lunedì 31 marzo 2025

31 marzo - Guerra imperialista - riarmo dell'Europa - il putrido nero governo Meloni - La responsabilità di noi operai - Un intervento di un compagno operaio dell'ex Ilva

 

Può sembrare una follia, ma sappiamo benissimo che la marcia inarrestabile verso una nuova devastante guerra vede per questa Europa reazionaria come necessario passo per uscire da questo impasse un nuovo riarmo volto ad essere parte determinante di un ennesimo conflitto con lo scopo di rapina dei territori e delle risorse dei Paesi non allineati alle politiche predatorie di questo Occidente ipocrita, oramai nel pieno della sua fase calante.

L’apparente pace che si prospetta avvenire nel teatro di guerra ucraino non è altro che l’accordo tra due banditi (Trump e Putin) per una equa spartizione delle proprietà del popolo ucraino; arrivati entrambi a dettare le condizioni di vita di enormi masse di popolazioni grazie all’appoggio ricevuto negli scorsi decenni dalle più grosse famiglie mafiose dei rispettivi Paesi. Questa inedita alleanza stabilitasi tra queste due enormi potenze ha preso in contropiede i governi di questo vecchio ed ammuffito continente, dove da un giorno all’altro si è ritrovato a fare i conti con i reali interessi di rapina della più grande potenza mondiale, che mostra chiaramente (e finalmente diremmo noi) il suo vero volto di rapace predatore, dove ha messo nero su bianco che a difendere i suoi privati interessi deve essere un intero continente che dal termine della Seconda Guerra Mondiale ad oggi non ha fatto altro che servirlo come un cane pastore serve il suo padrone.

Questa difesa adesso deve avvenire a spese dei cittadini, di noi cittadini, che ci ritroviamo di nostro già a fare i conti con un caro vita ed una privatizzazione della pubblica amministrazione che non ha eguali nel corso della Storia ed ha prosciugato da tempo tutti i risparmi delle famiglie meno abbienti.

Questo riarmo, come si diceva più su, potrebbe sembrare folle, ma è evidente come sia l’unica strada che l’economia stagnante (che non vuol dire impoverita, ma con una crescita inferiore alle aspettative) che questo Occidente in declino ha è quella di distruggere tutto, anche le vite degli esseri umani, e ripartire in seguito a folle velocità per recuperare nel più breve tempo possibile i capitali distrutti. La goffa ed assurda giustificazione, che trova in quella statua di cera della presidente della commissione europea Ursula von der Leyen la sua massima espressione, non è altro che un arrampicarsi sugli specchi per alimentare le manie di crescita infinita che il sistema capitalista ha nella sua natura. La narrazione che vuole come l’occidente libero e democratico sia paladino dei giusti e le nazioni ai suoi confini orientali come bruti, barbari da civilizzare, ormai non regge più, neanche l’ultimo tra gli sprovveduti può dare credito ad un racconto così pieno di balle e castronerie.

È risaltato agli occhi del mondo intero l’incontro avvenuto lo scorso mese tra il presidente degli Stati Uniti Trump ed il suo omologo ucraino Zelensky, uno gnomo da giardino che della consistenza del gesso ha fatto il suo tratto distintivo. Quell’incontro ha messo definitivamente nero su bianco quanto la spavalderia del presidente ucraino fosse dettata null’altro che dalla copertura del governo americano sino a poco fa, da questo momento dovrà però fare i conti con il taglio agli armamenti da parte degli USA. Il suddetto incontro ha chiarito che l’appropriazione delle risorse appartenenti di diritto al popolo ucraino avverrà dai predoni dei governi russo ed americano.

Di fronte a questa inedita alleanza i governi europei, esclusi di fatto dalla spartizione del bottino, ora sono nell’imbarazzo del dover giustificare la menzogna perpetrata nel corso degli ultimi tre anni sulla questione degli aiuti militari che sono costati ai popoli lacrime e sangue.

Come giustificare d’altronde ad oggi la dissennata e continua richiesta di aumento delle spese militari? I governanti di questo piccolo pezzo di mondo sono completamente avulsi dalle necessità ed i bisogni dei popoli che sono chiamati a governare; gli esseri umani necessitano di cibo, istruzione, cure, vite dignitose, loro ricambiano con armi, armi, armi ed ancora armi. Domattina a colazione latte cereali calibro 9.

Ogni popolo di ogni nazione è chiamato al sacro compito di contestare, protestare, lottare contro gli interessi dell’industria bellica. Deve essere colta ogni pur minima occasione per trasformare le guerre di carattere imperialista in guerre civili che siano proiettate al rovesciamento di questo sistema improntato sul profitto ad ogni costo, che vede donne e uomini solo come risorse per aumentare illimitatamente il prodotto interno lordo.

Nel nostro caso vuol dire lottare contro uno Stato che ora replica in forma di farsa la tragedia che cento anni fa portò il nome di fascismo. Il preoccupante, pericolosissimo revisionismo storico galoppante che in questi anni ci sta conducendo sull’orlo del baratro trova sponda attraverso il controllo asfissiante dei mezzi di comunicazione di massa e con esso il consenso, un consenso di una parte delle masse ignare delle devastanti conseguenze di queste politiche interventiste, belliciste, che prosciugano le nostre vite e le rendono miserabili.

Il nostro compito ora è quello di risvegliare le coscienze dormienti di questa parte delle masse. Tocca porre l’attenzione sulla rinnovata minaccia che corrisponde al governo ed alla sua nera maggioranza parlamentare, un cumulo di rifiuti della società che vede nella figura mefistofelica della servetta presidente del consiglio Giorgia Meloni la sua massima espressione. Un putrido avanzo, un rifiuto organico a capo di una poco coesa coalizione di maggioranza che vede gli esponenti di Fratelli d’Italia in bilico tra le istanze guerrafondaie del ministro della guerra Crosetto, derivanti dai profitti enormi dell’industria bellica che lui stesso rappresenta, ed il nauseante servilismo della fascistella stessa in odor di santificazione dai suoi endorser Trump e Musk, che, ripeto, pretendono con la forza che l’Europa faccia da baluardo della difesa agli americani a proprie spese; Forza Italia, nella figura del ministro Tajani, in prima fila nella foga bellicista di questo moderno medioevo, mentre gli alleati infami della Lega, con a capo il nullafacente carabiniere mancato Salvini, contrari al nuovo piano di riarmo europeo nell’ottica sia di uno spostamento di fondi dalle spese sociali ad un rafforzamento delle spese verso le forze dell’ordine in funzione repressiva del dissenso (cosa che trova comunque pieno consenso negli alleati), a causa della loro vicinanza ideologica e non solo ideologica verso i due criminali Trump e Putin di cui sopra. Nella coalizione di maggioranza ci sarebbero anche gli scaldapoltrone di Noi Moderati, ma sfidiamo chiunque a ricordarsene l’esistenza.

A questa schifosa quaterna non vanno dimenticate le opposizioni, che ognuna a modo loro, non rappresentano le necessità delle masse. Si parte dal pieno collaborazionismo di Azione, Italia Viva e Partito Democratico, sempre in prima linea nell’opportunismo che da sempre li contraddistingue, sempre in evidenza quando si tratta di difendere gli interessi dell’Italia capitalista/imperialista e dei propri gruppi d’interesse.

Questi partiti hanno sempre mostrato il loro vero volto da accattoni, anche quando blateravano di pace, sia che fosse il sostegno all’Arabia Saudita contro lo Yemen, sia nell’appoggio allo Stato terrorista di Israele, senza dimenticare la continua aderenza all’invio di armi a Kiev, né gli accordi con i signori della guerra libici di minnitiana memoria. Noi non dimentichiamo l’eterna ipocrisia del PD, che durante la settimana votava in parlamento per l’invio di armi all’Ucraina, il sabato successivo manifestava con le bandiere della pace ed alla nuova settimana votava per un nuovo pacchetto di armi da inviare ancora in Ucraina. A questi scempi di partiti dobbiamo aggiungere i cerchiobottisti del Movimento 5 Stelle, un partito pigliatutto dove al suo interno troviamo tutto ed il contrario di tutto, dove ai loro proclami di pace non sempre corrispondono i fatti, basti vedere il loro voto favorevole dato lo scorso anno alla missione Aspides, un partito che più volte in passato non ha fatto mistero del proprio appoggio all’atlantismo. Discorso leggermente diverso va fatto con AVS. Pur avendo sempre coerentemente votato contro ogni invio di armi, contro ogni deriva bellicista delle borghesie parassitarie presenti in parlamento, non possiamo non criticare come raramente si siano sporcati le mani scendendo nelle piazze e manifestando, aderendo alle iniziative di lotta assieme ai nostri compagni. La loro azione si limita a dei timidi interventi, seppur in parte condivisibili, durante le discussioni parlamentari. Ci sarebbe anche da nominare Più Europa, ma vale lo stesso discorso fatto prima con Noi Moderati, sono il loro equivalente nelle opposizioni.

