Scioperiamo e scendiamo in piazza il 29… ma che si avvii una reale rivolta sociale contro padroni e governo
Come Slai Cobas per sindacato di classe lavoriamo per ricostruire la forza e l’unità dei lavoratori. Questo è importante in questo momento perché ci troviamo di fronte a una situazione in cui tutti i governi hanno sempre fatto l’interesse dei padroni ma questo governo sta facendo un passo ulteriore al servizio esclusivo degli interessi dei padroni, grande finanza, parassitismo economico e sociale e marcia verso una dittatura aperta. I padroni metalmeccanici vengono al tavolo e dicono: zero aumenti, zero stop alla precarietà, zero sulla sicurezza.
Questo è inaccettabile!
Questi padroni si sentono ancora più forti, tant’è che oggi il loro governo attacca pure il diritto di sciopero e ha fatto un Ddl sulla ‘sicurezza con cui vuole condannare e sanzionare anche i lavoratori che fanno blocchi, picchetti, lotte assolutamente necessarie per pesare, insieme a colpire tutti i movimenti degli studenti, contro la guerra, solidali con la Palestina, movimenti territoriali Notav, Noponte, i movimenti ambientalisti, ad attaccare le necessarie proteste dei migranti, restringendo la democrazia per tutti. Anche uno che dice “rivolta sociale” come il segretario della Cgil, Landini (che poi non la farà perché dobbiamo farla noi lavoratori) viene attaccato dal governo Meloni che difende solo l’interesse delle multinazionali, va a braccetto con Elon Musk. Chi governa oggi è una frazione più nera del Capitale.
Se vogliamo ottenere qualcosa anche sul contratto, veri aumenti salariali, lavoro stabile, difesa della sicurezza e salute e dei nostri diritti; se vogliamo respingere una manovra finanziaria che dà tutto ai padroni e niente ai lavoratori, che toglie soldi alla sanità, alla scuola, alla sicurezza, ambiente per aumentare i soldi per gli armamenti, per la guerra; se non vogliamo prendere in giro i lavoratori, dobbiamo lavorare perché ci sia effettivamente una rivolta sociale. La rivolta sociale non si fa a parole, si fa quando centinaia, migliaia di lavoratori scioperano, fanno continue lotte, si rivoltano, come è successo negli anni ‘70 in cui solo così abbiamo ottenuto alcuni nostri diritti. I segr. nazionali della Cgil/Fiom e della Uilm/Uil parlano di situazione inaccettabile e rispetto al contratto dei metalmeccanici di un ritorno al passato, dopodiché, all’interno dei posti di lavoro, i discorsi che stanno portando tra i lavoratori non sono adeguati all’altezza dello scontro sociale e politico.
Scioperare il 29, tornare in piazza vuol dire costruire effettivamente l’unità tra i lavoratori, perché tutti i lavoratori sono colpiti, al di là della tessera sindacale. C’è un sindacato, Fim Cisl, che sta ormai con il governo e vuole dividere i lavoratori. Quello che ci serve per una lotta ampia, incisiva e continua è una “guerra civile” anche in fabbrica tra tutti i lavoratori ricostruendo in questo modo una unità di classe effettiva per portarli in piazza.
Dobbiamo fare questo lavoro, perché dobbiamo ritornare a fare le battaglie a partire dalle fabbriche, su una piattaforma con al centro gli aumenti del salario, già la richiesta che è stata presentata era inadeguata, le stesse statistiche ci dicono che i salari italiani sono i più bassi d’Europa e i padroni ci stanno dicendo zero aumenti salariali! Invece di tassare le grandi rendite, il governo nella legge di bilancio abbassa le tasse dei ceti medio/ricchi e alza le nostre tasse, mettendo sullo stesso piano noi lavoratori che non riusciamo a tirare avanti, con le nostre famiglie, i nostri figli e i redditi alti dei borghesi. Vogliamo un effettivo taglio delle nostre tasse e che le tasse debbano servire per finanziare la sanità, la scuola, le pensioni.
Le strade sono due: o si fa l’interesse dei lavoratori o si fa l’interesse delle grandi multinazionali che anche nella crisi aumentano i profitti, mentre non danno nessuna soluzione alle grandi vertenze nelle fabbriche, Acciaierie/ Stellantis, ecc., mettono tantissimi operai in cassintegrazione, che in questa fase diventano anticamera di esuberi
Ma non basta. Il governo ci stanno trascinando in una guerra imperialista mondiale. Si parla di miliardi di evasione fiscale, ma quanti miliardi vanno per gli armamenti, per ammazzare, per il genocidio in Palestina, per finanziare le guerre? Per questo ci sono i soldi, mentre niente soldi per aumentare gli ispettori del lavoro, per i controlli.
