La
nostra lotta è partita dai cancelli della nostra fabbrica. 9 mesi
fa. Il nostro #insorgiamotour
è partito raggiungendo altri cancelli, ormai più di un mese fa.
Erano quelli della Caterpillar di Jesi. Da presidio permanente,
a presidio permanente.
Insorgiamo! Diciamo noi qua nella piana
fiorentina, Senza tregua!, rispondono dalle Marche aldilà
dell’Appennino.
La nostra storia, come recita la locandina del nuovo libro di Alberto Prunetti, è quella di una lotta operaia. Ma c’è quel (e non solo) che segue che fa la differenza.
Non solo perché crediamo fortemente che non c’è lotta operaia
che vince, se non prova a trasformare questo sistema, se non prova a
incidere a migliorare questo mondo.
Ma anche perché di lotta
operaie, nobili, gloriose, combattive, ma che in fondo in fondo,
hanno perso, la storia recente di questo paese ne è piena.
E noi dobbiamo e vogliamo porci l’ambizione di invertire la tendenza.
Una di queste tendenze è lo sventolare l’unità dei lavoratori,
e poi essere intrisi di diffidenza, paura, competizione. Una di
queste tendenze è la frammentazione. Una di queste tendenze,
maggioritaria, è non solo non riconoscersi come classe, ma anche
come compagni e compagni.
Nelle differenze -di vedute e di
esperienze- ma nella stessa condizione che vede uguali negli schemi
gerarchici dell’ingranaggio capitalista. Che anche se più infimo,
anche se più invisibile, anche se ci ha diviso in categorie e
livelli, è sempre lo stesso nemico degli sfruttati, dei salariati,
dei lavoratori. “Quelli che per vivere devono lavorare”, come
recitava uno dei primi striscioni ai nostri cancelli.
Nel nostro piccolo, una vertenza si è invertita.
Insieme
alle nostre tute da lavoro, abbiamo marciato con le pettorine gialle
di chi picchettava nei magazzini della logistica o nelle fabbriche
del tessile, con chi indossava il berretto di una nota una compagnia
di bandiera svenduta, insieme ai cuochi e lavapiatti, ai facchini dei
grandi eventi, agli insegnanti, ai postini, ai portapizze, ai
bibliotecari.
Non riusciamo a elencare tutte le esperienze,
tutti i percorsi di lotta e reale protagonismo di lavoratori e
lavoratrici, vi invitiamo a farlo.
Li troverete con noi in
corteo. Qualcuno addirittura farà sciopero, il 25 e il 26.
Perché
che fatica che ci chiediamo: è tempo di lottar, è tempo di
scioperar.
E’ tempo di tornare a far pesare la nostra forza in questo
paese.
E’ la nostra sfida.
E’ il nostro
compito.
Nessuno fermi, nessuno ferma, la classe operaia.
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