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Appello per la costruzione di un fronte unitario contro licenziamenti, carovita e
repressione – Bologna, domenica 7 novembre
La scorsa settimana, nel silenzio pressochè totale della stampa e dei media asserviti ai
padroni e al governo Draghi, sono stati pubblicati i dati OCSE sulle variazioni
salariali medie nei paesi UE, dai quali si ricava che l’Italia è l’unico paese europeo
in cui negli ultimi 30 anni i salari si sono abbassati del 2,9%: in pratica, nel nostro
paese un operaio nel 2020 guadagnava di meno che nel 1990!
L’emergenza Covid, al di là della eccezionalità della situazione e dell’impreparazione
colpevole del Governo nell’affrontarla, ha messo a rischio milioni di lavoratori
costretti a lavorare senza le misure necessarie di protezione e consentendo a buona
parte del padronato di usare la pandemia per accrescere i profitti e mettere in atto un
nuovo processo di riorganizzazione capitalistica da far ricadere interamente sui
lavoratori: in poco più di un anno oltre un milione di lavoratori precari e
intermittenti sono finiti per strada, mentre lo sblocco dei licenziamenti ha portato non
solo alla chiusura immediata o alla delocalizzazione di interi siti produttivi, ma anche
a un attacco generalizzato ai salari e ai diritti attraverso la proliferazione senza
controllo di manodopera a termine e priva di tutele.
L’oramai imminente scadenza dell’ultima tranche di Cassa integrazione Covid e il piano-
Draghi di riforma degli ammortizzatori sociali, con una nuova stretta sulle pensioni e
una probabile riduzione della platea del reddito di cittadinanza, va esattamente in
questa direzione: l’obbiettivo di padroni e governo è, da un lato, quello di erodere
ulteriormente il salario indiretto (servizi sociali) e differito (pensioni), dall’altro
di sfruttare la “ripresa” per immettere sul mercato una nuova massa di forza-lavoro
precaria, ricattata, superfruttata e con salari da fame, al fine di innescare
un’ulteriore competizione al ribasso sia sul costo del lavoro, sia sul versante dei
diritti.
E’ questo, non a caso, il contesto in cui si produce una moltiplicazione senza limiti di
incidenti e di morti sul lavoro: una vera e propria mattanza quotidiana, di fronte alla
quale lo stato e le istituzioni chiamate a vigilare sul rispetto dei protocolli e delle
norme sulla sicurezza, al netto delle ipocrite dichiarazioni di cordoglio a uso e
consumo mediatico, non sanno e non vogliono offrire alcun rimedio.
Il piano di ristrutturazione voluto da Draghi e dalla sua maggioranza bulgara su mandato
di Confindustria e con il silenzio-assenso dei vertici di Cgil-Cisl-Uil, dietro la
facciata della “rivoluzione green”, nasconde un nuova, colossale orgia di profitti a
discapito delle condizioni di vita e di lavoro di milioni di proletari: le modalità di
gestione privatistiche, clientelari e affaristiche dei fondi del PNRR ne sono evidente
conferma.
Intanto, come se non bastasse, in queste settimane milioni di proletari con livelli
salariali già da fame sono costretti a fare i conti anche con la maxistangata
dell’aumento dei prezzi delle tariffe (luce +29,8%; gas + 14,4%), del carburante
(benzina + 23,4%; gasolio +24,3%) e dei generi di prima necessità (farine, oli, burro,
pane, pasta, latte, con rincari medi al dettaglio di circa il 20%)…
La pandemia è tutt’altro che alle nostre spalle, anzi: in gran parte d’Europa assistiamo
già al proliferare di nuove varianti e ai primi segnali di una quarta ondata di contagi:
un tale scenario dovrebbe suggerire la necessità di “rinforzare gli argini”,
accompagnando la campagna vaccinale a vere misure di prevenzione (in primis i tamponi
gratuiti per tutti), di tracciamento dei contagi e soprattutto con un rilancio massiccio
di una sanità pubblica quanto mai disastrata.