A tutto lo scibile parlamentare e governativo aggiungiamo che non c’è nessuna alta carica dello Stato a cui possiamo fare riferimento, meno che meno che al presidente Mattarella. Totalmente inappropriate sono state le sue parole lo scorso anno di pieno sostegno all’Alleanza Atlantica, parole che in maniera totalmente inesatta mostravano come la Nato fosse garanzia di pace, parole mai minimamente rettificate. Siamo in grado di dimostrare come la Nato sia invece la causa di molteplici conflitti.

In questi rinnovati e violenti venti di guerra, raffiche per l’esattezza, che spirano nel nostro continente, impossibile non fare neanche un cenno alla catastrofe che il popolo palestinese subisce da quasi ottant’anni e che da circa un anno e mezzo e precipitata nel baratro più profondo. Anche qui il nostro continente si è dimostrato il covo delle ideologie più reazionarie, dove l’appoggio al boia Netanyahu è stato incondizionato, dove da più parti sono state pronunciate parole accomodanti sennonché di vero e proprio benvenuto, non ultime dal nostro nero governo, verso un criminale sulla cui testa pende un mandato di cattura internazionale, responsabile di alcune delle più grandi atrocità che la Storia recente ricordi, e dire che abbiamo solo l’imbarazzo della scelta a riguardo.

Ed in questa immane tragedia non dobbiamo dimenticare che anche l’ONU, che oggi attraverso i rapporti e le per nulla incisive dichiarazioni del suo presidente Guterres muove delle blande accuse a quella metastasi tumorale che risponde al nome di Israele, ha il suo livello di responsabilità. Le chiacchiere stanno a zero, i fatti dimostrano tutt’altro, e mostrano come oltre ad aver contribuito alla nascita del terrore nel Medio Oriente lo difende attraverso il suo esercito in pianta stabile all’interno dei confini dello Stato confinante del Libano.

Fare questo elenco, seppur largamente incompleto, di partiti, stati, figure apicali ed organizzazioni non è per fare i bastian contrari a prescindere da tutto e tutti, ma è per mettere in evidenza come noi proletari non abbiamo alleati nelle borghesie, qualsiasi cosa se ne dica. Il compito storico del proletariato è quello di abbattere per sempre la società capitalista.

La classe operaia, in quanto classe che produce la ricchezza ha nelle proprie mani la capacità di determinare quale deve essere il fine di questa ricchezza.

Il riarmo europeo già deciso sta prendendo in considerazione la riconversione delle fabbriche dell’auto in produzione militare, questo porta ad un facile ragionamento: se al principio del profitto c’è il soddisfacimento dei bisogni attraverso la produzione di massa, la conseguenza naturale è che non saranno più le automobili a soddisfare le necessità ma bensì le armi. La guerra dunque diviene una necessità da perpetrare all’infinito per poter accrescere continuamente il capitale. Dovremo morire, dovremo soffrire per poter vivere. O meglio, sopravvivere.

Davanti a questa prospettiva terrificante i burocrati rappresentanti dei lavoratori dei sindacati confederali non hanno opposto e continuano a non opporre alcuna resistenza, basti semplicemente vedere il totale e colpevole silenzio sul Medio Oriente, sul massacro del popolo palestinese. Basti vedere la da sempre incoerenza dell’amico del PD Landini, dove alle parole di critica verso il riarmo non si è mai visto una scesa in piazza con i proPal ma è sceso con i guerrafondai il 15 marzo. Ci sono i maggiordomi della CISL, quasi quasi incuriositi dalla prospettiva di riconversione delle fabbriche e c’è la UIL, con il suo instancabile motto “armiamoci e partite”. In colpevole silenzio anche una parte del sindacalismo di base.

A fronte di queste considerazioni la nostra risposta è sempre è soltanto una: la necessità dell’autorganizzazione dal basso della classe operaia, della sua totale emancipazione dalla burocrazia del confederalismo sindacale e di una rinnovata partecipazione alle lotte che è venuta mano mano sempre meno negli ultimi anni. Sappiamo che non è una strada di semplice percorrenza, sappiamo che il lassismo prodotto dall’arretramento delle lotte negli ultimi anni è una tendenza di difficile inversione, e sappiamo che per cambiare rotta bisogna in primis eliminare le cause di questa situazione. Cause che abbiamo appena visto poco sopra.

Le contraddizioni all’interno delle classi borghesi prima elencate, ad esempio quella che vede l’alleanza forzata nella maggioranza di governo, dove, come si diceva, si è in bilico tra le istanze guerrafondaie e di riarmo europeo da una parte, e la vicinanza all’imperialismo russo nella figura del tiranno Putin dall’altra, sono l’anello debole della catena dell’imperialismo, ed è da ricercare in queste contraddizioni l’elemento scatenante di una nuova ondata di lotte nelle classe operaia.

Il socialsciovinismo (come lo avrebbe definito Lenin) della pseudosinistra parlamentare e di alcuni elementi della sinistra extraparlamentare, assieme ai sindacati confederali ed alcuni sindacati di base, è una malattia infettiva che deve essere debellata, e la Storia può insegnarci come combatterla. Guardare indietro alle grandi stagioni di lotta del nostro Paese, come ad esempio al glorioso Biennio Rosso oppure alle lotte degli anni 70, mostra come la classe operaia sia stata motrice del cambiamento progressivo dello stato sociale, mentre oggi il suo cambiamento in ordine regressivo dimostra come sia proporzionale alla regressione della lotta, degli scioperi. Dunque il fulcro su cui fare leva restano le fabbriche.

La classe lavoratrice detiene una forza latente, una capacità intrinseca di poter essere il motore del cambiamento della società intera, e di questo le classi borghesi ne sono pienamente consapevoli, basti vedere l’inasprimento quotidiano della repressione verso le rivendicazioni della stessa, ma non tutto il male viene per nuocere. Gli 800 miliardi previsti in armamenti non sono altro che la cartina di tornasole della profonda crisi e del fallimento dell’Europa che tenta disperatamente, con ogni mezzo, di strappare con le unghie e con i denti gli ultimi pezzi di menzogna che le restano da pronunciare. L’Europa imperialista per come la conosciamo è oramai arrivata al capolinea, e di questo dobbiamo approfittarne. Questa tendenza alla guerra della società odierna può essere infatti la scintilla che da l’avvio al motore della rivolta, a noi il compito di alimentarla.

A noi il compito di trasformare la spietatezza della guerra di carattere imperialista in gloria della guerra civile, con gli operai nuovamente in primissima linea, chiudendo definitivamente i ponti con il riformismo che ha inquinato e continua ad inquinare il fuoco della rivolta.

Sono ottimista a riguardo, guardandoci indietro possiamo vedere come la parte giusta dell’umanità ha sempre saputo affrontare le grandi catastrofi, e pur perdendo le battaglie ha infine vinto le guerre.



sabato 29 marzo 2025

29 marzo - LO SCIOPERO DEI METALMECCANICI

Le prime notizie che abbiamo da questo sciopero sono di due tipi. In tante fabbriche non si sciopera, scioperano i delegati, gli attivisti stretti di Fim/Fiom/Uilm che molto spesso non scioperano ma in realtà sono in permesso sindacale e danno vita a presidi e manifestazioni che non vedono certo la partecipazione numerosa dei lavoratori. È il caso delle principali fabbriche del sud: ieri mattina alle Acciaierie, nell'appalto dove lavorano attualmente 3.000 operai, l'ingresso è stato massiccio e la partecipazione allo sciopero non è quantificabile, ma pensiamo che questo riguardi anche altre realtà.

C'è da tener conto che alle Acciaierie quasi più della metà degli operai nell'appalto non hanno il contratto metalmeccanico perché padroni e sindacati hanno via via accettato i livelli sempre maggiori di precarizzazione dei lavoratori. Tanti operai sono stati passati al contratto multiservizi che rende questi lavoratori meno pagati, più insicuri e più precari ed è evidente che senza rimuovere questo ostacolo, per fare l'esempio dell'appalto dell'Acciaierie, è difficile poter fare uno sciopero unitario.

