giovedì 27 ottobre 2022

27 ottobre - Sostegno alle operaie di Trezzo (Beretta) ovvero…

 

se Rosa Parks abita in Val Padana

di Vito Totire (*). E domattina assemblea solidale. Con un invito della “bottega” a costruire insieme iniziative solidali.

Abbiamo espresso solidarietà alle operaie dell’appalto Mpm-Beretta e al sindacato di base Slai Cobas. Alcune questioni necessitano però di essere approfondite e divulgate. In vista della assemblea del 28 ottobre – vedi sotto – proponiamo alcune osservazioni,

Ovviamente il nostro primo obiettivo è il benessere delle lavoratrici e dei lavoratori e non certo dare “consulenze” né al datore di lavoro né a quei sindacati che firmano contratti capestro. Legare gli incentivi salariali alla “presenza” è motivo di distress per le lavoratrici e per i lavoratori ma anche di malessere generale che si riverbera su tutta l’organizzazione. Paradossale firmare un contratto che penalizza chi fa anche un giorno di assenza per malattia o per carichi sociali e familiari. Assurdo farlo in particolare per maestranze in maggioranza femminile visto che carichi sociali e familiari sono, nella nostra società, soprattutto a carico delle donne sia per quello che riguarda la gravidanza e le cure genitoriali che per quello che riguarda il ruolo di caregiver quando ci sono familiari con problemi di salute. TUTTO CIO’ RENDE INCONGRUO, INIQUO E PUNITIVO UN ACCORDO COME QUELLO CHE SI STA CONTESTANDO. Ma è anche assurdo a poche settimane da un dibattito parlamentare (pur debole e contraddittorio) in cui è balenata l’ipotesi di una giornata di riposo retribuita al mese per decreto governativo (!) perché le lavoratrici possano gestire serenamente il ciclo mestruale. Indubbiamente devono in primis esprimersi le donne, certamente anche prima del Parlamento. Ma la questione, ad oggi, pare poco discussa. Il problema è ampio e articolato: la pandemia ha confermato che certe scelte sono negative per la salute individuale ma anche per la salute collettiva e pubblica. In pieno Covid infatti nei comparti con maggiore incidenza di lavoro precario e “a chiamata” molti lavoratori, per non perdere il loro scarso salario di sussistenza, sono andati a lavorare anche se non erano in buone condizioni di salute e ciò ha contribuito (certo assieme alla mancanza di mascherine e altre misure di prevenzione) a creare pericolosi focolai con gravi conseguenze per tutti.

La produzione non deve essere garantita con il “presentismo” (termine proposto dagli psicologi del lavoro per indicare una forma di presenza indotta da paura o costrizioni) ma da una “forza lavoro” motivata che raggiunge la sua postazione lavorativa senza ansie e preoccupazioni derivanti dal proprio stato di salute o da rilevanti carichi socio-familiari pendenti e irrisolti. Hanno riflettuto i firmatari di accordi-capestro sulla situazione psicologica di una donna che evita di tenere prudentemente il figlio a casa sotto il ricatto di una strategia orientata al “presentismo”? Hanno riflettuto sul fatto che motivo di precarietà ed esitazione oggi può essere anche il pensiero delle bollette astronomiche in arrivo? La nota Dichiarazione del Lussemburgo della UE (ma purtroppo pullulano solo gli “europeisti parolai”) sostiene che «una forza lavoro motivata è la premessa più importante» per prevenire infortuni e malattie professionali.

In sostanza la prestazione lavorativa esercitata in condizioni di benessere è sempre preferibile rispetto al lavoro coatto e, certamente, non riduce neanche la produttività.

Un altro motivo per cui ci pare importante sostenere la lotta delle operaie di Trezzo è che questa lotta fa venire in mente il gesto di Rosa Parks – era una sarta – che il 1 dicembre 1955 a Montgomery (in Alabama) stanca per una pesante giornata di lavoro si sedette in uno spazio dell’autobus riservato ai bianchi, dando inizio con quel gesto a un grande movimento contro le discriminazioni razziali.

Le operaie di Trezzo pongono un problema generale di equità, di eguaglianza e di rifiuto delle modalità di lavoro costrittive e coatte. Vogliono lavorare in condizioni di serenità e vanno sostenute nell’interesse dell’intera comunità.

Viceversa i firmatari di contratti-capestro e ovviamente i datori di lavoro (errare è umano e non si vuole demonizzare nessuno soprattutto se si accetta un dialogo che potrebbe preludere a un’autocritica) dovrebbero meditare su un interrogativo: gli accordi non devono passare al vaglio della valutazione prevista dall’articolo 28 del decreto 81-2008 riguardante il distress lavorativo? Non è forse congruo e necessario che l’organizzazione del lavoro sia valutata anche in relazione alle differenze di età, di genere e di Paese di provenienza?

Che il distress psicosociale, fino ad oggi, sia stato quasi sempre ignorato e pagato, nelle sue conseguenze negative per la salute, dalle lavoratrici e dai lavoratori NON SIGNIFICA che si debba continuare così : le combattive “Rosa Parks” di Trezzo ci indicano che cambiare rotta è possibile.

(*) Vito Totire, medico del lavoro e psichiatra, è il 

portavoce della RETE NAZIONALE LAVORO SICURO 


 L’ASSEMBLEA SI TIENE IL 28 OTTOBRE A 

TREZZO (MI)

DALLE 12,30 ALLE 15

presso la sala di via monsignor Grisetti 1 a Trezzo Sull’Adda  (abbastanza vicina alla fabbrica). 

Per adesioni: lavoratriciprecariedisoccupate@gmail.com 

Una proposta della “bottega”

La nostra piccola redazione aderisce (ma per noi sarà impossibile essere fisicamente presenti a Trezzo domani) e lancia – d’intesa con Vito Totire – l’idea che intellettuali e gente comune, donne e uomini, si mobilitino non solo a sostenere le operaie di Trezzo ma appunto l’impegno perchè ci si impegni su «un problema generale di equità, di eguaglianza e di rifiuto delle modalità di lavoro costrittive e coatte». Chi vorrà impegnarsi per una raccolta firma (e/o per iniziative simili da decidere insieme) dia intanto la sua disponibilità a vitototire@gmail.com e qui in “bottega”.

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