Queste sono le questioni concrete su cui noi dobbiamo tornare a costruire un’unità, una forza nello sciopero del 29.
Il problema sono le direzioni, sindacali, col discorso dei governi amici di questi anni, l’abbiamo presa in quel posto. Adesso basta però! Ripartiamo dall’unità delle fabbriche e della unità di tutti i lavoratori, precari, disoccupati, masse povere Migliaia di operai che vanno in piazza a farsi vedere, cambiano le cose. Ma si deve andare bloccando posti di lavoro, strade e città, per imporre gli interessi di classe, non per fare la “passeggiata”,
Però ogni operaio deve fare la sua parte, deve fare una battaglia anche con il suo compagno di lavoro, perché. a partire dalle grandi fabbriche ritroviamo la nostra unità di classe, difendiamo i nostri interessi, altrimenti questi ci schiacciano, questi tra un po’ diranno che il sindacato va fermato, che non può scioperare, non può fare vera attività in fabbrica, e questo sta già avvenendo con una grave repressione vero i cobas e sindacati di base.
Questo sciopero deve coinvolgere tutti perché tutti siamo coinvolti, tutti siamo coinvolti nella guerra, nel razzismo, nella repressione. Bisogna fare la rivolta sociale? Bene, noi siamo pronti, siamo qua! Ma per non farci ingannare da parole che poi non si trasformano in fatti, noi lavoriamo per costruire una posizione autonoma degli operai avanzati all’interno dei posti di lavoro, con una piattaforma di classe su cui aprire uno scontro prolungato contro i padroni e governo e per mettere in discussione il sistema capitalista.
SLAI COBAS per il sindacato di classe
Il motivo addotto per questa grave decisione è che Raimo, dal palco della festa nazionale di Alleanza Verdi-Sinistra, durante un dibattito pubblico sulla scuola e non durante una lezione in classe (e questo è un particolare molto importante per giudicare nel modo giusto questo fatto), aveva criticato il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, della Lega.
Aveva detto che “dentro l’ideologia del ministro [c’è] tutto il peggio, la cialtronaggine, la recrudescenza dell’umiliazione”, oltre che “un evidente classismo, sessismo”; per questo, aveva aggiunto Raimo, il
Criticò Valditara: Christian Raimo sospeso per 3 mesi dall’insegnamento. Proteste di Pd, M5s e Cgil: “Clima di controllo e intimidazione”
La questione può apparire delicata, ma se le parole del prof. Raimo, pronunciate al di fuori dell’esercizio delle proprie funzioni, si configurassero “come un’offesa che viola i principi fondamentali di rispetto reciproco e dialogo civile”, il ministro Valditara avrebbe dovuto, ritenendosi offeso e diffamato, semplicemente denunciarlo e a quel punto sarebbe entrata in gioco la magistratura a decidere, con tutte le garanzie proprie del processo penale.
Ma certamente il comportamento del docente, per di più anche esponente politico (essendosi presentato alle ultime elezioni europee per Alleanza Verdi-Sinistra) e che come tale ha espresso la propria opinione, non può essere sanzionato dall’Ufficio Scolastico Regionale del Lazio, grazie ad un codice “di comportamento” (accettato anche dai sindacati “maggiormente rappresentativi”) che lascia nelle mani un qualunque impiegato dell’ex Provveditorato il diritto di infliggere sanzioni per delle semplici opinioni!
Ecco quindi che la sospensione di Raimo per tre mesi appare abnorme e ingiusta e, se è vero che il dissenso è il cuore della democrazia, tale provvedimento rischia di ledere pesantemente la libertà di opinione nella scuola e nella società e costituisce un precedente inquietante; un tentativo, neanche troppo nascosto, di intimidire chiunque osi criticare il governo e i suoi esponenti.
Non ci resta quindi, anche in nome del sindacato Unicobas che rappresento, che esprimere piena solidarietà a Christian Raimo e alle studentesse e agli studenti che oggi sono scesi in piazza in suo sostegno, con la consapevolezza che la mobilitazione è appena iniziata per resistere culturalmente a qualcosa che somiglia sempre più ad un regime