Ieri mattina lo Slai Cobas è stato alle portinerie dell'appalto, dato che alle portinerie dell'Acciaierie non c'era nessuno, vi erano degli striscioni per il contratto e nessuno davanti alle portinerie, neanche dei delegati che con la scusa del presidio alla Confindustria praticamente hanno lasciato i lavoratori – e in tantissimi sono in cassa integrazione - senza alcun riferimento e di conseguenza hanno lasciato campo libero al fatto che gli operai entravano.

Naturalmente i presidi vengono pubblicizzati dalle organizzazioni sindacali e sostenuti dalla stampa amica nelle varie città, ma in realtà nella maggior parte delle fabbriche lo sciopero ha avuto una modesta riuscita e noi non ne siamo certo contenti, soprattutto perché senza la mobilitazione degli operai e dei lavoratori nelle fabbriche - in tutte le fabbriche e non a macchia di leopardo come è attualmente sostanzialmente la partecipazione di operai a questi scioperi dei metalmeccanici - è fondamentale per avere il clima adatto in cui discutere e far avanzare i lavoratori su tutti i temi della situazione politica nazionale e internazionale e prima fra tutti del piano di riarmo e di guerra che riguarda anche tante fabbriche o divenute belliche in espansione o che si vanno trasformando nel quadro dell'economia di guerra in fabbriche anch'esse legate alla partecipazione degli Stati e dei governi imperialisti alla guerra.

Certo il Capitale va dove ci sono profitti e se i profitti vengono dalla guerra i capitalisti si buttano a tuffo su questa con le loro multinazionali, e di questo occorreva parlare anche con gli operai ieri in sciopero proprio perché siamo di fronte a un contratto in cui i padroni negano aumenti salariali dignitosi (non che fossero dignitosi quelli richiesti da Fim/Fiom /Uilm ma sicuramente si poteva e si doveva rivendicare molto di più).

Ma le rivendicazioni lasciano il tempo che trovano se poi di fronte ai padroni che offrono il nulla i sindacati che organizzano la maggioranza degli operai metalmeccanici tuttora non alzano il tiro nella lotta salariale, nella lotta contro la precarietà, nella lotta contro le morti sul lavoro e la situazione della sicurezza sul lavoro e di fronte ai piani di ristrutturazione che fanno sì o che si vada verso la guerra, l’industria bellica e la riconversione al contrario di quello che chiede da sempre il movimento per la pace: la riconversione delle industrie belliche.

Questa riconversione c'è ma al contrario di ciò che rivendica il movimento per la pace e nelle fabbriche non si apre né una discussione seria né uno scontro di posizione su questo. Almeno noi lo abbiamo fatto oggi alle fabbriche dove siamo stati oltre che a diffondere il volantino che si può tranquillamente ritrovare nel blog dello Slai Cobas per il sindacato di classe, abbiamo diffuso Ore12 stampato, cioè quello strumento che raccoglie gli articoli principali della Controinformazione settimanale che viene fatta in questa forma che state ascoltando dai compagni di proletari comunisti che utilizzano e creano questo strumento di Controinformazione rossoperaia proprio per dare nelle orecchie, nei cuori, nella mente e nelle mani degli operai uno strumento di parte - dalla propria parte - per leggere  ciò che sta succedendo sul piano del riarmo ma anche sul piano dei decreti sicurezza, della repressione e sul piano della crisi scaricata sugli operai attraverso anche la linea perdente dei sindacalisti confederali su ciò che sta avvenendo in Stellantis, nelle Acciaierie ex Ilva di Taranto.

Noi siamo perché si arrivi a uno sciopero generale che metta in discussione non soltanto la politica economica di questo governo (come quella di tutti i governi dei patroni in Italia, come negli altri paesi imperialisti), ma che metta in discussione la politica di guerra e di repressione che sta diventando il centro di tutti i governi imperialisti al di là delle loro differenze che dipendono essenzialmente dallo sviluppo disuguale del capitalismo che porta i capitalisti più grandi a far la guerra a quelli più piccoli e viceversa, in un quadro di scontri tra multinazionali.

In questo si innesta la politica dei dazi dell'imperialismo americano, la nuova presidenza Trump che sta spingendo il piede verso l'acutizzazione della guerra commerciale e impone con la forza il suo programma “America prima di tutti” che poi diventa in ogni paese “Germania prima di tutti”, a volte travestito da “Europa prima di tutti”, “Italia prima di tutti”, in cui il nostro governo si trova come il cacio sui maccheroni ma collocato a fianco di Trump e quindi anche in contraddizione con gli altri governi europei che vedono sempre di più nel governo Meloni una sorta di quinta colonna dell'imperialismo americano, cosa che non piace a fette consistenti dei padroni anche italiani che hanno interesse di restare al carro dell'Europa imperialista e dei suoi governi.

Ma tornando al punto chiave su cui oggi stiamo ragionando, gli operai non hanno né forza sindacale nel nostro paese attualmente e meno che mai rappresentanza e forza politica per difendere i loro interessi di classe sia sul piano del salario, del lavoro, delle condizioni di lavoro, della Sanità, dei servizi sociali, sia sul piano politico vale a dire con un proprio partito che rappresenti gli interessi contrapposti ai padroni e al loro sistema capitalistico.

Gli scioperi di ieri sono un elemento centrale della ripresa non solo della lotta operaia ma del luogo dove si può sviluppare la discussione, la formazione, l'agitazione, la propaganda per elevare la coscienza dei lavoratori e delle loro avanguardie affinché prendano nelle loro mani la lotta non solo sindacale ma la lotta politica in questo paese contro padroni e governo, con un'ottica internazionale perché gli operai e i proletari di tutto il mondo si trovano a fronteggiare le stesse situazioni, sia nei paesi imperialisti/ capitalisti sia nei paesi oppressi, dipendenti e oppressi dai paesi imperialisti e capitalisti.

Recentemente abbiamo avuto un grande sciopero in Grecia con gli operai che hanno preso nelle loro mani la lotta e lì era innanzitutto contro le morti sul lavoro che racchiudeva l'esito più tragico per i lavoratori delle situazioni di sfruttamento, precarietà, in cui tutti i lavoratori compresa la grande parte di essi che sono migranti divenuti operai in questi paesi che pagano un costo doppio al sistema di sfruttamento del Capitale.

Uno sciopero generale che ha visto una forte partecipazione dei lavoratori e intorno a essi una mobilitazione di studenti, disoccupati e altri settori sociali che non ci stavano.

Questo è avvenuto in Grecia come l'anno scorso è avvenuto in Francia intorno alla questione delle pensioni e che sta riprendendo piede proprio di fronte al fatto della scelta di Macron di lavorare in prima persona con il suo governo e il suo sistema per la guerra.

Quindi lo sciopero dei metalmeccanici che racchiude il cuore del proletariato e dei lavoratori italiani era ed è una delle condizioni necessarie per avere nel nostro paese un'autentica lotta di classe e un'autentica lotta proletaria di massa che permetta di mettere in discussione gli attuali rapporti di forza tra padroni/Stato/governo e operai.

Certo il governo Meloni, che peraltro è un  governo formato anche da rappresentanti diretti dei padroni - ad esempio Crosetto è sui libri paga delle multinazionali della guerra della Leonardo e di tutto il sistema che lavora per la guerra nel nostro paese - ma è fatta di ministri corrotti come la Santanchè e ora sta venendo fuori che la Calderone - la cosiddetta ministra del lavoro che in realtà lavora per i padroni, è consulente dei  padroni anche nelle vertenze sindacali e nelle vertenze sociali che riguardano i lavoratori - è un personaggio corrotto che ha conseguito la laurea attraverso sistemi truffaldini di cui il giornale il Fatto Quotidiano sta documentando. E’ inutile fare il caso dei ministri dell'ambiente che lavorano in realtà contro l'ambiente, per il nucleare, i ministri della Scuola che, oltre che essere fascisti, reazionari e conservatori, lavorano per un massiccio ingresso delle aziende, delle industrie belliche nella scuola.

Quindi tutto un governo organicamente legato ai padroni, organicamente legato ai ricchi, ai corrotti in questo paese che meriterebbe una posizione seria sul piano politico cosa che non c'è vista la natura ormai dall'altra parte della barricata che è rappresentata dai cosiddetti partiti di sinistra – PD e satelliti - ma sostanzialmente i lavoratori non hanno nelle loro mani gli strumenti necessari per sviluppare sia la lotta sociale, sindacale, sia la lotta politica e quindi il grande problema che abbiamo da ora - e non solo e non sappiamo ancora per quanto – è ricostruire il partito della classe operaia, il sindacato di classe, il fronte unito proletario e popolare.