Il governo Draghi si muove nella direzione esattamente opposta: in un contesto in cui si
allenta ovunque la presa delle misure di prevenzione e in cui la medicina territoriale
continua a versare in uno stato comatoso, l’introduzione del greenpass obbligatorio sui
luoghi di lavoro, che non è una misura sanitaria, ha distratto fette minoritarie ma non
indifferenti di lavoratori, creando una divisione al loro interno, scaricando su questi
ultimi i costi della prevenzione e sgravando lo stato e i padroni di ogni responsabilità
in ordine al rispetto delle misure di contenimento e di sorveglianza sanitaria.
E comunque non ha prodotto quell’aumento di vaccinati che l’introduzione dell’obbligo del
green pass auspicava.
Fermo restando che il vaccino è ad oggi uno tra gli strumenti principali per il
contenimento dei contagi, dei ricoveri e delle morti per Covid, la battaglia da portare
avanti è quella per una vera campagna vaccinale, non solo nei paesi ricchi ma
soprattutto in tutti quei paesi nei quali la percentuale di vaccinati non arriva alle
due cifre, e che passi dall’abolizione della proprietà privata dei brevetti.
Per uscire dalla pandemia è necessaria un’azione di prevenzione complessiva e collettiva,
fondata sul consenso cosciente e consapevole della popolazione, e non sul greenpass per
andare a lavorare.
Le mobilitazioni di queste settimane nei porti, nella logistica, in alcune fabbriche
metalmeccaniche, nel comparto della sanità e della manutenzione stradale, che in molti
casi hanno portato alla stipula di accordi per la copertura del costo dei tamponi a
carico delle aziende, devono essere un tassello di una più generale campagna contro
l’utilizzo capitalistico della pandemia.
Solo partendo dalla ripresa di un confronto e di un’analisi seria del nesso profondo
che lega l’attuale modo di produzione, le devastazioni sociali e ambientali da
essoprodotte e l’esplosione di questa crisi pandemica, sarà possibile superare in
avantile polemiche e le divisioni che in queste settimane si sono prodotte
ancheall’interno del movimento di classe sul “nodo” dei vaccini; solo affilando le armi
di una critica complessiva, radicale e anticapitalistica, al carattere classista delle
politiche di “gestione” della pandemia adottate dai governi e dalle istituzioni (non
solo in Italia ma su scala internazionale), alle loro contraddizioni e ai loro
fallimenti, sarà possibile superare la finta dicotomia tra “si vax” e “no vax”, e
partendo dalle lotte reali, ridefinire una piattaforma e un piano di rivendicazioni per
la difesa degli interessi immediati e futuri dei lavoratori.
In questi mesi abbiamo assistito a un ulteriore rafforzamento delle spinte repressive nei
confronti delle lotte dei lavoratori: ciò è la conferma di un pugno di ferro a cui
assistiamo da mesi, se non da anni, contro gli scioperi e le mobilitazioni condotte dai
lavoratori della logistica in gran parte d’Italia, e che quotidianamente si traducono in
cariche della polizia fuori ai cancelli, denunce, arresti e fogli di via: di fronte a
questi scenari diventa sempre più urgente rilanciare un battaglia a tutto campo contro
quelle misure securitarie (su tutte i decreti-sicurezza) che in questi anni hanno
ridotto e soffocato l’agibilità delle lotte sociali e sindacali.
La piena riuscita dello sciopero generale del sindacalismo di base dello scorso 11
ottobre ha rappresentato una prima importante risposta di massa all’attacco sferrato da
padroni e governo contro l’insieme delle classi oppresse: i tentativi di dar luogo ad
iniziative unitarie come nel caso della manifestazione del 30 ottobre contro il G20 a
Roma e quella promossa dai disoccupati 13 novembre a Napoli si muovono nella giusta
direzione.
