trasformare in cose concrete. Però bisogna partire dal fatto che chi dice le cose giuste ha ragione e chi dice le cose sbagliate ha torto. I piani, le rivendicazioni dei sindacati confederali sono stati smentiti dai fatti, le promesse di Tavares e del governo sono state smentite dai fatti. I lavoratori si trovano sempre più con il sedere per terra e, se guardiamo a chi ha ragione e chi ha torto, le cose dovrebbero essere molto chiare.

Certo che aver ragione con le analisi, le rivendicazioni, è poca cosa se non si costruisce una forza materiale interna alle fabbriche capace di cambiare rotta, questo è il lavoro che facciamo; è un lavoro che attualmente comporta l'intervento che vogliamo rendere sistematico verso due degli stabilimenti, a Melfi, a Mirafiori, e nello stesso tempo prendere contatto con tutte le altre realtà operaie che sono su posizioni distinte dai sindacati confederali.

Ma questa è una condizione necessaria ma non sufficiente, perché il sindacato di base nel settore dell'auto non conta granché sia per presenza, sia per posizione, sia per linea. Quindi il lavoro è tutto da fare nel fuoco della situazione così grave.

Potremmo dire che la linea migliore sarebbe quella di "mettersi a bordo del fiume" e aspettare che passi il cadavere degli stabilimenti chiusi o ridimensionati e dei sindacati confederali trascinati in questo disastro ambientale, occupazionale e industriale. Questa sarebbe l'unica linea seria da mantenere in questo contesto, ma, come ben sappiamo, le organizzazioni comuniste e il sindacalismo di classe – e tale è come corrente lo Slai Cobas per il sindacato di classe - hanno bisogno proprio in queste occasioni di far rilevare e costruire la propria presenza alternativa al sindacato confederale e aspettare la rivolta dei lavoratori, queste sono due cose che devono andare insieme, allo sciopero del 18 per certificare l'ennesimo fallimento di una trattativa con padroni del governo e dopo il 18 per mettere mani alla ripresa della lotta operaia su basi autonome.

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