Lo sciopero di ieri poteva essere un'occasione per discutere con le avanguardie operaie anche di questo ma naturalmente questo è stato possibile solo in alcuni casi e senza alcun tipo di piano e di organizzazione che lo supporti.

Questo è il lavoro che però facciamo anche con questo strumento che è la Controinformazione rossoperaia/Ore12

 

notizie  da dove siamo intervenuti direttamente

Milano 

Oggi, alla manifestazione prevista per lo sciopero,in tutto poco più di 400/450 in stragrande maggioranza fiom e sparuta presenza fim e uilm, abbiamo volantinato la posizione del coordinamento nazionale dello slai cobas, ben accolto nello spezzone fiom con discussione su riarmo, costruzione di un fronte di classe contro la guerra contro la cisl e il governo Meloni, necessità fare come negli anni 70 e di una rivolta sociale vera, diffuse copie di ore 12 controinformazione rossoperaia giornali.

Taranto 

 volantinaggio alle portinerie Acciaierie e in particolare dell' appalto - locandine a tutte le  portinerie - diffuse 30 copie di ore 12 , fatte scritte murali ai cancelli durante il volantinaggio - dello sciopero a taranto si parla nel testo generale di ore 12- delegati sindacali assenti alle portinerie - poi in presidio solo loro alla confindustria

Bergamo

Siamo stati presenti con striscione al concentramentone diffusione controinfo e una bandiera Palestina e una di proletari comunisti. Corteo a Bergamo breve e con scarsa partecipazione operaia, prevalenza apparato delegati attivisti (lo spezzone fiom era più piccolo rispetto a quello dello sciopero generale), terminato in una piazza nascosta nel centro cittadino. Un contesto poco ricettivo che ha limitato la diffusione ma ore 12 controinformazione rossoperaia è stata accolta con interesse con chi si è riuscito a parlare e confrontarsi, una decina di operai di alcune medie aziende e un po' più a lungo con un giovane dell'acciaieria tenaris e verso la fine un delegato della same (che come operai era quello più numeroso). Con questi operai si è condiviso la questione che abbiamo portato con lo striscione, della necessità di partire dalla situazione non adeguata/arretrata per cambiarla collegando i temi del contratto con delle forme di lotte  adeguate, fare il collegamento necessario con il riarmo, la guerra, il fascismo del governo che avanza e il ruolo collaborazionista della CISL, la necessità dello sciopero generale da costruire dal basso. Ovviamente è un inizio di un lavoro su cui tornare nelle fabbriche per animare discussioni tra i lavoratori dalle prese di posizione, alle lotte e scioperi dai posti di lavoro che non vengono alimentati per la linea della fiom in primis e che dall'altro lasciano terreno vuoto da riempire con i contenuti del nostro lavoro autonomo. Su questo ad esempio una discussione con un giovane operaia sulla rivolta sociale che è diventata per Landini il referendum, vista anch'essa come forma di lotta. Nella discussione è poi emerso che quello che più serve per il risveglio della classe opeai sono gli scioperi dove si cresce non il voto 

Palermo - Fincantieri

 Il tempo oggi tipo diluvio pioggia ostacola in parte il volantinaggio, diffuse 20 copie di ore 12 controinformazione rossoperaia Circa 200 volantini

Manifestaziobe a palermo no- La manifestazione si è fatta a Siracusa da Palermo delegazione soprattutto di delegati Soprattutto operai ditte con atteggiamento scettico pesa la ricattabilita occupazionale " ci pressano di non scioperare"

Pochi operai fincantieri " il lavoro per ora c è " traghetto per la sicilia e manutenzione pezzi che arrivano, nessun accenno da parte degli operai alla Fincantieri produzione militare, lo portiamo noi l' argomento

Un operaio fincantieri ci dice a proposito delle bandiere dei sindacati confederali: che serve mettere queste bandiere? Si doveva fare almeno un picchetto ma non lo hanno organizzato

Alcuni operai sconcertati su vicenda operaie Beretta e accordo bidone cgil contro operaie aumento salario 2, 19 euro che abbiamo portato nella discussione

Gli operai immigrati prendono il volantino piu volentieri lavorano alle ditte di appalto e aumentano - sono per lo più giovani




 

giovedì 27 marzo 2025

27 marzo - Sciopero degli operai metalmeccanici per il contratto - Slai Cobas per il sindacato di classe - coordinamento nazionale

Il 28 marzo ci sarà lo sciopero dei metalmeccanici. 

1.500.000 operai metalmeccanici, il 6,2% della forza lavoro, sciopera giustamente perché sono senza contratto. Questo è sulla base però di una mobilitazione imperniata, per quanto riguarda Fiom/Fim/ Uilm, su delle posizioni che lasciano spazio, come sempre, ad una via di fuga per i padroni e per il Capitale. Si legge nella locandina di indizione che “è ora di contrattare per il bene dell'industria, dei lavoratori e del paese per aumentare i salari, ridurre l'orario, stabilizzare i rapporti di lavoro, garantire la salute e la sicurezza anche dei lavoratori dell'appalto”. Sicuramente queste parole d'ordine sono importanti, il problema è che dobbiamo fare i conti con la situazione oggettiva e inquadrarla nel punto centrale.

La trattativa del contratto dei metalmeccanici si è rotta su un problema essenziale per quanto riguarda lo scontro tra la classe operaia e il Capitale, tra lo sfruttamento e i livelli sempre più pesanti di rapina del plusvalore non pagato all'operaio, si è rotta sulla questione del salario.

Proprio in questi giorni viene messa al centro dalla borghesia, dai sindacati, la lotta per il salario, ma vediamo un attimino come viene descritta.

Giustamente Landini dice che il governo e i padroni stanno di fatto programmando la riduzione del potere di acquisto dei salari anziché tutelare il loro potere di acquisto. Questo sta avvenendo anche nel settore metalmeccanico, praticamente dicono che è fondamentale rinnovare il contratto – sottolineano Fiom/Fim/Uilm - per garantire certezze ai lavoratori e alle imprese che vogliono regole più chiare per difendersi dalla concorrenza sleale.

Se questi sono i presupposti c'è qualcosa che non quadra, che è meglio chiarire perché bisognerebbe chiedersi: ma il sistema di produzione capitalistico può permettersi questo o è necessario ricostruire i rapporti di forza tra la classe operaia e il Capitale per poter ottenere questi aumenti? Per quello che riguarda gli aumenti è bene comunque ricordare di quale siano le proporzioni: i sindacati metalmeccanici chiedono 280 euro di aumento in tre anni (che anche questa è una richiesta molto insufficiente), mentre i padroni hanno ribaltato il tavolo dicendo che propongono 173 euro in tre anni, soldi tra l'altro neanche sicuri ma solo nel caso in cui si realizzi l'indice dei prezzi di consumo armonizzato al netto dei prezzi energetici importati, preventivato dall'Istat nel giugno 2024. Qualora questo valore non fosse in linea con le stime, gli aumenti salariali per gli anni 2025-2026-2027 potrebbero essere più bassi e questo fa il paio con quello che è uscito anche dalle statistiche, e cioè che l'Italia e gli operai italiani si troviamo tra i paesi del G20 con gli aumenti di salario, con i salari più bassi, dove si fanno delle proporzioni, parlano di percentuali di meno 8,7 rispetto agli anni precedenti. Ma il problema non è solo questo dei dati, il problema è la prospettiva su cui siamo chiamati a mobilitarci e che purtroppo presenta ancora delle illusioni e delle vie di fuga per il Capitale.

Da un lato i sindacati di categoria dicono a gran voce che una crescita dei salari farebbe bene al sistema Italia perché consentirebbe di aggredire uno dei mali più perniciosi della nostra economia, la debolezza della domanda interna. Su questo punto è bene rifarsi comunque alle questioni del marxismo, di Marx, di “Salario-prezzo-profitto”. Primo: recuperare l'aumento salariale non vuol dire aumento del salario, ma in ogni caso un aumento della spesa interna potrebbe essere in parte agevolato solo nel caso di un aumento effettivo dei salari, cosa che invece non viene prospettata perché questo significa solamente, anche rispetto all'indagine dell'Istat, un adeguamento all'inflazione e quindi al fatto che il potere d'acquisto dei salari è stato eroso in tutti questi anni e continua a essere eroso da un aumento dell'inflazione - Landini parla del 16% di un'inflazione complessiva.