Si tratta ora di dare seguito, continuità e forza alla mobilitazione, e di definire
un’agenda di lotta comune che metta al centro i temi e i bisogni immediati dell’insieme
dei lavoratori e dei disoccupati, in primis di quei settori che stanno pagando il prezzo
più alto della crisi e delle ristrutturazioni.
Le lotte che si sono sviluppate in questi mesi contro i licenziamenti, su tutte quelle
alla Gkn di Campi Bisenzio, alla Fedex di Piacenza, all’Alitalia, alla Unes, alla
Logista e alla Texprint, possono e devono dotarsi di un collante comune che sia capace
di rafforzare la solidarietà tra le singole vertenze e allo stesso tempo indicare la
strada all’insieme dei lavoratori.
Riteniamo sia giunta l’ora di aprire un confronto tra tutte le realtà che sui luoghi di
lavoro si pongono sul terreno dell’opposizione di classe al governo Draghi, per
costruire una solida rete di collegamento che a partire dalle lotte in corso contro i
licenziamenti si ponga l’obbiettivo di dar vita a una mobilitazione unitaria e
coordinata su scala nazionale, capace di superare ogni steccato territoriale, di sigla
sindacale e di categoria, e che possa portare alla convocazione di una manifestazione a
Roma che rivendichi con forza la revoca dello sblocco dei licenziamenti, la
cancellazione degli aumenti di bollette e tariffe e l’adozione di nuovi e più stringenti
norme per la tutela della salute, la salvaguardia della sicurezza e la prevenzione degli
incidenti e dei morti sul lavoro.
E’ GIUNTA L’ORA DI RIMETTERE AL CENTRO DELL’AGENDA POLITICA E SOCIALE LA BATTAGLIA PER
GLI AUMENTI SALARIALI, LA RIDUZIONE DELL’ORARIO DI LAVORO, LA DIFESA DELLA SALUTE E
DELLA SICUREZZA SUI LUOGHI DI LAVORO E IL SALARIO MEDIO GARANTITO AI DISOCCUPATI.
Una necessità che abbiamo posto con forza attraverso le lotte e le vertenze di questi
mesi, e che oggi ci appare non più rinviabile.
PER QUESTI MOTIVI INVITIAMO TUTTI I LAVORATORI CHE HANNO PRESO PARTE ALL’ASSEMBLEA
NAZIONALE DEL 19 SETTEMBRE, LE REALTA’ DEL SINDACALISMO DI BASE E COMBATTIVO, I
COLLETTIVI OPERAI E I COMITATI DI LOTTA A UN’ASSEMBLEA NAZIONALE PER IL GIORNO 7
NOVEMBRE ALLE ORE 10,00 PRESSO LA SEDE DEL SI COBAS DI BOLOGNA (VIA AURELIO SAFFI 30).
Promuovono l’assemblea le seguenti realtà di lotta di lavoratori, cassintegrati,
licenziati e disoccupati:
FEDEX-TNT PIACENZA
UNES- TRUCAZZANO (MI)
LOGISTA- BOLOGNA
MOVIMENTO DISOCCUPATI 7 NOVEMBRE- NAPOLI
TEXPRINT- PRATOGRAFICA VENETA- PADOVA
NEXIVE- BOLOGNAXP- BOLOGNA
TURI TRANSPORT- PORTO DI NAPOLI
UPS- BOLOGNA
AZIENDA AGRICOLA MANFRINI- VERONA
RASPINI- PINEROLO
L'appello per l 'assemblea del 7 novembre a Bologna contiene
una prima parte chiaramente condivisibile - che ne spiegherebbe
la giustezza, - così come siamo assolutamente d’accordo per la
costruzione del fronte unitario contro licenziamenti, carovita e
repressione –cosa che peraltro diamo per scontato dato che avremmo
già costruito insieme a Si cobas e altre realtà sindacali e
politiche nel patto d’azione per il fronte unico di
classe anticapitalista, anche se non se parla più in particolare
non ne parla più il gruppo dirigente del si cobas senza spiegarne le
ragioni, così come dovrebbe ancora esistere una assemblea nazionale
dei lavoratori combattivi anima delle 2 precedenti assemblee
nazionali di Bologna e dei recenti scioperi generali del
29 gennaio e insieme ad altri dello sciopero dell’11 ottobre -
ma la ragione per cui non siamo all’assemblea e che essa è
pesantemente inquinata dalla parte dell’appello
su pandemia e green pass, che è così lunga e motivata, che
