martedì 4 luglio 2017

2 luglio - RESPINTI I PATTEGGIAMENTI DI ILVA E RIVA!



CHE ORA SIANO PROCESSATI E CONDANNATI PESANTEMENTE PER I PROFITTI FATTI SUL SANGUE DEGLI OPERAI E DELLA POPOLAZIONE.
Ne escono giustamente sconfitti non solo i padroni Riva, ma anche i Procuratori di Taranto, Capristo e di Milano che avevano cercato di far passare un pasticciaccio vergognoso di accordo; ma anche e soprattutto il governo - allora Renzi - e i suoi servi commissari, ancora una volta a difesa solo dei profitti capitalistici, dei padroni vecchi e dei nuovi.
Questa, in un processo che va avanti ancora troppo lentamente, con troppo spazio alle eccezioni della difesa dei Riva, e in una situazione in cui tutte le operazioni in corso di svendita dell'Ilva mettono sotto i piedi la difesa della salute, della sicurezza, del lavoro, della dignità degli operai, degli abitanti di Taranto, è la seconda notizia positiva (dopo quella del NO al trasferimento del processo da Taranto).
Ora devono essere processati e condannati pesantemente. Devono risarcire tutte le parti civili. 
Questo deve incoraggiare la partecipazione al processo Ilva di lavoratori, cittadini. 
L'opposizione fatta ai patteggiamenti dallo Slai Cobas per il sindacato di classe, con una protesta anche nell'aula del Tribunale, è l'unica strada per impedire che non venga fatta giustizia.

Slai Cobas per il sindacato di classe -Taranto

Da inchiostro verde 30 giugno 2017

TARANTO – Il collegio della Corte d’Assise ha respinto, questa mattina, l’istanza di patteggiamento presentata da Ilva in amministrazione straordinaria e Riva Forni Elettrici nell’ambito del processo “Ambiente Svenduto”.  Secondo la Corte – come spiega il Sole 24 Ore (leggi qui) – i reati contestati alle due società sono gravi, trattandosi di disastro ambientale e di avvelenamento, e quindi non possono rientrare nel patteggiamento. Ilva in amministrazione straordinaria dovrà decidere, a questo punto, se ricorrere alla Corte di Cassazione oppure no. Col patteggiamento, l’Ilva in amministrazione straordinaria avrebbe dovuto versare 241 milioni a titolo di confisca, quale profitto del reato, 2 milioni di sanzione, ed assoggettarsi a otto mesi di commissariamento giudiziale affidato ai commissari attuali. La notizia del mancato patteggiamento ha già fatto il giro dei Social Network, a partire da Facebook, dove molti ambientalisti esultano al grido di “Giustizia per Taranto”. Da segnalare, inoltre, che il procedimento è stato riunito al processo-madre (in precedenza era stato stralciato), fissato per il 12 luglio, che vede imputate 44 persone fisiche e la società Partecipazioni industriali (ex Riva fire). In merito alla decisione assunta dalla Corte d’Assise di Taranto, fonti vicine all’azienda affermano che essa “non interferisce con la procedura di trasferimento degli asset aziendali”. Parimenti, “non interferisce con la disponibilità delle somme recuperate ai fini dell’ambientalizzazione”. La Corte d’Assise  ha dichiarato inammissibile il patteggiamento in quanto nel processo a carico delle persone fisiche “sono contestati reati – aggiungono le stesse fonti – puniti con pene elevate, non definibili con rito alternativo. In realtà, la disciplina prevede questo sbarramento solo per le ipotesi rientranti nel catalogo dei reati 231; l’avvelenamento non rientra in questo catalogo, per cui il provvedimento potrebbe essere viziato da abnormità; si sta valutando il ricorso per Cassazione”.

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