Sempre i sindacalisti dicono agli imprenditori che aumentare i salari, come vi abbiamo chiesto, aiuterà la ripresa dell'economia. Questo tra l'altro vuol dire che la ripresa dell'economia non è altro che la ripresa dello sfruttamento, infatti in questo elemento c'è anche un paradosso del contratto dei metalmeccanici perché come viene analizzato in un articolo che dice che le relazioni industriali nel settore metalmeccanico sono molto buone. Da quando fu avviato il rinnovo del contratto del 2016 sono stati compiuti passi in avanti, in sostanza è stato messo un nuovo sistema classificatorio, è stato ridotto l'orario di lavoro e quindi questo ha consentito di attenuare in maniera sensibile la durezza dell'inflazione. Per quanto riguarda la crescita salariale, che impropriamente viene chiamata così, tutto è stato legato a quello che è invece il welfare contrattuale interno, qua viene detto che è stato strutturato per andare incontro alle esigenze dei lavoratori, ma questo non è altro che parte del salario che è stato tolto dal salario effettivo ed è stato legato poi anche ai premi di produzione, agli accordi interni, che sono sempre legati all'aumento dello sfruttamento della forza lavoro, all'aumento dell'intensità del lavoro dell'operaio. Su questo dato è bene riprendere integralmente un passo che riguarda la formazione operaia marxista che stiamo facendo, dove Marx spiega come la lotta per aumenti salariali è di fatto una lotta di recupero di un salario che il Capitale con i suoi interventi ha già abbassato, quindi se l'operaio non facesse questa lotta non solo non avrebbe un aumento del salario, ma vedrebbe il suo salario ulteriormente diminuito.

Il nodo centrale è appunto che l'aumento generale del livello dei salari non incide sui prezzi delle merci, ma sui profitti, quindi un aumento generale dei salari provocherebbe una caduta del saggio generale del profitto senza esercitare alcuna influenza sui prezzi medi delle merci e sui loro valori. Questa è una questione molto importante perché rimette al centro il problema della lotta per il salario intesa come una battaglia centrale per riavviare uno scontro anche più generale da parte degli operai, ma su questo bisogna che gli operai prendano coscienza di questa situazione, il sistema capitalistico non può permettere questa cosa se non perché i rapporti di forza consentono di strappare questi risultati. E’ proprio per questo che i padroni affermano che se dovessero aumentare il salario andrebbero in crisi, infatti i padroni affermano, affrontando i dati sulla congiuntura del settore metalmeccanico che sono pessimi, che nel 2024 la produzione rispetto all'anno precedente è scesa del 4,2% ed è più di un anno che fa segnare i dati in negativo. Dicono che questo non accade solo in Italia perché sempre da un anno all'altro la produzione è calata in Europa del 5,6% il che significa che non si può sperare in una forte ripresa delle esportazioni.

Quindi ci troviamo in un contesto in cui il governo mette i soldi per le armi e non certo fino adesso ha avuto l’intenzione di intervenire nel contratto dei metalmeccanici per fare quello che dicono i sindacati confederali. Quindi i padroni dicono, con Federico Visentin, Presidente di Federmeccanica, che si è chiuso un anno durissimo, le prospettive preoccupano, il settore è a rischio. Dall'altro lato aumentare la domanda interna e le esportazioni per la situazione più generale in cui tra l'altro con i sommovimenti geopolitici, i dazi di Trump, la prosecuzione delle guerre in atto, come dicono gli stessi analisti borghesi, molto difficilmente potrà migliorare.

Per cui se questo è il contesto è bene che gli operai in questa lotta per il rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici, ma in tutte le lotte, debbano prendere coscienza della posta in gioco, della lotta tra il Capitale che cerca costantemente di ridurre i salari al loro limite fisico minimo e di estendere la giornata di lavoro al suo limite fisico massimo. Pertanto l'operaio, come dice Marx, deve esercitare una pressione in senso opposto e quindi, come abbiamo detto all'inizio, la questione si riduce ai rapporti di forza delle parti in lotta. Quindi la lotta per il salario incide sui profitti, sul saggio di profitto e che quindi se aumentano i salari si riducono i loro profitti, se diminuiscono i salari aumentano i loro profitti e questo è il nodo centrale che dobbiamo mettere in campo rispetto a questa battaglia che dobbiamo fare.

Infatti, come è successo in questi anni, quando i rapporti di forza tra padrone e operai fanno sì che gli operai non ottengano aumenti dei salari e quindi il loro salario cala e i prezzi continuano allo stesso ad aumentare e mentre difendono l'aumento dei profitti o la tenuta di essi il salario cala.

Pertanto concludendo, quando Landini parla e dice che serve una vertenza sui salari non parla in questo senso ma parla per attivare un'altra soluzione per le imprese, parla di economia nazionale, parla di investimenti, macchine, che vuol dire aumentare la quantità di lavoro necessario che viene tolta agli operai e quindi sempre per aumentare i guadagni dei padroni e questa è una via perdente che ci ha portato in tutti questi anni a perdere il salario in Italia e anche in maniera minore negli altri paesi.

Terminiamo dicendo che in questo quadro nello sciopero generale di 8 ore indetto per il 28 marzo per il contratto -  a cui invitiamo comunque gli operai a partecipare - è importante che le avanguardie operaie svolgano un ruolo d'indicazione di una piattaforma alternativa e soprattutto considerano in questo sciopero un'occasione, un'opportunità per un vero sciopero generale.

Un vero sciopero generale perché lo scontro anche per il contratto è uno scontro contro i padroni, contro il governo, contro lo Stato, che vanno verso la guerra, la reazione e il peggioramento delle condizioni di vita dei lavoratori, dei proletari e delle masse. Uno sciopero generale dal basso, uno scontro prolungato che dica chiaramente parole d'ordine chiare come “lavoro/non guerra”, che metta al centro gli interessi dei lavoratori e della classe operaia contro gli interessi dei padroni e dei loro governi.

Questo non solo è possibile ma è necessario come dimostrano anche lo sciopero recente di migliaia di lavoratori che è successo in Grecia dove era tra l'altro non era solo sul salario ma sulla questione dei morti sul lavoro, della sicurezza dei lavoratori. Questo ci dice che la strada è lunga e tortuosa ma è possibile ribellarsi a questo sistema e non abbiamo come classe operaia altra soluzione che questa.

Slai Cobas per il sindacato di classe

coordinamento nazionale

slaicobasta@gmail.com wattsapp 3519575628

 https://cobasperilsindacatodiclasse.blogspot.com/


mercoledì 26 marzo 2025

ACCORDO ALLA BERETTA, QUANTO VALGONO LE OPERAIE PER LA CGIL

 primo commento

Cgil firma un accordo senza e contro le operaie 

 al Salumificio Beretta di Trezzo

2.19 euro lordi al mese l’aumento di stipendio

Mpm e Cgil e le sue delegate hanno firmato a sorpresa e alle spalle delle operaie dell’appalto Beretta al Salumificio Beretta di Trezzo un accordo aziendale per 2,19 centesimi lordi di aumento dello stipendio al mese.

Un accordo visceralmente contro la ribellione delle operaie, che ne attacca la dignità e il diritto a decidere. Un accordo paternalisticamente spacciato come miglioramento del clima aziendale, da padroni e sindacato che odiano le operaie, insieme.

Un accordo che difende i profitti dei padroni, lo sfruttamento, l’intensificazione dello sfruttamento e legittima il contestatissimo appalto che taglia la paga, riduce i diritti precarizza il lavoro ed è elemento di divisione tra le operaie della fabbrica che pur hanno reparto, linee, lavoro uguali e la stessa direzione di fatto.

La firma di questo accordo da un esempio pratico del fascismo padronale che nega alle operaie la libertà, di parola nelle decisioni dell’azienda come nella scelta della rappresentanza sindacale e lo mette in pratica attraverso un sindacato che firma un accordo arbitrariamente, espropriando da ogni processo decisionale le operaie che al pari dell’azienda, considera come nullità a cui lasciare solo la fatica, l’oppressione e lo sfruttamento.

Un accordo che mette cifre minime sui turni disagiati e straordinari che sono uno misero indennizzo usato come incentivo per le operaie ad essere totalmente flessibili

un accordo ‘che annulla e sostituisce il precedente contratto e successive modifiche’, andando a cancellare così la garanzia del posto di lavoro al Salumificio Beretta di Trezzo per le operaie dell’appalto, inserita con la lotta nell’accordo aziendale del 2021 e sottoscritta tra Beretta e Slai Cobas per il sindacato di classe.