senza voler fare dietrologia, sembra essere una ragione
importante della riunione e una ragione per noi per non
esserci e invitare le componenti classiste e i
lavoratori classisti a a lavorare per un altro tipo di
assemblea nazionale
ci occupiamo appunto di questa seconda parte
si scrive 'La pandemia è tutt’altro che alle nostre spalle,
anzi: in gran parte d’Europa assistiamo già al proliferare di
nuove varianti e ai primi segnali di una quarta ondata di contagi: un
tale scenario dovrebbe suggerire la necessità di “rinforzare gli
argini”, accompagnando la campagna vaccinale a vere misure di
prevenzione (in primis i tamponi gratuiti per tutti), di tracciamento
dei contagi e soprattutto con un rilancio massiccio di una sanità
pubblica quanto mai disastrata.
la parola d'ordine giusta oggi è avanzare con la
campagna vaccinale di massa - i tamponi gratuiti sono un
alibi e un freno alla campagna vaccinale - è una rivendicazione
giusta solo per chi non ha completato la vaccinazione o con
comprovati motivi non può vaccinarsi - altrimenti è solo un
alimento alla campagna per non vaccinarsi ed è quindi profondamente
sbagliata e ingiusta per la stragrande maggioranza dei lavoratori e
delle masse popolari che si è vaccinata e che vuole vaccinarsi
-
si acrive 'Il governo Draghi si muove nella direzione esattamente
opposta: in un contesto in cui si allenta ovunque la presa delle
misure di prevenzione e in cui la medicina territoriale continua a
versare in uno stato comatoso, l’introduzione del greenpass
obbligatorio sui luoghi di lavoro, che non è una misura sanitaria,
ha distratto fette minoritarie ma non indifferenti di lavoratori,
creando una divisione al loro interno, scaricando su questi ultimi i
costi della prevenzione e sgravando lo stato e i padroni di ogni
responsabilità in ordine al rispetto delle misure di contenimento e
di sorveglianza sanitaria.E comunque non ha prodotto quell’aumento
di vaccinati che l’introduzione dell’obbligo del green pass
auspicava.
la posizione è sbagliata - perchè nella denuncia di cio' che
il governo non ha fatto e del non funzionamento del green pass
come incentivo alla vaccinazione- non pone come obbiettivo dei
lavoratori e delle loro organizazioni di classe quello di
intensificare la campagna vaccinale di massa in particolare sui
posti di lavoro con postazione sanitarie per la vaccinazione ovunque
- zone industriali, zone portuali -quartieri popolari ..
si scrive 'Fermo restando che il vaccino è ad oggi uno tra gli
strumenti principali per il contenimento dei contagi, dei ricoveri e
delle morti per Covid, la battaglia da portare avanti è quella per
una vera campagna vaccinale, non solo nei paesi ricchi ma soprattutto
in tutti quei paesi nei quali la percentuale di vaccinati non arriva
alle due cifre, e che passi dall’abolizione della proprietà
privata dei brevetti.
la rivendicazione giusta e condivisa la battaglia da
portare avanti è quella per una vera campagna vaccinale, non solo
nei paesi ricchi ma soprattutto in tutti quei paesi nei quali la
percentuale di vaccinati non arriva alle due cifre, e che passi
dall’abolizione della proprietà privata dei brevetti... nel
testo viene usata per non affermare netto e chiaro qui e ora
l'esigenza della vaccinazione obbligatoria e quindi è una denuncia
strumentale e ipocrita
si scrive 'Per uscire dalla pandemia è necessaria un azione di
prevenzione complessiva e collettiva, fondata sul consenso cosciente
e consapevole della popolazione e non sul greenpass per andare a
lavorare.
