lunedì 20 febbraio 2017

18 febbraio - Le stragi d'amianto: ALL'ILVA DI TARANTO



Dalla Gazzetta del mezzogiorno
C’erano – e forse ancora ci sono – grandi quantità di amianto all’interno dello stabilimento siderurgico prima Italsider, poi Ilva; grandi quantità tali da esporre i lavoratori a rischi gravissimi per la loro salute. E’ quanto scrive il professor Corrado Magnani nella perizia epidemiologica affidatagli dalla Corte d’Appello di Taranto nel processo chiamato a stabilire le responsabilità penali degli imputati nel processo di secondo grado per i 18 operai dell’Ilva morti a seguito dell’esposizione all’amianto e dunque all’insorgenza di patologie collegate. La perizia del professor Magnani sarà discussa nell’udienza di venerdì 24 febbraio. Il perito ha già consegnato il suo lavoro alla Corte, mettendolo pure a disposizione delle parti. Magnani ha svolto un lavoro accurato dopo essere stato nominato al posto degli epidemiologi Paolo Crosignani (direttore dell’unità operativa complessa del «Registro Tumori e Epidemiologia ambientale» presso l’Istituto nazionale per lo studio e la cura dei tumori di Milano) e Leonardo Bai (dirigente sanitario pubblico di igiene ed epidemiologia), ricusati dagli avvocati Luca Perrone, Vincenzo Vozza, Nicola Marseglia e Alberto Mittone, difensori di Fabio Riva e Luigi Capogrosso, ricusazione poi accolta dalla Corte di Cassazione. Finora dinanzi ai giudici era comparso unicamente il perito Bruno Murer che dei 18 casi in esame ha escluso per 4 il collegamento fra l’amianto e il mesotelioma pleurico.
La perizia del dottor Murer pare scagionare Fabio Riva e Luigi Capogrosso, ritenuti responsabili del decesso di due operai per i quali il perito ha escluso con certezza come causa del decesso il mesotelioma, il tumore che nasce dalle cellule del mesotelio ed è associato soprattutto all’esposizione all’amianto. Nelle 268 pagine di motivazioni della sentenza, il giudice Orazio scrisse che «la tematica dell’amianto, pur profondamente conosciuta da tutti i vari ceti aziendali e quindi da tutti gli imputati, non ha mai superato il piano dell’oralità» perché nessun dirigente Italsider o Ilva «ha mai adottato un provvedimento concreto volto a migliorare le condizioni di lavoro legate all’amianto» e che «questa situazione di consapevole e lucida omissione si è perpetrata per decenni». Il professor Magnani scrive nella perizia della diffusa presenze di materiali in amianto nell’Ilva, dell’assenza di documentazione riguardo l’uso di dispositivi di protezione individuale per gli operai e sottolinea come riguardo alla presenza di amianto nell’Ilva, la documentazione sia insufficiente, mancando il riferimento ai numeri di interventi eseguiti prima del 2003 e la quantità di materiali rimossi a partire da quell’anno. Nella perizia viene inoltre ricordato che da uno studio realizzato da Arpa Puglia sui dipendenti Ilva, emerge che per il mesotelioma maligno c’è un aumento di mortalità di oltre 2 volte rispetto alla media.
Diversamente che dal dottor Murer, il professor Magnani ritiene che 16 sui 18 casi di decesso di operai al centro del processo siano da attribuire all’esposizione all’amianto avvenuta per il lavoro svolto nello stabilimento siderurgico. Diversità che probabilmente sarà al centro dell’esame del perito in programma il 24 febbraio in Corte d’Appello per un processo che dopo quest’ultimo step, pare destinato alla conclusione. Del collegio difensivo fanno parte tra gli altri dai legali Egidio Albanese, Vincenzo Vozza, Gaetano Melucci, Nicola Marseglia, Fabrizio Lemme, Vittorio Manes, Gianluca D’Oria, Giuseppe Coda e Rocco Maggi.
[Mimmo Mazza]

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