Una prima assemblea molto arrabbiata convocata da Slai Cobas si tenuta in un clima unitario tra operaie e tra operaie e sindacato, ha condannato la Cgil, l'accordo aziendale e deciso di contrastarlo e metterlo in discussione in tutti i modi possibili, contestare le delegate e la loro autodifesa, puntando alla sua cancellazione, per una piattaforma operaia.

E nella giornata in cui tutta la stampa scrive che i salari sono diventati più poveri ‘meno 8.7% in 17 anni’ mangiati dall’aumento dei prezzi che i padroni applicano, che il potere d’acquisto dei salari va in fumo cioè ‘spesa sempre più cara e carrello sempre più vuoto’ ha fatto effetto ciò che la Cgil ha scritto sul suo sito nazionale (Collettiva) ‘ serve una vera e propria vertenza sugli stipendi’.

Sicuramente ma contro gli accordi osceni come alla Beretta e con la lotta, gli scioperi delle operaie e degli operai, su di una Piattaforma Operaia autonoma.

 

martedì 25 marzo 2025

25 marzo - Sangue sul lavoro. SANGUE OPERAIO FRUTTO DELLA GUERRA DI CLASSE DEL CAPITALE COPERTA DAL GOVERNO. SERVE UNA RIVOLTA SOCIALE

Tre morti in una manciata di ore. Il primo, 22 anni, nella notte a Pordenone, in seguito all’esplosione di uno stampo di acciaio nella fabbrica Stm di Molino di Campagna. Il secondo, 51 anni, nel Napoletano, incastrato in un macchinario in una azienda di smaltimento rifiuti. Il terzo, 38 anni, sull’A1, all’altezza di Orvieto, travolto da autocarro

Redazione

25 marzo 2025 

Pordenone, operaio 22enne muore in seguito all’esplosione di uno stampo

Infortunio mortale sul lavoro nella notte in Friuli. Un giovane di 22 anni ha peso la vita nella fabbrica Stm di Molino di Campagna, in provincia di Pordenone. L’azienda è specializzata nella lavorazione dell’acciaio a caldo. Secondo una prima ricostruzione al vaglio degli inquirenti il giovane sarebbe stato colpito alla schiena da un frammento metallico mentre lavorava vicino a uno stampo che sarebbe esploso provocandogli gravissime lesioni interne

All’arrivo dei sanitari allertati dai colleghi di lavoro con automedica e ambulanza il giovane è stato trovato in arresto cardiaco. Le prolungate manovre di rianimazione si sono rivelate purtroppo vane, l’uomo è deceduto. Sul posto i Vigili del Fuoco, i carabinieri di Spilimbergo e il personale dello Spisal (Servizio di prevenzione, igiene e sicurezza negli ambienti di lavoro). Il corpo è stato posto a disposizione dell’Ag di Pordenone. 

Napoli, operaio 51enne muore incastrato in un macchinario nell’azienda di smaltimento rifiuti dove lavorava

Nicola Sicignano, 51 anni, è morto mentre lavorava in una azienda di smaltimento rifiuti. L’incidente – si legge sui media online locali – si è verificato nella serata di ieri, 24 marzo, a Sant’Antonio Abate, nel Napoletano. L’operaio sarebbe rimasto incastrato con il braccio e la testa nel nastro trasportatore della linea di lavoro. L’area dove è avvenuto l’incidente è stata sequestrata e messa a disposizione del pm.

Orvieto, operaio 38enne muore travolto da autocarro mentre lavora in A1

Un operaio di 38 anni è morto investito da un mezzo pesante mentre stava lavorando sulla carreggiata nord dell’Autosole nei pressi di Orvieto dove era residente. Era dipendente di una ditta del posto impegnata in
interventi di manutenzione in autostrada. L'operaio si trovava sulla carreggiata ed è stato investito dal un mezzo pesante in transito. Sulla dinamica sono in corso indagini della polizia stradale di Orvieto. Sul posto anche personale e dirigenti sia della ditta presso cui lavorava l’operaio e di Autostrade per l’Italia. 

lunedì 24 marzo 2025

24 marzo - dal blog tarantocontro: Ex Ilva - prima valutazione dello Slai Cobas sulla futura acquisizione da parte degli azeri

 

 Facendo riferimento alle notizie stampa - la valutazione dello Slai Cobas è negativa

La (S)vendita prevede,  dopo la continuazione della cassintegrazione ancora per diverso tempo, tanti operai esuberi dell'ordine di circa 2000 persone a cui vanno aggiunti quelli in cigs straordinaria in Ilva AS che non rientreranno;

prevede un nuovo finanziamento e presenza dello Stato della stessa natura di quello con Mittal;

prevede un  peggioramento delle condizioni ambientali con la nave rigassificatore annunciata dagli azeri per Taranto

Rispetto ai sindacati e alla loro posizione

La FIM è diventata organicamente un sindacato dei padroni e del governo e quindi accetterà tutto quello

che padroni e governo vogliono.

Palombella come al solito parla bene ma razzola male - dice: "le indiscrezioni che leggiamo sono preoccupanti perchè si parla di un piano che rischia di distruggere la produzione dell'acciaio e di provocare migliaia di esuberi, non dobbiamo ripetere gli errori del passato, vogliamo conoscere e negoziare il piano industriale, gli investimenti ambientali e tecnologici, i livelli occupazionali. Fermatevi prima di assumere posizioni irreversibili".

La Fiom al solito non dice niente e chiede solo che se ne sappia di più.

La USB, se dovessimo stare alle dichiarazioni stampa in perfetto sindacalese della coppia Rizzo/Colautti, ha la posizione più conciliante di tutti con Urso e il suo governo: "è necessario che con questo governo si prosegua all'insegna del dialogo e del confronto partendo dal presupposto secondo cui non vanno messi in discussioni i diritti acquisiti".

Non possiamo che riaffermare che solo la lotta generale degli operai su una vera propria piattaforma può cambiare le cose e naturalmente abbiamo fiducia che gli operai indipendentemente dalla tessera sindacale qualcosa faranno e naturalmente da subito lavoreremo per questo.

Slai Cobas per il sindacato di classe Taranto 

22 marzo 2025


24 marzo - info: Ferrovie in lotta - lavoro, stress, morti e contratto

redazione Ancora In Marcia (*)

Nonostante 157 macchinisti morti, un’emergenza sonno e la Risoluzione del Senato, si parla ancora di peggiorare la normativa di lavoro

157 morti. Fino ad oggi.

Nel 2015, preoccupati per le notizie di macchinisti prematuramente deceduti che ricevevamo di continuo, abbiamo deciso di tenere aggiornato il triste conteggio dei colleghi che, troppo presto, ci hanno lasciato. Ad oggi siamo arrivati a 157. Quasi tutti sono morti ad un’età compresa tra i 53 e i 63 anni. Si tratta di colleghi che erano ancora in servizio o da poco andati in pensione. Non di tutti siamo riusciti a sapere le cause del decesso, ma possiamo affermare che almeno il 12% di loro è morto per malattie cardio circolatorie, almeno il 43% di tumori. Tutte le nostre ripetute denunce, per segnalare l’evidente collegamento con le condizioni di lavoro, divenute esageratamente più pesanti negli ultimi 15 anni, sono fino ad oggi rimaste inascoltate. Così come nessun governo, nonostante tante morti precoci, si è impegnato nel ristabilire la possibilità di andare in pensione a 58 anni, ingiustamente negata a macchinisti, capitreno e manovratori. Eppure tantissimi fattori indicavano e indicano tuttora la necessità di un alleggerimento delle condizioni di lavoro della categoria e del ripristino di un’età equa per la pensione:

– i già citati 157 macchinisti morti in dieci anni;

– i risultati del questionario sul sonno, somministrato dal nostro giornale a un campione di 1672 lavoratori, tra macchinisti, capitreno e TPT cargo viaggianti, dal quale è emerso che “più della metà dei lavoratori (56,3%) ritiene la qualità del proprio sonno insoddisfacente”; inoltre “addirittura il 64,4% del personale molto spesso (alcuni sempre) affronta il servizio senza aver potuto riposare nella maniera adeguata” e “Il 9,1% ha sofferto o soffre di patologie del sonno”;

  • – i contenuti della Risoluzione della Commissione Lavoro del Senato (Atto n. 149, XVIII Legislatura, approvata il 22 febbraio 2021), che ha segnalato che nel settore ferroviario “gli infortuni complessivamente denunciati all’Inail nel quinquennio 2015-2019 sono stati mediamente 2.400 l’anno, con circa 5 casi per anno di infortuni con esito mortale.”, e che “è emerso che le professioni maggiormente coinvolte sono: capo treno ferroviario, aggiustatore meccanico di utensili, perito meccanico, capo stazione ferroviario per gli infortuni in complesso e macchinista ferroviario per gli eventi mortali”.