il consenso cosciente e consapevole che è sempre auspicabile
in particolare tra i lavoratori richiede e richiederebbe un impegno
in prima persona delle organizzazioni sindacali confederali e di
classe se hanno a cuore realmente la salute dei lavoratori e delle
masse - su cui essenzialmente si scarica con morti la pandemia
- per sostenere in tutte le forme la vaccinazione e non ha nulla a
che fare con la libera scelta individuale che è reazionaria in
situazioni di pandemia oggi ieri e domani e richiede una lotta a
fondo e senza quartiere contro ignoranza, superstizioni,
individualismo - sui posti di lavoro prima tutto, perchè noi siamo
organizzazione di classe dei lavoratori e ne abbiamo la
responsabilità collettiva -fomentato dalla reazione novax che è un
fenomeno nazionale e internazionale e che ha sempre avuto come
alfieri i trump, bolsonaro ecc
Le mobilitazioni di queste settimane nei porti, nella logistica,
in alcune fabbriche metalmeccaniche, nel comparto della sanità e
della manutenzione stradale, che in molti casi hanno portato alla
stipula di accordi per la copertura del costo dei tamponi a carico
delle aziende, devono essere un tassello di una più generale
campagna contro l’utilizzo capitalistico della pandemia.
la battaglia sui posti
di lavoro di settori minoritari di lavoratori - in alcuni casi
guidati e diretti da elementi di estrema destra - non ha portato
alcun risultato, i temponi gratuiti sono voluti in generale dai
padroni dove comunque vogliono i lavoratori a tempo pieno al lavoro e
sono un obiettivo che
alimenta la non vaccinazione e aiuta il governo a procedere in modo
sbagliato sul fronte della pandemia
si scrive Solo partendo dalla ripresa di un confronto e di
un’analisi seria del nesso profondo che lega l’attuale modo di
produzione, le devastazioni sociali e ambientali da esso prodotte e
l’esplosione di questa crisi pandemica, sarà possibile superare in
avanti le polemiche e le divisioni che in queste settimane si sono
prodotte anche all’interno del movimento di classe sul “nodo”
dei vaccini; solo affilando le armi di una critica complessiva,
radicale e anticapitalistica, al carattere classista delle politiche
di “gestione” della pandemia adottate dai governi e dalle
istituzioni (non solo in Italia ma su scala internazionale), alle
loro contraddizioni e ai loro fallimenti, sarà possibile superare la
finta dicotomia tra “si vax” e “no vax”, e partendo dalle
lotte reali, ridefinire una piattaforma e un piano di rivendicazioni
per la difesa degli interessi immediati e futuri dei lavoratori
la parte finale giusta e necessaria viene sabotata e ridotta a
ipocrita e semplice foglia di fico per tornare al punto di prima '
superare la finta dicotomia si vax no vax' che corrisponde al
'tutt'insieme di settori anarchici e fascisti gridati in piena voce
in manifestazioni salvaguardate e protette in generale dalla polizia
- fino all'infamia dell'attacco alla sede cgil- coltivate dai mass
media e in primis i talk show di destra
infine la necessità affermata - e da noi sostenuta in
ogni momento e in particolare in questo . vedi ns comunicato.di
alcuni giorni fa .-di partire come si dice dalle lotte
reali, ridefinire una piattaforma e un piano di rivendicazioni per la
difesa degli interessi immediati e futuri dei lavoratori richiede
innanzitutto che la si smetta di raschiare il fondo del barile no vax
tra i lavoratori che è un elemento questo divisivo e
inquinante della coscienza collettiva e di ostacolo alla lotta di
classe
SLAI COBAS per il sindacato di classe - coordinamento nazionale
novembre 2021