Nel 3°
capitolo, intitolato “Il denaro ossia la circolazione delle merci”, Marx
analizza le varie funzioni del denaro: Misura dei valori, scala dei prezzi,
mezzo di circolazione, mezzo di pagamento, denaro mondiale…
Questa
analisi ha a che fare con gli alti e bassi, con le oscillazioni dei prezzi
delle merci, con la “mancanza di denaro”, le crisi e altri fenomeni
dell’economia.
Cominciamo
dalla funzione come misura dei valori.
“In questo scritto
presuppongo sempre – dice Marx - per semplicità, che l'oro sia la merce
denaro.”
Oggi, come
sappiamo, l’oro non è più la merce-denaro per eccellenza perché è stato
sostituito dalla carta moneta a corso forzoso, secondo leggi emanate dagli
Stati (nessuno oggi può andare in banca e chiedere di cambiare la propria carta
moneta in oro). L’oro oggi da un lato è una “merce normale” quando viene usato
in gioielleria e in certi settori dell’industria, e dall'altro è diventato un
“bene rifugio”, cioè le banche, le istituzioni finanziarie e i ricchi lo
comprano e lo conservano (per rivenderlo al momento in cui possono trarci un
profitto) soprattutto nei momenti di crisi e quando non riescono ad ottenere
adeguati profitti per i loro investimenti in altri settori dell’economia.
Ma per la
spiegazione dei meccanismi di fondo del sistema capitalistico l’analisi della
funzione del denaro spiegata attraverso la merce-oro mantiene la sua piena
validità.
Marx
ribadisce infatti che il denaro non è “magico”: “La prima funzione dell'oro
consiste nel fornire al mondo delle merci il materiale della sua espressione di
valore ossia nel rappresentare i valori delle merci come grandezze omonime,
qualitativamente identiche e quantitativamente comparabili. Così esso funziona
come misura generale dei valori: e solo in virtù di questa funzione
l'oro, che è la merce equivalente specifica, diventa, in primo luogo, denaro”.
Infatti, “Le merci non diventano commensurabili per mezzo del denaro.
Viceversa, poiché tutte le merci come valori sono lavoro umano oggettivato,
quindi sono commensurabili in sé e per sé, possono misurare i loro valori in
comune in una stessa merce speciale, ossia in denaro. Il denaro come misura
di valore è la forma fenomenica necessaria della misura immanente di valore
delle merci, del tempo di lavoro.”
Quindi la
merce nella forma di denaro, merce nata nel mondo delle merci, prodotto
del lavoro umano, è la forma che misura questo tempo di lavoro e
quindi misura generale dei valori.
Per dire
quanto vale una merce si dice il suo prezzo, cioè il nome di denaro
del lavoro oggettivato nella merce. In questo senso, dice Marx, è scontato dire
che la merce e la quantità di denaro rappresentata nel prezzo si equivalgono.
Quindi se da un lato immaginiamo tutte le merci esistenti, “di fronte” ad esse
deve stare il denaro che le rappresenta.
E il prezzo,
rappresentato dal cartellino che il venditore attacca alla merce “rappresenta”
appunto il valore della merce e quindi nella sua funzione di misura del
valore il denaro serve come denaro semplicemente rappresentato ossia ideale.
E questo fatto, ci ricorda Marx, ha dato vita alle teorie più pazzesche sul
denaro. Ma “Benché solo il denaro ideale serva alla funzione di misura del
valore, il prezzo dipende in tutto e per tutto dal materiale reale del
denaro.”
E cioè non
basta aver prodotto la merce e che questa abbia valore e quindi un prezzo, ma
poi questo prezzo si deve “realizzare” cioè si deve scambiare con il denaro
concreto. E questo nel sistema capitalistico, per diverse ragioni che
tratteremo in seguito, potrebbe anche non accadere, mandando in rovina i
relativi possessori di merci.
E, inoltre, il prezzo rappresenta sempre fedelmente il valore della merce, dato che anche l’oro è una merce ed è soggetto a cambiamenti di valore?
Che succede
quindi se il valore dell’oro cambia? Dato che “L’oro può servire come misura
dei valori, soltanto perché anch’esso è prodotto di lavoro, quindi,
virtualmente, un valore variabile.” Succede che la sua funzione di misura
del valore non cambia, perché una variazione nel valore dell’oro “… colpisce
contemporaneamente tutte le merci, quindi caeteris paribus, lascia
immutati i loro valori relativi reciproci, sebbene ora essi si esprimano,
tutti, in prezzi aurei più alti o più bassi di prima”.
Succede,
quindi, che il prezzo può non corrispondere più alla quantità di valore che il
denaro deve rappresentare, può essere un di più o di meno a seconda dei
cambiamenti nella produzione della merce. E dunque in che rapporto stanno
prezzi delle merci e denaro?
Marx fa
qualche esempio di questo rapporto:
“Un
aumento generale dei prezzi delle merci si può avere soltanto, restando
identico il valore del denaro, se aumentano i valori delle merci; o restando
identici i valori delle merci, se cade il valore del denaro. E viceversa. Si
può avere una caduta generale dei prezzi delle merci, restando identico il
valore del denaro, se cadono i valori delle merci; o restando identici i valori
delle merci, se aumenta il valore del denaro.” (Marx analizza anche altri casi
che tratteremo in seguito.)
Per chiarire
ulteriormente la forma di prezzo Marx dice nel seguente paragrafo:
“Costanti
restando le condizioni di produzione ossia costante restando la forza
produttiva del lavoro, tanto prima che poi si deve spendere per la riproduzione
di una merce, per es. del quintale di grano, l'identica quantità di tempo sociale
di lavoro. Questa circostanza non dipende dalla volontà né del produttore del
grano né dagli altri possessori di merci.”
Dunque, è
sempre il tempo sociale di lavoro che determina quanto vale una merce. Poi,
“Con la trasformazione della grandezza di valore in prezzo, questo
rapporto necessario si presenta come rapporto di scambio di una merce con la
merce denaro esistente fuori di essa. Però, in questo rapporto può trovare
espressione tanto la grandezza di valore della merce, quanto il più o il
meno, nel quale essa è vendibile in date circostanze. La possibilità di
un'incongruenza quantitativa fra prezzo e grandezza di valore, sta dunque nella
forma stessa di prezzo. E questo non è un difetto di tale forma, anzi al
contrario ne fa la forma adeguata d'un modo di produzione, nel quale la regola
si può far valere soltanto come legge della media della sregolatezza,
operante alla cieca.”
E “Operare
alla cieca” e “anarchia della produzione” sono alcune fondamentali
caratteristiche del sistema capitalistico…
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