24 marzo - Processo Eternit: annullata in terzo grado la condanna di Schmidheiny. Ancora giustizia negata contro i padroni assassini

 

PROVINCIA DI ALESSANDRIA – Come ha riportato l’Agenzia Ansa, dopo la prima pronuncia della Suprema Corte che dichiarò tutto prescritto e mise un blocco ai risarcimenti nel 2014, la Corte di Cassazione ha annullato di nuovo la condanna per omicidio colposo del magnate svizzero Stephan Schmidheiny, nell’ambito del Processo Eternit. In Appello il magnate svizzero era stato condannato a 1 anno e 8 mesi, con la concessione del beneficio della sospensione condizionale.

Come ha sottolineato l’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto e legale dei familiari delle vittime “si tratta di un verdetto che potrà avere ricadute importanti sui processi Eternit scaturiti dall’inchiesta avviata dalla procura di Torino. Il rischio è che il tutto venga falciato dalla scure della prescrizione, non possiamo comprendere, né condividere, la decisione della Corte ma il nostro impegno proseguirà in tutte le competenti sedi, per la bonifica, la messa in sicurezza, la tutela medica e risarcitoria di tutte le vittime e dei loro congiunti”.


domenica 23 marzo 2025

23 marzo - Nota informativa sul avvio processo Ilva a Potenza

 

Palazzo di Giustizia di Potenza

Il processo ambiente svenduto è ricominciato - presentate le costituzioni delle parti civili.

Presenti tutti gli avvocati di Taranto e Potenza delle parti civili organizzate dallo Slai cobas, che hanno depositato anche le costituzioni dei nostri legali di Torino. 

Solo operai Ilva organizzati dallo Slai cobas erano presenti al processo, perchè questa è stata e continuerà ad essere la nostra linea: sono gli operai dell'Ilva, i lavoratori del cimitero, gli abitanti dei quartieri inquinati, i familiari dei lavoratori morti/assassinati per l'inquinamento, che devono prendere nelle mani questo processo.

Molto impegno e buon clima tra i nostri avvocati, che continuano come e più di prima a prodigarsi, perchè ci credono in questa battaglia, pur con tutte le sue inaccettabili lungaggini.

Importante è la pronta disponibilità di un avvocato di Potenza, che sia nella battaglia processuale, sia nelle iniziative sindacali/politiche che faremo, ci da un necessario contributo.

Il processo riprenderà il 4 aprile in cui si dibatte e il giudice deciderà sull’accoglimento delle parti civili. E la nostra delegazione sarà nuovamente al processo.

Slai Cobas sc Taranto

Per info: WA 3519575628 


sabato 22 marzo 2025

22 marzo - dal blog tarantocontro: Processo Ilva "Ambiente svenduto" - Il sistema capitalista nocivo deve essere rovesciato

 

Oggi ricomincia dopo più di 10 anni il processo Ilva. Non possiamo affatto avere fiducia in questo nuovo processo che ricomincia da zero, avendo la corte d'Appello cancellato tutti questi anni. Ma il nostro problema non è fare i "professionisti della legalità". Noi ci siamo anche in questo processo perchè ne vogliamo fare un banco di denuncia, di analisi di classe, di organizzazione delle forze per la lotta.

Il processo Ilva è una sorta di sintesi di quello che è il capitalismo. Marx se fosse vissuto ora sarebbe stato ultra interessato ad un processo come questo. Il capitalismo a Taranto è come se avesse sintetizzato gli aspetti più esemplari in negativo di quello che il capitale unisce: gli effetti sempre più criminali di iper sfruttamento e quelli assassini di morte per il profitto. Oggi poi è come una bestia feroce, che ormai in crisi diventa ancora più aggressiva. Noi in questo stesso periodo abbiamo iniziato una Formazione marxista proprio sul Capitale, rivolta agli operai, ai giovani soprattutto che vogliano effettivamente capire, avere gli strumenti di analisi. Ecco è come se stiamo dicendo le stesse cose, stiamo parlando del processo Ilva, stiamo parlando della Formazione sul Capitale di Marx che ci spiega a più di 150 anni di distanza il processo di produzione capitalista; ma che ci spiega soprattutto che questo processo di produzione non è immortale. Però perché effettivamente muoia e si passi a un altro modo di produzione, che chiaramente non può essere questo presente solo “migliorato”, occorre che i “becchini” del capitale – come diceva Marx - gli operai, si organizzino e lottino per rovesciare questo sistema.

Tutto questo c’è nella vicenda Ilva.

In Ilva, dopo padron Riva che sembrava il massimo criminale, è venuto Mittall, che sull'inquinamento, sulle condizioni di lavoro degli operai non è stato differente dai Riva; nel capitalismo tutti sono criminali; c'è chiaramente chi è più criminale dell'altro, ma avere una minima illusione che ad un padrone come Riva si possa sostituire un padrone, una multinazionale che rispetti i lavoratori, la popolazione, è suicida. Nel processo Ilva “Ambiente svenduto” di 1° grado tutte le udienze, sono state importanti. Alcune sono state lunghissime, dalla mattina alle 8 alle 20 della sera, alcune anche difficili da seguire, soprattutto quelle dei periti, perché erano molto tecniche. Ma ogni udienza non era neutra, in ogni testimonianza, ogni intervento, ogni analisi c'era la lotta di classe. Dalle testimonianze degli organi di controllo che dicevano come e soprattutto perché vi erano le emissioni nocive; agli avvocati degli imputati che invece davano tutta un'altra interpretazione sia dei dati, sia chiaramente della responsabilità dell’Ilva dell’inquinamento: “chi l'ha detto che viene dall'Ilva? A Taranto c'è l'arsenale, ci sono tante altre fabbriche-…”; agli interventi di “azzeccagarbugli” che si arrampicavano sugli specchi per smentire i dati scientifici. Gli avvocati degli imputati hanno dichiarato in lunghe arringhe, la sostanza: è il capitalismo, bellezza… Che caspita volete? Ma veramente pensavate una fabbrica siderurgica potesse stare fianco a fianco con le pecore, con le campagne coltivate, con le case dei Tamburi…?. Erano quelle campagne, era il quartiere che si doveva allontanare...

E hanno detto parecchie altre cose quando per ben quattro volte - nella fase dell’Udienza preliminare, nel processo di primo grado – hanno presentato le richieste di trasferimento del processo a Potenza, e tutte e quattro volte le sono state respinte anche dalla Cassazione; poi è stata ripresentata nel processo d’Appello trovando un cavillo, tecnico-legale, e hanno vinto.

Ma la prima volta per chiedere il trasferimento hanno esposto un documento politico; di cavilli tecnico-legali non c’era neanche l’ombra, era tutto politico. Sono questi avvocati dei Riva che parlano dell'enorme portata dimensionale di una fabbrica come l’Ilva, due volte Taranto, come della pervasività totalizzante su pressoché ogni aspetto della vita del territorio, per dimostrare l'ineliminabile legame che intercorre tra lo stabilimento e la città. E chiaramente lo dicevano per dire non possiamo fare il processo a Taranto. Dicevano: all’atto dell’insediamento della fabbrica “si registra un incremento della popolazione attiva e residente a Taranto. Tali indici numerici forniscono l'immagine già di un mutamento strutturale e di per sé rivoluzionario del tessuto economico, sociale e democratico della città di Taranto… cosicché il processo giurisdizionale necessariamente assume un contenuto rivoluzionario…”. Loro lo dicono! “Perché – dicono – è parte costitutiva di un più ampio processo storico, potenzialmente atto a determinare il mutamento radicale dell'assetto socio economico locale…”Più chiaro di così si muore!

Ma un'altra questione importante, che c'è sempre nel documento presentato all'epoca da questi avvocati, è lo smantellamento di fatto dei piani chimerici, “restauratori” di una parte degli ambientalisti che dicono che “la vera natura di Taranto era ed è quella agricola, della pesca e anche potenzialmente del turismo a cui dobbiamo tornare”. Gli avvocati degli imputati hanno dato nelle loro arringhe anche un quadro della situazione di Taranto nel periodo storico in cui l'Ilva è stata insediata – e all’epoca anche il Pci, i sindacati volevano che la fabbrica venisse a Taranto perché vi era stata una rivolta per la mancanza di lavoro, con due operai morti – “Guardate – dicono gli avvocati - che a Taranto vi era un ridimensionamento dell'Arsenale come degli altri stabilimenti militari, vi era la scomparsa della piccola industria nella crisi irreversibile di una struttura industriale legata esclusivamente alle vicende militari. Vi era una situazione difficile dell’agricoltura che viveva in condizioni precarie…”; poi c’era la forte crisi del settore edile, con centinaia di licenziamenti, ecc. Quindi questa era la situazione a Taranto, ed era vera. Quindi – dicono gli avvocati - che volete? Anzi ci dovete ringraziare… E oggi, diciamo noi, non si può dire, allora torniamo alla Taranto che fu.

Ma gli avvocati dei Riva e complici hanno detto anche un’altra cosa per avvalorare la richiesta di trasferimento del processo da Taranto. Hanno parlato del timore di una rivolta a Taranto, una rivolta degli operai, della popolazione. “Attenzione – hanno detto - che a Taranto il rischio se continuiamo il processo qui è di una rivolta” E fanno tutto un elenco dettagliato: c'è stata la rivolta operaia nel 2012 in cui per tre giorni da Taranto non si poteva neanche passare né dal nord né dal sud; c’è stato il blocco delle strade statali da parte degli operai nei mesi successivi, manifestazioni di migliaia di cittadini, ecc. ecc. Per concludere: “Ma vi rendete conto del pericolo?”

Quest'aspetto, quelle dichiarazioni fatte nel processo di 1° grado degli avvocati dei padroni e di tutti i loro complici, politici, istituzionali, ecc. sono importanti perché, al di là della loro volontà di dimostrare che il processo non si poteva tenere a Taranto, dimostrano quanto questo processo sia politico, espressione della lotta di classe.

I padroni e i loro complici dicono: che volete? Questo è il capitalismo!

Non è colpa nostra se vi sono le pecore, sono le pecore che se ne dovevano andare, sono gli abitanti dei tamburi che se dovevano andare, è il quartiere che deve essere spostato, ecc.

E’ come se il capitale raccontasse se stesso. E mostra come non ci sono alternative a questo modo di produzione criminale, per il profitto, fermo restando questo sistema. Ed è, quindi, questo sistema che va rovesciato. Perchè “nocivo è il capitale, non la fabbrica”.


22 marzo - Signor Presidente abbiamo una classe dirigente che con il loro silenzio assassinano i lavoratori. Anche ieri 5 morti, 19 negli ultimi 3 giorni: ma quasi la metà non andranno nelle statistiche italiane e europee perchè non sono assicurati a INAIL

 come non scandalizzarsi grida C. Soricelli, giusto ma è più giusto indignignarsi proprio a partire da Mattarella che ad ogni strage operaia ha detto "mai più" per poi coprire il governo che è il carnefice che in difesa degli interessi dei padroni sacrifica le vite operaie

Caro Presidente come non scandalizzarsi del silenzio del Ministro dell'Agricoltura quando vedi che negli ultimi due giorni sono morti in tre schiacciati dal trattore: nelle province di Piacenza, Foggia e Lecce, e che quest'anno sono morti già 18 agricoltori schiacciati dal trattore e nel 2024 sono stati 143, e quasi 3000 nei 18 anni di monitoraggio dell'Osservatorio. Come non scandalizzarsi nel vedere che sono già 39 gli autotrasportatori morti nel 2025, e che negli ultimi 4 giorni sono morti 19 lavoratori. Come non scandalizzarsi leggere che l'anno scorso in provincia di Trento sono morti 10 lavoratori l’Osservatorio ne ha registrati 25? lo stesso in Friuli Venezia Giulia: vengono diffusi 19 morti complessivi, mentre solo sui luoghi di lavoro l'Osservatorio ne ha registrati 26. Ed è così in tutto il Paese caro Presidente, un terzo dei morti sul lavoro vengono occultati, e di questo occultamento è responsabile tutta la classe dirigente del Paese, che è sempre avvertita dall'Osservatorio ma che è indifferente: tutta la politica, sia chi governa, sia chi è all’opposizione. Anche nel 2025 siamo già a 263 morti complessivi e di questi 203 sui luoghi di lavoro. Si faccia sentire Signor Presidente non bastano più i richiami alla responsabilità, di questi se ne fregano, tanto questi morti mica toccano le loro famiglie. io conosco personalmente la disperazione dei famigliari di chi perde un caro sul lavoro: sono madri, mogli, mariti, figli e nipoti. Carlo Soricelli curatore dell'osservatorio di Bologna morti sul lavoro http://cadutisullavoro.blogspot.it

venerdì 21 marzo 2025

21 marzo - info solidale: INFORMATIVA DDL 1660, PRESIDIO AL POLO NAUTICO (DARSENA) VIAREGGIO

 

Agli operai e alle operaie, ai lavoratori e alle lavoratrici dei cantieri navali

Il Disegno di legge 1660 su sicurezza/repressione", approvato alla Camera il 18 settembre 2024, è in attesa di esserlo anche al Senato. Si tratta di misure repressivecontro lavoratori/trici, giovani, donne, migranti, poveri, detenuti. Concentrato in 38 articoli per tappare la bocca e punire chi dissente,protesta, lotta, per difendere le proprie condizioni di lavoro e di vita. Due esempi tipo per capire il reale significato: a) la lotta degli operai immigrati; b) la strage ferroviaria di Viareggio.

Una lotta operaia e una mobilitazione popolare che di fronte all’applicazione di questo DdL avrebbero avuto maggiori problemi e difficoltà a strappare i risultati conseguiti.

a) Gli operai del tessile di diverse aziende di Prato hanno conquistato le 8 ore per 5 giorni, rispettoall’imposizione delle 10 ore per 6 giorni. Grazie alle iniziative e agli scioperi attraverso forme di lotta (dal blocco delle merci ai picchettaggi) che hanno costretto i padroni a riconoscere loro diritti. Per combattere la schiavitù hanno dovuto far ricorso alla lotta più radicale, all’unità e alla solidarietà di classe.

b) I familiari della strage di Viareggio, con ferrovieri e cittadini, hanno promosso una miriade di iniziative; non hanno perso una sola udienza processuale delle 250; hanno rivendicato giustizia e sicurezza; hanno praticato forme di lotta: presìdi da MonteCitorio alla Regione, nelle stazioni fino al blocco di treni e all’occupazione di piazze.

La realtà è che diversamente, le controparti non avrebbero ceduto né a condizioni di lavoro più umane, né a una sorta di verità e giustizia per i propri cari, bruciati nel disastro del 29 giugno 2009.

Il governo, genuflesso a padroni e poteri forti, vuole imporre un processo di disciplinamento sociale chepunisce e reprime: - lavoratori, studenti e ambientalisti che lottano e si mobilitano; - senza casa che occupano e chi li sostiene; - detenuti nelle carceri e migranti che denunciano condizioni disumane, istituendo anche il reato di resistenza passiva!

Così, le carceri si riempiono di operai/e che protestano contro la chiusura della loro azienda, di ragazzi/e chevogliono impedire la distruzione del paesaggio da una grande opera, di

disoccupati/e che bloccano una strada per il lavoro, di cittadini/e in difesa del

loro ospedale. Il ministro Piantedosi denuncia 240 manifestazioni (da gennaio a settembre 2024) di cui183 con il blocco delle merci e i picchetti.

Vogliono trasformare le lotte sindacali, sociali e ambientali, da diritto in delitto!

Una politica antioperaia e antipopolare che peggiora le già precarie condizionidi lavoro e di vita di milioni di persone. Una politica di precarizzazione del lavoro, di 6milioni di persone in povertà assoluta e di 5 milioni costrette a non curarsi per mancanza di soldi.

Il futuro passa attraverso ciò che lo Stato e i loro governi vogliono impedire: la forza dell’unità, della solidarietà, della lotta, della mobilitazione.

Unire con l’unità e la lotta ciò che lo Stato vuole dividere

con la paura e la repressione

- Collettivo Mario Giannelli - Contro il DdL 1660 e la repressione

Per contatti e informazioni: collettivomariogiannelli@gmail.com

20 marzo 2025